FILIAZIONE
. Nel diritto romano a cagione del potere sovrano dell'antico pater familias i rapporti tra genitori e figli sono stati regolati piuttosto tardi. Nondimeno delle relazioni domestiche tra padre e figli il diritto dovette nel progressivo sviluppo tener conto, indipendentemente dal rapporto di patria potestà. I figli si distinguevano in legittimi (iusti nel linguaggio classico, legitimi nel linguaggio giustinianeo) e spurî (vulgo concepti). Una categoria speciale tra i vulgo concepti formavano i figli di una concubina, ai quali nell'epoca cristiana venne riservato in senso specifico il titolo di liberi naturales.
I figli legittimi erano quelli aventi un padre giuridicamente certo. La legittimità derivava dal matrimonio (iustae nuptiae) dei genitori, dall'adozione e, nell'ultima epoca, dalla legittimazione. Per ciò che riguardava la prima fonte di legittimità, il figlio si presumeva legittimo se nato almeno nel settimo mese dalla conclusione del matrimonio e prima di dieci mesi dallo scioglimento: altrimenti si doveva provare la paternità, se il marito disconosceva la prole. Il figlio legittimo assumeva il proprio status nel momento del concepimento e seguiva la condizione del padre: quindi in quel momento veniva regolato il suo status libertatis, civitatis, familiae. A proposito di questo figlio i Romani dicevano: conceptus pro iam nato habetur. Il figlio spurio, invece, assumeva il proprio status nel momento della nascita e seguiva la condizione della madre: era libero e cittadino, se libera e cittadina era, quando egli nasceva, la madre. Nel tardo diritto postclassico, la massima conceptus pro iam nato habetur fu generalizzata a favore di qualunque figlio, legittimo o spurio che fosse: e si determinava lo status del figlio guardando al momento più favorevole per lui: così nasceva libero e cittadino il figlio, qualunque fosse, la cui madre o nel momento del concepimento o in quello della nascita o in un momento intermedio tra il concepimento e la nascita fosse stata libera e cittadina. E al concepito, come tale, poteva riservarsi un diritto di successione indipendentemente dalla successione famigliare. Fu così che nacque la massima conceptus pro iam nato habetur quotiens de commodis eius agitur, come contaminatio delle due diverse regole che prima disciplinavano lo status del figlio a seconda che fosse legittimo o spurio. L'adozione faceva sì che lladottato si riguardasse come figlio legittimo del pater familias adottante o del filius familias al quale questi lo attribuisse. Ma nel diritto giustinianeo, quando si distinse tra adoptio plena (fatta da un ascendente) e minus plena (fatta da un estraneo), la prima aveva il pieno effetto antico, la seconda non toglieva il filius familias alla sua famiglia e gli faceva soltanto conseguire il diritto di succedere nel patrimonio dell'estraneo adottante. La legittimità derivava pure dalla legittimazione, istituto sorto nell'ultima epoca e avente tre forme: per subsequens matrimonium, per oblationem curiae, per rescriptum principis. I figli legittimi dovevano obbedienza e rispetto (obsequium, pietas) ai loro genitori: questi doveri da tempo erano accompagnati da varie sanzioni giuridiche, e così ad es., dal divieto di citare in giudizio il proprio genitore senza il permesso del magistrato o di intentare contro di lui un'azione infamante. Era richiesto il consenso paterno al matrimonio dei figli-maschi. Tra padre e figli legittimi nel diritto classico, anche tra questi e la madre nel diritto giustinianeo, esistevano diritto e obbligo reciproco agli alimenti. (Dig., XXV, 3, de agnoscendis et alendis liberis, 5; testo ulpianeo largamente rimaneggiato dai Giustinianei). I vulgo concepti non avevano giuridicamente un padre. La madre, sempre certa, aveva l'obbligo agli alimenti verso di loro: una posizione speciale assunsero i vulgo concepti nati da una concubina, ai quali Giustiniano accordò anche un limitato diritto di successione intestata.
Nei varî diritti barbarici non sembra che si facesse differenza tra figli di semplice concubina o di altra donna con cui si sarebbe potuto contrarre matrimonio e quelli incestuosi o adulterini. Soltanto il diritto longobardo distingueva tra questi ultimi, che chiamava illiciti, e gli altri, detti semplicemente naturales. In generale si può dire che il primitivo diritto germanico, benché posponesse i figli illegittimi ai legittimi, non li escludeva dalla famiglia del padre neppure in confronto di questi; ma che la condizione giuridica degl'illegittimi nella maggior parte dei paesi d'Europa si cambiò per la condanna della morale cristiana alle unioni extramatrimoniali. Esclusi dalla famiglia del padre e anche da quella della madre, senza parenti davanti alla legge, non avevano persona che ne raccogliesse la successione, che prendesse la difesa dei loro diritti o vendicasse la loro uccisione. Sennonché più tardi la loro condizione andò qua e là sollevandosi. Principalmente in Italia, non solo furono riconosciuti a essi diritti ereditarî verso la madre e i parenti materni, ma si continuò a concedere loro parte nel consorzio della famiglia paterna, segnatamente in ciò che concerneva la vendetta e l'eredità, e in qualche caso i padri seppero trasmettere a essi perfino i diritti feudali e le signorie, sebbene per massima ne fossero incapaci. Il diritto canonico e la Glossa attribuirono anche agli incestuosi e adulterini il diritto di ripetere gli alimenti dal padre. La legittimazione presso i Longobardi sembra dovesse farsi in giudizio, né poteva avvenire senza il consenso dei figli legittimi, se ve ne erano. In seguito trovarono a questo riguardo applicazione norme del diritto romano e del diritto canonico, ma influì pure l'antica costumanza barbarica di non distinguere tra le varie specie di illegittimi, seguita ancora dal codice austriaco (art. 161-162).
Il nostro diritto civile distingue tre specie di filiazione: legittima, naturale, adottiva. La sola filiazione legittima ha pienezza di diritti, perché essa sola costituisce il vincolo collettivo della famiglia in senso proprio. La filiazione naturale e l'adottiva non dànno luogo se non a rapporti individuali (art. 182 cod. civ.) e personali (articoli 212, 737, 749) tra genitori e figli.
La filiazione legittima sorge dal concorso di queste condizioni: maternità della moglie, paternità del marito, concepimento del figlio durante il matrimonio. La seconda e la terza si determinano mediante presunzioni legali ispirate al favor legitimitatis (articoli 159-160). La presunzione del periodo legale del concepimento è assoluta, né quindi ammette prova contraria; la presunzione della paternità del marito è eliminabile dalla prova contraria. Costituiscono prova della filiazione legittima l'atto di nascita e, in sua mancanza, il possesso di stato (articoli 170-172). Si chiamano azioni in contestazione dello stato legittimo tutte le azioni che comunque tendono a escludere la legittimità del figlio; azione in reclamo dello stato legittimo quella che tende all'accertamento giudiziale dello stato del figlio, con tutti gli effetti che ne derivano. I figli naturali sono quelli procreati da persone non coniugate fra loro, o il matrimonio delle quali sia stato considerato nullo senza potersi dichiarare putativo. Si distinguono , i figli naturali semplici dai figli adulterini (art. 180, n. 1) o incestuosi (art. 180, n. 2). Soltanto i figli naturali semplici possono essere riconosciuti e legittimati (articoli 180-195); solo essi possono fare indagini sulla maternità e, in dati casi, anche sulla paternità (art. 189-190); e la dichiarazione giudiziale, che ne risulti, della loro filiazione materna o paterna ha gli effetti stessi del riconoscimento (art. 192). Il figlio riconosciuto o dichiarato ha un vero stato civile: porta il nome di famiglia del genitore che lo ha riconosciuto, è soggetto alla sua tutela legale, ha il diritto degli alimenti e quello di successione (articoli 184-185, 743 sgg., 815-816). Quando poi sia legittimato per susseguente matrimonio dei genitori o, quando questo sia impossibile, per decreto reale, acquista dal giorno della legittimazione la qualità e i diritti dei figli originariamente legittimi (articoli 194, 197, 201). I figli adulterini o incestuosi non possono essere riconosciuti né legittimati. Nessuna indagine è permessa né sulla paternità né sulla maternità: solo in casi determinati hanno un semplice diritto agli alimenti. Una vasta deroga al principio che vieta le indagini sulla paternità è contenuta nel decr. legisl. 12 novembre 1916 e nel r. decr. legge 19 luglio 1917 sulle pensioni di guerra e sugli orfani di guerra. L'ordinamento della filiazione illegittima è stato in più punti modificato nel progetto del 1 libro del cod. civ., come risulta dalla dotta esauriente relazione su questa parte del Progetto (pagine 139-170) di G. Segré.
Bibl.: P. Bonfante, Ist. dir., rom., Milano 1932; E. Albertario, Conceptus pro iam nato habetur, in Bull. Ist. dir. rom., 1923 e Arch. Giur., 1928; Declareueil, Paternité et filiation légitime, in Mélanges Girard, Parigi 1912, p. 315 segg.; A. Pertile, Storia del diritto italiano, III, Torino 1894, p. 386 segg.; A. Dusi, Della filiazione, in Trattato di diritto civile diretto da P. Fiore, Napoli 1886; A. Cicu, La filiazione, Milano 1927; C. Rebuttati, Di alcune questioni in materia di filiazione, Forlì 1927.