FILARIE e Filariasi (dal lat. filum "filo")
Le filarie sono vermi Nematodi (v.), filiformi o almeno molto allungati e sottili, costituenti la famiglia dei Filariidae, che comprende varie forme parassite dell'uomo e degli animali, fra cui alcune molto importanti perché causa di gravi malattie che si designano col nome di Filariasi.
Le Filarie possono essere lunghe anche parecchi centimetri e sono caratterizzate dalla presenza nella regione cefalica di sei papille, due laterali e quattro submediane, fra cui si trova la bocca, terminale, priva di labbra. Il maschio è di solito assai più piccolo della femmina; dall'apertura anale, posta all'altro estremo, fuoriescono due spicole, di solito differenti in lunghezza e grossezza. L'apertura sessuale femminile si trova in avanti, verso la regione esofagea. Sono vivipare, cioè partoriscono larve o uova in cui sono già formate le larve. Allo stato adulto risiedono nel tessuto connettivo, nelle sierose o nel sistema emolinfatico dei vertebrati. Le larve, che si rinvengono nel sangue o in varî tessuti, sono talora microscopiche e sono conosciute sotto il nome di microfilarie. Sono note, col nome comune di Filarie, vane specie. Nel genere Wuchereria la specie W. Bancrofti (Cobbold, 1877) fu nota per molti anni soltanto nello stadio di microfilaria del sangue umano e come tale venne scoperta nel 1863 dal Demarquay nell'Avana. Il Lewis, che nel 1872 studiò le larve nel sangue umano in India, diede a esse il nome di Filaria sanguinis hominis. Il verme adulto fu scoperto dal Bancroft a Brisbane nel 1876. P. Manson ne scoprì nel 1878 il modo di trasmissione per mezzo delle zanzare del genere Culex e descrisse la metamorfosi delle larve entro questo dittero.
L'adulto di W. Bancrofti è bianchiccio, più o meno trasparente, filiforme: il maschio è lungo circa 40 mm. per 0,1 mm. di grossezza; delle due spicole la più lunga misura ½ mm. ed è uncinata e la più piccola 200 μ. La femmina è lunga da 65 a 100 mm. ed è spessa 0,20-0,26 mm.; ha la vulva che si apre nella parte anteriore del corpo, a distanza di tre o quattro millimetri dall'estremo, nella regione cefalica, che in questa specie è un po' ingrossata. Le uova che misurano 40 μ di lunghezza, quando giungono nella vulva sono già embrionate. Esse non hanno involucro resistente, ma una semplice membrana involgente (membrana vitellina) che in seguito costituirà la membrana involgente della microfilaria. Gli embrioni contenuti nelle uova si sviluppano in microfilarie, che si rinvengono nel sangue umano ove appaiono come corpi allungati, arrotondati anteriormente e terminanti a punta, avvolti in una guaina membranosa, sottile, trasparente, più lunga del loro corpo. La regione anteriore porta un rostro retrattile terminato da un aculeo. Queste microfilarie misurano circa 1-3 mm. in lunghezza. Quando sono colorate artificialmente, restano incolori nel loro corpo cinque zone, dette macchie, corrispondenti ad alcuni organi interni. Dotate di attivi movimenti, si agitano fra i globuli rossi del sangue, tra i quali si fanno strada. Le microfilarie si rinvengono di solito nel sangue periferico durante la notte in America, India e Cina; specialmente numerose sono fra le dieci di sera e le due del mattino, mentre di giorno mancano del tutto nel sangue periferico; da qui viene il nome di Filaria sanguinis nocturna, che viene dato a queste microfilarie. Pare che questa periodicità sia solo in rapporto col sonno dell'ammalato ospitatore, dato che l'inversione delle ore del sonno porta anche l'inversione della periodicità. Il Manson afferma che le microfilarie quando non si rinvengono nel sangue periferico, si raccolgono nei vasi polmonari, nel ventricolo sinistro e nei muscoli del cuore. Ospitatori intermedî di questa filaria sono varie specie di zanzare (principalmente Culex fatigans, Myzomia Rossii, Pyretophorus costalis, Panoplite africanus).
Nelle Filippine, ove le microfilarie di W. Bancrofti non presentano il fenomeno della periodicità, ma si rinvengono in ugual numero di notte e di giorno, l'ospitatore intermedio è costituito dall'Aedes variegatus, che punge solo durante il giorno. La zanzara succhiando il sangue ingerisce le microfilarie, che, giunte nello stomaco, perdono il loro involucro, pungono la parete gastrica e passano nei muscoli del torace attraversando il lacunoma. Nei muscoli toracici compiono un'ulteriore metamorfosi; da corte che erano (mm. 0,5) divengono assai più lunghe (mm. 1,4), formano un completo intestino dal rudimento che possedevano, e poi passano nella proboscide in attesa di poter ritornare nel corpo umano, il che avviene quando la zanzara punge l'uomo per succhiarne il sangue. Allora, attratte dalla temperatura elevata del corpo umano, si avviano nella guaina della proboscide costituita dal labium, ne attraversano la porzione terminale (membrana di Dutton) e si portano sulla pelle dell'uomo da cui, attraverso la puntura prodotta dagli stiletti della zanzara, passano nei vasi linfatici e poi nelle ghiandole linfatiche, ove crescono raggiungendo lo stadio adulto.
Si ritiene generalmente che i gravi disturbi che produce nell'uomo questa filaria non siano causati dalle microfilarie del sangue, ma dagli adulti che possono ostruire il dotto toracico o i vasi linfatici minori, alterando la funzione del sistema linfatico, d'onde edemi, linfangiti, ascessi, idrocele, chiluria, elefantiasi delle varie parti del corpo, ecc. La diagnosi dell'infezione da W. Bancrofti può farsi facilmente constatando la presenza delle microfilarie nel sangue. Non si conoscono rimedî sicuri contro tale infezione, ma le conoscenze zoologiche complete sul ciclo biologico permettono di dettare sicure norme profilattiche. Un'altra importante filaria è la Loa loa (Guyot, 1778), nota come verme dell'occhio, dell'Africa occidentale. È un piccolo verme cilindrico, bianchiccio, ricoperto di una cuticola che presenta minuscole protuberanze, più numerose nella femmina che non nel maschio, nel quale mancano verso le estremità. Questo è lungo da 30 a 40 mm. e grosso o,35; la femmina intorno ai 70 mm. per 0,5. Le microfilarie di questa specie si trovano nel sangue periferico verso le otto del mattino e scompaiono verso le nove di sera; esse sono ricoperte da un tubo cuticolare più lungo di quello di W. Bancrofti e presentano quattro macchie. Il verme adulto abita di solito il tessuto sottocutaneo ed è stato trovato di frequente sotto la pelle delle dita, delle palpebre o sotto la congiuntiva, dove lo si vede spesso cambiare di posto. Non produce gravi inconvenienti, salvo una certa irritazione e piccoli edemi che facilmente scompaiono. Sembra che ospiti intermedî entro cui questa filaria compie il suo ciclo siano le mosche della famiglia dei Tabanidi, mosche cavalline e qualche altra mosca di campagna. Leiper ha seguito lo sviluppo delle larve in Chrysops dimidiata e C. silacea, sviluppo che corrisponde esattamente a quello di W. Bancrofti nella zanzara. La Loa loa si rinviene nel golfo di Guinea, Sierra Leone, e lungo la costa occidentale africana fino all'Angola. È stata anche trovata nell'Uganda.
Altre filarie rinvenute nell'uomo sono: l'Acanthocheilonema (Filaria) perstans (Manson 1891), comune in tutta l'Africa e specialmente nel Congo, il cui adulto vive nel peritoneo o nel pericardio; le microfilarie sono nude e la loro comparsa nel sangue è senza periodicità. Ospiti intermedî sembra siano dei Tabanidi o zanzare delle foreste, dato che gli abitanti delle città e delle praterie ne sono immuni. Frequente in Negri dell'Africa tropicale e della Guiana inglese. Nessuna patogenicità. L'Onchocerca volvulus (Leuckart, 1893), specie africana, vive in tumori sottocutanei, specialmente negli spazi intercostali, popliteali e ascellari. Le microfilarie nude non si trovano nel sangue periferico, ma sotto la pelle, specialmente nella regione della cintura; si sviluppano nel torace di un dittero (Simulium damnosum). Notevole ancora la Dirofilaria Magalhaesi (R. Blanchard, 1895) rinvenuta nel cuore di un ragazzo nel Brasile e la molto affine D. immitis (Leydy, 1856), che si rinviene nel cuore del cane, con microfilarie del sangue che si sviluppano in zanzare dei generi Anopheles ed Aedes, ma, contrariamente a quanto fu affermato, essa non parassita l'uomo. La Filaria Ozzardi (Manson, 1897) parassita del sangue umano nella Guiana inglese, è molto affine all'Acanthocheilonema perstans e vive da adulta nel grasso mesenteriale e viscerale, da microfilaria nel sangue. Nessuna patogenicità. Della Filaria inermis (Grassi, 1888), si trova la femmina (Italia e Sud Europa) entro tumoretti sottocutanei negli equini, raramente nell'uomo. Questa filariasi fu scoperta da A. Dubini (1842). Molte altre filarie si rinvengono nei cavalli, negli uccelli e in altri animali.
Fra le filarie dell'uomo, per quanto non appartenente alla famiglia delle Filariidae, ma a quella delle Philometridae, è il Dracunculus medinensis (Vesch, 1674) o filaria di Medina, detto anche verme di Guinea, noto da tempi remotissimi e, pare, identificabile col "serpente di fuoco" menzionato da Mosè, che tormentò gli Ebrei sul Mar Rosso. Questo è un lungo verme filiforme, la cui femmina adulta raggiunge i m. di lunghezza per un diametro di mm. 1,5-1,7, di color bianchiccio, con l'estremità posteriore ricurva a uncino. La sua bocca all'estremo anteriore, è circondata da sei papille, delle quali due più grandi delle altre, una dorsale e una ventrale; poco al disotto pare si apra la vulva. Il corpo della femmina matura è tutto ripieno dell'apparecchio sessuale femminile, il cui utero è ricolmo di miriadi di embrioni, onde l'intestino resta assai ridotto.
Poco o nulla si sa del maschio. La femmina si rinviene nel connettivo sottocutaneo dell'uomo, specialmente nella bocca, sulle gambe, sui fianchi o sulle spalle. Quando è matura migra verso la superficie cutanea specialmente degli arti inferiori, e ivi buca la pelle col capo, producendovi una piccola ulcerazione da cui vien fuori la testa del verme. Allora dalla vulva, o anche, secondo alcuni, dalla bocca del verme, vien fuori un liquido lattescente che contiene migliaia di larve semoventi. Queste, pervenendo nell'acqua, possono vivervi, liberamente nuotandovi, per due o tre settimane. Secondo quanto poté osservare per primo F. Fedčenko nel 1879, queste larve possono penetrare, attraversando il tegumento, nella cavità del corpo di un piccolo copepode d'acqua dolce del genere Cyclops, e ivi compiere un'ulteriore metamorfosi: da una forma allungata, appiattita, con coda sottile e lunga passano alla forma cilindrica, e in quattro a sei settimane divengono capaci d'infettare l'uomo, che le introduce bevendo l'acqua che contiene questi Cyclops infetti. Il verme diviene adulto attraverso un ulteriore sviluppo che dura oltre un anno. Esso nella sua sede sottocutanea non è causa di gravi disturbi, tranne il fastidio determinato specialmente dalle sue migrazioni. Se però rompe la parete del corpo con diffusione del liquido interno carico di larve, possono prodursi nei tessuti infestati processi infiammatorî, ascessi, febbre e talora anche la morte (v. dracunculosi). Gl'indigeni sudanesi si liberano dal noioso ospite tirandone fuori il capo e avvolgendolo intorno a un bastoncino, con pochi giri ogni giorno: ma tale metodo non è senza pericolo perché, se il verme si rompe, il liquido lattiginoso che contiene, versandosi sulla lesione può essere causa di gravi infezioni. La completa conoscenza del ciclo biologico di questa specie rende facile il prevenire l'infezione, che avviene, come si è detto, per ingestione di acqua contenente i Cyclops infetti.
Fra le Filarie rinvenute in Italia nell'uomo è interessante quella trovata a Napoli dal Pane nel 1864 e chiamata Agamofilaria labialis perché fu estratta da una piccola pustola del labbro superiore di un uomo. Questa filaria venne ritrovata nel 1908 e ampiamente descritta su un esemplare tolto dal dito di un bambino, anche a Napoli (Pierantoni). Agamofilaria conjunctivae (Addario, 1885), A. palpebralis (Pane, 1867), sono altre due specie osservate in Italia, che producono tumoretti sottocutanei. In Italia però le Filarie dell'uomo possono dirsi assai rare.
Patologia veterinaria. - La filariasi negli animali colpisce specialmente i cani, più di rado il cavallo e il cammello: qualche reperto positivo è stato descritto nei bovini, nella renna, nei polli.
La propagazione della malattia, che è diffusa specialmente nei paesi a clima tropicale e temperato, si compie per mezzo di ospiti intermedî: zanzara, tafano e, pare, la pulce e il pidocchio. Le filarie del cane più comunemente incriminate sono: la F. immitis e la F. repens. La malattia è d'una singolare frequenza nella Cina e Giappone, ove sembra che il 50% dei cani ne siano colpiti. Essa non è rara neanche in Italia. Nello stesso cane, in generale, sono reperibili tanto le forme sessualmente mature come le larve. Sembra che queste larve per poter continuare il loro ciclo di vita debbano passare attraverso l'ospite intermedio, il quale pertanto non fungerebbe da semplice vettore. Le filarie adulte vivono di solito nel cuore destro, più di rado nelle arterie polmonari e nella vena cava, eccezionalmente nel cuore sinistro, ove possono essere in numero vario, fino a qualche centinaio, ravvolte a gomitolo.
Talvolta si rintracciano contemporaneamente o esclusivamente nel connettivo sottocutaneo o intermuscolare. Le forme embrionali migrano nel sangue circolante in quantità talora considerevoli. I disturbi funzionali prodotti da questi parassiti sono di natura tossica e meccanica, per l'ostacolo che essi oppongono alla libera funzione cardiaca e per la formazione di trombi e di emboli che si localizzano nell'arteria polmonare (parassita adulto) e nei capillari dei reni, polmoni e cervello specialmente (embrioni). I sintomi che la malattia determina sono assai vaghi: può richiamare il sospetto il rilievo di un'anemia spesso assai grave, d'un dimagramento pronunciato, accompagnati da dispnea, tosse, disturbi funzionali cardiaci, debolezza del treno posteriore, accessi epilettiformi, eruzione di noduli e vescichette cutanee con iperemia e prurito della cute stessa. Ma può avvalorare il sospetto clinico solo l'esame microscopico del sangue, col quale si possono mettere in evidenza le forme embrionali. La malattia ha decorso cronico; la cura è soltanto sintomatica. G. Finzi raccomanda, come efficaci, i sali di bismuto, già favorevolmente sperimentati in Giappone. Le specie che con maggior frequenza s'incontrano nel sangue del cavallo sono la F. sanguinis equi e la F. equina (la specie che domina in Europa). La malattia è stata descritta anche in Italia. Sono a preferenza colpiti i cavalli giovani e nei periodi estivi. Anche nel cavallo la sintomatologia è indecisa e solo l'esame microscopico decide sulla diagnosi. Nella filariasi europea la prognosi è favorevole; nemmeno per questa malattia del cavallo si conosce alcun trattamento specifico.
Bibl.: P. Manson, On the Guinea-worm, in Brit. med. journ., II (1892); id., The Filaria sanguinis hominis..., Londra 1883; id., The metamorphose of Fil. sang. hom. in the Mosquito, in Trans. Linn. Soc., 1884; id., Tropical diseases, Londra 1903; B. Grassi e G. Noè, Sul ciclo evolutivo di Filaria Bancrofti e Filaria immitis, in Ric. Lab. anat. norm. R. Univ. di Roma, VIII (1901); M. Braun, Die tierischen Parasiten des Menschen, I, Würzburg 1915; U. Pierantoni, Sulla Filaria labialis Pane, in Annuar. Mus. Zool. Napoli, 1908; W. Yorke e P. A. Maplestone, The nematode parasites of Vertebrates, Filadelfia 1926; E. Brumpt, Précis de Parasitologie, Parigi 1927; R. Hegner, F. M. Root, D. L. Augustine, Animal parasitology, New York 1929.