FIGI (ingl. Fiji, ted. Fidschi: più corretto ma meno usato Viti; A. T., 162-163)
Arcipelago formato da quasi 250 isole (e da numerosissimi scogli corallini) situate nell'Oceano Pacifico presso a poco fra 16° e 20° S., 177° E. e 178° O., a 3400 km. circa a nordest di Sidney e 2200 km. a nord della Nuova Zelanda.
Il gruppo viene così essere attraversato dal meridiano opposto a Greenwich e la linea internazionale del cambiamento di data passa a ovest di esso (in corrispondenza delle Figi essa è spostata verso est rispetto al 180° meridiano).
Le isole furono scoperte dal navigatore olandese Tasman nel marzo 1643 ed esplorate in seguito dagl'Inglesi Cook e Bligh. I primi coloni bianchi furono i deportati di Sidney, sbarcati nelle isole nel 1804; nel 1835 alcuni commercianti si stabilirono a Levuka. Il re più famoso fu Thakombau, un cannibale, il quale nel 1855 venne a conflitto con il governo americano: offrì a questo per soddisfarne le pretese la cessione delle isole, ma nel 1861 la sua proposta fu rifiutata. Nel 1873 l'accordo fu raggiunto invece con l'Inghilterra. Nel 1875 sir A. Gordon veniva nominato primo governatore.
Due sono le isole maggiori, Viti Levu (10.650 kmq.) e Vanua Levu (6300 kmq.). Taviuni e Kandavu sono pure abbastanza estese, tutte le altre presentano superficie minori di 150 kmq. Le isole più grandi sono montuose e consistono principalmente di rocce eruttive di recente sollevamento, nelle quali i torrenti hanno scavato vallate strette e profonde. Non vi è che un fiume importante, il Rewa Rewa, in Viti Levu, navigabile con imbarcazioni leggiere per circa 80 km. Il Sigatoka, nella stessa isola, e il Dreketi, in Vanua Levu, hanno minore importanza. L'isola maggiore superiormente è formata in gran parte di steatite, tufo vulcanico alterato. Le lave andesitiche sono molto comuni, ma non mancano neppure rocce affini al granito. Grande interesse ha la presenza di ardesie e quarziti in alcune vallate nell'interno dell'isola: tali rocce "continentali", rarissime nelle isole minori del Pacifico, sembrano indicare che le Figi sono un residuo di un'area molto più vasta emergente in passato. Forti mutamenti di livello sono dimostrati dalla presenza di rocce terziarie sino a 1200 m. s. m.: il sollevamento relativamente recente è indicato anche dalle strette gole "giovani" dei fiumi e dalle catene a rasoio che formano le rocce più elevate. A uno di tali rilievi appartiene il M. Korombasambasanga, "la montagna dalla sommità divisa", a NE. di Suva.
Il monte più alto di Viti Levu è il Victoria (m. 1386). In Vanua Levu la cima più elevata tocca i 1260 m.
Il clima è tropicale e salubre; la malaria manca del tutto, ma le malattie portate dagli Europei hanno causato gravi danni fra i Figiani. Così la scarlattina portata nel 1875 da una nave inglese causò in breve tempo la morte di 40.000 individui. La temperatura media annua è a Suva (in Viti Levu) di circa 26°: febbraio e marzo sono i mesi più caldi, luglio e agosto i più freddi. La piovosità media è di circa 3810 mm.: le piogge più abbondanti cadono durante la stagione calda, mentre il periodo luglio-ottobre è il più asciutto. Di quando in quando si hanno anche uragani.
Alla fine del 1928 gli abitanti delle Figi ammontavano a 176.793, dei quali 91.028 erano Figiani, 70.996 Indiani e 4569 Europei. L'introduzione dei lavoratori indiani, provenienti specialmente da Madras e Calcutta, che le grandi compagnie per lo zucchero avevano assunto per i lavori delle piantagioni, ha portato nelle isole particolari problemi. Essi formano nelle Figi la massa operaia: nel 1909 ammontavano a 35.000, nel 1917 a 61.000, in parte notevole donne. In questi ultimi anni il sistema dei contratti di lavoro è stato abbandonato e molti Indiani sono rimasti liberi coloni sulla terra da essi affittata. I Figiani appartengono per la maggior parte alla chiesa metodista; soltanto un sesto di essi sono cattolici.
I principali prodotti di esportazione furono nel 1927: zucchero (72.000 tonn.), copra (tonnell. 20.000), banane (544.000 grappoli), conchiglie di Trochus (267 tonn.) e, in quantità minore, molasse, caucciù, cotone. Nelle isole vi sono 5 zuccherifici: le piantagioni di canna più importanti si trovano nel SE. dell'isola principale, sul Rewa Rewa. L'area coltivata a canna da zucchero è di circa 20.000 ettari, e poco minore quella occupata dalle coltivazioni di cocco. Il bestiame conta 11.000 cavalli, 50.000 bovini, 9000 caprini e 6000 suini.
Vi sono soltanto due città piuttosto grandi: Suva, presso la foce del Rewa Rewa, che accoglie 1700 Europei, e Levuka, in una piccola isola 130 km. a N. di Suva. Fino a poco fa ogni isola era attraversata da un solo sentiero; l'unica strada larga era quella che portava da Suva nell'interno di Viti Levu. Oggi vi è una rete stradale di 3000 km., 550 dei quali atti al transito degli automobili. Una ferrovia privata lunga 170 km. collega Tavua con il distretto di Sigatoka. Vapori regolari e cavi sottomarini collegano le Figi con il Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda.
Le isole sono oggi governate per quanto è possibile dagl'indigeni, specialmente per mezzo dei consigli dei villaggi e dei distretti. Delle 19 provincie, 6 sono amministrate da capi indigeni e 13 da commissarî europei. A capo vi è un consiglio legislativo presieduto dal governatore, che comprende rappresentanti dei Figiani e degl'Indiani.
Le isole sono coperte da una densa vegetazione. Uno degli alberi più belli che vi crescono è il kauri (Dammara), che può raggiungere 25 m. di altezza e 2 m. di diametro. Importanti per il legno sono anche il Dacrydium e il Calophyllum. Le casuarina, i pandani e le magrovie sono comuni nelle Figi come nelle altre isole del Pacifico occidentale. Il bosco di sandalo è stato quasi distrutto; felci altissime (Alsophila) contribuiscono a rendere la giungla assai bella. Il cocco è comune specialmente sulle coste. L'albero del pane è pure abbondantemente coltivato. Un gelso (Broussonetia) forniva in passato con la sua scorza il tessuto, ma è oggi sostituito dal cotone. L'igname, il taro (Colocasia), il banano, la patata dolce (Batata) sono piante indigene che sono usate per l'alimentazione.
La fauna delle isole Figi, non ha, come quella di molte altre isole della Polinesia forme o gruppi di animali caratteristici. I mammiferi che mancano nella regione polinesiana sono rappresentati solo da qualche specie cosmopolita di Pipistrelli e di Rosicanti. Gli Uccelli, relativamente numerosi, hanno molte specie comuni all'Australia e molte proprie della Polinesia. Tra i Rettili gli Ofidî vi sono rappresentati da un discreto numero di forme; così i Lacertilî (Scincus Iguane, Geconidi, ecc.). Tra gli Anfibî mancano gli Urodeli, e tra gli Anuri si nota qualche specie di rana. Il mondo degl'Invertebrati è riccamente rappresentato da numerosi Artroodi, Molluschi terrestri, ecc.
Etnologia. - Gli abitanti delle isole Figi appartengono per la razza e la cultura al gruppo melanesiano, ma con notevoli affinità polinesiane. Sotto la saggia direzione del governo britannico e aiutati dalla missione critiana, attiva già da un secolo nel paese, essi hanno ogni probabilità di sfuggire alla sorte che attende quasi tutti i popoli delle isole el Pacifico: l'estinzione. Va scomparendo tuttavia la loro vecchia civiltà (v. melane-siani), e, negli ultimi tempi, anche la stirpe si è andata alterando attraverso le unioni con gl'Indiani immigrati. Lo stato di salute è soddisfacente e la criminalità minima. La presenza di numerosi insegnanti, impiegati del governo, missionarî, capitani di cutters e medici indigeni conferma la capacità d'incivilimento della popolazione. Nei porti e presso l'aristocrazia sono subentrati i costumi e l'abbigliamento europeo; ma nell'interno dell'isola, presso i Kai Dholo, si trovano ancora tracce dell'antico costume. Come in passato si ha gran cura dei capelli: gli uomini li trasformano in enormi parrucche che raggiungono a volte un volume incredibile; i capi vi mettono sopra una specie di turbante. Il tatuaggio non è più usato; per contro hanno ancora una parte importante i denti di capodoglio (tambua), usati come ornamento in collane, come moneta e nei regali d'onore. Le abitazioni sono rettangolari con lunghi tetti a spioventi coperti di erba.
Il terrore che gli antichi isolani avevano della mucca e del suo latte è sparito al punto che nelle frequenti feste, oltre al maiale di rigore, viene consumata anche carne di manzo, e nella dieta dei bambini viene adoperato comunemente il latte condensato. Per contro gl'indigeni si vergognano assai quando viene loro ricordata l'antica antropofagia. Permane la preparazione della cava, il cui uso è accompagnato da cerimonie speciali. Alcune delle vecchie industrie, come le ceramiche e le stoffe di corteccia d'albero, sono naturalmente scomparse, mentre l'intrecciatura di stuoie e reti da pescare viene esercitata ancora attivamente. Molti usi matrimoniali ricordano ancora l'antico matriarcato: i missionarî, per es., si lagnano della moralità sessuale molto rilassata anche presso gl'indigeni cristiani. Il clan è teoricamente ancora il padrone del suolo, che viene diviso fra i suoi membri; e all'infuori degli oggetti di proprietà personale tutto quello che il singolo individuo produce appartiene al clan, ciò che non contribuisce ad aumentare la voglia di lavorare. D'altra parte chi si trovi in miseria può esigere quanto gli è necessario dagli altri membri del clan (kerekere), la qual cosa dà luogo a molti abusi. L'autorità dei capi è diminuita: ora ognuno può mangiare le tartarughe da lui catturate, mentre questo era prima un privilegio dell'aristocrazia. Essi hanno tuttavia il diritto di valersi del clan o di ciascuno dei suoi membri, non solo nell'interesse generale, ma anche per sé personalmente (lala), per quanto ciò incontri ormai una forte resistenza. Il cristianesimo non ha eliminato del tutto gli antichi usi religiosi: scongiuri e incantesimi sono ancora usati nei momenti più importanti, permane la credenza negli spiriti che vivono nella foresta, ecc. Nemmeno il culto degli antenati è del tutto sparito. Pietre e alberi sacri sono trattati per lo meno con una certa considerazione. Esiste ancora il tabu, e fra gli oggetti colpiti da esso è anche la Bibbia e soprattutto la domenica, nel qual giorno ogni lavoro è sospeso con superstizioso terrore.
V. tavv. LI e LII.
Lingua. - Gli abitanti delle isole Figi parlano tutti una sola lingua, che assume nelle varie isole coloriti dialettali diversi. La varietà meglio conosciuta, e alla quale i glottologi in generale si riferiscono, è quella parlata nella Viti Levu o grande Figi, che rappresenta una varietà di tipo occidentale del Figi comune. Il Figi appartiene alla famiglia delle lingue melanesiane.
Per le caratteristiche e i rapporti con le lingue indonesiane e polinesiane, v. maleopolinesiache, lingue.
Nella fonetica si può notare la mancanza di distinzione fra le sorde k, t e le sonore g, d. Nella morfologia si osserva che nome e verbo non sono distinti che dalla loro posizione nel periodo (a vosa "discorso"; au sa vosa "io parlo"), ecc.
Bibl.: B. Grimshaw, Fiji ands its possibilities, 1907; W. M. Davis, The Islands and coral Reefs of Fiji, in Geograph. Journal, Londra 1920; W. A. Chapple, Fiji, its Problems and Resources, Londra 1921; Stewart's Handbook of the Pacific Islands, Sydney 1921; Fiji Annual Colonial Report, Londra 1928; B. Tjhompson, The Fijians, a Study of the Decay of Custom, Londra 1908; W. Deane, Fijian Society, Londra 1921 (con ricca bibliografia); A. B. Brecoster, The Hill Tribes of Fiji, Londra 1922. Sulla lingua dei Figi, v.: H. Kern, De Fidjitaal vergeleken met haare verwandten in Indonesië en Polynesië, in Verh. d. kon. Akademie, XVI (1886).