FIGALIA (Φιγαλία, Φιγάλεια o Φιγαλέα, Phigalia)
Antica città greca, situata al confine sud-occidentale dell'Arcadia, su una terrazza che strapiomba per un'altezza di 250 m. sopra il letto incassato del fiume Neda. D'origine assai remota, era ricollegata per il commercio ai porti dell'Elide; una tradizione difficilmente degna di fede dice che nel 659 a. C. fu presa dagli Spartani, ma riconquistata quasi subito dai suoi abitanti con l'aiuto dei vicini Orestasi. Ad ogni modo dalla seconda metà almeno del sec. VI fece parte della Lega spartana, e vi rimase fino alla liberazione dell'Arcadia per opera di Epaminonda (370 circa a. C.). Ma la nuova Lega arcadica presto si spezzò, e anche Figalia dovette essere travolta nelle lotte fra le città peloponnesiache. Nella seconda metà del sec. III appartenne agli Etoli; nel 219 passò a Filippo V di Macedonia; poco più tardi fu incorporata nella Lega achea, nella quale rimase fino alla distruzione di Corinto (146 a. C.). Era fiorente città della provincia romana d'Acaia ai tempi di Pausania che la descrisse. Rovine della sua cinta, si costruzione in parte ancora poligonale e in parte rettangolare, si conservano presso all'odierno villaggio di Pávlitza. Ma Figalia deve la sua fama soprattutto al tempio di Apollo Epicurio, costruito (probabilmente fra il 420 e il 417 a. C.) per ringraziare il dio di una scampata peste, sul ponte Cotilio, a due re a NE. della città; l'architetto fu Ictino, l'autore del Partenone.
Il tempio, conosciuto già nel sec. XVIII, esplorato e depredato delle sue sculture da una società di antiquarî nel 1811-12, e iscavato scientificamente dalla Società archeologica greca al principio del notro secolo, è tuttora il meglio conservato fra i templi della Grecia dopo il Teseo di Atene; era considerato da Pausania il più splendido del Peoponneso dopo quello di Atena a Tegea: è un periptero dorico di calcare locale, orientato curiosamente da nord a sud, e con una particolare struttura interna, una lunga cella cioè ornata di due serie di colonne addossate alla parete e in stile ionico; un'apertura laterale nel fondo della cella dimostra che l'orientazione del santuarietto primitivo era diversa; attorno, sulle pareti interne, era il celebre fregio dell'Amazonomachia, ora al British Museum di Londra; nel fondo della cella era l'idolo vetusto di legno, mentre esternamente al tempio era collocata una grandiosa immagine bronzea del dio, donata più tardi a Megalopoli.
Bibl.: E. Curtius, Peloponnesos, I, Gotha 1851, p. 318 segg. Sugli scavi greci v. P. Kavvadias, in Πρακτικά, 1902, p. 23 segg.; id., in Congrès d'Athènes, 1905, p. 171 segg.; K. Kourouniotis, 'Εϕημ. 'Αρχαιολ., 1910, p. 271 segg.