Fiesole
Città dell'Etruria settentrionale, fondata al confine ligure, sulla via di Felsina, attorno al V sec. a.C. in seguito alla colonizzazione etrusca del medio Valdarno.
L'antica Faesulae era un nodo stradale, commerciale e culturale di notevole importanza. Contrastò dapprima con Roma; però almeno dal sec. III a.C. appare legata ad essa.
Verso il sec. II a.C. i Fiesolani dovettero fondare la Firenze etrusca, poi ‛ municipium ' romano, a nord-est di quella che fu poi la ‛ Florentia ' rifondata dopo la distruzione sillana.
Nonostante la fondazione della ‛ Florentia ' romana, F. continuò a essere città di notevole importanza finché le istituzioni imperiali restarono salde. Coinvolta nella generale crisi del V secolo, vide la scorreria di Radagaiso (405), fu presa per breve tempo da Vitige durante la guerra greco-gotica, e la sua sede episcopale - fondata nel sec. V - fu durante l'invasione longobarda vittima di una decadenza così grave da preoccupare papa Gregorio Magno.
La situazione si mantenne depressa fino al sec. IX, ma nell'829 l'elevazione alla cattedra episcopale dell'irlandese Donato segnò una certa rinascita civile e culturale.
Fino ad allora F. era rimasta, nonostante tutto e grazie soprattutto alla sua migliore posizione strategica, preminente rispetto a Firenze. Nell'854 abbiamo notizia dell'unione del comitato delle due città, mentre le diocesi restavano separate; da allora cominciò probabilmente la lenta ma decisa ascesa di Firenze e la sua progressiva affermazione sulla vicina-rivale. È certo peraltro che F. fosse signoreggiata dai suoi vescovi, e che fino dal sec. X la Chiesa fiesolana versasse in un nuovo disordine. Nel secolo seguente si ebbero tra i due vescovi contese di vario genere che fruttarono al Fiesolano l'obbligo di risiedere ogni anno per qualche tempo in Firenze, mentre un amministratore fiorentino veniva preposto alla Chiesa di Fiesole. Basandosi su questi dati il Davidsohn ha rimesso sul tappeto la questione della prima distruzione di F. a opera dei Fiorentini, che le antiche fonti datano al 1010 ma che si ritiene solitamente leggendaria.
Certa è comunque la distruzione del 1125, dopo un assedio durato dalla fine di giugno al 12 settembre, che la leggenda si compiacque di rievocare sotto forma di quello di Giulio Cesare alla città catilinaria. Le cause della guerra non furono certo economiche - F. era ormai da secoli tagliata fuori dalle direttrici di traffico - bensì strategiche, poiché Firenze, in fase di espansione favorita dalla carenza di autorità marchionale dopo la morte della contessa Matilde, temeva la forte posizione di F. qualora essa fosse caduta nelle mani di qualche nemico. Il cronista Sanzanome parla invero di un certo disturbo che i Fiesolani arrecavano ai mercanti fiorentini: ma senza bisogno di dubitare della sua testimonianza, non si rischia a pensare a un ‛ casus belli ' di comodo, e ciò appare del resto chiaro da quanto a questo proposito osserva Giovanni Villani (IV 32). F. venne distrutta completamente, solo la chiesa e la residenza episcopale lasciate in piedi: la ferocia dimostrata dai Fiorentini in quell'occasione tirò loro addosso le ire del pontefice. La " destructio Faesularum " fece comunque epoca nella vita cittadina, e la si ritrova spesso come riferimento cronologico nei documenti.
Dopo questi fatti, gran parte degli abitanti di F. fu tratta a vivere in Firenze, dove in seguito parecchie famiglie (i Caponsacchi, gli Arrigucci, nonché i Razzanti e i Pazzi secondo il Malispini) vantarono il loro antico sangue fiesolano. Dalla fusione di Fiesolani e Fiorentini (pur riferendola ai fatti leggendari del 1010) il Villani fa derivare due cose: l'introduzione, tra i simboli araldici del comune, dello scudo partito di bianco e di rosso a significare appunto l'unione tra le due cittadinanze (ciò è segnalato anche dal Malispini), e la tendenza. dei Fiorentini alle lotte fratricide, causa anche l'influenza di Marte sotto il cui segno la città era stata fondata.
Da allora, F. restò città solo di nome, ma di fatto ricettacolo solo di pochi lavoratori delle vicine cave di pietra. Fra 1227 e 1228 i Fiorentini riuscirono a costringere, con la mediazione di Gregorio IX, il vescovo di F. a trasferirsi definitivamente nella loro città per meglio soffocarne ogni iniziativa politica indipendente. Egli non poté sottrarsi a ciò, in quanto enormemente indebitato con alcuni fra i più potenti finanzieri fiorentini: si stabilì dunque nella chiesa di Santa Maria del Campo e solo nel sec. XIX poté rientrare in Fiesole.
Ai tempi di D., F. era già una città esaurita. Pure, egli ne parla vivacemente in più luoghi e da due diversi punti di vista: l'evocazione affettuosa delle prische origini fiesolano-fiorentine da un lato (Pd XV 124-126, XVI 121-122), dall'altro lo sferzante disprezzo per gli scelestissimis Florentinis... miserrima Faesulanorum propago già una volta colpiti dalla giustizia romana per aver abbracciato la causa del sedizioso Catilina e ora nuovamente ribelli all'Impero (Ep VI 6), l'accusa all'ingrato popolo maligno / che discese di Fiesole ab antico (If XV 61-62) di non esser capace che di commettere il male, e infine l'orgogliosa esortazione affinché le bestie fiesolane rispettino in D. la nobile propaggine del sangue romano (vv. 72-73).
La F. che interessa D. è quella della leggenda fiesolano fiorentina che (nel suo duplice aspetto encomiastico e polemico) costituiva la base mitico-epica dell'elevata coscienza della propria nobiltà che il comune fiorentino teneva a mostrare.
L'origine della leggenda è senz'altro colta (data la sua connessione col ciclo leggendario di Troia e di Roma e le fonti classiche da cui prende le mosse), ma essa si sviluppò e si diffuse comunque, e in profondo, al livello popolare: D. ha testimoniato il consueto favoleggiare dei Troiani, di Fiesole e di Roma (Pd XV 126) in un ambito tradizionale, familiare, di cara ingenuità.
Così come ci è stata tramandata dal XIIl secolo fino al Villani (considerando a parte il Malispini, la questione della cui autenticità è ancora, secondo noi, lungi dall'esser veramente risolta), la leggenda consta di tre elementi fondamentali. La fondazione anzitutto di F. per opera di Atlante, dei cui tre figli Italo, Dardano e Sicano il primo resta a signoreggiare l'Italia mentre il secondo, partendo e fondando in Frigia la città di Dardania (poi Troia), dà inizio al ciclo troiano poi - tramite Enea - romano infine fiorentino, giacché Firenze è fondata dai Romani per volere di Cesare e a immagine di Roma stessa. In secondo luogo la congiura di Catilina, il suo resistere in F. contro i Romani, l'uccisione da parte dei Fiesolani del console romano Fiorino, la vendetta di Cesare che distrugge F. e impone ai suoi abitanti di scendere a vivere, insieme con alcuni Romani, in una nuova città fondata sul luogo dove è caduto Fiorino; essa è chiamata da Cesare " Cesaria ", poi " piccola Roma " perché costruita a somiglianza di Roma, quindi " Florentia ". Infine la distruzione di Firenze e la riedificazione di F. da parte di Totila (però il Malispini parla di Attila, in ciò concorde con D. [If XIII 149], mentre Totila indicano Sanzanome, le varie versioni della leggenda fiesolana e il Villani [II 2]: una certa confusione tra i due condottieri, anche a causa della somiglianza dei nomi, era consueta), nonché la successiva riedificazione di Firenze da parte dei Romani, sempre a somiglianza di Roma (ciò secondo Sanzanome e le fondamentali versioni della leggenda fiesolana pubblicate dallo Hartwig e dal Del Monte): più tarda è la tradizione della ricostruzione di Firenze a opera di Carlomagno, accolta dal Malispini, dal Villani e dal Ninfale Fiesolano del Boccaccio (ott. 454 ss.).
È ovvio che non si tratta di una leggenda omogenea, ma della sovrapposizione di almeno due tradizioni, quella mitica delle origini e quella semi-storica (F. fu effettivamente una base catilinaria) della congiura di Catilina. Il suo sorgere può comunque datarsi già almeno dalla fine del sec. XII perché Sanzanome mostra ai primi del secolo seguente di conoscerla, pur non operando la connessione tra il tema delle origini e quello catilinario. Tale connessione dovette comunque entrare ben presto nella tradizione perché il Tresor di Brunetto Latini (parte I, c. XXXVII) vi si riferisce con sicurezza.
Da notare che, prima della sintesi villaniana e malispiniana, a parte, come già abbiamo visto, qualche eco in Sanzanome, la leggenda è riferita in operette particolari mentre le fonti annalistico-cronistiche, anche laddove trattano della presa di F. del 1125 (per esempio gli Annales Florentini I), non vi accennano.
La leggenda, già composita, si prestò a un'ultima inserzione di carattere genealogico: quella sulle origini della famiglia degli Uberti, di cui tratta l'ultimo capitolo del Marucelliano C. 300. Gli Uberti vi sono fatti discendere non dagl'imperatori sassoni com'era voce corrente, ma da un Uberto Cesare figlio di Catilina (e quindi, per suo tramite, rampollo diretto dei Troiani), che avrebbe retto la prisca Firenze come signore nel nome del comune di Roma e poi, colpito dall'invidia di Augusto, sarebbe andato a conquistare la Sassonia originandovi la celebre casa imperiale germanica. Il Malispini dette a questo gruppo di favole encomiastiche uno sviluppo estremo, arricchendole con notizie riguardo agli Elisei (a proposito della moglie di Uberto Cesare, " sirocchia d'uno nobilissimo barone cittadino di Roma, il quale ebbe nome Elisone ", cap. XXVIII) e facendo dei compagni che avrebbero seguito Uberto Cesare in Germania altrettanti capostipiti delle migliori famiglie della cerchia antica (cap. XXIX). Il Villani riporta da parte sua, molto asciuttamente (I 41), la versione degli Uberti discendenti da Catilina, ma con l'aria di non prestarvi eccessivo credito.
Problema a parte, poi, sarebbe il rintracciare la fonte - se ve ne fu una - che servì al Malispini per narrare l'episodio degli amori di Catilina e di Belisea vedova di Fiorino, di Centurione e di Taverina figlia di Belisea (capp. XVI-XVII).
La leggenda fiesolano-fiorentina ebbe il suo significato più vivo nel valore spirituale che seppe rivestire per il comune di Firenze: valore del quale, ci sembra, D. è profondamente consapevole in tutti i passi nei quali si ricorda di Fiesole.
La F. leggendaria ha, si può dire, due volti: positivo l'uno, di prima città fondata dopo il diluvio (il suo nome deriverebbe da " Fe sola " o " Fia sola "), progenitrice di Troia e di Roma, nel quale si riflette l'orgoglio locale dei Fiorentini; negativo l'altro, di anti-Roma, rocca del sedizioso Catilina e del barbaro Totila, di fronte a Firenze figlia prediletta di Roma, nata per volere di Cesare a immagine della capitale del mondo e restaurata poi dai Romani stessi o - in una sorta di ‛ renovatio ' - da Carlomagno. All'aspetto popolare, favoloso e rievocativo la leggenda univa quello colto, suscettibile di un'esegesi politica e moralistica.
Così, la notizia dei due ceppi che avrebbero contribuito a popolare la nuova città, il romano e il fiesolano, poteva acquistare una dimensione tragica in tempo di lotte civili e D. sentirsi il figlio di Roma perseguitato dai nuovi catilinari, dai nuovi nemici dell'Impero; è inutile dire che la pur tarda e poco chiara favola genealogica degli Uberti è a doppio taglio, encomiastica nella misura in cui attraverso Catilina li riallaccia al gentile sangue romano e troiano, condannatrice nella misura in cui, ereditariamente, se ne bolla la tendenza alla congiura, la sete di dominio, la superbia infesta alla patria.
Ciò detto, si capisce fino a che punto sia violenta l'invettiva di D. quand'egli ricorda ai Fiorentini ribelli a Enrico VII la loro origine fiesolana e l'incombere della spada di Roma sul loro capo (Ep VI 24; cfr. Pd VI 53-54); e come ingenua e struggente, ma al tempo stesso piena di consapevole orgoglio, sia l'evocazione delle favole fiesolane laddove Cacciaguida rammenta il tempo onesto ed eroico del comune, il tempo delle vittorie all'esterno e della pace all'interno che - almeno nella mitologia etica del poeta, se non nella realtà storica - la " destructio Faesularum " del 1125 aveva aperto.
Bibl. - Un inventario delle carte del vescovo, in G. Raspini, L'archivio vescovile di F., Roma 1962. Manca una storia generale di F.; si possono comunque vedere (oltre a Davidsohn, Storia, ad indicem, e P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze, ad indicem): D. Moreni, Notizie storiche dei contorni di Firenze, Firenze 1792; A.M. Bandini, Lettere XII nelle quali si ricerca e s'illustra l'antica e moderna situazione della città di F., Siena 1800; G. Del Rosso, Une journée d'instruction à F., Firenze 1826; D. Macciò, Nuova guida della città di F., Volterra 1826; A. Guerri, F. e il suo comune, Firenze 1897; E. Galli, F., Milano 1914; A. Solari, Topografia storica dell'Etruria, Pisa 1918-202; B. Barba-Doro, in Enc. Ital. XV.
Sulla tradizione manoscritta della leggenda e sui problemi storico-filologici che essa pone, rimandiamo a O. Hartwig, Quellen und Forschungen zur ältesten Geschichte der Stadt Florenz, I, Marburgo 1875; II, Halle 1880; P. Santini, Quesiti e ricerche di storiografia fiorentina, Firenze 1903, 16-26; A. Del Monte, La storiografia fiorentina dei secoli XII e XIII, in " Bull. Ist. Stor. Medio Evo " LXII (1950) 175 ss. Quanto alla lettura diretta delle fonti, occorre rifarsi a G.T. Gargani, Letture di famiglia, appendice, Firenze 1854, per il Libro Fiesolano (codice Marucelliano C. 300); E. Alvisi, Il libro delle origini di F. e di Firenze, Parma 1895, per l'antiquarum hystoriarum libellus (Laurenziano XXIX. VII); O. Hartwig, Quellen und Forschungen..., cit., I 1 ss. per i Gesta Florentinorum di Sanzanome, e 35 ss. per la Chronica de origine civitatis; A. Del Monte, La storiografia..., cit., 265 ss. per la Cronica de quibusdam gestis; B. Latini, Li livres dou Trésor, a c. di F. Carmody, I, Berkley 1948, XXXVII; G. Villani, Cronica, passim; R. Malispini, Storia fiorentina, passim.
Per la fortuna letteraria della leggenda, a parte ovviamente D., cfr.: G. Boccaccio, L'Amelo e il Ninfale Fiesolano, a c. di D. Guerri, Bari 1918, 136 n. 182, 339 n. 165; A. Graf, Il Zibaldone attribuito ad Antonio Pucci, in " Giorn. stor. " I (1883) 282.