Milotti, Fiduccio de'
Due postille alla seconda egloga di D. responsiva a Giovanni del Virgilio, contenute nel manoscritto boccaccesco Laurenziano XXIX 8, probabilmente di mano dello stesso Boccaccio, asseriscono che nel pastore Alfesibeo è raffigurato Fiduccio de' M. medico e filosofo. Al v. 15 è detto: " magister Fiducius de Milottis de Certaldo medicus qui tunc morabatur Ravennae ", e al v. 89, dove Alfesibeo è detto gregis magni... alumnus, il postillatore spiega che il " grex " è " humanus ", " quia medicus et philosophus erat magister Fiducius ", cioè, commenta l'Albini nella sua edizione delle Egloghe, " tra medico e filosofo può dirsi che aveva in cura l'uman genere ". Come filosofo infatti parla Alfesibeo ai vv. 16-17 ricordando l'opinione platonica del ritorno delle anime alle stelle quale esempio dell'universale legge per la quale cuique placent conformia vitae.
Questo personaggio è stato identificato con un Fiduccio (o Feduccio, come propose il Livi, dal nome del padre Fede, medico anch'esso) de' M., del quale si hanno notizie da vari documenti del tempo, di famiglia originaria di Certaldo ma per alcuni rami già stabilita negli ultimi decenni del sec. XIII in Romagna e a Bologna. Da un documento pubblicato da C. Ricci risulta suocero di Giovanni da Polenta, fratello di Guido; dal suo testamento (dov'è detto " de Ravenna "), rogato a Bologna nel 1323, risulta proprietario di vari terreni nei pressi di Ravenna, e di una biblioteca divisa tra Ravenna, Forlì, Imola e Bologna; da una sua denuncia di furto patito in Bologna nel 1322 appare facoltoso, e ospite di un altro medico, Mondino de' Luzzi, che insegnava nello Studio bolognese. P. Amaducci suppose che Fiduccio fosse stato chiamato, come altri medici e giuristi, a Ravenna a insegnare in uno Studio che doveva esistere in quella città fin dal secolo precedente. Dalle parole che D. gli attribuisce nell'egloga appare amico intimo e caro al poeta (O plus quam media merito pars pectoris huius, lo chiama al v. 63 Titiro, cioè D. stesso, a sua volta detto mea vita da Alfesibeo). Questo, dopo averlo supplicato di non lasciare gli amici di Ravenna per l'antro del Ciclope (vv. 46-62), lo avverte di non cadere nelle mani di Polifemo assuetum rictus humano sanguine tingui (vv. 76-87), proprio ora che il frondator gli prepara perpetuas... frondes.
Bibl. -P. Amaducci, in " Bull. " XV (1908) 136; G. Livi, D., suoi primi cultori, sua gente in Bologna, Bologna 1918; ID., D. e Bologna, ibid. 1922, 167-168; ID., Feduccio de' M. medico certaldese, caro a D., esule a Ravenna, in " Miscell. Stor. Valdelsa " XXXV (1927); C. Ricci, Ultimo rifugio di D., Ravenna 1965³.