FICATELLI (Figatelli)
Famiglia di pittori attiva a Cento (Ferrara) tra il XVII e il XVIII secolo.
Giuseppe Maria, figlio di Paolo, nacque a Cento nel 1639 (Orsini, 1880). Si formò nella sfera di influenza del più importante artista centese, il Guercino, frequentando in Bologna la sua bottega e quella dei suoi nipoti ed epigoni, Benedetto e Cesare Gennari.
L'impronta del Guercino, che condizionò fortemente gli artisti di area centese, lo segnò profondamente ed alimentò in lui capacità imitative che resero difficile distinguere i disegni dell'allievo da quelli del maestro, e consentirono di diffonderli come originali del Guercino (Crespi, 1769; Oretti, Notizie..., sec. XVIII). Le opere di Giuseppe Maria che ci sono pervenute, tra quelle ricordate dalle fonti settecentesche, sono tutte riferibili alla fase matura della sua attività; esse appaiono esplicitamente subordinate all'influsso del Guercino e rivelano una capacità soltanto superficiale di interpretarne il linguaggio.
Le quindici telette con i Misteri del Rosario della chiesa dei Ss. Lorenzo e Pancrazio a Casumaro, frazione di Cento, coeve al rinnovamento degli altari avvenuto nel 1689, non sono altro che una delle copie, frequenti sul territorio centese, dei Misteri realizzati dal Guercino per la chiesa di Corporeno. Risale allo stesso periodo ed è riferibile alla medesima influenza - soprattutto per quanto riguarda l'immagine della Vergine - il dipinto raffigurante la Madonna col Bambino che appare a s. Filippo Neri, tuttora collocata sull'altare maggiore della chiesa di S. Filippo, a Cento, per il quale fu eseguito presumibilmente negli anni tra il 1686 e il 1688. Nella stessa chiesa è conservata la Madonna col Bambino che appare ai ss. Leopoldo, Carlo Borromeo e Antonio da Padova. Quest'opera si potrebbe situare nell'estrema maturità dell'artista, come lascia intendere una certa involuzione che, di là da una generica ispirazione a modelli guercineschi, rimanda piuttosto alla severità compositiva della pittura controriformata; anche le qualità pittoriche del dipinto sembrano smorzate a paragone con il precedente, nel quale la pennellata pare più morbida e la stesura cromatica più sfumata (Gozzi, 1983, pp. 340-342). Le doti tecniche di Giuseppe Maria sono meglio riscontrabili nei due soli dipinti recentemente sottoposti a restauro, il S. Nicola da Tolentino in preghiera e il S. Agostino nello studio in meditazione (Cento, Ospedale civile della ss. Annunziata, in deposito alla Pinacoteca civica). Pur evidenziandosi in queste opere un cromatismo fresco e a volte intenso e un saldo inipianto compositivo, non è possibile tuttavia individuare nell'artista qualità che lo affranchino dalla sudditanza nei confronti del Guercino e dei Gennari, dato costante nella sua opera. Fu indubbiamente tale conformismo a modelli consolidati che assicurò a Giuseppe Maria una certa continuità di lavoro, come testimoniano le fonti settecentesche che, oltre ai dipinti citati, ne ricordano alcuni altri per chiese del contado centese (cfr. Crespi, 1769; Oretti, Notizie..., sec. XVIII; Orsini, 1880). Giuseppe Maria morì a Cento il 3 sett. 1703 (Orsini, 1880), affidando la continuazione della bottega ai figli Paolo Antonio e Stefano Felice avuti dalla moglie Camilla Bargellini.
Paolo Antonio nacque a Bologna il 3 ag. 1671 (Bologna, Archivio generale arcivescovile, Registro dei battezzati nella cattedrale; vedi anche Carrati, Nascite..., sec. XIX).
Dall'esarne delle testimonianze si delinea il ritratto di un artista eclettico, dedito non solo alla pittura, ma anche alla scultura e all'architettura, particolarmente versato nella composizione e decorazione prospettica e con grande attitudine alle scienze, soprattutto all'astronomia.
La notizia della grande stima nutrita per lui da L. F. Galli Bibiena (Righetti Dondini, 1768) è avallata dalla certa collaborazione realizzatasi fra i due a partire dal 1722 per l'ampliamento della cappella del Rosario nella chiesa del ss. Rosario in Cento. Il progetto architettonico di Paolo Antonio, conservato presso l'Archivio arcivescovile di Bologna, fu ideato in perfetta coerenza con i principi bibieneschi e fu approvato ufficialmente dallo stesso Bibiena, incaricato di disegnare una nuova ancona per la medesima cappella. Proprio durante questi lavori di ristrutturazione Paolo Antonio morì improvvisamente, il 17 febbr. 1724, e fu sepolto nella stessa chiesa del ss. Rosario.
L'importanza della sepoltura e la solennità dell'elogio dettato per la sua pietra tombale da G. Baruffaldi sono ulteriore testimonianza di un prestigio che i contemporanei gli attribuivano per meriti o attitudini che attualmente non è possibile verificare.
Stefano Felice nacque a Cento l'8 apr. 1686 (Cento, Archivio parrocchiale di S. Biagio, Liber baptizatorum; vedi anche Gozzi, 1983, p. 342). Intraprese la carriera del padre e del fratello Paolo Antonio, finendo con l'occupare un ruolo non secondario fra i pittori centesi del Settecento.
Si formò negli anni a cavallo del secolo, quando l'egemonia del Guercino sulla pittura centese era divenuta meno condizionante che in passato ed anche a Cento si osservava la duplice evoluzione della cultura bolognese settecentesca: da un lato la difesa della tradizione classicistico-reniana che sarebbe stata parte del programma dell'Accademia Clementina, dall'altro l'apertura innovativa al naturalismo di G. M. Crespi. Per cultura ed attitudini personali Stefano Felice si identificò nella prima tendenza e cominciò ad operare lungo la linea di raccordo tra i due secoli tracciata prima da L. Pasinelli e poi da G. G. Dal Sole.
Pur esistendo notizia di una sua notevole precocità (Baruffaldi, 1844-46), non è possibile alcun riscontro della fase iniziale della sua produzione, risalendo le sue prime opere superstiti al 1730 circa. Si tratta di due delle quattro tele commissionategli dal Comune di Cento in occasione del rinnovamento dell'oratorio di S. Michele: S. Biagio intercede presso la Madonna per far cessare la peste a Cento e S. Michele arresta Parmata di Nicolò Piccinino in procinto di distruggere Cento (Cento, chiesa del SS. Rosario). La drammatica intensità del linguaggio con cui l'artista narra i due episodi, il concitato dinamismo delle scene, l'accentuazione del patetismo devozionale, unita ad alcuni tocchi realistici di grande immediatezza, evidenziano una cultura articolata e particolarmente attenta alle vicende bolognesi e suggeriscono un diretto accostamento alla pittura di L. Pasinelli (Riccomini, 1971; Gozzi, 1983). L'incarico è importante e testimonia di un certo rilievo dell'artista nel panorama centese, nonostante fosse forte la concorrenza dei pittori di Bologna e Ferrara, ai quali andavano solitamente le committenze di maggior prestigio. Due dipinti ascrivibili al periodo intorno al 1744, S. Rita svenuta per lameditazione sugli strumenti della Passione e S. Monica che prega s. Agostino suo figlio di ascoltare la predica di s. Ambrogio (Cento, Ospedale civile della SS. Annunziata, in deposito alla Pinacoteca civica), non sono che figure laterali di una pala di A. Rossi per la chiesa di S. Caterina, anche se si riconoscono per le stesse qualità coloristiche e compositive dei precedenti e per la medesima attenzione alle contemporanee esperienze bolognesi. Risale allo stesso periodo, ma risulta di minore livello qualitativo, un'altra tela realizzata in subordine ad altri più prestigiosi artefici: il dipinto rappresentante i Ss. Andrea, Lorenzo, Cristoforo, Giovanni e Antonio da Padova collocato alla base e a complemento di una tela di B. Cesi all'interno della chiesa di S. Biagio, dove Rossi si aggiudicava negli stessi anni l'incarico ambitissimo della realizzazione della pala per l'altare maggiore. Il ruolo di comprimario fu svolto da Stefano Felice ancora in altre occasioni: quando adattò la tela del padre al nuovo altare di S. Filippo Neri, oppure quando restaurò dipinti di altri artisti (come la Crocifissione del Guercino nella chiesa del SS. Rosario). L'impegno nel restauro corrisponde all'attenzione che Stefano Felice sempre dimostrò alla conservazione dei valori del passato centese, concretizzata anche nella redazione di una Guida di Cento (Atti [1853]). Tra il 1759 e il 1760 eseguì per l'aula capitolare di S. Biagio cinque tele firmate e datate, tuttora in loco: S. Biagio con il plastico di Cento S. Rocco, S. Aproniano, S. Giovanni Nepomuceno, S. Michele Arcangelo; questi dipinti si inseriscono nel generico ambito della pittura devozionale a destinazione popolare.
Allo stesso filone facevano capo presumibilmente le quindici telette a chiaroscuro con i Misteri del Rosario, commissionategli nel 1732 per la chiesa del ss. Rosario, sulle quali tuttavia non è possibile esprimere un giudizio in quanto le tele ora in loco, sono rifacimenti che risalgono con probabilità all'Ottocento (Giovannucci Vigi, 199 1, p. 88). Allo scarno inventario delle opere di Stefano Felice tuttora reperibili possono forse aggiungersi, quantunque non se ne trovi traccia nelle fonti, due telette rappresentanti S. Anna con Maria Bambina e L'estasi di un santo (Cento, chiesa del ss. Rosario, sacrestia) in cui sono evidenti tracce delle medesime caratteristiche stilistico-formali delle opere maggiori (ibid., p. 103). La storiografia locale dà notizia invece di un'attività intensa svolta da Stefano Felice come ritrattista di personaggi insigni a Cento e a Ferrara, quali G. Baruffaldi e G. Lanzoni.
Stefano Felice morì a Cento il 5 sett. 1771.
Fonti e Bibl.: Cento, Archivio antico del Comune, ms. 159: G. Baruffaldi, Visita alle pitture della Terra di Cento (1754) pp. 8, 15 s., 26, 30 (per Giuseppe Maria e Stefano Felice); Ibid., ms. 52: G. Monteforti, Auctores tabularum quae in sacris aedibus Genti servantur (1755), pp. 6, 10 (per Stefano Felice), e Id., Ad Genti historiam appendix (1755), p. 6 (per Giuseppe Maria); Ibid., ms. 73: P. A. Tosi, Tavole o pitture delli altari delle chiese di Cento, p. 8 (per Giuseppe Maria); Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, ms. B 128 (sec. XVIII): M. Oretti, Notizie de' Professori del disegno, pp. 202 s., 294 s.; Ibid., ms. B 291: Id., Pitture di Cento, in Pitture dello Stato ecclesiastico (1778), p. 4 (per Paolo Antonio); O. C. Righetti Dondini, Le pitture di Cento..., Ferrara 1768, pp. 4, 50 (per Paolo Antonio); L. Crespi, Vite de' pittori bolognesi non descritte nella Felsina pittrice, Roma 1769, p. 177 (per Giuseppe Maria); G. F. Erri, Dell'origine di Cento, Bologna 1769, p; 306 (per Giuseppe Maria); C. Barotti, Pitture e sculture che si trovano nella città di Ferrara, Ferrara 1770, pp. 68-70 (per Stefano Felice); C. Cittadella, Catalogo istorico de' pittori, incisori e scultori ferraresi e delle opere loro, Ferrara 1782, IV, pp. 143 s. (per Stefano Felice); L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1808), III, Firenze 1974, p. 86 (per Stefano Felice); Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, ms. B 869: B. Carrati, Nascite dei cittadini battezzati in S. Pietro dal 1459 al 1818 (sec. XIX), p. 43 (per Paolo Antonio); G. Baruffaldi, Vite de' pittori e scultori ferraresi (inizio sec. XVIII), Ferrara 1844-1846, II, p. 580; G. Atti, Sunto storico della città di Cento (1853), Bologna 1983, ad Indicem (per Giuseppe Maria e Stefano Felice); G. Campori, Gli artisti italiani e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, p. 204 (per Giuseppe Maria); Id., Lettere artistiche, Ferrara 1866, p. 199 (per Stefano Felice); Raccolta di disegni della donazione Santarelli, Firenze 1870, p. 265 (per Stefano Felice); A. Orsini, Cenni biografici degli illustri Centesi, Cento 1880, pp. 87 s.; E. Riccomini, Il Settecento a Ferrara, Ferrara 1971, nn. 34 s. (per Stefano Felice); M. Parlatore Melega, Il restauro dei dipinti dell'ospedale di Cento, in L'ospedale di Cento nei secoli. Studi, documenti, e iconografia, Cento 1975, pp. 90, 96 s., 121 (per Giuseppe Maria e Stefano Felice); L. Riguzzi, Il Rosario di Cento, Cento 1982, pp. 21, 29 (per Stefano Felice); F. Gozzi, Stefano FeliceF. e la pittura centese del XVIII secolo, in Benedetto XIV e Cento nel XVIII secolo (catal., Cento 1979), Bologna 1983, pp. 327-362 (pp. 332 s. 338-342 Per Giuseppe Maria, p. 333 per Paolo Antonio); A. Mezzetti -E. Mattaliano, Indice ragionato delle "Vite de' pittori e scultori ferraresi" di G. Baruffaldi, II, Ferrara 1983, p. 19 (per Paolo Antonio e Stefano Felice); F. Gozzi, in La Pinacoteca civica di Cento, Bologna 1987, pp. 185, 188, 197; L. Samoggia in La "Candida Rosa". Il Rosario nell'arte centese ed emiliana dal XVI sec., catal. Cento), Bologna 1988, pp. 44, 84, 88, 90 (per Stefano Felice), 126 (per Giuseppe Maria e Stefano Felice); Id., Valori urbanistici ed interventi architettonici, in La Chiesa del Rosario, Bologna 1991, p. 48 (per Paolo Antonio); D. Lenzi, L'intervento di Luigi Ferdinando Bibiena per la Cappella Maggioree la sua ancona, ibid., pp. 67, 70 s., 78; B. Giovannucci Vigi, Appunti per un itinerario storico-artistico, ibid., pp. 86, 88, 101, 103, 105 (per Stefano Felice); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 548 (s.v. Figatelli).