Vedi FIBULA dell'anno: 1960 - 1994
FIBULA
Il nome latino, inalterato o con qualche adattamento a seconda delle lingue moderne (francese fibule, tedesco Fibel), è impiegato come termine tecnico dagli studiosi per designare un tipico oggetto dell'abbigliamento e dell'ornamento personale antico, che ha la funzione e la forma dello spillo di sicurezza (in greco normalmente περόνη). La sua larghissima diffusione, specialmente in alcuni ambienti e periodi dell'antichità mediterranea ed europea, la varietà pressoché infinita delle sue fogge e dei suoi ornati, il valore che esso può assumere quale elemento di datazione di corredi tombali o di altri complessi archeologici distinguono particolarmente questo oggetto tra i prodotti minori delle civiltà antiche. Studiate finora soprattutto dal punto di vista tipologico, le fibule presentano anche un certo interesse dal punto di vista dell'arte come documenti, sia pure modesti ma abbondanti e vari, del senso plastico e del gusto decorativo dei tempi in cui furono impiegate, o come veri e propri gioielli, rientrando in questo caso nella più vasta classe delle oreficerie (v. oreficeria).
Tipologia. - La f. è di metallo: generalmente di bronzo, ma anche d'oro, argento, ferro; possono aggiungersi talvolta integrazioni accessorie ed ornati di altra materia (paste vitree, ambra, osso, ecc.). Gli elementi essenziali e costanti che ne garantiscono l'impiego e ne determinano la forma sono lo spillo (ardiglione) e il corpo protettivo che lo tiene fermo (arco). Propria della f. è la giunzione fissa, generalmente elastica per mezzo di spirale, di queste due parti ad uno dei lati (capo). Sull'altro lato esse si riuniscono, quando la f. è chiusa, con l'alloggiamento dello spillo nella estremità dell'arco opportunamente conformata (piede o staffa). Le misure sono generalmente proporzionate all'impiego, che era quello di fermare indumenti di stoffa o di pelle, o loro parti: si tratta quindi per lo più di oggetti la cui lunghezza varia tra i 5 e i 20 cm, senza tuttavia escludere casi di esemplari in miniatura o di altri colossali che raggiungono sino i 50 cm (e che certo non si usarono per il vestiario, ma forse per fermare tendaggi, o non ebbero funzione pratica).
La storia della f. è naturalmente legata a quella del costume, vale a dire alle necessità del suo impiego in rapporto alle forme degli indumenti, ma anche alle preferenze o alle assuefazioni del gusto in singole fasi di civiltà. Dal momento in cui se ne inventò la forma nella tarda Età del Bronzo, la f. entrò nell'uso costante, e apparentemente indispensabile, delle popolazioni protostoriche delle coste settentrionali dei Mediterraneo, dei paesi dell'Asia Anteriore gravitanti verso il Mediterraneo e dell' Europa continentale: con esclusione dei centri tradizionali delle grandi civiltà del vicino Oriente, che, fedeli ai loro costumi, non parvero apprezzare la praticità del nuovo piccolo congegno. Diffusissimo ancora nel periodo arcaico in Grecia e in Italia, l'impiego della f. sembra aver subito un regresso, almeno come oggetto corrente, a partire dal periodo classico: e ciò verisimilmente anche in rapporto con fogge di vestiario che escludevano, o non esigevano, fermature estrinseche, quali i chitoni o tuniche, lo himàtion, la toga, ecc. Esso rimase invece un elemento essenziale del costume delle genti europee non influenzate - o fin quando o fin dove non furono influenzate - dalle mode greco-romane; cosicché la diffusione delle fibule, nelle grandi linee, ma in modo estremamente significativo, viene a caratterizzare soprattutto quelle culture che chiamiamo "del Ferro" o dell'Età del Ferro (v.) nel loro svolgimento intenso e rapido nei paesi mediterranei - quasi prefazioni alla civiltà classica - e nel loro prolungarsi continentale per tutta la durata dei tempi antichi. Così, mentre nel mondo imperiale romano le fibule si incontrano di preferenza quali gioielli cerimoniali, insegue di onorificenze, di grado, ecc., la f. d'uso corrente è intesa come oggetto "barbarico"; ed essa torna di fatto ad una generale ed intensissima reviviscenza nell'età delle invasioni germaniche e nel primo Medioevo.
Ma la storia della f. ha anche un suo aspetto interno, formale di sviluppo tipologico (potrebbe parlarsi in un certo senso di vera e propria evoluzione). Ferma restando la struttura essenziale, le variazioni sono innumerevoli specie nella foggia dell'arco: con diversità a volte tanto accentuate, che si fa fatica a riconoscere la parentela, ad esempio, di una f. di bronzo ad arco filiforme, serpeggiante, di sagoma svelta ed elastica, del principio dell'Età del Ferro, con una f. a borchia circolare aurea, filigranata e ingemmata di vetri policromi, di età longobarda. A determinare queste variazioni possono concorrere, di tempo in tempo e di luogo in luogo, esigenze funzionali o di praticità nell'uso, progressi della tecnica dell'oreficeria, ragioni sociali, particolare senso della forma plastica o della decorazione, influenza dei repertori e degli stili dominanti nell'epoca, ispirazioni tratte da altre classi di oggetti, incroci di tradizioni diverse ed anche invenzioni dell'estro di singoli artigiani. Ma ciò avviene lungo un filone continuo di filiazioni tipologiche, praticamente ininterrotte e di volta in volta divergenti e convergenti: le innovazioni si esercitano progressivamente su questa linea unitaria e tradizionale, modificandola più o meno sensibllmente, ma senza spezzarla. Entro la più vasta unità evolutiva riconosciamo, d'altra parte, unità minori proprie di determinate regioni o civiltà con lo sviluppo di un particolare genere di fibule (per esempio fibule italiche a disco, fibule greche arcaiche a placchetta verticale; fibule anatoliche a manicotti, fibule di La Tène a balestra, ecc.).
L'origine delle fibule ha dato luogo a molte discussioni. Non vi è dubbio che la prima idea dell'oggetto sia sorta dallo spillo metallico fermato nella stoffa (o nella pelle) mediante un filo o uno spago passato nel capo, sovente forato, dello spillo stesso e avvolto attorno alla sua estremità appuntita. La trasformazione del filo in elemento metallico sembra dimostrata dai tipi più antichi di fibule, aventi l'arco diritto parallelo allo spillo e sovente con corpo filiforme liscio o tortile, ricordo di fibre intrecciate, o in forma di nastro, e talvolta con fermatura desinente in spirale. Si ritiene generalmente che il processo in atto di questa trasformazione sia riconoscibile nelle fibule "a due pezzi", nelle quali l'arco è lavorato a parte ed inserito in un foro nel capo dello spillo, tipo detto appunto "protofibula" (Urfibel) e diffuso nell'Europa continentale sul finire dell'Età del Bronzo; mentre solo in un secondo momento si sarebbe giunti ad un oggetto lavorato in un sol pezzo, quale è attestato dalla f. "ad arco di violino", nota tuttavia anch'essa nella tarda Età del Bronzo in Grecia, in Italia e nell'Europa centrale. Se ne deduce che la f. sia originariamente sorta in ambiente centro-europeo e di qui passata ai paesi mediterranei. Qualche studioso (principalmente C. Blinkenberg) ha invece attribuito l'invenzione della f. all'ambiente della civiltà tardo-micenea, sostenendo la priorità della f. ad arco di violino, ed una sua origine autonoma rispetto alla f. a due pezzi. In verità nulla vieta di supporre che l'improvviso maturarsi di un'idea - quella della trasformazione di un filo o stringa o nastro di arresto in elemento metallico - possa aver portato in alcuni luoghi a più rapidi perfezionamenti tecnici, in altri luoghi alla elaborazione di forme più embrionali. È interessante a questo proposito notare che, anche nelle fasi di più avanzato e complesso sviluppo tipologico delle fibule dell'Età del Ferro, perdura il dualismo tra forme in cui lo spillo conserva la sua primitiva individualità (mentre l'arco si inserisce o si salda in esso) e forme nelle quali spillo ed arco sono formati dello stesso pezzo metallico piegato ed avvolto a spirale sul capo: con sviluppi paralleli delle due serie, per ciò che concerne altri particolari tipologici e decorativi.
Il tipo ad arco di violino domina la prima fase della storia della f., corrispondente in Grecia al tardo-miceneo e al submiceneo (Miceneo III C 1 e 2), in Italia alle culture tardo-appenninica, subappenninica, delle terremare ecc., nell'Europa continentale all'età dei primi Campi d'Urne (cosiddette Hallstatt A I e Bronzo C). Le sue varianti danno luogo a sottotipi ed a nuovi tipi di notevole sviluppo anche in tempi successivi: per esempio alle fibule con arco a foglia di lamina, con arco serpeggiante od attorto in anelli paralleli, con arco raccorciato e lunga molla (fibule "ad arpa", diffuse specie nel continente), con arco spezzato a gomito (proprie di Cipro, della Sicilia nella fase di Cassibile, ecc.), con arco rientrante tra due spirali (largamente e variamente presente in Italia sul principio dell'Età del Ferro), con arco sviluppato in doppia o quadrupla spirale piatta (tipica dei Balcani e dei territorî adriatici nella prima Età del Ferro); mentre l'arresto spiraliforme del piede della f. tende ad ingrandirsi sino a trasformarsi in un vero e proprio disco di lamina, dando origine a tutta la famiglia delle fibule "a disco". Gli archi delle forme citate e gli arresti spiraliformi si combinano tra loro nelle fogge più svariate, il cui aspetto multiforme si accentua ulteriormente per la diversità degli ornati incisi o sbalzati sulle lamine.
Alla invenzione della f. ad arco di violino deve aver seguito, presumibilmente a breve distanza di tempo e nel medesimo ambiente, quella della f; "ad arco semplice", vale a dire con l'arco di profilo tendenzialmente semicircolare: tipo di fondamentale importanza per la fecondità delle sue filiazioni. Essa appare già nel submiceneo e nelle fasi corrispondenti dell'Italia e del retroterra europeo e perdura più o meno a lungo entro le culture del Ferro, anche nella sua forma più elementare. Ma, come la f. ad arco di violino e con soluzioni particolari parallele, la f. ad arco semplice offre numerose varietà dell'arco, del capo, del piede, nelle quali si riconosce il punto di partenza di nuovi tipi progressivamente caratterizzati in rapporto con determinate aree geografiche e culture nazionali. Così dall'arco rigonfio con nodi, bottoni, globi, manicotti, tendente ad una sorta di simmetria architettonica, e talvolta con l'aggiunta di plinti al capo ed al piede, o di una barretta di appoggio dello spilio, si sviluppa la classe delle fibule anatoliche (specialmente diffuse in Frigia nel VII e VI sec. a. C., ma presenti anche nella Ionia, a Cipro, in Grecia, ecc.). Dalla trasformazione della staffa di arresto dello spillo in una alta e sempre più regolare placca di lamina verticale, suscettibile di accogliere decorazioni incise - con arco semplice, o rigonfio, o a bottoni, o foliato-, nasce la caratteristica f. greca dei periodi geometrico ed orientalizzante. La Grecia arcaica conosce d'altro canto anche altre varietà tipologiche, come le fibule ad arco foliato verticale (fibule beotiche) ed orizzontale, ad arco ingrossato con elementi plastici figurati, con staffa allungata, ecc.
Alcune di queste ultime fogge richiamano all'ambiente italico e centro-europeo, dove il processo di sviluppo delle fibule assume aspetti di particolare esuberanza e ricchezza. Le culture di passaggio dall'Età del Bronzo all'Età del Ferro e le prime fasi di quest'ultima in Italia vedono il moltiplicarsi di modelli con arco ingrossato, tortile, conformato a dischetti verticali, crestato con aggiunte di pendenti a catenelle (motivo di origine adriatica e comune con l'Europa danubiana) e infine costituito con parti di materia diversa inserita nel filo di bronzo. Le forme basilari dell'arco semicircolare ingrossato e dell'arco rientrante tra due spirali (quest'ultima dipendente dall'arco di violino, come si è già detto sopra) costituiscono, almeno per un certo periodo nell'Italia centrale, due serie parallele proprie rispettivamente del costume femminile e del costume maschile. Lo sviluppo dell'arresto a spirale in disco determina la fioritura delle fibule a disco che, con varia foggia di archi, caratterizzano la cultura villanoviana (IX-VIII sec.); mentre le fibule a disco con arco foliato culminano nel famoso esemplare colossale aureo, con decorazione orientalizzante, della Tomba Regolini-Galassi di Cerveteri. Probabilmente in rapporto con la primissima colonizzazione greca si diffonde il motivo della staffa allungata che, applicato anch'esso ad archi ingrossati e ad archi serpeggianti, talvolta con l'aggiunta di bastoncelli trasversali (fibule "a drago"), trionfa tra l'VIII e il VI sec., determinando la forma di esemplari ricchissimamente decorati, prodotti anch'essi della più rigogliosa oreficeria orientalizzante. Oltre alle numerose aggiunte plastiche, è da notare che gli archi si configurano talvolta addirittura in corpi di animali. La vitalità tipologica delle fibule italiche continua anche nei secoli successivi (VI-III), seppure attenuata: prevalgono forme con staffa terminante in bottone ed arco ribassato (fibule "della Certosa") o con archi serpeggianti arricchiti di dischi, bottoni, rosette, ecc.
L'Europa continentale vide prolungarsi, per tutta la durata delle Culture dei Campi d'Urne, la struttura delle fibule a due pezzi, ma con un proprio sviluppo tipologico e decorativo non del tutto ignaro delle parallele elaborazioni mediterranee e dominato dal motivo della spirale: specialmente caratteristica è la forma con arco a foglia e due dischi a spirale sul capo e sul piede. Con il periodo di Hallstatt (VIII-V sec.) si diffondono i tipi italici. Ma questi, partendo dalle forme della Certosa, tendono già nella prima fase di La Tène (V-IV sec.) ad arricchirsi di nuovi motivi, come la punta della staffa rovesciata indietro (fibule "a scorpione") e, soprattutto, di complesse ornamentazioni plastiche anche figurate, di stile celtico. La Spagna celtiberica elabora una sua caratteristica f. con corpo ad anello. Particolarmente notevole, infine, è lo sviluppo in questo ambiente di un nuovo modo di giunzione dell'arco con lo spillo, costituito dal moltiplicarsi simmetrico dei giri della spirale orizzontalmente sui due lati del capo (fibule "a balestra"), che sarà determinante per tutta la evoluzione ulteriore della fibula. Tipi a balestra con archi di varia foggia (sovente di lamina triangolare allungata, forata o piena), anche di metallo prezioso e con ornati di pietre e di coralli, dominano infatti nell'Europa celtica e germanica per tutta la durata dell'età ellenistica e romana; né mancano di affacciarsi nei paesi mediterranei, accanto ad altre fibule-gioielli di reminiscenza italica o di sbrigliate forme anche figurate. Ma ulteriori ed ancor più ricche filiazioni di questo motivo si avranno nelle fibule barbariche dell'età delle migrazioni, con la protezione o la sostituzione del "capo a balestra", mediante un elemento trasversale talvolta terminante in bottoni (fibule "a croce latina") o mediante un elemento rettangolare o semicircolare (che può avere bottoni a raggera: fibule "gotiche"); mentre i corpi e le staffe si configurano variamente in lamine oblunghe, dischi, code svasate, e appaiono spesso densamente istoriate o incrostate di pietre e vetri colorati.
Va considerato infine il filone delle fibule nelle quali l'arco assume od accoglie una forma decorativa propria, decisamente estranea alla sua struttura funzionale (che ne resta nascosta). Si è già fatto cenno ai tipi configurati in doppia o quadrupla spirale piatta, dell'Età del Ferro danubiana ed italica. Ad essi si ricollegano le fibule a borchia in forma di disco semplice o multiplo, diffuse specialmente nei Balcani e nel mondo greco (e riconoscibili anche in monumenti figurati che riproducono costumi ellenici): esse si ispirano evidentemente ad altri oggetti di ornamento frequenti nel mondo antico, e di vario impiego. Questi tipi perdurano in età romana e si ritrovano nel repertorio delle fibule barbariche, con uno stile di ornati simile a quello delle fibule oblunghe già descritte. L'età delle migrazioni vide del resto diffondersi anche altri modelli di forma più capricciosa, con la borchia arricchita di elementi a girali, o sviluppata in figura di aquila.
Forma e decorazione. - Lo studio della produzione delle fibule antiche tocca per molti aspetti i problemi della storia dell'arte. Esso rientra pienamente nella storia delle così dette "arti minori", non soltanto per ciò che concerne gli esemplari di maggior pregio foggiati con più evidente intenzionalità estetica, ma per tutta la classe considerata nel suo complesso, in quanto essa rifletta una maggiore o minore attitudine a tradurre le esigenze di una funzione pratica in forme semplici e gradevoli, una istintiva od elaborata propensione ad abbellirle con ornati, un più accentuato senso plastico od un gusto più decisamente disegnativo, a seconda dei tempi, dei luoghi, delle tradizioni artigianali, della inventiva dei bronzisti o degli orefici. In questo senso la classe delle fibule, proprio per la straordinaria quantità degli esemplari superstiti e per la continuità e coerenza delle sue genealogie tipologiche, si presta ad osservazioni molto istruttive. D'altro canto, nonostante l'imporsi di tipi ben definiti, quasi mai - e comunque soltanto limitatamente ad alcuni pochi modelli - si ha una pura e semplice ripetizione in serie degli esemplari singoli: i quali, all'opposto, nello stesso momento e nello stesso ambiente, nell'ambito del medesimo tipo o sottotipo, differiscono l'uno dall'altro sia pure per minime varianti della forma e della decorazione. Ciò rende ulteriormente valido un apprezzamento di questi oggetti sul piano delle considerazioni di ordine storico-artistico.
La forma delle fibule presenta diverse questioni degne di esame. E ovvio che, in sé, la rispondenza del "disegno" alla funzione pratica dell'oggetto non esclude un interesse estetico: diremo anzi che essa può tradursi in una semplicità e purezza di linee, cui ogni ulteriore aggiunta e complicazione di elementi secondari, strutturali, pseudo-strutturali o decorativi (compresa la persistenza di elementi formali corrispondenti a funzioni ormai superate) tende a recare disturbo, piuttosto che abbellimento. Si consideri, ad esempio, quella piccola mirabile invenzione tecnica che è la f. ad arco di violino - filo di bronzo piegato elasticamente attorno ad un giro di spirale in modo da formare due tratti paralleli che si possono fermare alla loro estremità -; e, unitamente con i suoi derivati di forma più semplice, la si ponga a confronto con le macchinose fibule in due pezzi o con elementi saldati, nelle quali sopravvive incorporata la sagoma dell'originario spillo isolato con la sua capocchia. Apparirà subito evidente il contrasto tra la essenziale eleganza della prima serie e l'aspetto incongruente, disarmonico degli esemplari della seconda. Quale che sia il valore di un eventuale giudizio estetico su questa o quella forma di f., non si può negare un certo grado di obbiettività alla impressione gradevole che risulta dall'elastico slancio, dalle proporzioni armoniose, dalla sobrietà e pertinenza dell'ornato di un oggetto come la grande f. ad arco sottile lievemente piegato, del ripostiglio di Coste del Marano, presso Tolfa (IX sec. a. C.?); mentre talune fibule approssimativamente contemporanee di ambiente centro-europeo, a due pezzi, o di ambiente italico, a disco, con i loro archi rachitici, le loro grosse appendici spiraliformi o laminate, hanno l'aspetto di mostruosi congegni privi di qualsiasi misura ed unità formale. Queste constatazioni potrebbero ripetersi anche per altre fasi posteriori, per esempio nell'ambito delle fibule celtiche o delle fibule barbariche.
Storicamente le esigenze funzionali esercitano una cospicua influenza, come è ovvio, sul determinarsi delle forme. La solidità dell'arco e la sua tenuta alla stoffa ne favoriscono l'ingrossamento o l'articolazione in nodi, globi, dischi trasversali, ecc.; l'elasticità del gioco dello spillo è cercata attraverso uno sviluppo sempre più complesso di molle a spirali (scoperta la efficienza della molla multipla in senso orizzontale nascerà la forma basilare del capo a balestra); la sicurezza della chiusura è attuata, attraverso i più vari esperimenti, dalle staffe a spirale, a disco, a placca verticale, dal progressivo allungamento della staffa, e così via. Ma non si può trascurare tutto ciò che nella forma delle fibule è dovuto a motivi extrafunzionali, e - ciò che più interessa in questa sede - a vere e proprie ispirazioni d'ordine stilistico. La predilezione delle culture dell'Età del Bronzo europea per la spirale si ripercuote, in modo addirittura travolgente, non soltanto sulle desinenze e sugli accessorî ornamentali, ma sulla struttura stessa della f. nelle sue prime fasi di sviluppo: tanto che vien fatto persino di chiederci - e non è un paradosso - fino a qual punto sia possibile distinguere, nell'origine delle molle a spirale, l'accorgimento tecnico dallo spunto figurativo. Il senso della linea geometrica e dei suoi ritmi si avverte nel disegno delle fibule ad arco sottile, di ambiente mediterraneo: nelle famiglie dell'arco di violino, dell'arco semplice, sino ai modelli con arco serpeggiante e lunga staffa, alcuni dei quali si traducono in esemplari di disegno armoniosissimo. Un gusto per le superfici, per le ampie lamine piane od incurvate, per i campi atti ad accogliere composizioni decorative incise o a rilievo suggerisce lo sviluppo di archi a foglia, di placche verticali, di grandi fermature a disco, culminando nel gruppo delle fibule italiche ad arco foliato e disco; si ripropone d'altro canto, in altre condizioni di ambiente e di stile, a taluni esemplari di fibule barbariche con larghe superfici istoriate sul capo, sull'arco, sulla coda. In ambiente continentale celtico e germanico, cogliamo le manifestazioni piu significative di una concezione volumetrica che determina, ad esempio, la forma delle curiose fibule celtiberiche a masse cubiche e riecheggia nei compatti e pesanti, ma armoniosi, modelli a croce provenienti dalle necropoli gotiche e merovingiche. S'è già accennato all'interferenza d'altri oggetti ornamentali sulla forma delle fibule a borchia o con arco figurato.
Il valore dei fatti del gusto e dello stile si accentua, come è evidente, passando a considerare gli aspetti della decorazione. La quale può, in certi casi, confondersi con la struttura dell'oggetto o costituirne un prolungamento; mentre in altri casi si sovrappone ad essa come un'aggiunta estrinseca, non necessaria. Si danno fibule senza ornamenti; altre decorate in modo che i rivestimenti accompagnino e sottolineino le linee della forma; altre ancora sovraccariche di fregi e di figure. La esuberanza decorativa caratterizza generalmente i più elaborati prodotti della oreficeria italica, ellenistico-romana e barbarica. Essa non costituisce per altro, in sé, un criterio di discriminazione estetica tanto meno offre una misura per distinguere nettamente gli "oggetti d'arte" dagli "oggetti d'uso". Ma egualmente ingiustificato sarebbe l'opposto criterio di considerare la ornamentazione come un fatto in ogni caso secondario ed artificioso; giacché sin dagli inizi si mostra evidente il desiderio di rivestire le forme essenziali delle fibule sia pure con semplici incisioni geometriche, mentre gli esemplari non decorati appaiono piuttosto prodotti poveri, lavorati ad imitazione di modelli decorati.
Le tecniche e i repertorî degli ornati rispecchiano il gusto, le tradizioni, gli stili delle singole civiltà artistiche. Possiamo distinguere, molto generalmente, decorazioni a disegno, plastiche, a bassorilievo, cromatiche: rilevando che ciascuna di queste categorie tecniche coincide, almeno in parte, con ricerche di effetti prevalenti in determinati periodi ed ambienti, e risponde pertanto anche ad un criterio di classificazione storica. La decorazione geometrica a tratti incisi, o punteggiata, o anche a sbalzo, per le lamine, domina nei metalli lavorati per armi, arredi, ornamenti dell'Età del Bronzo e della prima Età del Ferro. Non fa meraviglia che essa appaia largamente sulle fibule. Limitata a motivi elementari e correnti (fasce di linee, zig zag, rombi, denti di lupo, cerchietti concentrici, ecc.) sul corpo degli archi, tende a svilupparsi sulle più ampie superfici degli archi foliati, delle placchette verticali, dei dischi, accogliendo elementi peculiari delle diverse facies stilistiche: per esempio i ricorsi di embrionali protomi animali stilizzate, proprie del "protovillanoviano", nelle fibule della Tolfa; la evoluta tematica geometrica di svastiche, meandri, quadrati a croce diagonale, triangoli raggruppati, ecc., nelle fibule a placchetta greco-geometriche e nelle fibule a disco villanoviane; infine figure di animali (pesci, uccelli, quadrupedi) ed umane linearmente stilizzate, e talvolta persino complesse composizioni di caccia, di guerra, di navigazione, in taluni esemplari particolarmente elaborati di produzione etrusca (come la f. aurea a disco da Vulci a Monaco) o attica e beotica (come la f. dei Molioni dall'Antro Ideo nel Museo Nazionale di Atene). Questa tradizione, fiorentissima soprattutto tra l'VIII e il VII sec., accoglie specie in Italia le sollecitazioni della moda orientalizzante introducendone largamente i motivi fitomorfi ed animalistici accanto a quelli geometrici. Declina poi già nel corso del periodo arcaico.
Il gusto della decorazione plastica caratterizza soprattutto l'ambiente italico. Fibule con protomi di animali o con figure di uccelli e di quadrupedi sovrapposte agli archi e fuse unitamente con essi sono frequenti nella penisola e nell'Italia settentrionale sin dai primordi dell'Età del Ferro (qualche esemplare si accompagna ancora con forme ad arco di violino); rarissime in Grecia. Talvolta gli archi stessi si trasformano in corpi di animali o in cavalieri. Queste manifestazioni sono inseparabili dal grande sviluppo della piccola plastica figurata, che invade e anima ogni sorta di arredi di bronzo, oltreché la ceramica, dell'Italia protostorica. Esse rispondono ad uno spiccatissimo senso della forma plastica, anchè astratta, quale si rivela già nelle grosse fibule a corpi nodulati e tortili del periodo protovillanoviano o si esprime in esemplari con arco serpeggiante in gonfi e molli arabeschi. Figurine in tutto tondo, di lamina aurea, vestiranno riccamente le grandi fibule-gioielli dell'orientalizzante tirrenico. Fibule con ornati plastici o in forma di animali sono presenti più o meno sporadicamente anche nel retroterra continentale, con una diffusione che va dall'Europa occidentale sino al Caucaso; né si può escludere che in esse confluiscano collateralmente ispirazioni derivanti dall' arte animalistica delle steppe. Più propriamente danubiana ed adriatica sembra essere la tendenza ad arricchire le fibule, come altri oggetti d'ornamento, con pendagli a catenella terminanti in ciondoli o figurine schematiche. Gli Italici, per proprio conto; introdussero sovente nelle fibule anelli mobili, piatti o rigonfi.
Già si è detto che un particolare gusto della forma massiccia, dei volumi geometnci, si avverte nell'Europa celtica. Esso differisce dal plasticismo italico per una certa sua stereometrica staticità (precedenti od analogie potranno riconoscersi, se mai, nelle fibule greche ed asiatiche: costruite a vòlta, queste ultime, quasi come piccoli pezzi di architettura). Gli ornamenti figurati, derivanti da modelli italici, tendono anch'essi a tradursi in forme compatte e geometrizzanti, come si nota specialmente nelle fibule celtiberiche. Ma la principale conseguenza di questo sentire come massa la struttura di un oggetto è nel progressivo incorporarsi, entro la massa stessa, degli elementi plastici figurati ed ornamentali, che si riducono dunque dal tutto tondo al rilievo, ed in pari tempo perdono la loro originaria unità ed autonomia organica, spezzandosi in motivi isolati, fantasiosamente commisti e ricomposti in nuove sintesi decorative. Già dalla prima fase di La Tène vediamo fibule del peculiare tipo a balestra e scorpione, tutte rivestite di maschere umane, protomi animali, racemi, ghirigori, secondo lo spirito della nascente arte celtica. Questa tendenza al rilievo ornamentale è ereditata dalle fibule barbariche, nelle quali essa si manifesta con motivi sempre più astratti, di volute e di intrecci e con un sempre maggiore addensarsi di ornati.
Ma l'età delle migrazioni - ultima fase della storia della f. antica - mostra anche una viva predilezione per la decorazione polimaterica, e cioè per l'aggiunta di "gemme" vitree o di vere e proprie pietre più o meno pregiate che si incastonano nel bronzo o nell'oro. Di fatto questa tecnica si risolve in effetti di colore. I suoi precedenti sono ancora una volta da ricercare nel mondo celtico, anche se l'uso di rivestire l'arco delle fibule con elementi di materia diversa e diversamente colorata (pasta vitrea, osso, ambra, ecc.) esiste già, largamente testimoniato, nell'Italia protostorica.
La fibula come gioiello. - L'uso delle fibule nell'abbigliamento personale, anche se con precisi compiti utilitari, giustifica il loro sviluppo in senso ornamentale. In linea di principio uno spillo, come un fermaglio di cintura, si differenzia da un anello, da un braccialetto, da una collana, ecc. nei quali la funzione ornamentale è, di fatto, essenziale (prescindendo dal problema di possibili lontane ispirazioni o secondarie significazioni magico-religiose); ma praticamente tutti questi diversi oggetti tendono a divenire gioielli, quando il costume si arricchisce, e a rientrare - quale che sia la loro origine - in un arte comune, con proprie esigenze, concezioni, tecniche e caratteristiche di stile (v. oreficeria). Ciò vale anche per la classe delle fibule. Seppure è difficile stabilire un limite di pregio e decidere a qual punto la intenzionale esibizione del lusso prenda il sopravvento sulla funzione pratica, è certo che taluni - e non pochi - esemplari si distinguono per la materia preziosa, per la raffinatezza della lavorazione, per la dovizia degli ornati, esorbitando dalle serie tipologiche cui appartengono i loro modelli e dalle correnti tradizioni artigianali, per assurgere in una sfera di produzione altrimenti qualificata. Ciò avviene in determinati momenti della storia generale delle fibule antiche, indipendentemente dal loro sviluppo tipologico, ma piuttosto in rapporto con la fioritura dell'arte degli orefici: e cioè specialmente in ambiente italico orientalizzante, nel corso della civiltà ellenistico-romana, nel mondo barbarico.
Questi oggetti costituiscono dunque una categoria a parte, che non può essere intesa e studiata soltanto nel quadro della classe tipologica cui appartengono, ma va considerata anche e soprattutto in rapporto con la storia della oreficeria. E da ritenere infatti che essi siano usciti da botteghe specializzate, di più alto livello che non quelle degli artigiani bronzisti, e produttrici di gioielli di vario tipo, ma con la stessa tecnica e nello stesso stile. Ciò è evidente, per esempio, nel caso della fibule etrusche di Vetulonia caratterizzate dalla decorazione con figure a sagoma piena granulata, assolutamente identica a quella di altri contemporanei gioielli vetuloniesi; o nel caso delle fibule gotiche il cui denso intarsio di "gemme" si ripresenta, con gli stessi motivi, in fermagli di cinturoni, borchie, else di spade, ecc. Evidentemente ai modi decorativi già sopra menzionati considerando le fibule in generale si aggiungono, in questi prodotti pregiati, aspetti propri della tecnica dell'oreficeria, come il lavoro di granulazione, la filigrana, lo sbalzo delle lamine in figurine a tutto tondo, ecc.; e si manifesta soprattutto un virtuosismo raffinato nell'impiego simultaneo di queste procedure con la plastica in fusione, il rilievo su lamine, l'incastonatura di vetri o pietre, e così via. Il repertorio decorativo, le proporzioni degli oggetti, le forme stesse si subordinano allo sfoggio di ricchezza, nel modo e secondo i gusti del momento.
Bibl.: S. Reinach, Fibula, in Dict. Ant., II, 1896; M. Rosenberg, Eine Fibelfrage, Francoforte s. M. 1915; H. Leclercq, Fibule, in Cabrol-Leclercq, Dict. d'Arch. Chrét. et de Liturgie, IV, 1923; R. Bertz, F. v. Duhn, G. Karo, P. Thomsen, B. Meissner, Fibula, in M. Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, III, 1925; Chr. Blinkenberg, Fibules ghrecques et orientales, Copenaghen 1926; J. Sundwall, Die älteren italischen Fibeln, Berlino 1943; G. Becatti, Oreficerie antiche, Roma 1955. Per la f. nel Vicino Oriente: D. Stronach, The Development of the Fibula in the Near East, in Iraq, XXI, 1959, pp. 181-206.