FIBRE TESSILI (fr. fibres textiles; sp. fibras téxtiles; ted. Textilfasern; ingl. textile fibers)
Con questo nome sono indicati tutti quei prodotti fibrosi, di origine naturale o artificiale che possono essere trasformati in filati e in tessuti. Questa definizione esclude dal novero delle fibre tessili i fili metallici e il vetro filato, che pur vengono talvolta utilizzati per la fabbricazione di tessuti speciali. D'altra parte si comprendono spesso nel numero delle fibre tessili anche varî materiali d'intreccio e d'imbottitura. La possibilità d'uso di una materia fibrosa per scopi tessili presuppone la coesistenza in una certa misura di alcune proprietà della fibra: lunghezza, finezza, resistenza, flessibilità, ecc. Delle fibre più importanti si trovano notizie particolareggiate sotto le singole voci.
Classificazione e caratteri morfologici. - Tanto il regno vegetale, quanto quello animale forniscono fibre pregiate e di largo consumo, mentre quello minerale contribuisce in misura minima all'approvvigionamento di materie prime fibrose (v. amianto). A queste tre categorie fondamentali di fibre tessili conviene aggiungerne una quarta, quella delle fibre tessili artificiali, le quali, sebbene siano generalmente d'origine vegetale, meritano di essere trattate a parte.
Fibre tessili vegetali. - Dal punto di vista anatomico e morfologico le materie tessili vegetali si distinguono in peli e fibre propriamente dette. I peli vegetali sono costituiti da elementi epidermici, quasi sempre unicellulari, che ricoprono certi organi delle piante. Negli elementi giovani il canale interno, o lume, è pieno di sostanze proteiche, costituenti il protoplasma, che poi vanno riassorbendosi. I peli sono ricoperti da una pellicola sottilissima, o cuticola, più resistente delle altre parti della cellula agli agenti esterni. Fatta eccezione per il cotone, la categoria dei peli vegetali - a cui apparengono il kapok e le sete vegetali - presenta nella pratica scarsa importanza per scopi propriamente tessili, nonostante ripetuti tentativi per estenderne l'applicazione.
Le fibre propriamente dette sono invece elementi interni che esercitano una funzione di sostegno degli organi della pianta. Le sostanze protoplasmatiche contenute nel lume delle fibre giovani scompaiono in gran parte quando queste hanno raggiunto il completo sviluppo. Nella pianta le fibre sono riunite fra loro in numero più o meno considerevole per formare i fasci fibrosi, in cui la aderenza dei varî elementi è assicurata da una speciale sostanza cementante di carattere pectico. Le fibre di maggiore importanza tecnica si ricavano dagli steli di piante dicotiledoni o dalle foglie i piante monocotiledoni. Nelle piante dicotiledoni la parte utile rappresentata di solito dalle cosiddette fibre liberiane che si trovano nella corteccia del caule; le fibre fogliari delle piante monocotiledoni si estraggono per lo più dalle nervature e aderiscono spesso ai fasci fibro-vascolari. Gli agenti utilizzati per l'estrazione della fibra dalla pianta non sempre riescono a liberarne completamente i fasci dagli elementi dei tessuti adiacenti; i materiali fibrosi estratti possono quindi contenere anche elementi accessorî, variabili, per qualità e quantità, secondo la natura della pianta e la parte di essa da cui proviene la fibra: cellule vascolari, parenchimatiche, dei raggi midollari, epidermiche, ecc. Essi servono come elementi di guida per il riconoscimento di varî prodotti fibrosi allo stato greggio.
Particolari azioni meccaniche o biologiche possono determinare sulla fibra delle scissioni longitudinali, capaci di condurre sino alla sua completa decomposizione in fibrille. Secondo la teoria di K. W. v. Nägeli, confermata da recenti ricerche, la membrana cellulare dei vegetali possiede struttura cristallina ed è costituita da particelle submicroscopiche, a cui è stato attribuito il nome di micelle. In relazione all'organo della pianta da cui provengono, i prodotti fibrosi vegetali (peli e fibre propriamente dette) si possono raggruppare in quattro classi:1. fibre dei semi: cotone, kapok, sete vegetali; 2. fibre del frutto: cocco, peli di tifa; 3. fibre del fusto: lino, canapa, ibisco, sunn, gelsolino, ginestra, ramié, ortica dioica, iuta, abelmosco, urena, tiglio, luppolo, tifa, ecc.; 4. fibre fogliari: canapa di Manila, agavi (sisal, pita, ecc.), canapa di Maurizio, lino della Nuova Zelanda, aloe, sanseviera, yucca, ananasso, sparto, rafia, piassava, crine vegetale, ecc.
Fibre tessili animali. - Comprendono le due classi dei peli e delle sete, dette altrimenti a fibra corta e a filamento continuo. Le fibre della prima categoria costituiscono il prodotto delle ghiandole epiteliali di varî animali: il rappresentante principale ne è la lana, sotto il cui nome si sogliono raggruppare i prodotti fibrosi ricavati dal vello di pecore, capre e cammelli. I peli propriamente detti hanno scarso interesse come fibre tessili e vengono adoperati sotto forma di pellicce o per la fabbricazione dei feltri. Le sete rappresentano il prodotto di secrezione delle ghiandole di alcuni insetti appartenenti alla famiglia dei lepidotteri (bombici): si distinguono in sete coltivate, se provengono dal bozzolo del baco da seta comune, e in sete selvatiche, native o tussah, se sono prodotte da bombici viventi allo stato libero o semilibero. Alla categoria delle sete in senso lato si devono però ascrivere anche le fibre provenienti dai "nidi" di anafe (seta d'anafe, seta di nido), e quelle prodotte da certi ragni, come la Nephila madagascariensis, o da alcuni crostacei, fra cui la Pinna nobilis e la Pinna rudis (seta di bisso).
Fibre tessili artificiali. - Le fibre artificiali d'importanza industriale si ottengono partendo dalla cellulosa. A seconda del processo usato per la loro fabbricazione si distinguono quattro tipi principali di fibre tessili artificiali: alla nitrocellulosa, cuproammoniacale, alla viscosa e all'acetato, a cui se ne potrebbero aggiungere altri che non hanno ancora assunto importanza commerciale. Il rayon (seta artificiale) rappresenta la forma più diffusa di fibra tessile artificiale; meritano d'essere ricordati anche il crine artificiale, il tulle artificiale, la paglia artificiale, ecc., che differiscono dai corrispondenti tipi di rayon solo per le caratteristiche morfologiche.
Composizione. - Il costituente fondamentale delle fibre vegetali è la cellulosa o cellulosio (v. carta; cellulosio), che rappresenta il componente principale della cellula vegetale; essa è però accompagnata da un certo numero di sostanze incrostanti, il cui allontanamento con opportuni mezzi chimici determina in generale un miglioramento nelle qualità utili della fibra.
Assai discordanti sono le opinioni sulla natura chimica delle sostanze incrostanti o lignoniche. A ogni modo è possibile dividere le fibre vegetali, dal punto di vista dei caratteri chimici della membrana cellulare, in due grandi categorie: 1. fibre costituite da cellulosa relativamente pura o fibre non lignificate (cotone, ramié, lino, ecc.); 2. fibre lignificate (iuta, canapa di Manila, sanseviera, ecc.). Nelle fibre lignificate le sostanze incrostanti comprendono le seguenti classi di composti: 1. emicellulose, miscele di cellulose solubili in alcali con esosani e pentosani; 2. sostanze cerose (o cutiniche) e resine; 3. lignina propriamente detta; 4. sostanze coloranti e protoplasmatiche. Le fibre non lignificate contengono le cosiddette pectine, simili alle mucillaggini vegetali. La fermentazione prodotta da alcuni bacilli ne determina la trasformazione in prodotti di degradazione e il parziale allontanamento (macerazione).
I componenti fondamentali delle fibre animali appartengono alla categoria delle sostanze azotate e precisamente delle sostanze proteiche. La materia albuminoide di cui è formata la lana (v.) contiene anche zolfo: essa è indicata in generale col nome di cheratina. La lana greggia contiene però anche una percentuale elevata di sostanze grasse, di prodotti della secrezione sudorifera e di materie minerali (particolarmente composti del potassio). La seta (v.), oltre che da piccolissime quantità di materie grasse e minerali, è formata principalmente da due sostanze proteiche: la fibroina, che rappresenta il costituente vero e proprio del filamento, e la sericina, o gomma della seta, che ricopre la prima a guisa di involucro, ne tiene unite le fibre e viene più o meno completamente eliminata col processo della cottura o sgommatura.
Le fibre artificiali attualmente in commercio sono costituite da cellulosa rigenerata (idrato di cellulosa) o da esteri della cellulosa (principalmente acetilcellulosa): appartengono alla prima categoria le fibre ottenute con i processi cuproammoniacali, alla nitrocellulosa e alla viscosa; alla seconda le fibre all'acetato. Secondo il metodo di fabbricazione le fibre artificiali possono contenere varie specie di impurezze, e i prodotti commerciali sono quasi sempre accompagnati da sostanze d'appretto destinate ad aumentare l'adesione fra le bave e a conferire morbidezza alla merce.
Analisi chimica. - In relazione alla loro diversa costituzione, le fibre vegetali e quelle animali differiscono profondamente per le proprietà fisiche e chimiche. Nella seguente tabella sono riassunte alcune delle reazioni più importanti, che permettono di distinguere le due categorie di prodotti fibrosi allo stato greggio:
Le fibre vegetali lignificate si riconoscono da quelle non lignificate mediante varî reattivi, fra cui la soluzione cloridrica di floroglucina (v. carta). Allo stesso scopo servono alcuni reattivi microchimici, di cui si dirà a proposito dell'analisi microscopica. Le fibre vegetali, trattate con agenti ossidanti o acidi, dànno prodotti di degradazione della cellulosa (ossi- e idro-cellulose), la cui presenza nelle fibre tessili vegetali è dovuta per lo più a trattamenti inadatti di candeggio e pregiudica la resistenza del prodotto. Alcune reazioni cromatiche ne permettono il riconoscimento sulle fibre non lignificate.
Opportuni reattivi si usano per riconoscere il vero cotone Makò dalle sue imitazioni, ottenute per vaporizzazione o tintura di cotoni più scadenti e di colore più chiaro. Assai importante agli effetti pratici è riconoscere il cotone mercerizzato da quello normale e stabilire il grado di mercerizzazione di un dato campione in confronto a quello d'un campione base. L'identificazione si può fare per via microscopica o chimica (iodurazione o tintura con coloranti diretti). Il problema del riconoscimento del lino dalla canapa si può risolvere con relativa sicurezza per via microscopica. La lana si distingue dalla seta, oltre che con il reattivo di Dreaper (v. tabella), per la colorazione violetta che la sua soluzione in soda o potassa caustica manifesta per trattamento con nitroprussiato sodico (reazione dei prodotti solforati).
Nei manufatti, particolari metodi analitici permettono di stabilire la natura e la quantità delle sostanze d'appretto e dei coloranti presenti sulla fibra, e di accertare la solidità di questi ultimi verso gli agenti esterni. I seguenti metodi permettono di riconoscere per via chimica i quattro tipi più importanti di rayon: alla nitrocellulosa: trattato con solfato di difenilammina, si colora rapidamente in azzurro; all'acetato: si scioglie in acido acetico glaciale e brucia con un comportamento che ricorda in parte quello delle fibre animali (ma con odore di acido acetico o di composti empireumatici); il rayon cuproammoniacale e quello alla viscosa si possono distinguere mediante alcune reazioni cromatiche, una delle quali - particolarmente nota - utilizza una soluzione di inchiostro "Pelikan" e di eosina, mentre un'altra adopera una soluzione alcalina di nitrato d'argento. Recentemente sono stati proposti alcuni reattivi (liquido Z, reattivo Savereux), costituiti da miscele di sostanze coloranti, i quali sarebbero in grado di tingere in colori diversi non solo i tipi più comuni di fibre anificiali, ma in generale tutte le fibre tessili più note.
Per la determinazione quantitativa approssimata del cotone e della lana (o di altre fibre animali e vegetali), contenuti in un dato impasto fibroso, si bolle il campione con soda caustica diluita al fine di sciogliere completamente la lana, e si pesa il cotone residuo. Per campioni contenenti piccole quantità di lana, o di lana e rayon, è invece necessario procedere alla determinazione diretta della prima, carbonizzando il cotone in acido solforico all'80%.
Si determinano spesso anche l'umidità e le ceneri dei prodotti fibrosi.
Analisi microscopica. - Le fibre liberiane gregge, e particolarmente quelle lignificate, devono esser sottoposte a trattamenti preliminari più o meno energici, atti a scindere i fasci fibrosi nei singoli elementi. Le fibre animali possono essere sgrassate mediante lavaggio con benzina e successivo trattamento a caldo con carbonato sodico all'1‰.
Il preparato si eseguisce mediante appositi reattivi e cercando di separare con gli aghi le fibrille costituenti i fasci. I reattivi generali usati per l'analisi microscopica delle fibre tessili sono i seguenti: 1. soluzione iodoiodurata: le fibre vegetali non lignificate si colorano in bruno, quelle lignificate in giallo, le fibre animali in giallo paglierino; 2. reattivo di Herzberg o soluzione di cloruro di zinco iodurata (cloroioduro di zinco): le fibre vegetali non lignificate si colorano in rosso-vino di varie gradazioni, quelle lignificate ed il rayon all'acetato in giallo, gli altri tipi di rayon in violaceo, le fibre animali gregge o imbianchite in giallo più o meno chiaro; 3. reattivo di Vétillart: soluzione A: ioduro di potassio 5 gr., acqua 100 cc., iodio a saturazione; soluzione B: acido solforico a 44°5, Bé, oppure acido fosforico. Si imbeve la fibra con A, si asciuga con carta da filtro e si fa il preparato con B. Questo reattivo è specialmente indicato per mettere in evidenza le parti lignificate o cerose della fibra, che con esso si colorano in giallo, in contrasto con le frazioni cellulosiche che assumono colorazione bruna. Per scopi speciali si adoperano anche l'ossido di rame ammoniacale, le soluzioni di alcune sostanze coloranti, come blu di metilene, rosso Sudan III, rosso rutenio, safranina, ecc. In alcuni casi è utile far ricorso all'esame delle sezioni trasversali, per la cui preparazione sono stati proposti varî metodi; di recente ne sono stati indicati alcuni di rapida esecuzione. L'esame microscopico consente pure di determinare il diametro delle fibre.
Cotone. - Fibre isolate a forma di nastro, con avvolgimenti a spirale, canale ampio e cuticola evidente. Con cloroioduro di zinco: rosso-vino; residui protoplasmatici: giallo. Lunghezza: 10-50 mm. Diametro medio: 16-22 μ. Sezioni trasversali isolate, ovoidali.
Cotone mercerizzato. - Forma cilindrica, senza attorcigliamenti né cuticola, canale lineare spesso mancante. Sezioni arrotondate. I prodotti con debole grado di mercerizzazione possono conservare in varia misura alcuni dei caratteri del cotone ordinario.
Lino. - Fibre cilindriche quasi sempre riunite in fasci e, se gregge, accompagnate da minuscole placche, che sono residui del tessuto epiteliale. Deboli striature longitudinali e caratteristiche striature trasversali (nodi/ che conferiscono alla fibra l'aspetto di una canna di bambù. Lume lineare, estremità affilate. Con cloroioduro di zinco: rosso-vinoso; incrostazioni: giallo intenso. Lunghezza: 20-60 mm. Diametro medio: 15-22 μ. Sezioni poligonali con angoli vivi.
Canapa (leggermente lignificata). - Fasci simili a quelli del lino, ma più difficili a decomporre. Anche la fibra elementare ha caratteristiche analoghe a quelle del lino, ma è più grossolana e con nodi meno accentuati. Canale quasi sempre invisibile, estremità lanciformi. Con cloruro di zinco iodurato: rosso-vinoso; materie incrostanti: giallognolo. Lunghezza: 15-40 mm. Diametro medio: 22-30 μ. Sezioni poligonali con angoli arrotondati.
Ramié. - Fibre elementari caratteristiche per le dimensioni maggiori di quelle delle altre fibre comuni; riunite in fasci allo stato greggio. Forma cilindrica o a nastro con striature longitudinali e talora anche trasversali ma poco accentuate. Con cloroioduro di zinco: rosso-vinoso. Lunghezza: 20-260 mm.; di solito 120-150 mm. Diametro medio: 40-60 μ. Sezioni ellittiche o poligonali.
Iuta (lignificata). - Fasci compatti; fibre elementari con pareti irregolarmente ispessite e canale poco uniforme, quasi esenti da striature; estremità ottuse. Con i reattivi ioduranti: giallo. Lunghezza:1-6 mmDiametro medio 20-24 μ. Sezioni poligonali.
Canapa di Manila o abaca (lignificata). - Fibre gregge riunite in fasci compatti e grossolani, cilindriche, con lume distinto e regolare (v. carta). Lunghezza: 3-12 mm. Diametro medio: 20-24 μ.
Agavi (v. agave).
Lino della Nuova Zelanda (Phormium tenax; lignificata). - Fasci facilmente scomponibili; fibre elementari fini, rigide, regolari, senza striature, con estremità simili a quelle del lino. Coi reattivi ioduranti: giallo. Lunghezza: 4-10 mm. Diametro medio: 11-15 μ.
Kapok (lignificata). - Fibre cilindriche con largo canale interno, ricche alla base di striature trasversali o di ispessimenti retiformi. Coi reattivi ioduranti: gialliccio o bruno. Lunghezza: 10-40 mm. Diam. medio: 20 μ.
Rayon alla nitrocellulosa. - Bave cilindriche con striature longitudinali appena accentuate. Con cloroioduro di zinco: azzurro-violaceo. Sezioni irregolari.
Rayon cuproammoniacale. - Bave a forma di tubo regolare senza striature. Con cloroioduro di zinco: azzurro-violaceo. Sezioni tondeggianti a bordi non dentellati.
Rayon alla viscosa. - Aspetto cilindrico con accentuate solcature longitudinali. Con il cloruro di zinco iodurato: rosso-violaceo. Sezioni tondeggianti o allungate con bordi per lo più dentellati.
Rayon all'acetato. - Cilindri regolari con pareti lisce. Con i reattivi oduranti: giallo. Sezioni tondeggianti o irregolari.
Seta comune. - a) Seta greggia o cruda: bave costituite ciascuna da due bavelle di aspetto quasi cilindrico, regolari, tenute insieme e contornate da una sostanza gommosa (la sericina). La struttura omogenea dei filaenti è soltanto apparente: con opportuni reattivi e forti ingrandimenti se ne rivela la costituzione fibrillare. Con i reattivi ioduranti la fibroina si colora in giallo chiaro, le sostanze gommose assumono colore più scuro. iametro delle bavelle: 12-25 μ (per le qualità più comuni 12-17 μ). Sezioni accoppiate, quasi triangolari, avvolte da un lieve strato di sericina.
b) Seta sgommata o cotta: bavelle isolate e quasi prive di sericina.
Seta tussah. - Le singole bavelle (accoppiate nel prodotto naturale, isolate in quello sgommato) si riconoscono per il colore scuro, il diametro elevato, la struttura nastriforme e le accentuate striature longitudinali. Reazioni microchimiche come la seta comune. Diametro medio: 30-40 μ. Sezioni a forma di lunghi triangoli isosceli. Le sete naturali si riconoscono dal rayon anche per mezzo del reattivo di Millon.
Lana. - Fibre cilindriche ricoperte da scaglie cornee embriciate. Nelle lane meccaniche o rigenerate questo strato epiteliale è più o meno mancante e resta allo scoperto il tessuto corticale, costituito da piccolissime fibrille fusiformi. Nelle fibre grossolane si osserva talvolta anche un canale interno midollare. Con i reattivi ioduranti la fibra bianca si colora in giallo chiaro. Le dimensioni sono molto variabili con la qualità del prodotto; nella lana di pecora la lunghezza oscilla tra 20 e 400 mm.; il diametro tra 10 e 80 μ.
Amianto. - Fibrille sottilissime riunite in fasci facilmente divisibili. Diametro: 0,5-i μ.
Proprietà fisico-meccaniche e loro determinazione. - Umidità. - Tutti i materiali fibrosi, vegetali o animali, sono igroscopici. Essi contengono sempre, nelle condizioni atmosferiche comuni, una certa percentuale di umidità, variabile a seconda dell'umidità relativa ambiente e della temperatura. Per evitare contestazioni fra venditori e acquirenti di materiali tessili sono stati istituiti degli stabilimenti di stagionatura o di condizionatura, per stabilire il peso mercantile o legale delle partite sottoposte al loro esame. A questo scopo i campioni, prelevati secondo norme opportune e pesati subito, vengono seccati in apposite stufe sino a peso costante: in base alla media di varie prove si calcola così il peso al secco assoluto e a questo si aggiunge la cosiddetta ripresa, ossia la percentuale di umidità (calcolata sul prodotto secco) che la fibra dovrebbe contenere dopo lunga giacenza in ambiente a umidità normale (65%). I principali valori stabiliti per le riprese sono i seguenti: per la seta e il rayon che non ha subito trattamenti speciali (meno quello all'acetato), 11%; per il rayon disapprettato (meno quello all'acetato), 13%; per il rayon all'acetato, 6% (v. norme della B. I. S. F. A., ed. 1932); per il cotone, 8,5%; per il lino, la canapa e il ramié, 12%; per la iuta, 13,75%; per la lana lavata a fondo, 17%; per la lana pettinata senza olio, 18,25%, per la lana pettinata con olio, 19%; per i filati pettinati di lana, 18,25%; per i filati cardati di lana, 17%. L'essiccamento della seta si compie alla temperatura di 140°, quello del rayon a 120°, per la lana si opera a 110° e per il cotone a 140°.
Resistenza della fibra. - Si determina con appositi dinamometri (vedi più sotto).
Lunghezza di tiglio. - Si determina per le fibre tipo lana e cotone (Stapelfasern) e dà un criterio della loro idoneità alla filatura. È un valore difficile a definirsi e corrisponde press'a poco alla lunghezza media delle fibre lunghe; viene stabilito dall'esperto con una prova manuale.
Lunghezza media di fibra. - Si può determinare misurando direttamente un certo numero di fibre o di gruppi di fibre e calcolandone la media. Esistono anche apparecchi per la costruzione di diagrammi fibrosi (v. cotone:).
Titolo. - Il Titolo o numero di un filato rappresenta il grado di finezza del filato stesso e si può esprimere secondo due sistemi: quello a peso costante e lunghezza variabile e quello a lunghezza costante e peso variabile. Il primo metodo - in uso per tutte le fibre meno la seta e il rayon - esprime il numero di lunghezze unitarie necessarie per dare un dato peso: quanto più il filo è fino, tanto più elevato è il valore del titolo; per un filo di peso e lunghezza qualunque, il titolo viene quindi espresso dal rapporto tra la sua lunghezza e il suo peso: N = L/P. Le unità adottate per queste due grandezze variano nei diversi paesi e per le varie fibre: metro e grammo per il titolo chilogrammetrico (in uso specie per la lana, i cascami di seta, il rayon a fibra corta), 840 yards e lihbra per il titolo inglese del cotone, 300 yards e libbra per il titolo inglese del lino, della canapa e della iuta, ecc.
Il secondo metodo - adottato per le sete naturali e il rayon - esprime il numero di pesi unitarî necessarî per dare una data lunghezza: più il filato è grosso, più alto è il titolo: N = P/L. Le unità più usate sono il denaro (0,05 gr.) e 450 m. (titolo legale o internazionale).
La determinazione del titolo dei filati si effettua misurandone con appositi aspini di precisione una data lunghezza, pesandola esattamente (a umidità normale) e calcolando il rapporto lunghezza: peso (o peso: lunghezza per la seta e il rayon) nelle unità prescritte per il metodo di titolazione prescelto. Esistono bilancine (romane) appositamente tarate che, per una lunghezza fissa di filato, indicano direttamente il relativo titolo secondo uno o più sistemi (v. cotone). Mediante sensibilissime bilance speciali a torsione (fig.1) si può determinare rapidamente il titolo anche su tratti brevissimi di filato. Se questo è stato estratto da un tessuto la lunghezza deve misurarsi sotto debole tensione.
Regolarità dei filati. - Si controlla generalmente con la tavoletta nera (v. cotone). Allo stesso scopo, e per esaminare la regolarità dei tessuti serve anche il lunometro che utilizza i fenomeni di rifrazione e d'interferenza della luce e può ricevere varie altre applicazioni.
Grado di torsione dei filati. - Si determina, sia su filati unici sia su filati ritorti, mediante apparecchi detti torsiometri, di cui la fig. 3 rappresenta il tipo più moderno. Per i filati di seta e rayon si esprime in numero di torsioni per metro lineare; per quelli di altre fibre per lo più in numero di torsioni per pollice inglese.
Resistenza alla trazione. - La resistenza dei manufatti è generalmente inferiore alla somma delle resistenze degli elementi fibrosi che li costituiscono (resistenza propria del materiale). La resistenza delle fibre tessili e dei relativi manufatti, oltre che dalla natura propria del materiale, dipende anche dalle particolarità della lavorazione da esso subita, dall'umidità relativa dell'aria e dalla temperatura. Le modalità con cui viene effettuata la misura esercitano una notevole influenza sui risultati. Per ottenere valori comparabili si sono quindi stabilite delle norme che fissano le condizioni precise in cui devono essere effettuati gli esperimenti: per l'umidità e la temperatura si sono adottati rispettivamente i valori del 65% e di 18-20°.
Il carico di rottura dei filati e dei tessuti si determina generalmente mediante appositi dinamometri a leva, che indicano anche l'allungamento alla rottura. Dal valore ottenuto si può calcolare la lunghezza di rottura (v. carta; cotone). Per i filati la prova di trazione si compie di solito su campioni della lunghezza l'utile di 50 cm.; per i tessuti su strisce lunghe 36 cm. e larghe 5 cm. (la larghezza prescritta deve essere ottenuta per sfilamento). A titolo d'esempi0 citiamo alcune lunghezze di rottura medie (in km.) delle fibre gregge più importanti (resistenza del materiale): lana 8,5, cotone 25, ramié 33, lino 52, canapa 55, iuta 32-34, seta 30-35, rayon 8-10.
Il grado di disuniformità o di disuguaglianza (D) di un filato è dato dall'espressione
dove M rappresenta la media aritmetica di tutti i valori ottenuti per il carico di rottura ed S la sottomedia o media di tutti i valori inferiori alla media aritmetica.
La fig. 2 rappresenta un tipo moderno di dinamometro per tessuti molto resistenti.
Resistenza dei tessuti allo scoppio. - Si determina con l'apparecchio Mullen (v. carta) o con quello Schopper-Dalén (fig. 4).
Resistenza dei tessuti all'usura. - Non esiste un apparecchio ufficialmente riconosciuto per questa determinazione; un tipo recente è quello di Herzog e Geiger (fig. 5).
Numero di fili di un tessuto per unità di lunghezzo. - Si definisce contando direttamente i fili ad occhio nudo o con l'aiuto di apposita lente, oppure servendnsi del contafili (fig. 6). Anche il lunometro può essere usato come contafili. Con opportuni apparecchi si possono inoltre determinare nei tessuti: il potere assorbente per l'acqua o per altri liquidi, il grado di impermeabilità, la porosità, il potere coibente per il calore, il peso specifico, e altre proprietà.
In quasi tutti i paesi industriali esistono istituti specializzati per le analisi e le ricerche sulle fibre tessili e relativi manufatti. In Italia, oltre ai laboratorî annessi ad alcuni istituti industriali, ricordiamo: il R. Istituto nazionale di setificio di Como, la R. Stazione sperimentale per la seta e la R. Stazione sperimentale per l'industria della carta e lo studio delle fibre tessili vegetali di Milano.
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