FIACCHI, Luigi, detto Clasio
Favolista, nato a Scarperia il 4 giugno 1754, morto a Firenze il 25 maggio 1825. Sacerdote, maestro nel Collegio Eugeniano, diventò poi professore di matematica e filosofia nelle Scuole Leopoldine. Ebbe fama più specialmente dai suoi studî letterarî, nei quali gli fu maestro Antonio Longinelli, e soprattutto dalle Favole e dai Sonetti Pastorali, che dettò, quelle per i fanciulli delle famiglie aristocratiche che gli furono affidati (carissimi ebbe i Ricasoli) e questi per le accademie, delle quali fu parte notevole, specie della Crusca, nel periodo seguente alla riforma di essa, dopo l'intervento napoleonico.
Le Favole furono pubblicate in tre volte: 57 nel 1795; 29 nel 1802 e 14 nel 1807, sempre a Firenze, ed ebbero grande successo, per il loro carattere semplicemente educativo. Il Clasio trae ispirazione dalla vita paesana, dalle consuetudini agresti, dalla natura fisica del Mugello, che egli direttamente o indirettamente rappresenta. Mugellano è anche il meglio della sua lingua, nonostante qualche affettazione cittadina e accademica; metri gli furono le sestine narrative, gli endecasillabi e i settenarî a selva, le strofette metastasiane e rolliane. Per la sostanza paesana, il F. riesce più originale degli altri nostri scrittori di apologhi: e anche quando attinge alle fonti comuni, rielabora e vivifica con personale felicità la materia consueta. Meno felice appare nei Sonetti pastorali, editi in Firenze, a più riprese, dal 1789 in poi, nei quali le tendenze arcadiche prendono la mano al poeta. Così non gli riuscirono Le pastorali per il Santo Natale, mentre il suo piccolo mondo paesano non trasfigurato dalla finzione arcadica ebbe felice espressione nel Lamento di Cecco da Varlungo in morte della Sandra.
Appassionato ricercatore e collezionatore di codici antichi, il F. diede opera anche ad accertare lezioni originali e vocaboli genuini per la migliore comprensione dei testi e per la più sicura redazione del Vocabolario della Crusca. Attese diligentemente alla pubblicazione di antichi testi, e studiò da filologo i Proverbi del Cecchi, le Cene del Lasca, le opere del Varchi, quelle del Cavalca e del Boccaccio. I criterî da lui esposti nello scritto sulla Necessità di consultare i testi a penna applicò, anche se non felicemente, nell'ultimo suo lavoro: l'edizione, condotta su 35 codici, delle Opere di Lorenzo il Magnfico, pubblicata nel 1825.
Opere: (Oltre le edizioni citate, v. A. Benci, Osservazioni di L. F. sul "Decamerone", in Antologia, 1822; P. Thouar, Le favole di L. F. spiegate e annotate, Firenze 1866; G. Baccini, Versi inediti di L. F., Firenze 1881; id., Lamento di Cecco da Varlungo, Firenze 1885; V. Rossi, La cicalata sull'ombrello, di L. F., Firenze 1887; P. Fatini, Lezione di L. F. sul Firenzuola, Borgo San Lorenzo 1907.
Bibl.: A. Giovannini, L. F. nel primo centenario dalla sua morte, in Bollettino della Società Mugellana di studi storici, giugno 1925.