RITOSSA, Ferruccio
RITOSSA, Ferruccio. – Nacque il 25 febbraio 1936 a Pinguente (oggi Buzet) nell’entroterra settentrionale della provincia di Pola.
Creata nel 1923, tale provincia copriva la penisola istriana e le isole di Cres e di Lussinpiccolo, nonché isole minori del golfo del Carnaro.
Il padre, Rodolfo, era macellaio e la madre, Teresa Monfalcon, insegnante. Ebbero tre figli: Gianni, Ferruccio ed Ennio.
Nel 1943 la madre portò i tre figli in Italia, mentre l’anno successivo il padre fu ucciso nel corso delle violenze che seguirono la caduta della dominazione fascista sulle popolazioni slave e che portarono all’emigrazione di molte migliaia di italiani. I Ritossa si spostarono in diverse città per poi fermarsi a Pesaro. Qui i tre fratelli, vivendo nel collegio dell’orfanotrofio dove insegnava la madre, riuscirono a studiare e a diplomarsi.
Ritossa frequentò l’istituto agrario Villa Caprile e conseguì il titolo di perito nel 1954, per poi iscriversi alla facoltà di agraria dell’Università di Bologna. Si laureò nel 1959 con una tesi sulle api, e l’anno successivo sposò Gabriella (da cui ebbe tre figli: Rodolfo, Claudio e Silvana). Pochi mesi dopo la laurea iniziò a frequentare il corso di perfezionamento sull’effetto biologico delle radiazioni, organizzato da Adriano Buzzati-Traverso a Pavia, all’interno dell’Università e nella sede locale del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR).
Di durata biennale, organizzato con il contributo del Comitato nazionale per l’energia nucleare (CNEN) e diversi altri finanziatori, il corso rappresentava una grande novità nel panorama italiano delle scienze della vita: si privilegiava il lavoro sperimentale e l’apprendimento delle tecniche più avanzate, nonché l’uso della lingua inglese. Di fatto, il corso costituiva un’introduzione approfondita alla nascente biologia molecolare, basata sull’approccio biofisico alla materia vivente, e all’uso di nuovi modelli animali per lo studio delle proprietà delle molecole biologiche. Quasi tutta la classe accademica italiana nella disciplina fu formata nelle due edizioni dei corsi pavesi. In particolare, va sottolineato che Buzzati-Traverso stava – a fatica – cercando di introdurre la Drosophila come sistema sperimentale d’elezione, seguendo un trend che aveva origine nella scuola di genetica e radiogenetica statunitense (in particolare quella di Thomas H. Morgan).
Il corso di Pavia era riservato a un numero molto limitato di studenti, la cui partecipazione era remunerata da consistenti borse di studio. Ritossa entrò nella seconda (e ultima) edizione del corso, nonostante la laurea in una facoltà ‘minore’ dove la nuova genetica e la biofisica erano praticamente sconosciute. Il corso lo introdusse quindi alla drosofila, il moscerino che diventò il suo principale modello sperimentale. Quella fu anche l’occasione per entrare in un network nazionale e internazionale di primo livello, che lo rese parte integrante della comunità scientifica. Proprio alla fine del corso, Ritossa ebbe modo di compiere la sua più nota scoperta: l’attivazione termica di alcuni meccanismi di risposta del DNA, il fenomeno cosiddetto dell’heat shock.
La scoperta fu un esempio di ‘serendipità’. Il malfunzionamento di un piccolo macchinario per tenere al caldo le larve di drosofila portò queste a una temperatura più alta del programmato. Ritossa, invece di scartare gli animali, li osservò, descrivendo la comparsa di patterns anomali nell’attività cromosomica. Lo stesso tipo di comportamento venne descritto anche in relazione allo shock chimico. Il risultato fu pubblicato nel 1962 su una rivista svizzera poco nota, Experientia, dopo il netto rifiuto da parte dalla prestigiosa rivista Nature, perché irrilevante per la comunità scientifica. Nell’articolo, Ritossa provava anche a interpretare il fenomeno. Influenzato dai lavori di bioenergetica di Albert Szent-Gyorgy, ipotizzava erroneamente una correlazione tra la maggiore attività dei cromosomi e un incremento nella produzione di energia (Discovery, 1996). L’heat shock era un fenomeno non del tutto nuovo, ma mai osservato a livello cromosomico. La sua importanza è stata pienamente compresa solo negli anni Settanta: è stato infatti evidenziato che l’attivazione anormale della sintesi proteica è un importante processo di reazione agli stress ambientali, e come tale un fenomeno molto diffuso. Di fatto, la scoperta di Ritossa è stata la prima pietra su cui è stato costruito un intero filone di ricerca in biologia molecolare.
La pubblicazione del 1962 indicava già la nuova affiliazione istituzionale di Ritossa: nel marzo di quell’anno, prese il via l’avventura del Laboratorio internazionale di genetica e biofisica (LIGB) di Napoli. Il centro di ricerca rappresentava la diretta continuazione dei corsi di Pavia, con Buzzati-Traverso come deus ex machina e finanziamenti della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom), del CNEN e del CNR. Buzzati-Traverso chiamò a far parte del LIGB anche i talenti più giovani quali Ritossa stesso, che si unì allo staff di ricerca sin dalla fondazione, nel marzo del 1962.
I primi anni del LIGB furono per tutti un’avventura grandiosa: un ambiente di ricerca molto vivo, in grado di rivaleggiare con i centri di ricerca di tutto il mondo, numerosi ospiti internazionali, burocrazia meno coercitiva rispetto all’ambiente accademico italiano, e soprattutto una dotazione finanziaria invidiabile e invidiata dal resto del mondo della ricerca italiana.
In quel periodo la ricerca di Ritossa progredì sui binari dello studio del comportamento degli acidi nucleici in drosofila.
Non ancora trentenne, Ritossa era già un talento riconosciuto nella comunità internazionale della biologia molecolare e, tra il 1963 e il 1966, passò molto tempo negli Stati Uniti, prima al laboratorio di Oak Ridge (Tennessee), dove collaborò con Jack van Borstel alla caratterizzazione dell’attività di sintesi dell’RNA, e poi all’Università dell’Illinois, unendo i suoi sforzi con Kim Atwood e soprattutto con Sol Spiegelman. In quel periodo la sua ricerca si concentrò principalmente sulla relazione tra DNA e RNA e i meccanismi di ibridazione tra i due acidi nucleici. Risale inoltre a questo periodo la scoperta del fenomeno dell’aumento ereditabile di DNA ribosomiale in alcuni ceppi mutanti di drosofila, un tema che occupò Ritossa per diversi anni.
L’esperienza statunitense si rivelò estremamente proficua, ma in due sensi contrapposti: da un lato, gli diede modo di sviluppare appieno il proprio talento di scienziato e di produrre importanti pubblicazioni; dall’altro, gli fece conoscere la natura dell’impresa scientifica, fatta di competizione estrema e isolamento dal resto del mondo. Un giovane dagli ideali di sinistra, per quanto ancora vaghi e poco strutturati, molto curioso e desideroso di discutere e condividere le proprie ipotesi con i colleghi, non poteva trovarsi a proprio completo agio all’interno del mondo accademico americano. La tensione arrivò a una esplicita rottura nel 1969, quando Ritossa fu uno dei pochi ricercatori del LIGB a prendere parte all’occupazione dell’istituto, insieme ai borsisti di ricerca e alla quasi totalità del personale amministrativo.
L’occupazione individuava proprio nel modo di fare scienza ‘americano’ di Buzzati-Traverso, concretamente realizzato nel LIGB, l’obiettivo di una protesta che chiedeva maggiori tutele sindacali per i dipendenti e la stabilizzazione dei borsisti precari, e arrivava persino a discutere i fondamenti stessi di una scienza, la genetica, che veicolava un’ideologia conservatrice funzionale al colonialismo culturale statunitense. Si sosteneva dunque che la ricerca si dovesse aprire a pratiche maggiormente democratiche, in cui tutte le figure del Laboratorio fossero coinvolte nelle decisioni e aperte alle istanze della società piuttosto che chiudersi all’interno di una ‘torre d’avorio’. Era una lettura marxista e in alcune frange più radicali persino maoista: Ritossa, figlio di una vittima dei partigiani comunisti iugoslavi, coglieva l’amara ironia degli attacchi che lo dipingevano come un estremista rivoluzionario.
L’occupazione mise termine alla direzione del LIGB di Buzzati-Traverso, dando inizio sia a un periodo lungo di commissariamento sia alla diaspora di molti ricercatori.
Ritossa ebbe la cattedra di genetica a Bari a partire dal 1971 e fino al 1985. In questo periodo scontò la scelta di isolamento rispetto ai circuiti internazionali e ai modi di fare ricerca che aveva visto e criticato. Nonostante i suoi lavori fossero comunque di prim’ordine, non collaborò con colleghi stranieri, e le pubblicazioni furono numericamente limitate anche se accettate da riviste di grande importanza (come Proceedings of the National Academy of sciences of the United States of America).
L’esperienza barese finì, come detto, nel 1985 con il ritorno all’Università di Bologna, dove la ricerca diventò sempre meno importante, ma Ritossa non fece mancare il proprio contributo didattico, molto apprezzato dagli studenti.
Nel 1993 andò in pensione, dedicandosi alla sua passione artistica e producendo sculture (in diversi materiali), spesso con un ironico contenuto scientifico, molto apprezzate. Alcune sono state esposte anche in importanti laboratori (come lo European molecular biology laboratory di Heidelberg). Il suo contributo pionieristico è stato messo più volte in risalto, e Ritossi fu insignito di una medaglia da parte della Cell stress Society international.
Morì a Bologna il 9 gennaio 2014.
Opere. A new puffing pattern induced by heat shock and DNP in Drosophila, in Experientia, 1962, vol. 18, pp. 571-573; Localization of DNA complementary to ribosomal RNA in the nucleolus organizer region of Drosophila melanogaster, in Proceedings of the National Academy of sciences of the United States of America, 1965, vol. 53, 4, pp. 737-745 (con S. Spiegelman); On the redundancy of DNA complementary to amino acid tranfer RNA and its absence from the nucleolar organizer region of Drosophila melanogaster, in Genetics, 1966, vol. 54, 2, pp. 663-676 (con K.C. Atwood e S. Spiegelman); Unequal proportions of DNA complementary to ribosomal RNA in males and females of Drosophila simulans, in Proceedings of the National Academy of sciences of the United States of America, 1966, vol. 56, 2, pp. 496-499 (con K.C. Atwood); Unstable redundancy of genes for ribosomal RNA, ibid., 1968, vol. 60, 2, pp. 509-516; The first steps of magnification of DNA complementary to ribosomal RNA in Drosophila melanogaster, ibid., 1971, vol. 68, 7, pp.1580-1584 (con C. Malva et al.); Relative orientation with respect to the centromere of ribosomal RNA genes of the X and Y chromosomes of Drosophila melanogaster, ibid., 1973, vol. 70, 6, pp. 1883-1885 (con G. Palumbo e R. Caizzi); Crossing-over between X AND Y chromosomes during ribosomal DNA magnification in Drosophila melanogaster, ibid., 7, pp. 1950-1954; Mutation generating a fragment of the major heat shock-inducible polypeptide in Drosophila melanogaster, ibid., 1979, vol. 76, 5, pp. 2385-2389 (con C. Caggese et al.); Discovery of the heat shock response, in Cell stress and chaperones, 1996, vol. 1, 2, pp. 97 s.
Fonti e Bibl.: Heat shock, from bacteria to man, a cura di M.J. Schlesinger et al., Cold Spring Harbor 1982, passim; M. Capocci - G. Corbellini, Adriano Buzzati-Traverso and the foundation of the International laboratory of genetics and biophysics in Naples (1962-1969), in Studies in history and philosophy of science part C: studies in history and philosophy of biological and biomedical sciences, 2002, vol. 33, 3, pp. 489-513; A. De Maio et al., F. R.’s scientific legacy 50 years after his discovery of the heat shock response: a new view of biology, a new society, and a new journal, in Cell stress and chaperones, 2012, vol. 17, 2, pp. 139-143; F. Cassata, L’Italia intelligente. Adriano Buzzati-Traverso e il Laboratorio internazionale di genetica e biofisica (1962-69), Roma 2013, capitoli 7, 9.