MENGARONI, Ferruccio
MENGARONI, Ferruccio. – Nacque a Pesaro nel 1875 da Romolo e da Teresina Giuliani.
La sua figura di ceramista è legata alla temperie culturale caratterizzata dal revival rinascimentale sviluppatosi nell’arte ceramica tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. La formazione del M. si svolse, infatti, a Pesaro presso la fabbrica Molaroni, impegnata nel recupero della tradizione rinascimentale attraverso gli stili dell’istoriato e delle grottesche. Fondamentale fu anche lo studio degli esemplari cinquecenteschi della collezione Mazza, già conservata nei Musei civici della città. Il M. in questo contesto approfondì sia i temi decorativi sia le tecniche di lavorazione delle ceramiche rinascimentali.
Operando costantemente a Pesaro, il M. svolse la sua prima attività presso la stessa fabbrica Molaroni, per la quale realizzò riproduzioni di antichi esemplari e ceramiche istoriate.
A questa fase appartiene il tondo raffigurante la Madonna del Melograno (Pesaro, collezione della Cassa di risparmio) tratto dal dipinto di Botticelli (A. Filipepi), opera che fu premiata alla Mostra nazionale delle ceramiche di Faenza del 1908. Nello stesso anno aprì una piccola fornace e realizzò una serie di piatti, vasi e mattonelle (Pesaro, Musei civici) ispirati ai repertori quattro-cinquecenteschi delle maggiori manifatture marchigiane, opere che lo fanno entrare pienamente nello storicismo eclettico di inizio Novecento.
Delle antiche ceramiche riproduceva i riflessi metallici, seguendone le tecniche di lavorazione: utilizzava, infatti, ginestre e unghie di cavallo per ricreare i fumi dei forni rinascimentali. Sovente le sue opere furono scambiate dagli antiquari per originali del Rinascimento.
Nel 1915 costituì una vera e propria fabbrica con numerosi allievi e lavoranti, grazie al finanziamento di Aristodemo Mancini, che aggiunse le proprie iniziali alla segnatura della manifattura.
La produzione della fabbrica, per ordinazioni su catalogo, era costituita da mattonelle, servizi da tavola, vasi e utensili domestici caratterizzati da una ricca gamma di forme e decorazioni, elaborate dal M. e ripetute dagli artigiani della manifattura.
Contemporaneamente il M. continuò a dedicarsi alla realizzazione di ceramiche istoriate ispirate ai modelli rinascimentali, che ne evidenziarono l’abilità pittorica conquistandogli fama internazionale.
Alle incisioni di A. Dürer è ispirata una serie di targhe con Storie della Vergine, realizzata a partire dal secondo decennio del XX secolo (Biscontini Ugolini, 1986), quando eseguì anche La strage degli innocenti (collezione privata) dall’incisione di M. Raimondi, traduzione dell’affresco di Raffaello. Nel 1918 realizzò l’Anfora con Giudizio universale (Pesaro, Musei civici), tratta dal dipinto di Michelangelo, mentre agli anni Venti risalgono il Pannello con la Battaglia di Massenzio (ibid.) dall’affresco di Giulio Romano e il Pannello con il trionfo di Cesare (ibid.) che riprende i disegni di A. Mantegna di Hampton Court. Il M. interpretò le opere quattro-cinquecentesche attraverso originali accordi cromatici, che rinnovarono il repertorio coloristico della ceramica pesarese. Di ispirazione rinascimentale è anche una serie di piccoli gioielli, soprattutto broches con figurazioni di putti, carri trionfali e profili virili (ibid.).
La fama del M. è legata anche a opere di grandi dimensioni, presentate alle principali edizioni dell’Esposizione universale.
Realizzò sculture a tutto tondo, soprattutto di animali, in ceramica policroma, come Granchio marino (Milano, Musei del Castello Sforzesco) e Pesce sanpietro (collezione privata) e pannelli a rilievo. Il pannello con Testa di s. Giovanni Battista (Pesaro, Musei civici) riproduce l’iconografia del quattrocentesco S. Giovanni Battista di Marco Ruggeri, detto Marco Zoppo, mentre il tondo a rilievo con la raffigurazione di Medusa (ibid.), ispirata all’omonimo dipinto di Caravaggio (M. Merisi), riproduce i tratti somatici dello stesso Mengaroni. Le quattro opere furono scelte dal M. per la II Biennale di arti decorative di Monza.
Il M. morì a Monza il 13 maggio 1925, durante i lavori di allestimento della II Biennale di arti decorative.
Rimase schiacciato dalla cassa contenente il tondo della Medusa, precipitata dalla scalinata del palazzo reale, nel tentativo di trarre in salvo il suo monumentale rilievo. Dopo la morte del M., Mancini assunse la direzione della manifattura, che continuava a ricevere ordinazioni da Paesi europei e dall’America; tuttavia, la fabbrica risentì della perdita della sua guida artistica, oltre che della crisi economica del 1929, per cui terminò la sua attività nel 1930.
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E. Capparelli