FERRERO FIESCHI, Francesco Filiberto
Nacque il 6 giugno 1576 dal marchese Besso e dalla sua seconda moglie Claudia di Savoia Racconigi. Alla morte del padre, avvenuta il 6 ott. 1584, ereditò i piccoli feudi pontifici di Masserano e Crevacuore. La successione fu approvata, con le bolle del 1585 e del 1592, anche dai papi Sisto V e Clemente VIII, preoccupati di salvaguardare dalle mire sabaude quelle terre rimaste sotto la diretta tutela della Chiesa.
Per la minore età del F., il governo dello Stato passò in un primo tempo alla madre, coadiuvata dal curatore del F., G. Gennaro. Il F. cominciò comunque a governare giovanissimo, nutrendo ben presto smisurate ambizioni di grandezza. Il 13 ag. 1598 riuscì ad ottenere da Clemente VIII il titolo di principe, anche grazie alle raccomandazioni di parenti influenti presso la corte romana. Il nuovo titolo introdusse il F. nella più alta società nobiliare del tempo. L'11 febbr. 1603 sposò con grande solennità, nel castello di Racconigi, la cugina Francesca Grilliet. Nello stesso anno fu nominato generale di cavalleria e capo della nobiltà piemontese.
Nel febbraio del 1608, a Torino, in occasione del matrimonio di due principesse di casa Savoia, Margherita e Isabella, il F. profuse ingenti somme per primeggiare in sfarzo davanti all'aristocrazia italiana. Dopo i festeggiamenti, ottenne le insegne equestri del Supremo Ordine dell'Annunziata. Fu il vertice della sua gloria. Le ingenti spese fin lì sostenute lo avevano infatti ridotto in miseria. Ritiratosi nel suo feudo, cominciò ad esigere dai sudditi nuovi tributi, ma il popolo masseranese, che fin dal 1394 godeva di particolari privilegi, sempre rinnovati dai pontefici, contrastò il dispotismo del principe, usando tutti i mezzi legali fino al ricorso alla S. Sede. Le vendette anche sanguinose del F. non fecero che irrobustire l'opposizione popolare.
Ad aggravare la precaria situazione del F. sopraggiunse la guerra di successione nel Monferrato. In questo frangente il F., un tempo assiduo alla corte sabauda, giudicò più conveniente allearsi con gli Spagnoli contro Carlo Emanuele I.
Il territorio soggetto al principe di Masserano era in una posizione molto importante per l'esercito per penetrare nell'interno del Piemonte. Di fronte a questa minaccia i Savoia deliberarono subito di invadere le terre dei Ferrero Fieschi: fra il dicembre e il gennaio del 1616-17 l'esercito ducale assaltò e prese i castelli di Masserano e di Crevacuore. Entrambi furono smantellati e le loro fortificazioni distrutte, mentre il governo del feudo passò al cardinale Maurizio di Savoia. Solo dopo la pace fra Carlo Emanuele I e gli Spagnoli, conclusa a Pavia il 9 ott. 1617, il F. riottenne dal duca i suoi territori. La restituzione avvenne il 9 apr. 1618.
Tornato in possesso del suo feudo, il F. volle imporre subito nuovi aggravi fiscali suscitando le proteste della popolazione. Per far valere la sua autorità, egli non si fece scrupolo di ricorrere alla forza. Esasperati dall'arroganza e dalla violenza del F., gli abitanti di Crevacuore per primi ricorsero al papa. Questi inviò un suo delegato, B. Ratto, al quale tutti i sudditi furono tenuti a notificare i misfatti del principe.
Sebbene i sacerdoti del feudo e lo stesso organo di rappresentanza popolare, il Consiglio di credenza di Masserano, si schierassero in difesa del F., il delegato apostolico presentò al papa l'istruttoria e l'atto d'accusa contro il principe. Dall'inchiesta risultò che questi aveva commesso a danno dei suoi sudditi tutta una serie di misfatti, di efferati delitti e stupri.
Gregorio XV fece emanare allora un monitorio contro il F., in data 15 nov. 1621, invitandolo a comparire a Roma per discolparsi. Il F., che il 20 novembre a Torino, sempre a causa dei suoi delitti, veniva condannato in contumacia al bando perpetuo dagli Stati sabaudi, temendo una sentenza sfavorevole del tribunale romano, non si presentò con un pretesto e inviò presso la. S. Sede il suo procuratore. Replicò poi alle imputazioni con uno scritto, dove si difese limitandosi per lo più ad accusare i suoi nemici. I ribelli di Masserano e Crevacuore intanto avevano iniziato una lotta clandestina contro il loro Signore, non aliena anch'essa da violenze e saccheggi.
La causa si trascinò nei tribunali romani per qualche tempo senza che la giustizia pontificia si risolvesse ad emettere una sentenza. Nuovi tumulti a Crevacuore nel gennaio del 1623, vennero presto sedati anche grazie all'intervento del papa. Le ultime vicende avevano però inasprito ulteriormente l'animo del F., che si abbandonò di nuovo a tremende vendette nei confronti dei ribelli. Fu così che il 2 luglio 1624 il popolo di tutto il feudo insorse invocando la fine della tirannia. Nei disordini Carlo, il figlio primogenito del F., rimase ucciso. I sudditi entrarono nei castelli di Masserano e Crevacuore e li saccheggiarono; quindi chiesero e ottennero la protezione del duca di Savoia. Il F. fuggì dapprima a Prato Sesia, indi peregrinò a Milano, Piacenza, Parma, in Val Sesia, a Novara e ancora a Milano, da tutti male accolto, sempre in cerca di ospitalità e di denaro di cui aveva estremo bisogno. Riparò infine presso un suo lontano cugino Visconti a Fontanetto d'Agogna (odierna provincia di Novara), dove morì il 15 sett. 1629.
Bibl.: V. Baffini-Confalonieri, Storia dei principi di Masserano Ferrero Fieschi,Torino 1875, pp. 14 s.; G. Claretta, Della tirannia dei Ferrero Fieschi, principi di Masserano, Torino 1892, pp. 720 (estr. da Atti della R. Acc. delle scienze di Torino,XXVII,Torino [1892]); L. Pennacchini, Le vicende e i discorsi di un principe di Masserano in fuga, in Rivista biellese, VI(1926), 3-4, pp. 17-20; R. Quazza, La campagna militare nel Biellese (1616- 1617), in Illustraz. biellese, V (1935), 6; L. Borello, Le difese di F. F. F. principe di Masserano,in Bollett. della Sezione di Novara R. Deput. subalpina di storia patria, XXXI (1937), pp. 408-428; V. Barale, Il principato di Masserano e il marchesato di Crevacuore, Biella 1966, pp. 223-312; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Ferrero di ffiella, tav. IV.