FERRARINO da Ferrara
Nacque a Ferrara, probabilmente intorno alla metà del sec. XIII.
Ultimo tra i trovatori italiani in lingua provenzale, è più noto come compilatore del florilegio trobadorico che si trova nella sezione De del manoscritto designato dai provenzalisti con la lettera D (Modena, Bibl. Estense, ms. oc, R, 4,4). Il florilegio è preceduto dalla prima e più importante fonte biografica su F., una vida in provenzale (raccolta in Biographies des troubadours: textes provenpaux des XIIIeet XIVe siècles, a cura di J. Boutière e A. H. Schutz, 2 ediz., rivista con la collaborazione di I. M. Cluzel, Paris 1973, pp. 581-583).
Secondo la biografia, F. visse tutta la sua vita presso i marchesi d'Este, dove fu considerato maestro di poesia provenzale e improvvisatore eccezionale. Avrebbe scritto soltanto due canzoni e una retroensa, ma avrebbe composto molti sirventesi e coblas, e raccolto un compendio di canzoni trobadoriche e da ciascuna canzone o sirventese estratto alcune più significative.
Da giovane, F. avrebbe avuto una relazione con una donna di nome Turca, per la quale scrisse dei versi. Con gli anni smise di viaggiare: tutt'al più si recava a Treviso da Gherardo da Camino e dai suoi figli.
La vida di F. non è, con tutta probabilità, un'autobiografia, come sosteneva il De Benedetti, ma opera forse di un suo discepolo, assai meno esperto della lingua provenzale (Bertoni), come testimoniano i numerosi italianismi presenti nel testo. È possibile quindi che in essa siano confluite informazioni di prima mano sulle vicende biografiche di "maistre Ferari".
Qualche dubbio era sorto in passato sulla pronuncia del nome "Ferari", ma è stato fugato dalla semplice osservazione che, nella sua tenzone con Raimon Guillem, unico componimento arrivato sino a noi, il nome "Ferari(n)" è in rima con "fi(n)".
La vida ci informa che F. "fo da Feirara" e che "fa giullar", vissuto sempre nella casa di Este. Queste notizie vanno combinate con quelle poste al termine della narrazione: F. in tarda età si spostava solo per far visita a Gherardo da Camino e ai suoi figli, Rizzardo, Guecellone e Gaia (la celebre Gaia di Dante: Purg., XVI, 140), i quali gli riservavano un'ottima accoglienza. Sulla scorta di questi dati il Casini, il Crescini, lo Schultz-Gora e, in un primo tempo, anche il Bertoni collocarono la fine dell'attività del poeta non oltre i primi anni del Trecento, soprattutto in considerazione del fatto che solo al tempo di Azzo (VIII) d'Este (1293-1308) i rapporti tra gli Estensi e i da Camino furono vivi e cordiali.
Più tardi il Bertoni ritenne però che la vita di F. andasse prolungata di almeno due decenni, identificando il trovatore con un Ferrarino, "magister grammatice", figlio di Bartolomeo e padre di Guizzardo Trogni di Ferrara. Questo personaggio compare in tre documenti pubblicati da A. Gloria nei Monumenti della Università di Padova (I-III, Venezia 1884-1889). Il primo, del 1317, (II, p. 524) ha la sottoscrizione "Guizardus fil. mag. Ferarini de Trongnis de Ferraria doctoris gramatice" ; il secondo, datato 8 febbr. 1325 (III, p. 14), ha nel preambolo "Padue in ecclesia cathedrali, presentibus ... magistro Ferarino repetitore artis gramatice habitatore Padue in contrata Domi"; il terzo (I, p. 381), infine, s'inizia con l'espressione "In C. n. am. an. eiusd. nat. mill. trecent. triges. indic. tertia decima, die sab. decimo mensis intrantis Pad. in monast. S. Petri in camino d. abbatisse pres. magistro Ferarino doctore gramatice q. d. Bertolamei qui fuit de Ferraria, nunc habit. in contracta Domi". Risulta chiaro che il secondo e terzo documento parlano della stessa persona; qualche dubbio potrebbe sussistere per il primo, ma che anche qui si tratti dello stesso personaggio resta provato dall'indicazione fornita dal documento redatto nel monastero di S. Pietro, che dice del trasferimento del "doctor gramatice" da Ferrara a Padova. Questi documenti non bastarono a convincere il Crescini, ma il Bertoni corroborò la sua ipotesi con tre nuovi documenti. Il primo è un "iuramentum fidelitatis praestitum anno 1310 a populo Ferrariense Clementi pp. V" (edito da B. Fontana, Plebiscito in Ferrara del sec. XIV, in Atti della Deputazione ferrarese di storia patria, I[Ferrara 1886], p. 27), nel quale, fra i cittadini abitanti a Ferrara nella "contrata sexti Sancti Romani" figurano "Magister Ferrarinus doctor grammatice Guiçardus filius dicti magistri Ferrarini", personaggi che a Ferrara dovevano essere ben noti. La data del documento, 1310, rende difficile credere che questo Ferrarino sia persona diversa dal trovatore. Il secondo documento è la revisione del processo col quale Dalmasio da Bagnolo, delegato della S. Sede, ordinò la confisca dei beni del marchese Francesco d'Este, ucciso il 23 ag. 1312, revisione voluta da Roberto d'Angiò, vicario di Ferrara, su petizione dei figli del marchese, Azzo e Bertoldo; è datato 16 nov. 1312, ed in esso, tra i testimoni a favore degli Estensi figurano "Magister Ferrarinus doctor gramatice Guiccardus eius filius...". A evidente che si tratta del Ferrarino Trogni dei documenti editi dal Gloria, che compare anche in un rogito estense del 1313, nella sottoscrizione ("Ego Guicardus filius magistri Ferarini de Trongnis de Feraria doctoris gramatice sacri palatij notarius") e in un altro del 1324. Infine, un terzo documento, del 1323, riguardante la rinuncia a diritti su terreni situati in Villamana da parte di Marano Marani in favore del marchese d'Este, reca la sottoscrizione: "Ego Guiçurdus filius magistri Ferrarini de Trongnis de Ferraria sacri palacii et Curiae dicti d.ni Marchonis not. haec scripsi".
L'insieme dei documenti illustrati rende quindi molto probabile che "maistre Ferari" fosse Ferrarino di Bartolomeo Trogni, padre del notaio Guizzardo, vissuto a Ferrara e poi, dopo la morte di Azzo (VIII) (Bertoni), trasferitosi a Padova, ove moriva non molto tempo dopo il 1330. A questa data egli doveva essere molto vecchio (ottantenne secondo il Bertoni), poiché la vida lodice già in età avanzata quando si recava "a meser Giraut da Chamin et a sos filz".
Il De Bartholomaeis rifiuta le conclusioni del Bertoni, osservando che Ferrarino Trogni non può essere identificato con F., dal momento che il primo era notaio, mentre il secondo è definito "giullare" dalla biografia provenzale. Dai documenti emerge però che soltanto il figlio di Ferrarino Trogni, Guizzardo, era notaio, e non lo stesso Ferrarino, definito costantemente "doctor gramatice". La stessa vida finisce inoltre per fornire elementi di conferma al titolo di "magister" e "doctor gramatice", attribuito a Ferrarino. La generica definizione di "giullare" viene infatti stemperata e contraddetta dai passi successivi, con espressioni come "sap molt be letras" (che certo indica la conoscenza del latino) e "feis de molt bos libres e de beill[s)", oltre che dalla descrizione dei suo ruolo di maestro nei confronti dei giullari della corte estense. Il Bertoni ipotizza anzi che F. fosse un vero insegnante di lingua provenzale, ipotesi verosimile in un'epoca in cui non molti dovevano ormai avere dimestichezza con questa lingua in Italia settentrionale. Lo studioso si spinge inoltre a congetturare che il florilegio possa essere stato messo insieme per i figli di Gherardo da Camino.
La notizia, fornita dalla vida, di un amore giovanile di F. con una donna del casato dei Turchi ("gand el era çoven, s'entendet en una dona ch'at nom ma dona Turcla") si accorda bene con la cronologia indicata dal Bertoni, essendo noto che la famiglia dei Turchi risiedeva a Ferrara nella seconda metà del sec. XIII.
F. fu l'ultimo cultore del provenzale e delle tradizioni cortesi della nobile lirica in questa lingua, alle soglie di un'epoca che avrebbe visto nascere i primi monumenti della letteratura italiana, e che in arca veneta vedeva fiorire l'epica semiseria in "franco-veneto". È possibile che la constatazione di tale declino inducesse F. a compilare la sua antologia (compendio di una più vasta raccolta precedente, secondo la Allegri), mosso forse anche da intenti didattici e moralistici, oltre che dalla eventuale committenza di Gherardo da Camino (Bertoni). Secondo una recentissima opinione (Meneghetti), il florilegio di F. sarebbe invece un'antologia di uso e testimonierebbe la vitalità del "messaggio culturale della lirica dei trovatori fino almeno alla metà del sec. XIV".
Con F. si chiude anche la feconda e non breve stagione che vide tanti trovatori gravitare intorno alle corti dell'Italia settentrionale (Savoia, Malaspina, Monferrato, Del Carretto, da Romano, da Camino), ed in particolare alla corte estense (si ricordi Aimeric de Peguillian, che dalla corte dei Malaspina venne a quella degli Este e cantò le lodi di Beatrice, figlia di Azzo VI).
La vida ci dice che F. fu autore solo di due canzoni e di una retroensa, ma che compose anche molte coblas e sirventesi. Di tutto questo a noi è arrivata solo una tenzone (trasmessaci dal solo manoscritto P, Firenze, Bibl. Laurenziana, pl. XLI., 42) con Raimon Guillem, personaggio che già il Gröber aveva distinto da Guillem Raimon. La distinzione fu poi confermata con solidi argomenti dal Bertoni. Nel componimento, in cui è questione della liberalità degli Este, F. si dimostra buon cultore del trobar clus e, pur senza raggiungere vertici eccelsi, dà prova di abilità non indifferente.
Fonti e Bibl.: Sul florilegio di F. si vedano: H. Teulié-G. Rost L'anthologie provençale de Maître Ferrari de F., Toulouse 1901-1902, e la rec. di G. Bertoni, in Giorn. stor. d. lett. ital., XLII (1903), pp. 378-393. Siveda anche la riproduzione dell'intero codice in Il canzoniere provenzale estense, riprodotto per il centenario della nascita di G. Bertoni, Modena 1979 (si vedano in particolare le pp. 17-28dell'introduzione di D'A. S. Avalle-E. Casamassima). Si vedano inoltre: A. Mussafia, Del codice Estense di rime provenzali, in Sitzungsberichte der K. Akademie der Wissenschaften, Phil.-hist. Klasse, LV (1867), pp. 339-450; C. Gröber, Die Liedersammlungen der Troubadours, in Romamsche Studien, II (1875-1877), pp. 462-504; G. Bertoni, Le manuscrit provençal D (de la Bibliothèque d'Este à Modène) et son histoire, in Annales du Midi, XIX (1907), pp. 238-243;Id., La sez. francese del manoscritto provenzale estense, in Archivum Romanicum, I (1917), pp. 307-316 passim;D'A. S. Avalle, La letteratura in lingua d'oc nella sua tradizione manoscritta, Torino 1961, pp. 63-64; L. Allegri, Frammento di antico florilegio provenzale (di F.: nell'Archivio parrocchiale di S. Marino di Castagnolo minore, frazione di Bentivoglio in prov. di Bologna), in Studi medievali, s. 3, XXVI (1986), 1, pp. 319-351; M. L. Meneghetti, Ilflorilegio trobadorico di F. da F., in Miscellanea di studi in on. di Aurelio Roncaglia..., Modena 1989, III, pp. 853-871. Sulla tenzone tra F. e Raimon Guillem. si vedano: G. Bertoni, Itrovatori d'Italia, Modena 1915, pp. 461-465; Id., La tenzone di Raimon Guillem e F. da F., in Archivum Romanicum, I (1917), pp. 92-100; V. De Bartholomaeis, Poesie provenzali stor. relative all'Italia, II, Roma, 1931, pp. 291 ss.
Su F. e la corte estense: C. Cavedoni, Ricerche storiche intorno ai trovatori provenzali accolti ed onorati alla corte dei marchesi d'Este nel sec. XIII, Modena 1844, pp. 24-31; D. Schultz, Die Lebensverhältnisse der italienischen Trobadors, in Zeitschrift für romanische Philologie, VII (1883), pp. 230-232; T. Casini, Itrovatori nella Marca trivigiana, in Il Propugnatore, XVIII (385), pp. 183-187; G. Sartori Borotto, Trovatori provenzali alla corte dei marchesi d'Este, Este 1889, pp. 42-50; V. Crescini, in Atti e mem. d. R. Accad. di scienze, lett. ed arti in Padova, XIV (1898), p. 32; G. Bertoni, Maestro F. da F., in Giorn. stor. della lett. ital.: XLIV (1904), pp. 267-269; Id., G. M. Barbieri e gli studi romanzi nel sec. XVI, Modena 1905, pp. 42-43; Id., F. da F., in Romania, XLI (1912), pp. 405-412 (poi in Trovatori d'Italia, pp. 122-128); Id., Un nuovo documento su F. da F., in Archivum Romanicum, IV (1920), p. 105; V. De Bartholomaeis, Poesie provenzati storiche..., I, Roma 1931, pp. LXXIX, LXXXIX-XC; G. Bertoni, Il Duecento, Milano 1951, pp. 20-24; G. Folena, Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete, in Storia della cultura veneta, I, Vicenza 1976, p. 479;G. Bettini-Biagini, La poesia provenzale alla corte estense, Pisa 1981, pp. 107-113; C. Bologna, La lett. dell'Italia settentrionale nel Duecento, in La letteratura italiana storia e geografia, I, L'età medievale, Torino 1987, pp. 135-141.