PIVANO, Fernanda
PIVANO, Fernanda. – Nacque a Genova il 18 luglio 1917. Il padre, Newton Riccardo (1881-1963), era agente di cambio e direttore dell’Istituto italiano di credito marittimo, oltre che appassionato di letteratura; la madre, Mary (1891-1978), era figlia di Elisa Boggia e dello scozzese Francis Smallwood, tra gli iniziatori della Berlitz School in Italia. Franco, il fratello, era maggiore di sei anni (1911-1965).
Ebbe una formazione internazionale e, oltre alle lingue inglese e francese, studiò pianoforte e imparò i costumi vittoriani. Visse a Genova fino alla fine degli anni Venti, escluso un breve periodo di soggiorno a Firenze. Nel 1929, per esigenze lavorative del padre, la famiglia si trasferì a Torino, dove Fernanda Pivano proseguì gli studi di pianoforte e si iscrisse al ginnasio liceo Massimo D’Azeglio. In quarta e in quinta ginnasio fu in classe con Primo Levi. In prima liceo ebbe come supplente di italiano Cesare Pavese. Nel 1937, il suo tema di maturità dal contenuto antimilitare fu giudicato ‘non idoneo’ e dovette rimandare gli esami orali alla sessione autunnale.
Superata la prova, si iscrisse alla facoltà di lettere e già al primo anno chiese di poter sostenere una tesi sul poeta inglese Percy Bysshe Shelley. In estate rivide Pavese, rientrato dal confino. Lui le chiese perché non avesse voglia di scrivere una tesi in letteratura americana e la sua risposta fu: «Ma che differenza c’è?» (F. Pivano, Diari (1917-1973), a cura di E. Rotelli - M. Bricchi, 2008, p. 52).
Quella stessa sera, Pavese le lasciò in portineria una copia della Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters, A farewell to arms di Ernest Hemingway, l’autobiografia di Sherwood Anderson e Leaves of grass di Walt Whitman. Fernanda Pivano aprì per primo il libro di Masters e si innamorò di quelle pagine al punto che cominciò subito a tradurle su un quaderno. Pivano e Pavese condividevano la passione per lo studio di una cultura lontana dal mondo accademico, nel quale l’Europa era sommersa. Non condivisero l’amore: lei infatti rifiutò la sua richiesta di matrimonio per ben due volte, come lui stesso annotò sul frontespizio di Feria d’agosto.
Diplomatasi al decimo anno di conservatorio a Torino nel 1940, il 17 giugno dell’anno successivo si laureò discutendo una tesi su Moby Dick di Herman Melville, dopo che un professore ne aveva rifiutata una su Whitman perché «argomento troppo scabroso per una brava signorina come lei» (F. Pivano, The beat goes on, a cura di G. Harari, 2004, p. 28). Due anni più tardi ottenne una seconda laurea in filosofia con Nicola Abbagnano, di cui fu assistente presso la cattedra di pedagogia.
Nel 1941 ascoltò alla radio il famoso discorso di Franklin Delano Roosevelt sulle quattro libertà: libertà, da quel giorno, fu la parola che meglio interpretava la sua idea di America.
Sfollata a Mondovì con la madre nel 1942, Nanda – come ormai tutti la chiamavano – continuò l’attività di traduttrice spronata dalla fitta corrispondenza con Pavese, il quale nell’inverno del 1943 la raggiunse con una copia di Spoon River appena pubblicata da Einaudi.
In seguito al dissesto finanziario del padre, per continuare a poter tenere le lezioni di pedagogia, Fernanda saliva ogni giorno su un carro merci che la portava in città. Durante una retata negli uffici di Einaudi le SS trovarono il contratto a suo nome per la traduzione di A farewell to arms, libro proibito per volere di Benito Mussolini. In un primo momento, ritenendo che una ragazza di buona famiglia non potesse lavorare per una casa editrice antifascista, i militari fermarono il fratello. Appena scoprì l’errore, Fernanda Pivano si diresse all’Hotel Nazionale dove le SS erano di stanza e chiarì lo scambio di persona. Negò però di sapere dove l’editore si fosse rifugiato e fu lasciata andare in semilibertà.
Nel 1944, con l’inasprirsi della guerra, ottenne l’incarico straordinario di ruolo di filosofia e pedagogia presso l’istituto magistrale Lanza di Casale Monferrato. Tornò a Torino solo a guerra terminata e cominciò a scrivere i primi articoli sui giornali.
Si spostò a Roma e a Milano ed ebbe modo di frequentare, tra gli altri, Alberto Moravia, Renato Guttuso, Guido Piovene ed Eugenio Montale, oltre ad alcuni letterati e artisti americani come Gore Vidal e Tennessee Williams. Durante il suo primo viaggio a Parigi portò a Richard Wright il suo saggio sul dissenso afroamericano, Lo zio Tom è morto, e fece visita ad Alice Toklas, cui ne consegnò un altro su Gertrude Stein.
Nell’autunno del 1948 Pivano ricevette una cartolina firmata da Hemingway, in cui il futuro premio Nobel la pregava di raggiungerlo a Cortina. Il 10 ottobre Pivano arrivò all’Hotel Concordia e, appena la vide, Hemingway si alzò da tavola e le andò incontro a braccia tese. Con loro c’erano anche la moglie Mary ed Ettore Sottsass jr, che Nanda sposò a Torino il 29 ottobre dell’anno seguente e con cui si trasferì a Milano.
Pivano continuò l’attività di traduttrice di opere di Francis Scott Fitzgerald, William Faulkner, Edgar Allan Poe e incontrò grandi autori come Erskine Caldwell, John Dos Passos e James Thomas Farrell.
Nel 1953 Giorgio Federico Ghedini le chiese di tenere corsi di italiano per stranieri e di inglese per italiani al conservatorio di Milano, ai quali partecipò anche il giovanissimo Riccardo Muti. Nello stesso anno inoltrò una domanda di borsa di studio per partecipare ai seminari estivi dello United States information service (USIS) in America. Due anni più tardi le assegnarono un «leaders’ grant (dieci dollari al giorno e viaggi pagati)» (Diari (1917-1973), cit., p. 425), che finalmente le permise di andare in America in quello che venne definito «un pellegrinaggio letterario» (p. 425).
Il 7 marzo 1956 Pivano partì alla volta di New York. Incontrò Arthur Miller e Norman Mailer, ma il primo impatto con la lingua avvenne poco dopo essere atterrata, quando in un bar chiese una Coca-Cola: «Cara, che lingua parli?», replicò la cameriera. Una lezione di umiltà dopo le molte lodi ricevute in patria per il lavoro di traduttrice, come Fernanda stessa ebbe modo di ricordare (The beat goes on, cit., p. 59).
Nei giorni successivi Fernanda si spostò a Chicago, New Orleans e anche a Cuba da Hemingway che, per ospitarla alla Finca Vigia, interruppe le riprese de Il vecchio e il mare con Spencer Tracy e Katherine Hepburn.
Il 16 settembre 1957 scrisse per Mondadori il giudizio per la traduzione di On the road di Jack Kerouac, che chiudeva con la frase: «Può darsi che questo scrittore trentacinquenne diventi proprio il simbolo della nuova generazione» (Diari (1917-1973), cit., p. 565). La direzione editoriale rifiutò il libro. Pivano aspettò allora l’occasione di un incontro con Arnoldo Mondadori e suggerì: «Presidente, io ho un titolo che le farebbe guadagnare un mucchio di soldi» (p. 565). L’edizione italiana uscì il 19 novembre 1958. L’anno successivo il romanzo fu arricchito dalla sua celebre prefazione sulla Beat generation.
Nello stesso periodo Pivano traslocò con Sottsass da via Luini a via Cappuccio 19. Punto di riferimento per gli scrittori americani che arrivavano in Italia, tra cui Saul Bellow e Henry Miller, nel febbraio 1960 Pivano ospitò per alcuni giorni insieme Chet Baker e Gregory Corso. Nella primavera dell’anno successivo, uscendo da una visita a Parigi a casa di Alice Toklas, incontrò per caso Corso con Peter Orlovsky e Allen Ginsberg, e trascorse con loro cinque giorni che costituirono un punto di svolta nella sua vita e nella professione.
A fine ottobre Fernanda ed Ettore partirono insieme per l’India. Rientrarono a Milano a fine anno, ma Sottsass era malato. Dopo una lunga serie di cure, il 31 maggio 1962 i due si recarono allo Stanford Medical Center di Palo Alto per una cura contro la nefrite. Fernanda la notte dormiva in una branda e di giorno era spesso a San Francisco, accolta da Lawrence Ferlinghetti, che le fece incontrare Michael McClure e Philip Whalen, il quale le consegnò il manoscritto di The first third di Neal Cassady.
Pivano e Sottsass rientrarono a Milano in novembre. Nanda scrisse la prefazione a La scimmia sulla schiena di William Burroughs e, per festeggiare la guarigione, passarono il Natale in Egitto. L’anno successivo diedero vita alle edizioni East 128, dal numero della camera di ospedale.
Nel 1965, dopo circa sei anni dalla consegna del lavoro di traduzione, Mondadori pubblicò Jukebox all’idrogeno di Allen Ginsberg. La casa editrice non voleva correre il rischio che la raccolta di poesie potesse essere ritirata dagli scaffali, per ordine di un tribunale in un’Italia ancora molto bigotta. Il libro, che conteneva Urlo, uscì dunque ricco di puntini e asterischi.
A dicembre Fernanda e Sottsass furono di nuovo a San Francisco, questa volta con Bob Dylan e Ginsberg. La conversazione si basò sulla marcia di protesta appena avvenuta tra Berkeley e Oakland contro la guerra in Vietnam e su come convincere gli Hell’s Angels, dalle idee politiche fortemente a favore della guerra, ad avvicinarsi alla loro posizione ideologica da cui sarebbe nato il movimento dei ‘figli dei fiori’. Nel settembre del 1966 Pivano intervistò Kerouac presso gli studi RAI di Milano in una celebre trasmissione dove lo scrittore comparve non solo ubriaco, ma anche sedato da un tranquillante che gli intorpidì la lingua.
Nonostante il clima italiano fosse molto meno radicale di quello americano, i giovani erano affascinati dal nuovo gruppo di scrittori d’Oltreoceano, così le parole dei poeti che sognavano la pace e la non violenza cominciarono a diffondersi anche in Italia, dando vita a manifestazioni antimilitariste nelle piazze principali delle città.
A fine anno Pivano e Sottsass si trasferirono in un grande appartamento di via Manzoni 14, dove di sera ospitavano molti di questi ragazzi, che l’anno successivo li avrebbero aiutati a realizzare la rivista Pianeta fresco, manifesto di contestazione pacifista con il titolo suggerito da un’espressione di Gary Snider.
Il 4 gennaio 1968 Fernanda Pivano si recò a Londra per incontrare Burroughs nel suo appartamento di Duke street. Lui la accolse glaciale e compassato, come sempre con gli estranei, e ruppe il silenzio solo per dire: «Quanto a me, le donne le ammazzerei tutte». «Anche io», rispose Nanda e gli vide fare una smorfia all’angolo della bocca che negli anni avrebbe imparato a riconoscere come un sorriso (Diari (1917-1973), cit., p. 1030).
Trascorse la fine degli anni Sessanta quasi sempre in viaggio con Sottsass. Nel settembre 1969 partirono verso il Giappone e le isole del Pacifico. In ottobre arrivarono a New York, sottosopra per le dimostrazioni del National Moratorium contro la guerra in Vietnam.
Nell’autunno del 1971 la coppia attraversò una crisi profonda. I due cominciarono ad affrontare dolorosi periodi di lontananza alternati ad altri di convivenza o di lunghi viaggi insieme, ma già nel 1972 Pivano si fece tagliare l’anello nuziale e affittò un appartamento a Roma in via della Lungara 3, casa che le ispirò successivamente il romanzo La mia kasbah (Milano 1988). Nel 1983 andò a vivere da sola a Milano.
Nel 1978 cominciò a scrivere per il Corriere della sera e partecipò a un sit-in nei campi adiacenti alla fabbrica di detonatori nucleari di Rocky Flats insieme a Ginsberg e Corso. L’anno successivo collaborò all’organizzazione del Festival dei poeti di Castelporziano.
Erano anni di scontri sociali. «Non potendo protestare contro il prezzo del biglietto, dato che l’ingresso era gratuito, una cinquantina di giovani aveva organizzato la protesta basata sul fatto che “la gestione non aveva mantenuto la promessa di lasciare il palco a disposizione del pubblico per tre ore prima che cominciasse la lettura”» (F. Pivano, Diari (1974-2009), a cura di E. Rotelli - M. Bucchi, 2010, p. 220).
Nell’estate del 1980 fece visita a Charles Bukowski nella casa di San Pedro. Nacque un dialogo in cui i due toccarono questioni fondamentali, aneddoti, riflessioni e piccole quotidianità, pubblicato con il titolo Quello che importa è grattarmi sotto le ascelle (Milano 1982). Dei primi anni Ottanta sono anche alcuni articoli in cui Pivano affronta il fenomeno yuppie e la cultura hip hop.
Capace di afferrare i nuovi movimenti e di non dimenticare i grandissimi nomi del passato, Fernanda Pivano strinse amicizia con gli autori dall’aspetto curato e dalla vita sociale molto frenetica del gruppo Brat Pack, come Bret Easton Ellis e Jay McInerney – che il 24 luglio 1995 pubblicò nel New Yorker un articolo con il titolo in italiano Grazie, Fernanda – e con Erica Jong, Patti Smith e Paul Auster. Verso la fine degli anni Ottanta ospitò nella casa di Roma Raymond Carver e proseguì a intervistare grandi nomi della letteratura americana, come Toni Morrison e Grace Paley.
All’inizio degli anni Novanta continuò a essere legata alla controcultura dei più giovani studiando il movimento grunge, il quale negava lo sfoggio di ricchezza del decennio precedente, e a seguire gli autori americani più giovani, come David Foster Wallace, Chuck Palahniuk e Jonathan Safran Foer.
Grazie anche all’amicizia con Fabrizio De André, nell’ultimo periodo Pivano si avvicinò al mondo dei cantautori italiani considerandoli «i poeti di oggi», come fece scrivere nella quarta di copertina della sua raccolta I miei amici cantautori (a cura di S. Sacchi - S. Senardi, Milano 2005). Nel luglio 2003 diede vita al premio Fernanda Pivano, che consegnò a maestri italiani come Renzo Piano, Arnaldo Pomodoro e Mariangela Melato, ma che poi preferì fosse dato ad autori americani. Traslocò in un appartamento di piazzetta Guastalla e in occasione della riapertura del Museum of modern art (MoMA), l’11 novembre 2004 partì per l’ultimo viaggio a New York, dove tra gli altri incontrò Lou Reed.
Negli anni successivi Pivano lavorò infaticabilmente per terminare la lunga stesura dei Diari, pubblicati in due volumi nei Classici Bompiani.
Morì a Milano il 18 agosto 2009 e, per suo desiderio, riposa nel cimitero di Staglieno a Genova accanto alla madre. Il suo nome è inscritto nel Famedio di Milano.
Opere. Moltissime le traduzioni e le introduzioni, prefazioni e postfazioni (v. Pagine americane. Narrativa e poesia 1943-2005, Milano 2005). Si segnalano alcune fra le principali opere di saggistica: La balena bianca e altri miti, Milano 1961; America rossa e nera, Firenze 1964; Beat hippie yippie: dall’underground alla controcultura, Roma 1972; C’era una volta un beat: dieci anni di ricerca alternativa, Roma 1976; Mostri degli anni Venti, Milano 1976; Hemingway, Milano 1985; Amici scrittori. Quarant’anni di incontri e scoperte con gli autori americani, Milano 1995; Viaggio americano, Milano 1997; Un po’ di emozioni, Roma 2002; The beat goes on, a cura di G. Harari, Milano 2004; Pagine americane…, cit.; Diari (1917-1973), a cura di E. Rotelli - M. Bricchi, Milano 2008; Diari (1974-2009), a cura di E. Rotelli - M. Bricchi, Milano 2010; Libero chi legge, Milano 2010; Medaglioni, a cura di E. Rotelli, Milano 2014.
Fonti e Bibl.: Il fondo Fernanda Pivano è conservato a Milano, presso la Fondazione Corriere della sera.
Testi utili per un suo ritratto sono: C. Pavese, A F. P. (1940-1946), in Id., Lettere 1926-1950, a cura di L. Mondo - I. Calvino, I-II, Torino 1968, pp. 369-512; F. P.: biografia minima (allegato a F. Pivano, Dopo Hemingway. Libri, arte ed emozioni d’America), Napoli 2000; F. P.: viaggi cose persone (catal., Milano), Sondrio 2011.