JUHÁSZ, Ferenc
Poeta ungherese, nato a Bia nel 1928. Il padre di J. era muratore, la madre faceva la lavandaia. Nel volume Sántha-család ("La famiglia Sántha", 1950) descrive la trasformazione socialista della campagna e nell'Apám ("Mio padre", 1950) erige un monumento alle aspirazioni dei ceti poveri. Questi due volumi gli fruttarono il premio "Kossuth", mentre fu attaccato per gli Új versek ("Versi nuovi", 1952) perché difformi dallo schematismo allora vigente. Il tono fiducioso di J. si tramuta in amare meditazioni, in angoscia e visioni apocalittiche (A halhatatlanságra vágyó királyfi, "Il principe aspirante all'immortalità"). L'imponente e polemico poema di J., A tékozló ország ("Il paese prodigo", 1954) significa una svolta decisiva nella vita letteraria dell'Ungheria, diventando simbolo della liberazione dallo schematismo. Nasce in questo volume il suo particolare linguaggio poetico, definito "naturalistico-biologico", ricco d'immagini e associazioni audaci. Dopo il periodo dell'A virágok hatalma ("Il potere dei fiori", 1955) e A tenyészet országa ("Il paese della vegetazione", 1956) segue qualche anno di silenzio, ma negli ultimi anni è nuovamente attivo. La sua poesia non perde di mira l'impegno nazionale: Harc a fehér báránnyal ("Lotta con l'agnello bianco", 1956); Virágzó világfa ("Fiorente albero universale", 1965); Anyám ("Mia madre", 1969); A szent tűzözön regéi ("Leggende del sacro incendio", 1969); A halottak királya ("Il re dei morti", 1971); A megváltó aranykard ("La spada d'oro salvatrice", 1973); Írás egy jövendő őskoponyán ("Scrittura su un protocranio venturo", 1974).
Bibl.: A. Tamás, Iuhász F. költészete ("La poesia di F. J."), in Csillag., 1955; G. Bodnár, Azelégedetlenség könyve ("Il libro della scontentezza"), in Új Hang, 1956; B. Abody, Indulatos utazás ("Viaggio scontroso"), Budapest 1957; M. Czine, Két költő útja ("Il cammino di due poeti"), in Valóság, 1961; L. Borgatti, Tre moderni poeti ungheresi, Bologna 1969.