VERBIEST, Ferdinando
Missionario, matematico e sinologo, nato il 29 ottobre 1623 nel villaggio di Pitthem presso Courtrai nel Belgio, morto a Pechino il 28 gennaio 1688. Entrato nella Compagnia di Gesù il 29 settembre 1641, e compiuti gli studî letterarî e filosofici in patria, quelli teologici a Roma e a Siviglia, salpò da Genova nel 1656 in rotta per la Cina. Approdatovi, attese dapprima alla cultura spirituale dei cristiani del Chen si; ma indi, dopo soli 10 mesi, fu inviato nel 1660 a Pichino, presso il p. Adamo Schall, presídente del Tribunale delle matematiche, bisognoso di aiuto per l'età abbastanza avanzata. Morto frattanto l'imperatore Choen tche (1661), gran mecenate dello Schall, e scoppiaia nel 1664 la persecuzione contro i gesuiti astronomi e il cristianesimo, il V. si segnalò non meno per l'eroicità delle sue virtù apostoliche che per l'eccellente dottrina, specialmente nel campo delle scienze matematiche, acquistandosi in breve tempo, al pari dei suoi illustri antecessori, il Ricci e lo Schall, immenso credito presso le autorità politiche e letterarie dell'Impero di mezzo. Dopo i sei mesi di durissimo carcere e i quasi cinque anni di relegamento, che dovette sostenere durante la reggenza dell'imperatore Kang hi, s'iniziò per lui nel 1669 l'ascesa ai più alti onori cui mai potesse aspirare un mandarino straniero, quali furono la presidenza del Tribunale delle matematiche, già tenuta dal defunto Schall, conferitagli dall'imperatore Kang hi insieme con la direzione dell'osservatorio astronomico, e la cura di compilare il calendario, infarcitosi di errori sin da quando nel 1664 era stato tolto allo Schall. Oltre a ciò Kang hi lo nominò primo commissario dei memoriali da presentarsi al trono, gli concesse il titolo o l'appellazione di "personaggio che l'imperatore comanda sia riverito" e infine (ciò che molto valse a proteggere e ad accrescere i proseliti della legge cristiana) gli fu egli stesso discepolo nelle scienze morali e naturali, delle quali, per più di cinque mesi, fu visto prendere giornalmente dal V. lunghe lezioni.
Così venti anni, dei 29 dal dotto gesuita fiammingo passati continuamente in Cina, spese egli non negli ordinarî ministeri del missionario, ma nell'intenso lavoro di comporre e divulgare nell'idioma del paese copiosi trattati di astronomia, di cosmografia, di meccanica, di balistica, per insegnare l'uso dei cannoni; di filosofia morale, di apologetica e ascetica, con i quali sulle orme dei confratelli suoi predecessori continuò a fare sempre meglio conoscere ai Cinesi la cultura cristiana occidentale. Un così nobile e fecondo lavoro, ammirato dagl'indigeni, encomiato dal pontefice Innocenzo XI, non sfuggì alla contraddizione da parte di un visitatore del suo ordine, uomo integro sì, ma di corte vedute, non sostenuto né approvato dai generali della Compagnia in Roma.
Bibl.: Per la biografia del V. cfr. L. Pfister, Notices biographiques et bibliographiques sur les Jésuites de l'ancienne Mission de Chine, Shanghai 1932, I, n. 124, pp. 338-62. Per le opere del V. in latino e in cinese, oltre il cit. Pfister, pp. 352-359 e il Sommervogel, Bibl. de la Comp. de Jésus, VIII, coll. 574-85, si veda H. Bosmans, Les écrits chinois de Verbiest, in Revue des Questions scientifiques, luglio 1913; P. Pelliot, Le véritable auteur des "Elementa linguae Tartaricae", in Toung Pao, Leida 1922, pp. 367-386. Il Pelliot dimostra essere stato il V., e non il p. Gerbillon, l'autore della prima grammatica manciuriana composta da Europei.