GONZAGA, Ferdinando Tiburzio
Nacque il 14 apr. 1611, probabilmente nel feudo paterno di Vescovato, nel Cremonese, secondogenito di Giordano e della seconda moglie di questo, la cremonese Camilla di Nicolò Ponzoni, dopo che da un precedente matrimonio del padre con Caterina Manna erano già nate tre femmine, Chiara, Virginia e Lisabetta.
La famiglia del G. discendeva da Giovanni, figlio di Federico I marchese di Mantova, dal quale ebbe origine il ramo dei Gonzaga signori di Vescovato, l'unico a essere sopravvissuto fino ai nostri giorni. Malgrado questo feudo fosse alquanto periferico rispetto a Mantova, pure i suoi signori dovettero godere di una posizione di prestigio all'interno della corte del duca di Mantova. Il padre del G., infatti, nel 1608 fu tra i primi a essere creato cavaliere nell'Ordine del Redentore, fondato proprio in quell'anno dal duca Vincenzo I, onorificenza che fu poi conferita anche al fratello del G., Nicola.
Dalle scarse notizie biografiche giunte fino a noi, sappiamo che il G. compì regolari studi giuridici a Bologna, dove conseguì la laurea in utroque iure; ricevuti gli ordini minori il 12 marzo 1635, fu ordinato sacerdote il 28 dic. 1639. Già beneficiario della commenda dell'abbazia di Lucedio in Monferrato, tradizionale appannaggio degli alti prelati Gonzaga, il G. fu proposto sul finire del 1670 dal duca di Mantova Ferdinando Carlo per il vescovato di Mantova, rimasto vacante da oltre un anno per la morte del vescovo Masseo Vitali. Recatosi a Roma nel novembre di quello stesso anno per sostenere personalmente la pratica, il G. fu eletto vescovo di Mantova nel successivo concistoro del 23 febbr. 1671; la consacrazione episcopale gli fu impartita a Roma il 1° marzo direttamente dalle mani del cardinale Benedetto Odescalchi, il futuro pontefice e beato Innocenzo XI, a nome dell'allora papa Clemente X.
Tra i provvedimenti adottati durante il suo esercizio episcopale figurano due editti: con il primo, emanato l'11 apr. 1671, a poco più di un mese dalla propria elezione, il G. intendeva porre ordine nel sistema delle investiture e assegnazioni di terreni, beni e altre proprietà della diocesi, sino allora tacitamente trasmesse di beneficiario in beneficiario senza preventive autorizzazioni dell'autorità ecclesiastica. Tali concessioni ora venivano azzerate totalmente, per essere quindi richieste esplicitamente una a una dagli aventi diritto, così come previsto dall'ordine emanato dal nuovo vescovo.
Il secondo editto, recante la data del 2 marzo 1672, comprendeva propositi di natura più pastorale. Esso tendeva a impedire, condannare e punire quegli stati familiari che contrastavano con i sacri canoni dettati dal concilio di Trento, quali il concubinato e l'adulterio, una prassi di vita evidentemente molto diffusa non solo in città ma nell'intera diocesi. Nello stesso editto il G. esortava i parroci a richiamare tutta la popolazione sulla necessità di accostarsi in occasione della Pasqua, allora prossima, al sacramento della confessione, la cui pratica era evidentemente anch'essa ampiamente disattesa; per sanare la piaga si chiedeva altresì l'elenco di coloro che si fossero sottratti al sacramento, per poi poter procedere nei loro confronti con adeguata severità.
Al G. dobbiamo anche l'ufficio e la messa di s. Giovanni Bono, che sarà poi nominato qualche anno dopo copatrono della Chiesa mantovana, due funzioni che il G. ottenne con bolla pontificia del 5 ott. 1672 e che rappresentarono i due ultimi provvedimenti del suo rigoroso ancorché breve magistero, svoltosi, sembra, con grande esemplarità e carità verso i poveri.
Il G. si spense a Mantova, a un anno e mezzo dalla sua elezione, nella notte fra il 27 e il 28 ott. 1672.
La sua salma fu tumulata nella cattedrale, in una tomba posta all'ingresso del presbiterio, sulla cui lapide fu incisa una breve memoria, la cui iscrizione tuttavia andò definitivamente persa già nel corso del Settecento. Con la morte del G. si chiuse definitivamente la lunga serie dei Gonzaga vescovi di Mantova.
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