STROZZI, Ferdinando
– Nacque a Roma il 2 ottobre 1652 da Ludovico (1623-1705), duca di Bagnoli e marchese di Forano, e da Maria Eleonora de Mayorca.
Il padre (che dopo la morte della seconda moglie, Anna Maria Albertini, si fece prete), lo avviò alla carriera ecclesiastica, insieme con il fratello minore Leone. Ferdinando (che nel 1672 risultava già protonotario apostolico e due anni dopo referendario di Segnatura) compì gli studi a Pisa, dove si addottorò in utroque iure il 9 maggio 1674. Dal 1676 fu vicelegato di Bologna. In tale veste nel 1677 (anno nel quale dovette affrontare e gestire alcuni tumulti scoppiati in città a causa della scarsità delle derrate alimentari) gli venne dedicato il dramma musicale L’Arsinoe (rappresentato nel teatro Formagliari), mentre nel 1678 gli fu indirizzata La giustizia trionfante, opera scenica di Vincenzo Bonini.
Lasciata Bologna, dal 1680 fu governatore di Fano. Nel centro marchigiano (da dove fu trasferito nel 1682, per poi ritornare nel 1684) si prodigò nella realizzazione di molte opere pubbliche ed «ebbe grandi riconoscimenti dalla città e fu ascritto honoris causa alla nobiltà locale» (Fano nel Seicento, 1989, p. 321). Nel 1689, tornato a Roma, divenne prefetto della Congregazione dell’Immacolata Concezione e di Sant’Ivo. Il 10 aprile 1690, appena presi gli ordini sacri maggiori, venne nominato arcivescovo di Tarso e il 4 giugno fu consacrato dal segretario di Stato, cardinale Fabrizio Spada. A distanza di pochi giorni Strozzi (che intanto era stato nominato anche collettore della Camera Apostolica, prelato domestico e assistente al soglio pontificio), ricevuto l’incarico di nunzio apostolico presso la corte di Savoia (mansione che in precedenza era stata ricoperta dallo stesso cardinale Spada), lasciò l’Urbe alla volta di Torino.
Qui, giunto il 29 giugno 1690, prese residenza nel palazzo dei conti Broglia, potendo contare sul servizio di un cancelliere, di un segretario, di un procuratore fiscale patrimoniale e di un maestro di casa (un chierico – quest’ultimo – che nel 1694 sarebbe stato assassinato).
L’entrata pubblica del nuovo nunzio (che venne ricevuto privatamente dal duca Vittorio Amedeo II il 16 luglio) fu più volte rimandata a causa delle vicende militari nelle quali era impegnato il sovrano sabaudo. Il Piemonte si trovava infatti coinvolto nella guerra dei Nove anni: all’iniziale alleanza con Luigi XIV, Vittorio Amedeo II aveva successivamente preferito quella con la Lega d’Augusta (formata da Spagna, Impero, Inghilterra e Olanda), scatenando così la dura reazione borbonica. Arrivato a Torino alla vigilia della battaglia di Staffarda (dove il 18 agosto 1690 l’esercito sabaudo, nonostante il supporto degli spagnoli e degli imperiali, subì una cocente sconfitta a opera dei francesi), Strozzi trovò un clima non particolarmente propizio. A rendere oltremodo problematica la sua solenne accoglienza (che, infatti, avvenne solamente il 22 agosto 1691) era la presenza in città «di eretici in quantità e qualità considerabile», come lo stesso Strozzi ebbe a riferire al cardinale Spada (Piergentili, 2014, p. 142). Schierandosi con le potenze protestanti il duca di Savoia aveva dovuto consentire l’accesso a Torino di numerosi militari di confessione riformata, nonché di diverse famiglie ugonotte (molte delle quali fuggite dalla Francia) che a Torino avevano trovato la protezione del plenipotenziario britannico, comandante in capo delle truppe anglo-olandesi in Piemonte. I vincoli diplomatici contratti con il re d’Inghilterra Guglielmo III d’Orange avevano imposto a Vittorio Amedeo di modificare nettamente anche la politica sabauda – fino a quel momento repressiva – nei confronti della minoranza valdese. La quale, dopo il ‘glorioso rimpatrio’ nelle Valli pinerolesi (1689), era divenuta per i Savoia una pedina importante sia nel contrasto militare alla Francia sia negli equilibri con gli alleati di confessione riformata.
La delicatezza della situazione venne colta dal nuovo nunzio, il quale dovette attendere il dicembre del 1691 per ottenere la prima udienza pubblica a corte. Nel frattempo al vertice della Chiesa, dopo il breve pontificato di Alessandro VIII (papa al quale Strozzi doveva la sua nomina alla nunziatura di Torino), era succeduto Innocenzo XII (Antonio Pignatelli), per il quale era prioritario porre fine a una guerra che vedeva schierati i sovrani cattolici su fronti opposti e che venne informato dal nunzio del pragmatico atteggiamento tenuto dal governo sabaudo nei confronti dei protestanti. Se già sul finire del 1692 un breve papale aveva manifestato il disappunto del pontefice per il permesso di stabilirsi a Torino accordato a quaranta famiglie ugonotte, la decisione ducale maturata nella primavera del 1694 di ristabilire il diritto dei valdesi, già revocato nel 1686, a professare il loro culto all’interno del ‘ghetto alpino’ (le valli di Pinerolo), innescò forti tensioni fra le due corti. Nell’agosto del 1694 il S. Uffizio intervenne infatti per invalidare il decreto di ‘ristabilimento’, emanato da Vittorio Amedeo II qualche mese prima. Il governo sabaudo respinse energicamente l’intervento della congregazione romana, giudicandolo un «atto forzoso» dietro il quale si intravedevano anche le indebite manovre della Compagnia di San Paolo, un pio sodalizio torinese che si era rivolto direttamente alla Sede apostolica per denunciare l’indifferenza delle autorità politiche verso la «troppo familiarità de’ cattolici colli eretici» (cit. in Cozzo, 2013, p. 321).
La dura polemica che ne derivò coinvolse i vertici diplomatici: se l’ambasciatore piemontese a Roma, Marcello De Gubernatis, essendo anche fratello dell’inquisitore di Torino, Clemente De Gubernatis, venne accusato di non aver saputo prevenire il caso, al nunzio Strozzi (per mezzo del quale il papa aveva fatto giungere alla Compagnia di San Paolo un cospicuo aiuto economico) venne attribuita la complicità nella redazione della denuncia inviata a Roma. L’obiettivo del nunzio, che, secondo la corte torinese, godeva della protezione spagnola, sarebbe stato quello di destabilizzare il governo sabaudo, sempre più propenso ad abbandonare la lega antiborbonica per riavvicinarsi a Luigi XIV. Fu forse a causa dei crescenti sospetti di Strozzi sulla fedeltà dei Savoia alla lega (peraltro fondati: nel luglio del 1696 Vittorio Amedeo avrebbe effettivamente cambiato campo, alleandosi con la Francia) che dalla corte sabauda presero ad arrivare richieste di sostituzione del nunzio, di cui si iniziò a intercettare la corrispondenza dove – si notava a Torino – «si parla molto impropriamente di questa corte» (Archivio di Stato di Torino, O. Moreno, Istoria delle relazioni..., p. 907). In un frangente in cui il giurisdizionalismo sabaudo cominciava a produrre crescente insofferenza anche verso le prerogative dei nunzi apostolici, ad alimentare l’avversione verso Strozzi (che, appena giunto a Torino, aveva redatto e inviato a Roma una dettagliata relazione «di tutti li vescovati et abbatie del Piemonte con ciò che vi è di reddito»: Archivio di Stato di Torino, Memorie e discorsi intorno alla nunziatura di Torino, f. 6) contribuirono sia la sua attività giudiziaria sul clero ducale sia l’autorità esercitata sul feudo pontificio di Tigliole (in veste di governatore) e sul principato di Masserano (in veste di uditore). Le ripetute pressioni del governo sabaudo su Innocenzo XII per indurlo a trasferire Strozzi risultarono comunque inutili poiché il papa, consapevole delle reazioni spagnole che tale scelta avrebbe provocato, non era disposto ad «accettare nuove brighe, mentre già n’avea d’assai» (Archivio di Stato di Torino, O. Moreno, Istoria delle relazioni..., p. 782).
Negli anni della sua nunziatura Strozzi soffrì di violenti attacchi di gotta. Ciò non gli impedì di presenziare a solenni funzioni, come quella celebrata il 1° giugno 1694 in occasione della traslazione della Sindone nella nuova cappella realizzata da Guarino Guarini nell’intersezione fra il duomo di Torino e il palazzo reale.
Strozzi (al quale, pochi mesi prima della morte, venne dedicata da Pietro Francesco Bergamaschi una storia dell’ordine equestre pontificio dello Speron d’oro) morì a Torino il 12 maggio 1695. Secondo le sue volontà, venne sepolto nella chiesa di S. Pelagia, sede delle monache agostiniane della città.
Fonti e Bibl.: Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Savoia, bb. 109-116; Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie Ecclesiastiche per Categorie, cat. 1, mz. 40-41 (O. Moreno, Istoria delle relazioni della Real Casa di Savoia colla corte di Roma sino all’anno 1742, pp. 702, 907); cat. 18, mz. 1, f. 11 (Memorie, e notizie sovra la facoltà di Monsignore Ferdinando Strozzi Nunzio Apostolico appresso S.A.R. Vittorio Amedeo II d’eleggersi la sepoltura in luogo esente, ed in specie in Chiesa di monache, 1695); cat. 18, mz. 1 non inv. (Memorie e discorsi intorno alla nunziatura di Torino, Relatione nell’anno 1690 di mons. noncio Strozzi con descrittione di tutti li vescovati et abbatie del Piemonte con ciò che vi è di reddito); Materie politiche per Rapporto all’Interno, Lettere particolari, S, mz. 88.
M. Battaglini, Annali del sacerdozio e dell’imperio, IV, Venezia 1711, p. 457; G.C. Alessi, Compendio istorico del pio Istituto, Congregazione e ven. Confraternita sotto l’invocazione dell’Immacolata Concezione e di Sant’Ivo, Roma 1829, pp. 7, 204; P. Litta, Famiglie celebri italiane, Strozzi di Firenze, Milano 1839, tav. XXII; L. Cibrario, Storia di Torino, II, Torino 1846, p. 632; L. Karttunen, Les nonciatures apostoliques permanentes de 1650 à 1800, Roma 1912, pp. 263 s.; Hierarchia Catholica, V, Padova 1962, p. 369; L. Ferrante, “Tumulto di più persone per causa del calo del pane...”. Saccheggi e repressione a Bologna (1671, 1677), in Rivista storica italiana, XC (1978), pp. 770-809 (in partic. p. 778); Fano nel Seicento, a cura di A. Deli, Fano 1989, pp. 77-79, 320 s.; Sigilli ecclesiastici dalle collezioni Strozzi, a cura di B. Tomasello, Firenze 1989, p. 70; Legati e governatori dello Stato Pontificio (1550-1809), a cura di C. Weber, Roma 1994, pp. 157, 237; J. Beldon Scott, For the Shroud. Relic and ritual in Turin, Chicago-London 2003, p. 105; Die Päpstlichen Referendare, 1566-1809: Chronologie und Prosopographie, a cura di C. Weber, III, Stuttgart 2004, pp. 927-929; P. Cozzo, Fra corte sabauda e curia romana: funzione politica e dimensione religiosa della Compagnia di San Paolo tra Sei e Settecento, in La Compagnia di San Paolo 1563-2013, a cura di W. Barberis - A. Cantaluppi, I, 1563-1852, Torino 2013, pp. 313-346 (in partic. p. 324); P.P. Piergentili, «Christi nomine invocato». La Cancelleria della Nunziatura di Savoia e il suo archivio (secc. XVI-XVIII), Città del Vaticano 2014, pp. 83, 142 s., 160, 162, 173, 176 s., 179, 190, 226, 393-416, 419, 425, 432, 579-588, 617-624, 627, 630-633, 709-711, 828-836, 871 s.; G. Armando, Santa Sede e Savoia: un secolare rapporto a partire dalle carte vaticane, in Casa Savoia e Curia romana dal Cinquecento al Risorgimento, a cura di J-F. Chauvard - A. Merlotti - M.A. Visceglia, Roma 2015, pp. 177-194 (in partic. p. 193).