RODOLFI, Ferdinando
– Nacque a San Zenone al Po (Pavia), il 7 agosto 1866 da Pietro, agente dei conti de Herra, e da Ester Guazzoni (Zilio, 1959, p. 10).
Nel 1879 entrò nel seminario di Pavia e nel 1889 fu ordinato sacerdote. Formatosi alla scuola del vescovo di Pavia, Agostino Riboldi, e di Pietro Maffi, ecclesiastici cultori delle scienze fisiche e naturali, si dedicò agli studi scientifici iscrivendosi dal 1889 al 1992 alla facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università di Pavia come uditore di corsi singoli, conseguendo il diploma per l’insegnamento della matematica, della fisica e delle scienze naturali. Insegnò nel seminario pavese, dove condivise con Maffi la direzione dell’osservatorio astronomico. Collaborò con la Rivista di fisica, matematica e scienze naturali e con la Rivista di apologia cristiana: un impegno volto a tutelare la fede e a dare una risposta colta all’incalzare dello scientismo positivista ateizzante. Fu socio corrispondente della Società cattolica italiana degli studi scientifici e membro effettivo della Società meteorologica italiana. Nel 1902 conseguì la laurea in filosofia all’Istituto pontificio di Sant’Apollinare di Roma e nel 1905 si laureò in sacra teologia presso lo Studio teologico di Parma. A Pavia fu assistente degli universitari del circolo Severino Boezio, coadiutore in alcune chiese, canonico teologo della cattedrale, membro del consiglio di amministrazione del civico ospedale S. Matteo.
Nel 1911 gli giunse inaspettata da papa Pio X la nomina a vescovo di Vicenza, una diocesi di circa mezzo milione di abitanti, dove erano ancora vivi gli echi delle polemiche antimoderniste. Fu accolto con entusiasmo dal clero democratico e riformista, ma fu osteggiato dal clero e dai cattolici intransigenti e conservatori, forti di appoggi nella Curia romana, che furono messi a tacere solo dopo l’elezione al soglio pontificio di Benedetto XV.
Indisse nel 1912 la sua prima visita pastorale, inviando ai parroci un questionario molto innovativo, enormemente ampliato nel numero di domande (456 quesiti in luogo dei 40-50 usati dai suoi predecessori), che allargava l’inchiesta dal religioso al sociale con domande sull’emigrazione, la stampa, l’industria: fenomeni che incidevano sullo sviluppo della società, modificando il rapporto dei fedeli con la parrocchia. L’inchiesta si distingueva dai questionari veneti coevi anche per un’impronta marcatamente statistica, che rispecchiava la formazione scientifico-matematica del vescovo.
Nel 1914, alla morte di Geremia Bonomelli, Rodolfi divenne presidente dell’Opera di assistenza per gli emigrati italiani in Europa, carica che mantenne fino al 1920. Durante la Grande Guerra costituì uffici di segreteria per le ricerche di prigionieri e dispersi, creò un’opera provinciale per l’assistenza alle vedove e agli orfani, organizzò case di accoglienza per gli operai militarizzati. Nel 1916 mobilitò tutto il clero disponibile per soccorrere e organizzare le migliaia di profughi fatti sgombrare dagli altipiani in seguito alla Strafexpedition. Dopo Caporetto, quando a Vicenza fu concreto il rischio di un’invasione da parte delle truppe tedesche, si appellò duramente al Consiglio dei ministri perché la popolazione non fosse lasciata senza viveri, poiché – affermava – «non v’è lecito né di mandarci al macello, né di affamarci» (Reato, 2003, p. 519). Nel 1919 ricevette dal governo italiano la commenda dei Ss. Maurizio e Lazzaro per l’opera svolta durante la guerra.
Nel primo dopoguerra, in sede di Conferenza episcopale veneta, sostenne la necessità che la Chiesa si esponesse per ottenere una maggiore giustizia attraverso le opere sociali, favorendo la piccola proprietà, il cooperativismo, le organizzazioni professionali degli operai e il credito rurale. Nelle parrocchie vicentine il PPI (Partito Popolare Italiano) – sostenuto dal clero in una logica confessionale, non in linea con la proposta sturziana – ottenne ampi consensi nel 1919, collocandosi come primo partito alle politiche del 1921 (Furegon - Castaman, 1988, pp. 96 e 143).
Il fascismo, al suo primo apparire, «non dispiacque al Rodolfi», come narra il suo primo biografo (Arena, 1953, p. 40). Ma egli si rese ben presto conto della sua natura totalitaria e violenta e condannò pubblicamente i suoi misfatti: nel 1924 fulminò la scomunica sui fascisti che fecero violenza su due giovani preti, a Sandrigo, dove il PPI aveva ottenuto molti voti. Protestò in seno alla Conferenza episcopale veneta per le violenze sui cattolici del 1926, dopo il fallito attentato a Mussolini. E nel 1931, dopo che fu assalita a Vicenza la sede dell’Azione cattolica, Rodolfi denunciò i metodi violenti e illegali instaurati dal regime con una famosa lettera inviata alle autorità locali e a Mussolini: una requisitoria durissima, che suscitò la sdegnata protesta di Mussolini il quale la respinse «nel contenuto e nella forma» e «non meno nettamente nelle sue velate ma non troppo generalizzazioni» con le quali aveva voluto «umiliare il fascismo» (Tradizione e innovazione, 1996, p. 94). Trascritta e diffusa nella diocesi e in altri ambienti cattolici, la lettera di Rodolfi suscitò gli entusiasmi degli esuli antifascisti, fu pubblicata dall’Avanti! il 14 novembre 1931 e fu stampata in volantino da Giustizia e Libertà. Negli anni Trenta la condotta di Rodolfi nei confronti del fascismo non aveva «più dato luogo a rilievi» (Lazzaretto Zanolo, 1993, p. 51), come scrisse il prefetto di Vicenza alla sua morte, ma la sua opera, unita a quella del suo clero e dei laici impegnati, continuava a essere percepita come antagonista alle mire egemoniche del regime. «Vicenza non potrà mai essere veramente fascista – avvertiva un’anonima relazione fiduciaria del 14 novembre 1932 – per la troppa influenza del clero, che domina sovrano» (p. 51).
Per tutti i trentadue anni di episcopato Rodolfi si impegnò a fondo per l’istruzione religiosa dei fanciulli e degli adulti, innovando metodi, testi e strutture, nell’intento di formare cristiani consapevoli, capaci di comprendere i riti cui partecipavano. Indisse due sinodi (nel 1920 e nel 1926) e due nuove visite pastorali, nel 1921 e nel 1933; l’ultima visita fu dedicata agli archivi, all’Azione cattolica e al clero. Promosse il canto sacro, cui teneva moltissimo ritenendolo parte integrante della liturgia, e con intuizione anticipatrice consigliò di far apprendere al popolo qualche canto anche in italiano. Istituì una commissione diocesana per l’arte sacra, per sorvegliare la costruzione delle numerose nuove chiese che sorsero nella diocesi. Soprattutto sostenne l’Azione cattolica, che alla fine del suo episcopato contava oltre 80.000 iscritti, il 13,8% della popolazione, uno dei migliori risultati tra le diocesi venete (Lazzaretto, 2010, p. 14). Nel 1942, poco prima di morire, affidò il seminario a monsignor Giuseppe Arena, l’animatore del movimento cattolico vicentino. La sua ultima lettera pastorale, scritta per la quaresima del 1942 e intitolata Iddio creatore, fu dedicata alla confutazione del materialismo, che ispirava l’utopia marxista, e dell’idealismo, che con Giovanni Gentile aveva dato una robusta base ideologica al fascismo e che aveva innalzato «come supremi valori lo stato o la razza, per i quali l’individuo diventa servo e schiavo» (Tradizione e innovazione, 1996, p. 339).
Morì a Vicenza il 12 gennaio 1943.
Fonti e Bibl.: Le carte Rodolfi negli anni dell’episcopato vicentino sono conservate presso l’Archivio storico diocesano di Vicenza, Fondo Rodolfi, parzialmente ordinate. Le sue lettere pastorali si trovano in Bollettino ecclesiastico, dal 1920 Bollettino della Diocesi di Vicenza. Ufficiale per gli Atti vescovili. Una bibliografia degli scritti di Rodolfi, curata da E. Reato, è in Tradizione e innovazione nella pastoralità di F. R. vescovo di Vicenza 1911-1943. Atti del Convegno di studio..., 1993, a cura di T. Motterle, Vicenza 1996, pp. 409-417; in appendice ai saggi del volume, che approfondiscono sotto numerosi aspetti la figura e l’opera di Rodolfi, un’antologia di scritti rodolfiani, tra cui la lettera a Mussolini del 1931 alle pp. 377-382.
Su Rodolfi e sulla sua opera nella diocesi di Vicenza si vedano G. Arena, L’anima di un vescovo, Vicenza 1953; G. Mantese, Memorie storiche della Chiesa vicentina, V, Dal Risorgimento ai nostri giorni, Vicenza 1954, pp. 478-611; G.B. Zilio, Un condottiero d’anime. Mons. F. R. vescovo di Vicenza, Vicenza 1959; S. Accame, Una lettera del 1931. Importanza scientifica e politica del documento, in Studium, LXVIII (1972), 5, pp. 382-390; G. De Rosa, La società e la parrocchia vicentina all’epoca del vescovo F. R. (1911-1943), in Ricerche di storia sociale e religiosa, II (1973), 3, pp. 5-40; E. Reato - A. Marchiori, Clero, Azione cattolica e fascismo a Vicenza (1922-1939), in Chiesa, Azione cattolica e fascismo nell’Italia settentrionale durante il pontificato di Pio XI (1922-1939). Atti del quinto Convegno di Storia della Chiesa, Torreglia... 1977, a cura di P. Pecorari, Milano 1979, pp. 795-820; E. Franzina, «Bandiera rossa ritornerà, nel cristianesimo la libertà». Storia di Vicenza popolare sotto il fascismo (1922-1942), Verona 1987, pp. 79-112; N. Furegon - G. Castaman, I cattolici vicentini e il Partito popolare (1919-1925), Vicenza 1988; I vescovi veneti e la Santa Sede nella guerra 1915-1918, a cura di A. Scottà, presentazione di G. De Rosa, II, Roma 1991, pp. 87-177; A. Lazzaretto Zanolo, Vescovo clero parrocchia. F. R. e la diocesi di Vicenza 1911-1943, Vicenza 1993; E. Reato, Il vescovo F. R. nella guerra 1915-1918, in Tempi, uomini ed eventi di storia veneta. Studi in onore di Federico Seneca, a cura di S. Perini, Rovigo 2003, pp. 509-522; A. Lazzaretto, Il governo della Chiesa veneta tra le due guerre. Atti e documenti delle conferenze episcopali venete e trivenete (1918-1943), Padova 2005; Ead., Bianco fiore e camicia nera. L’Azione cattolica vicentina negli anni del fascismo, Padova 2010, pp. 14, 25-82; Ead., Soccorrere, guidare, difendere. Vescovo, clero e popolo a Vicenza durante la prima guerra mondiale, in Chiese e popoli delle Venezie nella Grande Guerra, Atti dei convegni di studio, Trento... 2016 e Vicenza-Asiago... 2016, a cura di F. Bianchi - G. Vecchio, Roma 2016, pp. 291-317.