QUARTIERI, Ferdinando
QUARTIERI, Ferdinando. – Nacque a Bagnone, in provincia di Massa Carrara, il 6 gennaio 1865, da Nicolò e da Teresa D’Achiardi.
Il capostipite della famiglia, Lorenzo (1765-1834), era stato precettore del granduca Leopoldo II di Toscana e titolare della cattedra di diritto civile presso l’Università degli studi di Pisa. Il padre Nicolò (1837-1904) era stato eletto deputato nel 1872, aveva ricoperto la carica di presidente della Provincia di Massa Carrara dal 1873 al 1892 ed era stato nominato senatore del Regno nel 1901.
Ferdinando, terminati gli studi di ingegneria chimica presso la Regia Scuola di applicazione per gli ingegneri di Torino, sposò nel 1888 la contessa Maria Noceti da cui ebbe tre figli: Lorenzo (1890-1916), Giovanni (1892-1890) e Teresa.
Il 31 dicembre 1891 costituì insieme a due soci, Alberto Bonzani e Guido Bocconi, la Società italiana prodotti esplodenti (SIPE) per l’esercizio di alcuni piccoli polverifici nella zona delle Alpi Apuane.
La moderna industria degli esplosivi si era sviluppata in Europa e negli Stati Uniti fin dalla metà dell’Ottocento, ma in Italia era rimasta ancora allo stato embrionale. Pesava in particolare la mancanza sul territorio nazionale di quelle grandi cokerie che all’estero assicuravano la fabbricazione dei derivati (per distillazione frazionata) del catrame, come il toluolo, il fenolo, la naftalina, ossia i principali intermedi per la produzione dei moderni esplosivi.
Il principale consumatore italiano di prodotti esplodenti rimase a lungo l’industria marmifera, il cui forte sviluppo nell’ultimo decennio dell’Ottocento permise alla SIPE una lenta, ma costante espansione produttiva, culminata nel 1901 con l’acquisizione e l’ammodernamento di altri quattro polverifici a Spilamberto (Modena), Orbetello (Grosseto), Gallicano e Forte dei Marmi (Lucca).
Nel 1903, morti i due soci, Quartieri assunse le cariche di amministratore delegato e presidente della società. Nel 1906 la SIPE portò a termine l’acquisizione del Dinamitificio Barbieri di Cengio, in provincia di Savona, e lo riconvertì alla produzione del trinitrotoluolo, o tritolo, il nuovo esplosivo da scoppio che stava rapidamente imponendosi nel campo delle applicazioni belliche. Ben conscio del ritardo tecnico-scientifico dell’industria italiana, Quartieri si adoperò per rafforzare le strutture di ricerca dell’azienda attraverso la collaborazione con Ettore Molinari, il più stimato chimico industriale italiano dell’epoca e autore di studi innovativi sugli esplosivi, che a partire dal 1915 divenne direttore del laboratorio di ricerche chimiche della SIPE. Il genuino interesse di Quartieri per la ricerca scientifica venne testimoniato anche dall’impegno profuso nella costituzione dell’Associazione italiana di chimica generale e applicata nel 1919, la prima associazione scientifica su scala nazionale degli industriali e dei ricercatori italiani, e del Consiglio nazionale di chimica nel 1920, organismo destinato a rappresentare i chimici italiani a livello internazionale.
Durante la prima guerra mondiale la SIPE si ingrandì non soltanto dimensionalmente, arrivando a occupare 6000 operai e 87 chimici (di cui 50 laureati), ma compì anche un salto qualitativo nelle sue produzioni.
Lo stabilimento di Cengio alla fine della guerra arrivò a comprendere dieci impianti di acido solforico concentrato, tre impianti di acido nitrico, una fabbrica di fenolo, una di tritolo, una di acido picrico, una di balistite e una di nitro cotone. Inoltre, per rifornire Cengio di benzolo e toluolo, derivati del catrame e intermedi fondamentali per le produzioni chimiche organiche, era stato costruito a Vado Ligure (Savona) uno stabilimento per la distillazione del catrame proveniente dalla vicina cokeria e dalle officine del gas delle principali città d’Italia.
Nel dopoguerra, messo di fronte al problema della riconversione postbellica, Quartieri scelse in maniera decisa di orientarsi verso la produzione di coloranti sintetici, collegata tecnologicamente a quella degli esplosivi dall’utilizzo comune dei derivati del catrame come principali intermedi.
L’industria dei coloranti rappresentava un settore industriale tecnologicamente ‘maturo’ a livello internazionale, nel quale le grandi imprese tedesche – in particolare la BASF, la Bayer, la Hoechst – e svizzere avevano soppiantato, negli ultimi decenni dell’Ottocento, le imprese inglesi e francesi che per prime avevano avviato la produzione di coloranti sintetici. Nell’anteguerra si era arrivati a importare in Italia fino a 6000 tonnellate annue di colori, mentre la trascurabile produzione nazionale era stata a lungo limitata ai colori più facili da fabbricare e che non richiedevano macchinari complessi. Solo con lo scoppio della guerra e la conseguente cessazione delle importazioni dalla Germania era stato possibile creare un nucleo di imprese italiane: la Società chimica lombarda A.E. Bianchi - C. a Rho (1913), la Società italica colori artificiali (1917), fondata da Piero Saronio sempre a Rho, la Società coloranti Bonelli a Cesano Maderno (1917), l’Anonima industria nazionale colori d’anilina (INCA) a Milano (1916).
Grazie alla riconversione del patrimonio impiantistico e tecnico accumulato a Cengio, la SIPE divenne nel dopoguerra la principale impresa italiana. L’organizzazione di un’industria italiana dei coloranti si rivelò tuttavia più complicata del previsto. Il mercato nazionale restò asfittico, aumentando solo marginalmente rispetto al periodo prebellico, mentre si dimostrarono particolarmente seri i problemi tecnico-organizzativi. L’espansione della capacità produttiva di Cengio si rivelò ben presto eccessiva rispetto alle potenzialità di assorbimento del mercato, con un aumento dei costi fissi che – per non alienare la già non troppo numerosa clientela – non poteva però gravare sui prezzi. Con la ripresa della concorrenza estera all’inizio degli anni Venti, la SIPE e il resto dell’industria italiana dei coloranti entrarono immediatamente in crisi. Nonostante i massicci licenziamenti effettuati nel 1921, l’anno successivo il bilancio della SIPE si chiuse con perdite pari a oltre la metà del capitale sociale. L’inevitabile ristrutturazione che seguì segnò la fine delle ambizioni di trasformare l’azienda in una grande impresa chimica diversificata. Gli stabilimenti di Forte dei Marmi e di Cengio vennero ceduti, quest’ultimo all’Italgas di Rinaldo Panzarasa, mentre fu venduta alla SNIA Viscosa di Riccardo Gualino la quota azionaria detenuta nella Rumianca, azienda produttrice di soda caustica e cloro che era stata costituita nel 1915 a Genova in compartecipazione fra la SIPE e la Società italiana di elettrochimica.
L’uscita dal settore dei coloranti non segnò tuttavia un ripiegamento dell’esperienza imprenditoriale di Quartieri, che anzi si arricchì nella prima metà degli anni Venti di due nuove iniziative, entrambe scaturite dalla riconversione dello stabilimento di Ferrania (Savona), avviato durante la guerra per soddisfare le commesse di esplosivi dell’esercito russo. La prima fu la Fabbrica italiana lamine Milano (FILM) per la produzione di pellicole cinematografiche, radiografiche e fotografiche, una compartecipazione paritaria fra la SIPE e la Pathé Frères, la maggiore impresa francese di materiale sensibile. La FILM riuscirà ad avviare la produzione vera e propria solo tra la fine del 1923 e l’inizio del 1924, in un momento di gravissima difficoltà per le produzioni cinematografiche italiane e in un mercato saldamente dominato dal duopolio rappresentato dall’americana Kodak e dalla tedesca Agfa. Nel 1925 prima la SIPE e poi la Pathé dovettero cedere le proprie quote azionarie al Credito italiano. La seconda esperienza nata a Ferrania venne invece rappresentata dalla Società italiana bachelite (SIB), costituita nel 1922.
Uno dei primi materiali plastici a conoscere una grande fortuna commerciale, la bachelite era un materiale resinoso, frutto della reazione fra fenolo e formaldeide, che immessa in stampo sotto forma di polvere, dava – dopo la cottura – oggetti di buona resistenza e sagomati a piacere. La SIB successivamente estese le proprie produzioni alla resine per vernici assumendo, dopo il trasferimento degli impianti di produzione a Sesto San Giovanni (Milano) nel 1928, la nuova denominazione di Società italiana resine (SIR).
Nel corso degli anni Venti Quartieri cedette progressivamente la gestione dell’azienda al figlio Giovanni, riservando la maggior parte delle proprie energie all’impegno pubblico. Già presidente del Consiglio provinciale di Massa Carrara dal 1905, carica ricoperta fino al 1928, venne nominato senatore nel giugno del 1921 in vista del suo inserimento con compiti di primo piano nelle rappresentanze diplomatiche italiane del primo dopoguerra. Nell’ottobre del 1919 aveva già partecipato come membro della delegazione degli industriali italiani guidata da Alberto Pirelli alla prima conferenza del Bureau International du Travail a Washington, mentre l’anno successivo era stato nominato rappresentate italiano alla Conferenza internazionale finanziaria della Lega delle Nazioni. Nel 1921 gli venne conferito l’incarico di presidente della commissione italiana per la delimitazione dei confini del Regno d’Italia e del Regno serbo-croato-sloveno verso lo Stato di Fiume, e fu inoltre nominato fra i delegati italiani alla Conferenza tecnica, prevista dal Trattato di Rapallo per la regolazione dei rapporti economici e finanziari fra l’Italia e la Iugoslavia. In quest’ultima veste Quartieri si trovò a gestire la delicata situazione diplomatica creatasi in seguito alla conclusione dell’impresa di Fiume ed ebbe un ruolo fondamentale nel favorire la normalizzazione dei rapporti fra l’Italia e il governo iugoslavo.
Dai documenti conservati presso l’archivio storico del Ministero degli Esteri emerge il ruolo da lui giocato, in accordo con il segretario generale del ministero, Salvatore Contarini, nel ridurre al minimo le interferenze ‘nazionalistiche’ del nuovo regime fascista nelle trattative. Il Trattato di Roma del 27 gennaio 1924 sancì definitivamente la suddivisione del territorio fiumano: alla Iugoslavia veniva riconosciuta la sovranità sul delta del fiume Eneo, compreso il borgo di Porto Baross, e sull’estremo territorio settentrionale del distretto fiumano; all’Italia la sovranità sul centro storico di Fiume e sulla striscia di territorio che garantiva la continuità territoriale della città con la madrepatria. In riconoscimento dei suoi meriti gli fu conferito il Gran cordone dell’Ordine della Corona d’Italia nel febbraio 1924.
Notevole fu anche l’impegno filantropico profuso da Quartieri nella ristrutturazione urbanistica del piccolo comune natio di Bagnone, arricchito nel corso degli anni Venti con un asilo infantile dedicato alla memoria del figlio Lorenzo, caduto sull’Isonzo nella prima guerra mondiale, una scuola di avviamento professionale, un teatro e un acquedotto.
Morì a Milano il 31 marzo 1936.
Fonti e Bibl.: I pochi documenti personali, quasi esclusivamente corrispondenza, sono conservati presso l’archivio privato della famiglia Quartieri a Bagnone (Massa-Carrara), notificato dalla Soprintendenza archivistica per la Toscana. Sulla storia della famiglia Quartieri si veda Famiglie illustri bagnonesi: Quartieri, a cura di C.B. Brunelli, Alba 2000. Sui primi decenni dell’industria degli esplosivi si veda la monografia di Ettore Molinari e dello stesso Ferdinando Quartieri, Notizie sugli esplodenti in Italia, Milano 1913. Sullo sviluppo della SIPE fino alla prima guerra mondiale: A. Coppadoro, Stabilimenti della Società Italiana Prodotti Esplodenti, in Giornale di chimica industriale e applicata, 1920, n. 7, pp. 370-374. Sui lavori della commissione per l’applicazione del Trattato di Rapallo si vedano i fondi conservati presso l’Archivio storico-diplomatico del ministero degli Affari esteri e il lavoro di C. Sforza, L’Italia dal 1914 al 1944 quale io la vidi, Roma 1945.