PORTA, Ferdinando
PORTA, Ferdinando. – Nacque a Milano l’11 giugno 1687, figlio di Andrea, presso cui svolse l’apprendistato pittorico. Secondo Marcello Oretti, fu tra gli allievi «stranieri» di Carlo Cignani a Bologna. I primi anni della sua attività sono scarsamente documentati. Il nome di Ferdinando Porta ricorre tra i registri della milanese Accademia di S. Luca a partire dal 31 gennaio 1716 e sino al 1748; nel 1719 venne eletto assistente all’insegnamento della pittura.
Solo a partire dal quarto decennio del Settecento si conoscono sue opere pubbliche, il cui elenco è desunto dallo spoglio delle guide settecentesche: Serviliano Latuada (1737-38) tramanda la presenza di affreschi di Porta, ora perduti, nel palazzo Casati Dugnani (1731) e nelle chiese di S. Liberata (1733) e di S. Margherita (1734), entrambe a Milano, dove inaugurò la sua collaborazione con il quadraturista Antonio Longone, figlio di Giovan Battista, a suo tempo attivo al fianco di Andrea Porta. Prima del 1737 si devono datare l’Assunzione nella chiesa di S. Maria del Paradiso e la pala dell’Adorazione dei Magi nella sagrestia di S. Eufemia a Milano. Latuada cita inoltre un Transito di s. Giuseppe nella chiesa di S. Maria della Salute, la cui autografia non è sicura. Al 1738, data riportata da un’iscrizione, risale una delle sue commissioni più prestigiose, la decorazione dell’anticappella di S. Vittore nella basilica di S. Ambrogio a Milano, cui sarebbe seguita quella della cappella di S. Giovanni Battista nel Duomo di Monza del 1746; in entrambe le occasioni le incorniciature prospettiche e architettoniche spettano ad Antonio Longone. Anteriore al 1739 è la commissione della tela con L’imperatore Giustino liberato dai demoni per le Storie della Croce e del Sacro Chiodo nella cattedrale di Milano, reputata da Edoardo Arslan «il capolavoro indiscusso del ciclo» (1960, p. 77). Altre opere sono state rintracciate a palazzo Litta a Milano (Mazzotta, 2012-13, pp. 83, 188-191).
Al 1741 risale l’esecuzione della pala raffigurante il Beato Alessandro Sauli nel santuario di S. Maria di Canepanova a Pavia, in origine sull’altare a sinistra della cappella maggiore e oggi conservata in sagrestia. Allo stesso periodo risalgono le due medaglie a fresco raffiguranti Mercurio e le arti in palazzo Bellingeri Orlandi e la Giustizia in palazzo Olevano (entro il 1740), entrambi a Pavia, mentre gli si deve sottrarre la medaglia nello scalone del pavese palazzo dei Crociferi, attribuitagli dal Rossana Bossaglia, oggi riconosciuta su base documentaria ad Alessandro Valdani. Più o meno contemporaneamente, probabilmente dopo il 1738, eseguì la medaglia raffigurante le Nozze di Amore e Psiche nella villa Carones Brentano di Corbetta, presso Milano. Al 1753 risale la commissione della pala del Battesimo di Cristo nella cappella di S. Giovanni Battista nel Duomo di Vigevano, di patronato civico; la pala risulta consegnata nel maggio 1754 e di essa si conserva anche un bel bozzetto nella Pinacoteca civica di Vigevano.
Ultima opera nota di Ferdinando è la Gloria dei ss. Bartolomeo e Nicola di Bari nella chiesa di S. Bartolomeo a Domaso, nel Comasco, databile intorno al 1758.
Maggiormente incerta risulta invece la cronologia delle opere su cavalletto a oggi riconosciute in collezioni pubbliche e private (Madonna del latte, Bergamo, Accademia Carrara; Putti, Gallarate, collezione Calcaterra; Donna con bambino, Milano, Museo Poldi Pezzoli; un soggetto mitologico e un S. Francesco orante già a Como, in collezione Giovio Rezzonico della Torre, dispersi).
La sua produzione grafica è circoscritta a sei fogli, a matita, sanguigna e carboncino, conservati alla Biblioteca ambrosiana di Milano, tra cui lo schizzo dell’incisione del Ritratto del poeta Domenico Balestrieri, a cui Porta fornì le illustrazioni, incise da Gaetano Bianchi, destinate alle Rimm milanes edite nel 1744.
Morì a Milano il 29 dicembre 1763.
Le sue esequie vennero ricordate dal cronista milanese Giambattista Borrani che lo celebrò quale seguace di Correggio e Cignani.
La fedeltà ai modelli del classicismo cinquecentesco, e in particolare a Correggio, è l’elemento unificante dell’opera di Porta, che vi volle innestare l’eredità della tradizione figurativa lombarda, da Giulio Cesare Procaccini al Legnanino. La sua attività si svolse in stretto confronto con i grandi maestri della pittura settecentesca come Giovan Battista Tiepolo, il quale aveva dipinto nella basilica di S. Ambrogio una Gloria di s. Bernardo nel 1737, un anno prima che Porta intervenisse nella stessa chiesa milanese con un’opera, la Gloria di s. Vittore, caratterizzata da «una tavolozza essenziale, un disegno controllato e una dichiarata adesione a un grande classico del Cinquecento come Correggio» (Morandotti, 2001, p. 430).
Il confronto con Carlo Innocenzo Carloni, attivo insieme a Porta nel cantiere del Duomo di Monza, conferma la peculiarità delle sue scelte stilistiche, che lo distanziano dal generico venetismo di molti maestri del primo Settecento lombardo e che la critica recente ha voluto riconnettere anche alle prime esperienze del neoclassicismo milanese, da Francesco Corneliani ad Andrea Appiani. Fu spesso attivo in équipes, insieme ad altri maestri lombardi; in tutti i casi egli lasciò opere dalla sigla ben riconoscibile: le Nozze di Amore e Psiche nel salone di villa Carones Brentano mostrano la cultura di mediazione che Porta elaborò in risposta alle diverse sollecitazioni cui lo sottoponevano gli esempi dei colleghi, indicando una solida riflessione sui corpi plasticamente modellati di Correggio e sulle composizioni più idilliaco-arcadiche di Cignani.
Arslan (1960) lo reputava maestro di «rara originalità», postulandone tangenze con Giovanni Battista Piazzetta e Giambattista Tiepolo giovane, su cui però prevalevano «stimoli correggeschi» e «richiami al Petrini, con una sensibilità più spiccatamente lombarda» (p. 77).
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio, Mss., B.129, VII: M. Oretti, Notizie de Professori del Dissegno cioè Pittori, Scultori ed Architetti bolognesi e de forestieri di sua scuola, cc. 339-341; S. Latuada, Descrizione di Milano, ornata con molti disegni in rame, Milano 1737-1738, II, p. 32, IV, p. 429, V, p. 204.
U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, Leipzig 1933, p. 278; E. Arslan, Le pitture del Duomo di Milano, Milano 1960, p. 77; R. Bossaglia, Gli affreschi settecenteschi, in Studi e ricerche nel territorio della Provincia di Milano, a cura di M.L. Gatti Perer, Milano 1967, pp. 70-72; V. Caprara, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, pp. 838 s.; S. Colombo, in Settecento lombardo, a cura di R. Bossaglia - V. Terraroli, Milano 1991, pp. 170-173; S. Coppa, in Pittura in Brianza e in Valsassina dall’Alto Medioevo al Neoclassicismo, a cura di M. Gregori, Milano 1993, p. 303; Id., Ricerche e restauri sul Settecento monzese: novità per Andrea e F. P., i fratelli Grandi, Antonio Longone, in Studi monzesi, 1994, n. 9, pp. 3-12; V. Caprara, in Il duomo di Monza. Itinerario barocco, Milano 1995, pp. 163 s.; S.A. Colombo, in Pittura in Alto Lario e in Valtellina dal Medioevo al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano 1995, p. 294; Ead., Andrea Porta (1656-1723): proposte per un catalogo, in Arte Lombarda, 1995, n. 112, p. 54; S. Coppa, in Pittura a Milano dal Seicento al Neoclassicismo, a cura di M. Gregori, Milano 1999, pp. 302-304, 307 s.; A. Morandotti, La pittura, in F. Mazzocca - A. Morandotti - E. Colle, Milano neoclassica, Milano 2001, pp. 419-421; S. Coppa, Gli affreschi settecenteschi di palazzo Casati: una testimonianza significativa delle dinamiche di committenza nella Milano di Carlo VI, fra antica e nuova nobiltà, in Tiepolo e le Storie di Scipione. Il maestro veneziano e i suoi seguaci a palazzo Casati Dugnani a Milano, a cura di M.T. Fiorio - V. Terraroli, Milano 2009, p. 82; G. Angelini, Contributo per F. P.: il Battesimo di Cristo nel duomo di Vigevano e altre segnalazioni pavesi, in Viglevanum, XX (2010), pp. 90-101; A.C. Mazzotta, Una ricostruzione della quadreria di palazzo Litta Visconti Arese a Milano, tesi di dottorato, Università degli studi di Milano, 2012-13.