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NERI, Ferdinando

di Vincenzo Caporale - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)
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NERI, Ferdinando

Vincenzo Caporale

NERI, Ferdinando. – Nacque a Chiusaforte (Udine) il 25 gennaio 1880, da Agostino, ingegnere delle Ferrovie, e da Elisabetta Garneri.

Prima di trasferirsi in Piemonte, luogo d’origine della famiglia, seguì il padre nei frequenti spostamenti lungo la penisola. La sua prima formazione avvenne a Torino: nel 1897 conseguì la maturità classica presso il liceo Gioberti per poi iscriversi alla facoltà di lettere dove fu allievo, tra gli altri, di due maestri della scuola storica, Arturo Graf e Rodolfo Reiner; qui venne in contatto con gran parte dei collaboratori del Giornale storico della letteratura italiana, in cui pubblicò per la prima volta a 22 anni e di cui divenne poi redattore (1918-37) e quindi direttore (1938-52).

Laureatosi il 17 luglio 1901 con una tesi su Federico Asinari conte di Camerano, poeta del secolo XVI (poi in Memorie della R. Acc. delle scienze di Torino, s. 2, 1902, vol. 51, pp. 213-256), proseguì gli studi a Firenze, specializzandosi presso il R. Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento, alla scuola di Pio Rajna e Guido Mazzoni, e avendo anche modo di seguire le lezioni di filosofia del neokantiano Felice Tocco. Diplomatosi nel 1903 con una tesi su La tragedia italiana del Cinquecento (pubbl., Firenze 1904), fece ritorno a Torino e nel luglio 1904 conseguì una seconda laurea in filosofia.

Al crocevia tra due tradizioni, assimilava, assieme all’eredità della scuola storica, elementi importanti del rinascente idealismo (nel 1903 fu tra i primi a recensire, con favore, l’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale di Benedetto Croce): all’abito del filologo, affinato negli anni della formazione, coniugò pertanto una sensibilità spiccata per «i caratteri individuali dell’ispirazione artistica» (De Vendittis, 1962, p. 316). I suoi primi scritti furono di tipo erudito, ma vi affioravano già alcuni dei temi della maturità: la passione, derivata dal magistero di Rajna e Graf, per gli studi sulle leggende, i miti, le fiabe, le tradizioni popolari, colti come momenti universali della fantasia, e quella per il teatro, rivelatasi con la tesi di specializzazione e maturata poi con, tra gli altri, Scenari delle maschere in Arcadia (Città di Castello 1913) e i saggi sull’antico teatro francese raccolti ne Il maggio delle fate (Novara 1929).

Tra il 1904 e il 1910 fu in Francia , dapprima come ancien lecteur d’italien presso la facoltà di lettere dell’Università di Grenoble (che nel maggio del 1934 gli conferì la laurea honoris causa) e quindi per due anni alla Sorbonne di Parigi, dove tenne il primo lettorato di lingua italiana, seguito da Étienne Gilson e Henri Hauvette, maestro di studi franco-italiani. Rientrato in Italia nel 1910, affiancò il lavoro di ricerca all’insegnamento nelle scuole secondarie (a Sivigliano, Siracusa, Alba e quindi all’istituto tecnico G. Sommeiller di Torino, presso il quale insegnò fino al 1923).

Nel 1912 sposò Paola Gariazzo, dalla quale ebbe i figli Nicoletta e Agostino. La sua vita familiare fu tuttavia segnata da gravi lutti: dopo solo dieci anni di matrimonio perse prematuramente la moglie e, nel 1937, il figlio.

Nel 1916 subentrò a Jules Camus come incaricato di letteratura francese nell’Ateneo che l’aveva visto studente. In quello stesso anno fu sottotenente d’artiglieria di stanza presso il comando militare di Chivasso, ma svolse normalmente la propria attività d’insegnamento. Solo nel 1918 fu inviato al fronte, guadagnandosi una croce al merito di guerra. Al suo ritorno riprese l’insegnamento universitario e nel 1923 venne nominato ordinario di lingua e letteratura francese, ruolo che mantenne fino al 1950 (dal 1931 al 1945 fu inoltre preside della facoltà): frequentarono i suoi corsi, tra gli altri, Natalino Sapegno, Cesare Pavese, Leone Ginzburg, Massimo Mila, Franco Antonicelli, Mario Fubini, Mario Bonfantini, Carlo Cordié, Franco Simone, Mario Soldati. All’incarico universitario affiancò, da subito, l’insegnamento presso l’Istituto superiore di magistero del Piemonte; altri incarichi ebbe anche presso l’Università Cattolica e la Bocconi di Milano. Regolarmente iscritto al Partito nazionale fascista (PNF), di cui ricevette la tessera ad honorem, nel corso degli anni Trenta occupò il posto di direttore della sezione torinese dell’Istituto nazionale di cultura fascista, presieduto da Vittorio Cian.

Collaborò inoltre con istituti e riviste di carattere erudito o filologico. Tra il 1925 e il 1928 partecipò con recensioni e saggi di letteratura francese alla Cultura, della quale, alla morte di Cesare De Lollis, assunse per un anno la direzione (1929) assieme all’amico Arrigo Cajumi. Successive furono la collaborazione all’Enciclopedia Italiana, cominciata nel 1929 (con alcune voci sulla letteratura francese) e, nello stesso anno, l’entrata come socio nazionale residente nell’Accademia nazionale delle scienze di Torino, di cui fu vicepresidente (1933-41) e quindi presidente (1941-44). Suoi contributi apparvero anche nel Dizionario letterario Bompiani, per il quale redasse, a partire dal 1947, le voci sulle opere e i personaggi di Balzac.

Il periodo trascorso come lettore in Francia coincise con un allargamento degli interessi verso la letteratura d’Oltralpe e una europeizzazione della sua cultura che sfociarono nell’interesse per gli studi comparati, suscitato fra l’altro dagli insegnamenti di Hauvette e dalla successiva influenza di De Lollis. In questo ambito diede alcuni dei suoi contributi più importanti: Casanova e Stendhal (Roma 1915), Il Leopardi e un ‘mauvais maître’ (ibid. 1915), Sulla fortuna degli “Essais” (ibid. 1916), Il pensiero del Rousseau nelle prime chiose dello ‘Zibaldone’ (Torino 1917), Lucrezio e la poesia di Ronsard (Firenze 1920), la monografia Il Chiabrera e la Pléiade francese (Torino 1920), Il De Sanctis e la critica francese (ibid. 1922).

Non lasciò mai «quello che si dice un libro» (Curto, 1956, p. 216), un’opera organica; anche dalle sue lezioni universitarie trasse saggi minuti e precisi su aspetti particolari, raccolti poi in volumi dai titoli talvolta evocativi: il già ricordato Maggio delle fate, o ancora Fabrilia. Ricerche di storia letteraria (Torino 1930), Storia e poesia (ibid. 1936), Letteratura e leggende (ibid. 1951: una selezione della produzione di Neri curata dagli allievi in occasione dell’addio all’insegnamento). I suoi ‘veri’ libri furono le traduzioni (come quella de ILai di Maria di Francia, ibid. 1946) e le edizioni di testi antichi, come i Sonetti di Folgore da San Gimignano (ibid. 1914), le Poesie di Villon (ibid. 1923), l’Iphigénie di Racine (Firenze 1933), l’Illusione di Corneille (Palermo 1934), i Pensieri di Pascal (Napoli 1935), Les Stances di Jean Moréas (Torino 1944), le Rime e trionfi di Petrarca (Milano-Napoli 1953).

Nel 1952 fu insignito del premio Feltrinelli per la critica dall’Accademia dei Lincei; alla sua memoria il presidente della Repubblica conferì il diploma di benemerito di prima classe della Scuola, della cultura e delle arti.

Al fianco dell’accademico si distinse anche l’elzevirista: nel 1925 iniziò una collaborazione con L’Ambrosiano di Milano e nel 1927, con La Stampa di Torino (ma già dal 1912 alcuni suoi articoli erano apparsi nel Fanfulla della domenica, successivamente, nel Marzocco, La Lettura, L’Illustrazione italiana, Pan e, nel secondo dopoguerra, sull’Opinione). Raccolse parte di questi suoi interventi in Saggi di letteratura italiana francese inglese (Napoli 1936) e in Poesia nel tempo (Torino 1948).

La propensione per il saggio breve, stilisticamente sorvegliato, ricco d’erudizione e a volte, forse, venato di sapore crepuscolare, trovava nell’elzeviro la misura ideale. Neri aveva inoltre la possibilità, svincolato dai limiti delle pubblicazioni specialistiche, di palesare la sua inclinazione per la letteratura romantica e contemporanea europea; riandava spesso al metodo del raffronto fra due autori (Conrad e Giraudoux, Chardonne e Proust, Graf e Calandra, Satta e Amiel), attento in ogni caso a definire «il problema critico» di ogni testo e a «caratterizzarne nitidamente il nucleo lirico genuino», fattori cui si univa «una tendenza al ritratto psicologico di sapore sainte-beuviano» (Sozzi, 1968, p. 53).

Morì a Torino il 1° novembre 1954.

Opere. Per la bibliografia degli scritti, si rimanda a quella curata da Carlo Cordié nel volume Letteratura e leggende (Torino 1951), poi anche in A F. N.: nel primo anniversario della morte (ibid. 1955: con scritti di L. Vincenti, A. Cajumi, G. Macchia, F. Bernardelli, P.P. Trompeo). Parte della sua produzione è stata selezionata e raccolta da Remo Ceserani in F. Neri, Saggi (Milano 1964).

Fonti e Bibl.:Commemorazione di F. N. nel centenario della nascita, in Memorie dell’Accademia delle scienze di Torino, cl. di scienze morali, storiche e filosofiche, s. 5, 1980, vol. 4, f. 4, pp. 271-308 (interventi di S. Romano, A. Guzzo, N. Sapegno, L. Sozzi, M. Mila, C. Cordié). Puntuale, sulla carriera universitaria, M. Barillà, F. N. docente di lingua e letteratura francese, in Quaderni di storia dell’Università di Torino, IX (2008), pp. 217-257; sui rapporti con Cajumi in particolare, E. Savino, F. N. e Arrigo Cajumi, ibid., pp. 273-309; sugli orientamenti filosofici, A. Guzzo, F. N., in Filosofia, VI (1955), 1, pp. 168 s.; per un ritratto a più ampio raggio, M. Fubini, F. N., in Giorn. stor. della letteratura italiana, CXXXI (1954), 396, pp. 457-463 (poi in Id., Foscolo, Leopardi e altre pagine di critica e di gusto, Pisa 1992, pp. 331-336); F. Simone, Ricordo di F. N., in Convivium, n.s., 1954, 6, pp. 757-759; C. Curto, F. N., in Boll. storico-biografico subalpino, LIV (1956), 1, pp. 215-218; L. De Vendittis, F. N., in Belfagor, XVII (1962), 3, pp. 314-326 (poi in Id., Ritratti di critici contemporanei, Alessandria 1998, pp. 111-124); R. Ceserani, Introduzione a F. Neri, Saggi, cit., pp. 9-29 (poi, con titolo L’opera di F. N., in Giorn. stor. della letteratura italiana, CXLI [1964], 436, pp. 477-491); L. Sozzi, F. N., in Studi francesi, XII (1968), 1, pp. 39-57 (poi, leggermente modificato, in Commemorazione di F. N. nel centenario della nascita, cit., pp. 285-295); G. Contini, Due frammenti di critica della critica. I. Per un comparatista, in Id., Esercizi di lettura…, Torino 1974, pp. 188-198; F. N., in Diz. Bompiani degli autori, III, Milano 1987 (M. Bonfantini); Enc. Italiana, XXIV, pp. 595 s.

Vedi anche
Carlo Dionisòtti Dionisòtti ‹-ʃ-› (propr. Dionisòtti-Casalóne), Carlo. - Critico letterario italiano (Torino 1908 - Londra 1998). Italianista tra i più autorevoli, filologo, si è dedicato in prevalenza al Quattrocento e al Cinquecento. Vita. Professore nelle scuole secondarie dal 1932, dal 1937 al 1941 è stato segretario ... Contini, Gianfranco Filologo e critico italiano (Domodossola 1912 - ivi 1990), prof. di filologia romanza nelle univ. di Friburgo (1938-52), di Firenze (dal 1952), alla Scuola Normale Superiore di Pisa (1973-82), presidente della Società Dantesca Italiana (dal 1956), direttore degli Studi danteschi e del centro di filologia ... Montale, Eugenio Poeta italiano (Genova 1896 - Milano 1981). Tra i massimi poeti italiani del Novecento, già dalla prima raccolta (Ossi di seppia, 1925; ed. defin. 1931) fissò i termini di una poetica del negativo in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio. ... Italo Calvino Scrittore (Santiago de Las Vegas, Cuba, 1923 - Siena 1985). Narratore tra i più significativi del Novecento italiano, nella costellazione letteraria disegnata dalle sue numerose opere si ibridano compiutamente vocazioni e temi diversi, dall'impronta neorealistica degli scritti iniziali a quella allegorico-fiabesca ...
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