MICHELI, Ferdinando
MICHELI, Ferdinando. – Nacque il 12 genn. 1872 a Carrara da Giuseppe, medico condotto, e da Aldegonda Pellini. Dopo gli studi secondari superiori si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia di Torino, dove si laureò nel 1895, divenendo subito assistente volontario nella Clinica medica diretta da C. Bozzolo.
Il M. si avviò, così, alla ricerca scientifica, affrontando vari argomenti di fisiopatologia (Influenza della temperatura degli ingesti sulle funzioni gastriche, in Arch. italiano di clinica medica, XXXV [1896], pp. 205-224; Contributo alla conoscenza del pilorospasmo, in La Settimana medica dello sperimentale, I [1896], pp. 289-293; Contributo allo studio del ricambio materiale nell’anchilostomoanemia, ibid., II [1897], pp. 341-345; Sulla febbre da iniezione di siero fisiologico, in La Clinica medica italiana, XXXVII [1898], pp. 657-676; Immunità e potere patogeno, in Per il XXV anno dell’insegnamento chirurgico di F. Durante nell’Università di Roma, Roma 1898, I, pp. 547-568); di tecnica di laboratorio (Sul dosamento del fosforo organico nelle urine, in La Riforma medica, XIII [1897], pp. 176-179) o di terapia (Sulle iniezioni endovenose di ferro a scopo curativo, in Giornale della R. Accademia di medicina di Torino, s. 3, XLV [1897], pp. 414-417, in collab. con L. Fornaca; Sulle iniezioni ipodermiche di olio d’oliva a scopo nutritivo, in Lavori del Congresso di medicina interna. VIII Congresso, Roma 1898, pp. 429-432, in collab. con L. Fornaca; Ricerche cliniche sulle iniezioni endovenose di citrato di ferro ammoniacale, in Gazzetta medica di Torino, I [1899], pp. 861-869, 901-908, 921-926, in collab. con L. Fornaca).
Nel biennio 1899-1900 fu a Vienna, dapprima presso la clinica medica diretta da E. von Neusser, poi nell’istituto di anatomia patologica di A. Weichselbaum. Rientrato a Torino, assunse il ruolo di assistente effettivo della clinica medica e successivamente quello di aiuto. Nel 1904 acquisì la libera docenza in patologia speciale medica.
Tra il 1900 e il 1912 iniziò e sviluppò importanti ricerche sulle emopatie (Anemia grave e pseudoleucemia plasma cellulare, in Arch. per le scienze mediche, XXVII [1903], pp. 349-368; I leucociti del sangue in condizioni normali e patologiche, in Folia ematologica, III [1906], pp. 405-428; Della leucogenesi nella leucocitosi protratta, in Il Morgagni, XLIX [1907], pp. 409-421; L’anemia perniciosa progressiva: reazioni ematopoietiche e sanguigne, in Lavori del congresso di medicina interna. XXI Congresso
…, Roma 1912, pp. 103-181) in cui sostenne che l’essenza della anemia perniciosa era nelle alterazioni degli organi emopoietici da interpretarsi come primitive e non secondarie alla distruzione globulare.
In quegli anni il M. affrontò uno dei problemi più ardui della clinica del tempo: l’inquadramento delle splenomegalie e del morbo di Banti (Note ematologiche sulla malattia di Banti, in Rivista di clinica medica, IV [1903], pp. 65-71, 81-86, 97-102; Sul morbo di Banti, in Arch. per le scienze mediche, XXXIII [1909], pp. 352-377, 461-495, 514; Le splenomegalie primitive, Torino 1910, in collab. con C. Bozzolo). Con i suoi lavori dimostrò che tra le due forme descritte da G. Banti, l’anemia splenica degli adulti da una parte e la splenomegalia primitiva con cirrosi epatica dall’altra, corrono rapporti tanto stretti da non potersi disgiungere l’una dall’altra e che la prima non è che una fase della seconda. Approfondendo successivamente l’argomento, il M. differenziò il morbo di Banti, propriamente detto, da altre splenomegalie, come quelle luetiche e quelle tromboflebitiche. Rivolse, poi, i suoi interessi scientifici all’ittero cronico emolitico splenomegalico, che preferì qualificare come costituzionale. Propose come terapia la splenectomia, che fece eseguire su un paziente dal chirurgo V. Oliva e che divenne, da allora, il trattamento di elezione nelle forme più gravi di questa malattia (Effetti immediati della splenectomia in un caso di ittero emolitico splectomegalico e acquisito tipo Hayem-Widal [ittero splenoemolitico], in Clinica medica italiana, I [1911], pp. 453-468).
In quel decennio, il M. sviluppò, pure, interessanti ricerche sierologiche sulla reazione di Wassermann (Lo stato attuale della sierodiagnosi della sifilide, in Pathologica, I [1908], pp. 107-113, 125-130, 185-194, 208-217, in collab. con L. Borelli; Osservazioni e ricerche sulla sierodiagnosi della sifilide, in Rivista di clinica medica, IX [1908], pp. 289-297, 305- 312, in collab. con L. Borelli; Sulla sierodiagnosi della sifilide [reazione di Wassermann], in Giornale della R. Accademia medica di Torino, s. 4, XIV (1908), pp. 16-19, in collab. con L. Borelli; Sul meccanismo della reazione di Wassermann, in Arch. per le scienze mediche, XXXVII [1913], pp. 97-131) o su quella meiostagminica, proposta in quegli anni da V. Ascoli e applicata alla diagnosi dei tumori maligni. In una serie di contributi, il M. nega la sua specificità biologica e la interpreta come dovuta alla formazione nell’organismo di speciali prodotti di reazione in seguito al riassorbimento di speciali lipoidi o complessi di lipoidi (Nuove osservazioni e ricerche sulla reazione meiostagminica, in Biochimica e terapia sperimentale, II [1910], pp. 339-363, in collab. con F. Cattoretti; Sierodiagnosi dei tumori maligni colla reazione meiostagminica praticata con antigeni non specifici, in Pathologica, II [1909-10], pp. 385-387, in collab. con F. Cattoretti; Reazione meiostagminica e narcosi, in Giornale della R. Accademia medica di Torino, s. 4, XVII [1911], pp. 169-172, in collab. con F. Cattoretti; Teoria e pratica della reazione meiostagminica, in Biochimica e terapia sperimentale, III [1911-12], pp. 464-468).
Ulteriore campo di indagine fu quello relativo allo studio della tubercolosi e dell’immunità acquisita (Ipersensibilità locale provocata dalla tubercolina, in Giornale della R. Accademia medica di Torino, s. 4, XIII [1907], pp. 491-501, in collab. con G. Quarelli; Sul valore diagnostico di una nucleina tubercolare, in Rassegna di terapia, VI [1907], pp. 230-237, in collab. con G. Quarelli; Oftalmo-reazione e ipersensibilità, in Il Tommasi, III [1908], pp. 366-371).
Di quel periodo sono pure da ricordare i saggi su costanti biochimiche normali e patologiche (La concentrazione molecolare del sangue e delle orine nelle malattie cardiache e renali, in Rivista critica di clinica medica, II [1901], pp. 693-696, 709-713, 729-732, 741-747, 757-762, in collab. con A. Ceconi; Intorno alla questione delle nefrolisine, in Il Morgagni, XLVI [1904], pp. 209-231, in collab. con A. Ceconi; Sul potere litico e antiemolitico del siero di sangue umano, in Raccolta di scritti medici per il giubileo didattico di Camillo Bozzolo, Torino 1904, pp. 751-783; Della ricerca degli aminoacidi nelle orine e in altri liquidi organici in alcune condizioni patologiche, in Arch. per le scienze mediche, XXXI [1907], pp. 53-79; Del comportarsi di alcuni aminoacidi somministrati per bocca in alcuni casi di cirrosi del fegato, ibid., pp. 214-241, in collab. con L. Borelli). Infine compì alcune sperimentazioni terapeutiche con il nuovo preparato 606 inventato da P. Ehrlich (Primi tentativi di terapia della sifilide col diossi-diamido-arsenobenzolo-606-: l’influenza del preparato di Ehrlich-Hata sulla reazione Wassermann, in Biochimica e terapia sperimentale, II [1910], pp. 193-214).
Ternato nel concorso per la cattedra di patologia speciale medica dell’Università di Catania nel 1909, l’opera didattica e scientifica del M. fu ampiamente riconosciuta in un successivo concorso, svoltosi nel 1912, per la cattedra di clinica medica dell’Università di Sassari. Nello stesso anno fu chiamato a ricoprire la cattedra e a dirigere l’istituto di patologia speciale medica dell’Università di Siena, dove rimase sino al 1917, quando fu chiamato a ricoprire il medesimo insegnamento nell’Università di Firenze, dove rimase sino al 1920.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, con il grado di tenente colonnello medico, fu chiamato a prestare la sua opera nell’ospedale militare di Torino.
Lo stato di guerra non lo indusse ad abbandonare la ricerca scientifica: infatti studiò la possibilità di una contemporanea vaccinazione antitifica e anticolerica per via endovenosa, dimostrandone la grande utilità (Saggi di vaccinazione mista antitifica e anticolerica per via endovenosa, in Il Pensiero medico, V [1915], pp. 521-523, in collab. con G. Quarelli), compì ricerche sulla batterioterapia ed etero-batterioterapia nelle infezioni tifoidi (Batterioterapia ed eterobatterioterapia delle infezioni tifoidi, in Rivista critica di clinica medica, XIX [1918], pp. 46-55, 61-66, 73-76, in collab. con G. Quarelli), dimostrando la perfetta equivalenza del trattamento specifico e aspecifico; sull’ittero castrense (Osservazioni e ricerche sull’ittero epidemico castrense, in Giornale della R. Accademia di medicina di Torino, s. 4, XXIII [1917], pp. 32-40); sull’encefalite epidemica (Evoluzione ed esiti dell’encefalite epidemica, in Minerva medica, I [1921], pp. 20-27); sull’influenza (Sull’influenza: eziologia, patogenesi e cura, in Annali di medicina navale, XXV [1919], pp. 1034-1040; Sul problema eziologico dell’odierna pandemia dell’influenza, in Il Policlinico, sez. pratica, XXVI [1919], pp. 225-230, 257-261; Sull’influenza: etiologia e patogenesi, ibid., sez. medica, XXVII [1920], pp. 45-74), nelle quali rifiuta al bacillo di Pfeiffer il significato di agente eziologico primitivo e dimostra la trasmissibilità della malattia per mezzo di filtrati di sangue ed escreati. In quegli anni, il M. trovò il tempo di portare a termine anche altre due ricerche di grande interesse per quei tempi: la prima su cinque casi di emoglobinuria parossistica «a frigore» da lui esaminati, in cui sostenne l’eziologia luetica e l’assoluta specificità della prova di Donath-Landsteiner, affermando per la prima volta che l’attacco emoglobinurico doveva considerarsi come un accesso autoanafilattico, concetto che sarà successivamente confermato (Osservazioni e ricerche sulla emoglobinuria parossistica a frigore, in Clinica medica italiana, LIV [1915], pp. 256-272, 543-594). Il secondo lavoro di grande significato clinico e biologico portato avanti negli anni di guerra è quello sul significato della proteinuria di Bence-Jones, che il M. ritenne essere un sintomo rivelatore di gravi e diffuse alterazioni del midollo osseo e specialmente dei mielomi multipli (Sul significato clinico e biologico della proteinuria di Bence-Jones, in Haematologica, II [1921], pp. 1-46).
Nel 1920, alla morte del suo maestro C. Bozzolo, la facoltà medica di Torino lo chiamò a succedergli. Qui diresse la clinica medica per 17 anni in un rinnovato fervore di studi e di ricerche.
Il M. riprese, infatti, alcuni temi già affrontati in passato come quelli relativi alle splenomegalie, curando in modo particolare l’aspetto terapeutico di esse e giungendo alla conclusione che la splenectomia fosse da eseguirsi nelle splenomegalie presenti nell’ittero emolitico costituzionale, nel morbo di Werlhof-Glanzmann, nei casi veri di morbo di Banti; mentre restava un intervento con indicazioni limitate nel morbo di Gaucher, nella splenomegalia tubercolare isolata, in certe splenomegalie luetiche, nelle cirrosi ipertrofiche splenomegaliche e nelle splenomegalie pseudoleucemiche dei bambini. In tutte le altre forme, anemia perniciosa compresa, il M. ritenne questo tipo di intervento assolutamente controindicato (Indicazione di operabilità nelle varie forme di splenomegalia, in La Riforma medica, XL [1924], pp. 1084-1086). Un secondo grande tema, che riprese e rielaborò, fu quello delle splenomegalie emolitiche (Splenomegalie emolitiche, in Il Morgagni, LXXI [1929], pp. 2573-2599; Ricerche sulla forma itterica dell’ittero emolitico, in Minerva medica, XXIII [1932], pp. 33-43). Il M. avanzò la proposta di una suddivisione delle splenomegalie emolitiche in primitive e sintomatiche, inquadrando tra le prime e sotto la denominazione di splenomegalia emolitica con ovalocitosi e poichilocitosi un complesso di sintomi già descritto da F. Rietti ed E. Greppi. Per cui, oggi, questa splenomegalia va sotto il nome di malattia di Rietti-Greppi-Micheli.
Successivamente riprese anche gli studi di E. Marchiafava sull’emoglobinuria parossistica notturna e ne approfondì gli aspetti eziopatogenetici, ragion per cui oggi questo disturbo viene denominato malattia di Marchiafava-Micheli (Anemia [splenomegalia] emolitica con emoglobinuria-emosiderinuria tipo Marchiafava, in Haematologica, XII [1931], pp. 101-123).
Ai primi anni della direzione della clinica medica torinese risalgono, invece, le osservazioni sull’endocardite lenta (L’endocardite lenta, in Minerva medica, III [1923], pp. 619-627, 689-699); mentre negli stessi anni l’attenzione del M. si concentrò nuovamente su uno degli argomenti di studio da lui più amati, quello dell’immunità tubercolare (Sull’immunità tubercolare acquisita, ibid., pp. 9-15), affrontando, poi, globalmente tutti gli aspetti di questa malattia con un trattato su di essa. Non vi fu, negli anni torinesi, argomento clinico che il M. non abbia affrontato: si ricordano, fra gli altri, gli studi sul morbo di Still (Il morbo di Still, in Arch. per le scienze mediche, LI [1927], pp. 1-40, in collab. con C. Gamna); quello sulle anemie achiliche (Achilia e anemie, in Minerva medica, XXV [1934], pp. 778-780) e quello sulla diagnosi degli itteri (La diagnosi degli itteri, in Rassegna internazionale di clinica e terapia, XVI [1935], pp. 1147-1156).
Fu direttore di varie riviste scientifiche – tra le quali la Gazzetta medica italiana, l’Archivio per le scienze mediche e Minerva medica – e del Centro ospedaliero di studio diagnostico dei tumori di Torino.
Medico della R. Casa di Savoia, fu membro del Consiglio superiore di sanità e di molte società scientifiche e accademie, fra cui quella delle Scienze e di Medicina di Torino. Insignito delle più alte onorificenze, fra le quali l’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro e della Corona d’Italia, fu nominato senatore il 9 dic. 1933.
Il M. morì a Torino il 13 maggio 1937.
Fonti e Bibl.: P. Bastai, F. M., in Il Policlinico, sez. pratica, XLIV (1937), pp. 1217-1219; C. Frugoni, Commemorazione di F. M., ibid., pp. 2192-2202; C. Gamna, F. M., in Minerva medica, XXVIII (1937), 2, pp. 381-389; P. Pietra, Commemorazione del prof. sen. F. M., in L’Ospedale maggiore di Novara, XIV (1937), pp. 381-393.
S. Arieti