MARESCALCHI, Ferdinando.
– Nacque a Bologna il 26 febbr. 1754 dal conte Vincenzo Antonio Maria, senatore di Bologna, e dalla nobile Margarita Paracciani. I dubbi su data e luogo di nascita sono risolti dalla fede di battesimo conservata nell’Archivio di Stato di Milano (Araldica, p. m., b. 132).
Studiò nel collegio S. Carlo di Modena. Non risultano studi universitari dai documenti dell’Archivio privato Marescalchi e da quelli delle università di Bologna e Modena; U. Da Como lo dice però laureato in legge (III, 2, p. 76). Nel 1779 sposò la nobile Maria Ginevra dei conti Pepoli (morta nel 1800), dalla quale ebbe tre figli: Carlo (1782-1868), Elisabetta e Marina. Il 14 apr. 1780 entrò a far parte del Senato di Bologna occupando il seggio cedutogli dal padre, già molto anziano (nato nel 1701, morì nel 1793). Fu gonfaloniere di Giustizia per la prima volta nel sesto bimestre del 1781, poi nel quarto del 1787, nel secondo del 1789, nel secondo del 1791 e nel secondo del 1794.
Gli uffici pubblici non gli impedirono di svolgere un’intensa attività culturale, come membro dell’Accademia dei Gelati di Bologna e di quella di Scienze, lettere e arti di Modena, collezionista d’arte e poeta (tra le sue opere la tragedia Antonio e Cleopatra, pubblicata a Bassano nel 1788; in seguito suoi sonetti appariranno in Per un programma provenzale con cui si propone premio a chi presenterà il più bell’elogio di Petrarca, Parma 1811, e Per la cometa apparsa nel corrente anno, Parma 1811; fu anche coautore dei testi di azioni sceniche in musica rappresentate a Modena). Intrattenne rapporti di amicizia e corrispondenza con alcuni dei letterati alla moda, tra i quali V. Monti.
Verso la fine dell’antico regime era tra i patrizi bolognesi che mal sopportavano la dominazione pontificia e guardavano con interesse alle nuove idee e agli avvenimenti di Francia. Dopo che il generale Napoleone Bonaparte ebbe preso Bologna (20 giugno 1796), il M. si distinse tra i principali collaboratori dei Francesi, non soltanto nel vecchio Senato che, trasformato in organo di governo provvisorio, continuò a funzionare fino al 1° giugno 1797. Organizzatasi la guardia civica provvisoria di Bologna, vi entrò come capitano comandante la 7ª compagnia del V battaglione e tale grado mantenne nella guardia nazionale fino al 28 marzo 1798, quando si dimise perché chiamato ad altri incarichi. Il 30 sett. 1796 pubblicò a Bologna un Catechismo al popolo bolognese. Partecipò al primo congresso cispadano (Modena, 16-18 ott. 1796) nella deputazione di Bologna; eletto deputato al II congresso, il 5 dic. 1796, non accettò il mandato essendo ancora tiepido verso la costituzione di una vasta entità statale in cui l’autonomia della sua Bologna avrebbe potuto essere sacrificata, come già nello Stato della Chiesa. Nata la Repubblica Cispadana, si candidò ai più alti uffici; ma i comizi decurionali del Dipartimento del Reno (9 apr. 1797), in maggioranza avversi ai repubblicani ferventi come lui, ne delusero le speranze di elezione al Corpo legislativo, assegnandogli soltanto un seggio di membro dell’amministrazione centrale del Dipartimento. Tale mandato il M. esercitò fino al 23 nov. 1797, tenendo anche, il 5 novembre, quale vicepresidente dell’amministrazione centrale, l’orazione ufficiale per la consegna della bandiera tricolore agli ussari di requisizione, arruolati tra i giovani delle più cospicue famiglie bolognesi (Discorso… in occasione della consegna dello stendardo, Bologna 1797).
Intanto la Repubblica Cispadana era stata annessa alla Cisalpina e Bonaparte aveva ottenuto il riconoscimento di questa da parte dell’Austria, sacrificandole Venezia. Di fronte ai nuovi avvenimenti il M., ancora legato a pregiudiziali municipaliste all’epoca dei congressi cispadani, si convertì al patriottismo nazionale e pose la propria candidatura a un ruolo chiave nella diplomazia della Repubblica Cisalpina, quello di ministro a Vienna. Grazie ai buoni uffici del suo amico G.B. Costabili Containi, membro del Direttorio esecutivo, ottenne l’ambita nomina il 4 febbr. 1798, con rango di inviato straordinario, e prima di partire per Vienna ricevette credenziali di ambasciatore (7 apr. 1798). Raggiunta la sede il 17 maggio (dopo essersi recato a Rastadt per conferire con F. Melzi d’Eril, rappresentante della Cisalpina al congresso di pace), non fu ricevuto dall’imperatore Francesco II, dichiarando il governo austriaco di non voler accettare un ministro della Repubblica con rango di ambasciatore. Il M. sollecitò allora il proprio declassamento a ministro plenipotenziario, che gli fu concesso il 28 luglio; ma non fu poi ricevuto neppure con tale rango, a dimostrazione della mancanza di volontà dell’Austria di intrattenere effettive relazioni diplomatiche con la Cisalpina. Egli rimase comunque a Vienna fino al marzo 1799, quando si trasferì a Milano per assumere la carica di membro del Direttorio esecutivo della Repubblica, alla quale il Corpo legislativo lo aveva eletto il 25 dic. 1798.
Fu ricevuto nel Direttorio il 20 marzo 1799. Il 27 aprile, ritirandosi le truppe franco-cisalpine dalla Lombardia, dovette lasciare Milano insieme con i colleghi. Il Direttorio cisalpino continuò a funzionare in esilio a Chambéry fino al 17 giugno 1800, quando Bonaparte, riconquistata Milano e vinti gli Austriaci a Marengo, ricostituì la Repubblica dotandola di nuove istituzioni. Il 24 giugno 1800 il M. fu nominato membro della Consulta straordinaria legislativa della Cisalpina, e tale rimase formalmente fino al 26 genn. 1802, ma non esercitò il mandato, essendo stato incaricato di rappresentare la nuova Repubblica a Parigi, prima come deputato, il 16 luglio 1800, poi come ministro plenipotenziario, il 3 dicembre successivo. Dal marzo 1801 insieme con Melzi, poi anche A. Aldini e G.G. Serbelloni, collaborò con Bonaparte, primo console, nella preparazione della nuova carta costituzionale della Cisalpina, poi sottoposta ai deputati delle istituzioni e del popolo riuniti a Lione nella Consulta straordinaria della Repubblica.
Il M., deputato di diritto a tale Consulta in qualità di membro della Consulta straordinaria legislativa, vi svolse un ruolo determinante. Fece parte dell’ufficio di deliberazione che regolò lo svolgimento dei lavori a partire dal 31 dic. 1801; presiedette, in sostituzione di Ch.-M. Talleyrand, la prima seduta plenaria (20 genn. 1802), la Commissione dei trenta delegata a presentare candidature agli organi costituzionali (22-24 gennaio), la seconda seduta plenaria (25 gennaio) e la terza (26 gennaio), con cui la Consulta esaurì il proprio compito; il 26 gennaio firmò, con Bonaparte e Melzi, la carta costituzionale di quella che fu allora ribattezzata Repubblica Italiana. Tutta la sua opera nei Comizi di Lione fu volta a soddisfare i desideri del primo console, con la rapida approvazione della carta costituzionale e, soprattutto, con l’elezione dello stesso Bonaparte a presidente della Repubblica, come contropartita alla nomina di un governo interamente composto di italiani di sicuro patriottismo, presieduto a Milano dal vicepresidente Melzi. Il M. fu ricompensato con le nomine a membro della Consulta di Stato della Repubblica Italiana (26 gennaio) e a ministro delle Relazioni estere (27 gennaio).
Risiedendo sempre a Parigi, dove conduceva a proprie spese vita fastosa e mondana, resse il ministero delle Relazioni estere per tutta la durata della Repubblica Italiana e del Regno d’Italia, che le subentrò nel 1805. Dal 1802 al 1805 fu soprattutto l’intermediario tra Napoleone e Melzi, e la sua opera fu particolarmente preziosa in due momenti cruciali: quello dell’affare Ceroni (1803), che rischiò di compromettere l’equilibrio raggiunto a Lione, e quello della trasformazione della Repubblica in Regno, inevitabile con l’ascesa di Napoleone al trono imperiale in Francia. Dopo lunghe trattative sottoscrisse il concordato tra la Repubblica Italiana e la S. Sede (16 sett. 1803). La sua opera come capo della diplomazia italiana fu però assai limitata, essendo la Repubblica Italiana e poi il Regno rappresentati da propri agenti diplomatici soltanto negli altri Stati della penisola, in Svizzera e in Olanda, mentre per le relazioni diplomatiche con le grandi potenze si avvalsero dei ministri francesi.
Il 16 febbr. 1806 Napoleone lo nominò cancelliere dell’Ordine della Corona di ferro, carica che ricoprì per tutta la durata del Regno. Nell’Ordine il M. fu gran dignitario fin dalla nomina; comandante della Legion d’onore dal 17 luglio 1804, fu nominato conte del Regno (di diritto, in quanto ministro) il 12 apr. 1809. Il figlio Carlo, impiegato al ministero delle Relazioni estere, poi ciambellano di Napoleone, fu nominato barone del Regno con decreto reale il 7 febbr. 1810.
Dopo la prima abdicazione di Napoleone, nel maggio 1814 il M. sostenne la deputazione lombarda giunta a Parigi per difendere la causa dell’indipendenza del Regno, facendola ricevere dai rappresentanti delle potenze alleate. Ma, non illudendosi per il futuro e ritenendo di poter ancora giovare ai suoi connazionali, accettò la carica di commissario plenipotenziario per i Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, che l’imperatore d’Austria Francesco I gli affidò il 1° giugno 1814, subito dopo la firma del trattato di Parigi. Nel maggio 1815 andò a Vienna per ricevere la nomina a ministro plenipotenziario d’Austria a Modena. Il 15 agosto cominciò a svolgere tale missione diplomatica, l’ultima della sua carriera.
Il M. morì a Modena il 22 giugno 1816.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Ministero degli Affari esteri, I divisione, Marescalchi, II divisione, Testi; Casalecchio di Reno, Arch. privato Marescalchi (proprietà Visconti di Modrone); Correspondance de Napoléon Ier publiée par ordre de l’empereur Napoléon IIIe, VII-XXVII, Paris 1861-69, ad ind.; F. Melzi d’Eril, Memorie-documenti e lettere inedite di Napoleone I e Beauharnais, a cura di G. Melzi d’Eril, I-II, Milano 1865, passim; Assemblee della Repubblica Cisalpina, VI, VIII-IX, Bologna 1927-40, ad ind.; I Comizi nazionali in Lione per la costituzione della Repubblica Italiana, a cura di U. Da Como, I-III, Bologna 1934-40, ad ind.; I carteggi di Francesco Melzi d’Eril duca di Lodi. La vicepresidenza della Repubblica Italiana, a cura di C. Zaghi, I-VII, Milano 1958-64, passim; Il Regno d’Italia, a cura di C. Zaghi, ibid. 1965, ad ind.; Il congresso di Rastadt, a cura di C. Zaghi, ibid. 1966, ad ind.; F. Coraccini [G. Valeriani], Storia dell’amministrazione del Regno d’Italia durante il dominio francese, Lugano 1823, p. CIII; A. Zanolini, Antonio Aldini ed i suoi tempi, I-II, Firenze 1864-67, passim; G. Guidicini, Diario bolognese dall’anno 1796 al 1818, I-IV, Bologna 1886-88, passim; A. Comandini, L’Italia nei cento anni del secolo XIX (1801-1900) giorno per giorno illustrata, I, Milano 1900-01, passim; J.-L. Koechlin, Les Ordres de la Couronne de fer et de la Couronne d’Italie (1805-1905), Paris 1907, passim; G. Ungarelli, Il generale Bonaparte in Bologna, Bologna 1911, passim; T. Casini, Ritratti e studi moderni, Milano 1914, p. 418; A. Pingaud, Les hommes d’État de la République italienne, Paris 1914, pp. 39 ss.; L. Rava, F. M., in Aemilia, I (1929), 3, pp. 9-17; T. Muzzi, F. M. durante la Repubblica Italiana, in La Lombardia nel Risorgimento italiano, XVI (1931), pp. 99-151; Id., Vita di F. M., patrizio bolognese, Milano 1932; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell’Unità d’Italia, I, Milano 1933, pp. 291 s., 385, 720; E. Rota, Le origini del Risorgimento (1700-1800), II, Milano 1938, p. 1120; F. Lemmi, L’Età napoleonica, Milano 1938, ad ind.; M. Roberti, Milano capitale napoleonica, I-II, Milano 1946-47, ad ind.; Storia di Milano, XIII, Milano 1959, pp. 57, 106, 126, 128, 130-132, 134, 137, 139, 142, 146, 148, 154-157, 160, 163 s., 177 s., 181-184, 193 s., 196 s., 205 s., 209, 243, 327, 356, 371 s.; C. Zaghi, Potere, Chiesa e società. Studi e ricerche sull’Italia giacobina e napoleonica, Napoli 1984, ad ind.; Id., L’Italia di Napoleone dalla Cisalpina al Regno, Torino 1986, ad ind.; E. Pigni, F. M. Il ministro dimenticato di Napoleone, in Annali di storia moderna e contemporanea, I (1995), pp. 237-248; Id., L’autobiografia politica di F. M. nelle lettere a G.B. Costabili Containi, in Atti e memorie della Deputazione provinciale ferrarese di storia patria, s. 4, XII (1996), pp. 289-319; Id., L’Ordine della Corona di ferro, 1805-2005, Tradate 2005, pp. IX s., 1 s., 5, 11, 23, 65, 103, 105; A. Révérend, Armorial du premier Empire, III, Paris 1896, p. 184; Enc. storico-nobiliare italiana, IV, p. 376.