FERDINANDO II d'Aragona, re di Napoli, detto Ferrandino
Primogenito di Alfonso duca di Calabria (poi re Alfonso II) e d'Ippolita Maria Sforza, nato in Napoli il 26 giugno 1467, morto ivi il 5 ottobre 1496. Ebbe precettori Gabriele Attilio e Aulo Giano Parrasio; amico e consigliere, nella prospera e nell'avversa fortuna, il Cariteo, che poi fu il suo segretario. Principe di Capua appena nato, e duca di Calabria alla morte del nonno Ferdinando, che lo amò teneramente, fece le prime armi e iniziò le sue esperienze politiche durante la repressione della congiura dei baroni. Poi, disceso in Italia Carlo VIII, fu mandato a fronteggiarlo nelle Romagne. Ma la sconfitta inflitta allo zio Federico dai Francesi, la discordia dei capitani aragonesi e alcuni abili movimenti del nemico lo costrinsero alla ritirata; fallì la sua speranza d'indurre il papa a resistere; e, poiché il nemico sempre più si avvicinava e ormai non si poteva contare che sulle forze napoletane, il 23 gennaio 1495 il padre Alfonso II, che si sapeva odiato dal paese, gli cedette la corona. Ma fu vano tentativo. Tuttavia quel che allora fece F. per opporsi al nemico ha dell'eroico, mentre l'esercito da lui riunito in San Germano si sbandava, e Capua e Gaeta si arrendevano, e finanche Napoli, che pure lo aveva accolto con entusiasmo, gli si ribellava. Fu costretto a riparare a Ischia, e poi a Messina; ma riprese subito le armi per riconquistare il trono perduto, trattando con il baronaggio napoletano e con le potenze italiane per averne aiuto, e ponendosi alla testa del suo esercito in Calabria, ove altre schiere gli aveva condotte don Gonsalo Fernández de Córdoba. Sconfitto a Seminara il 28 giugno 1495 e qui mancò poco che non cadesse prigioniero, tentò la via del mare; e, mentre per le vie della città, ribellatasi ai Francesi, ardeva la lotta, coraggiosamente entrò in Napoli. Poi, senza darsi riposo, aiutato dalla lega, e specialmente da Venezia, che a dure condizioni gli diede il suo denaro e i suoi uomini, e dal re d'Aragona, con il quale strinse nuova parentela sposando Giovanna, sua zia e nipote del Cattolico, inseguì, ora vinto ora vincitore, le truppe dell'invasore e dei baroni ribelli finché obbligò le prime a capitolare in Atella il 20 luglio 1496. Ma non godé a lungo della vittoria, ché, logorato specialmente dalle fatiche di tre anni di guerra ininterrotta, fu sorpreso dalla morte.
Uomo di vera bellezza, d'indomito coraggio, sì che parve nato per la lotta, e tuttavia amante della cultura e della musica e, per la dolcezza dell'animo, ben diverso da suo padre, fu sovrano effettivamente amato dal popolo.
Bibl.: G. Racioppi, in Arch. stor. napol., XVI; Regis Ferdinandi I instruct. liber, Napoli 1916; N. Minervini, Re Ferrandino, Canosa 1923; specialmente B. Croce, Re Ferrandino, in Storie e leggende napol., Bari 1919.