FERDINANDO I de' Medici, granduca di Toscana
Secondo dei figli maschi di Cosimo I e di Eleonora di Toledo, nato nel 1531, morto il 7 febbraio 1609. Non essendo destinato al trono, fu avviato alla prelatura. A quattordici anni Pio IV lo nominò cardinale; a vent'anni egli abbandonò Firenze e si stabilì a Roma. La morte inattesa del fratello Francesco I senza discendenti maschi gli aprì la via alla successione al granducato (1587).
Il desiderio di sottrarre la Toscana alla subordinazione della Spagna lo indusse ad avvicinarsi alla Francia; primo passo fu il matrimonio conchiuso nel 1590, sotto gli auspici di Caterina de' Medici, con Cristina di Lorena. A tale politica, che segnava un mutamento di rotta rispetto a quella seguita dai due primi granduchi, F. fu indotto anche da gelosia per il duca di Savoia Carlo Emanuele I, che, cogliendo occasione dalle difficoltà del regno di Francia sconvolto dalle guerre di religione, aveva occupato il marchesato di Saluzzo e aspirava a maggiori conquiste: Marsiglia e la Provenza. Per impedire l'attuazione di tale disegno, F. occupò e tenne per quattro anni il castello d'If, posto in un'isoletta dominante il porto di Marsiglia. Benché cercasse di dissimulare gli scopi della sua francofilia, F. non poté sottrarsi al risentimento del governo spagnolo, che si studiò di creargli fastidî, pur senza venire a guerra dichiarata. Ma questi dovevano essere nuovi motivi per sospingere F. sulla via battuta. E quando, per l'assassinio di Enrico III, si affacciò il pericolo di un disgregamento del regno di Francia, egli non esitò a farsi sostenitore della successione a favore del re di Navarra, sebbene ugonotto. Il matrimonio di Maria de' Medici, figlia di Francesco I, con Enrico IV (1600) parve destinato a saldare anche meglio i vincoli di amicizia di F. col nuovo re di Francia. Ma la definitiva cessione di Saluzzo al duca di Savoia fatta col trattato di Lione, le discordie domestiche tra Maria ed Enrico, l'inosservanza degl'impegni contratti dal re verso il granduca provocarono un raffreddamento di rapporti, alimentato anche da una non dissimulata riconciliazione di F. con la Spagna, dacché questi s'era avvisto che nessuna speranza poteva fondare sull'aiuto francese. Pegni del nuovo tacito patto di amicizia con la Spagna furono gli aiuti offerti da F. all'imperatore nella guerra contro i Turchi, e il matrimonio del figlio Cosimo con l'arciduchessa Maria Maddalena d'Austria (1608).
Nessun frutto notevole trasse F. da questa politica di equilibrio tra Francia e Spagna. Fu peraltro evidente in lui l'intenzione di aprire alla Toscana più larghi orizzonti di espansione politica ed economica con lo sviluppo dato alla marina da guerra. Condotta dall'ammiraglio Iacopo Inghirami, la flotta toscana riportò notevoli vittorie sui Turchi e vi fu anche il tentativo di una spedizione nel Brasile. In relazione a queste mire d'oltremare deve porsi la cura di F. per l'incremento del porto e della città di Livorno, dove egli aspirava a costituire un grande emporio commerciale. L'unità morale oltre che politica dello stato toscano, desiderio costante, ma non completamente raggiunto, dal principato di Cosimo, ebbe in F. un continuatore e perfezionatore intelligente. L'ordinamento politico, dischiudendo ai cittadini l'accesso alle cariche pubbliche, cancellava i residui di quello spirito municipale che aveva fomentato, nei primordî del principato, un sentimento di animosità verso il governo dei primi duchi. Le premure adoperate per il miglioramento materiale del paese contribuirono anch'esse a stringere più saldamente i vincoli tra dinastia e popolo. Le bonifiche della Valdichiana, della pianura di Pisa, della Valdinievole, della Maremma risanarono zone malsane e restituirono alla coltivazione larghi tratti di territorio. Di ciò si avvantaggiò molto l'agricoltura, la quale, per effetto anche di provvidenze legislative, diventò fattore principale di ricchezza nell'economia toscana. Non perciò venne meno l'amore alla mercatura, alla quale non disdegnò di dedicarsi lo stesso Ferdinando, specialmente con l'incetta dei grani. Se molte industrie decaddero o scomparvero per le mutate condizioni dei tempi, alcune continuarono però a fiorire.
La magnificenza e il mecenatismo della casa Medici ebbero in F. un erede non indegno. Promuovere le arti belle con fabbriche sontuose e monumenti, ai quali diedero l'opera loro artisti insigni, come il Buontalenti e il Giambologna, fu suo pensiero costante. Non è da dimenticare infine il progresso che sotto F. ebbero gli studî, specialmente quelli scientifici.
Bibl.: R. Galluzzi, Istoria del granducato di Toscana sotto il governo della casa Medici, IV, Livorno 1781; A. Reumont, Geschichte Toscana's seit dem Ende des florentinischen Freistaates, I, Gotha 1876; G. Uzielli, Cenni storici delle imprese scientifiche, marittime e coloniali di F. I de' Medici, Firenze 1901; G. Pieraccini, La stirpe dei Medici di Cafaggiolo, II, Firenze 1925.