GREGORI, Ferdinando
Nacque a Firenze nel 1743 da Carlo Bartolomeo e Gaspara Mugnai. Il padre, maestro incisore delle Gallerie granducali di Firenze, lo introdusse nella sua bottega.
La prima incisione datata del G., il ritratto del pittore Francesco Cairo, risale al 1756. Fu realizzata per il terzo volume del Museum Florentinum, che raccoglieva i Ritratti degli eccellenti pittori dipinti di propria mano conservati nella Galleria degli Uffizi di Firenze, pubblicato dall'editore F. Moucke a continuazione dell'impresa avviata da A.F. Gori sulle collezioni medicee. Nel 1760 il G. sarebbe stato nuovamente chiamato a collaborare al quarto volume dell'opera (pubblicata nel 1762).
Nel 1759 eseguì parte delle illustrazioni per il volume sulla Vita del b. Michele Flammini abate generale di Vallombrosa, pubblicato a Firenze sotto il patrocinio di I. Hugford, di cui il G. aveva, nel 1757, realizzato il ritratto in veste di monaco vallombrosano. Per lo stesso volume il G. completò il frontespizio, lasciato incompleto dal padre a causa della grave malattia che lo aveva colpito negli ultimi mesi della sua vita. Era stato ancora a fianco del padre tra il 1757 e il 1758, quando questi andava completando le lastre per il volume commissionato dalla Calcografia camerale di Roma con la riproduzione degli affreschi del Domenichino nell'abbazia di Grottaferrata, pubblicato solo nel 1762.
Ai mesi compresi tra la fine del 1758 e l'inizio del 1759 risalgono sei incisioni su disegni di T. Arrighetti con le Storie dei ss. Nereo e Achilleo nella chiesa di S. Maria Maddalena de' Pazzi a Firenze.
Il G. venne riconosciuto come uno tra i più promettenti giovani incisori della città quando il marchese fiorentino A. Gerini gli commissionò due tavole per il volume che presentava agli amatori d'arte una rassegna dei migliori dipinti della sua collezione (1759). In vista della pubblicazione del secondo volume della Raccolta dei dipinti di casa Gerini, avvenuta nel 1786, il G. sarebbe stato chiamato a realizzare altre due lastre.
Il riconoscimento ufficiale da parte del circolo di eruditi fiorentini avvenne in occasione delle celebrazioni per la morte del padre, quando gli fu commissionato da G. Lami, che aveva composto l'epitaffio e la dedicatoria, il ritratto del genitore all'indomani della morte avvenuta nel dicembre del 1759. L'incisione, in forma di medaglia, presenta sul recto il ritratto del defunto, e sul verso un cenotafio circondato dalle tre figure, allegorie della pittura, della scultura e dell'architettura.
Il 26 ott. 1760 il G. partì per Parigi (Cambiagi), grazie a una delle borse di studio volute dal Consiglio di reggenza che governava Firenze, per permettere ad alcuni artisti locali di recarsi nella capitale francese onde perfezionarsi nel disegno e nell'incisione. A Parigi il G. rimase a bottega per tre anni presso J.-G. Wille, incisore in rame al servizio del re.
Le notizie relative agli anni parigini sono poche. Risalgono probabilmente al periodo francese alcuni lavori per l'illustrazione di volumi a stampa: il frontespizio, da un'invenzione di H. Gravelot, per il De rerum natura di Lucrezio pubblicato a Londra nel 1761; i rami iniziali e finali, e il ritratto del frate Remigio Nannino fiorentino da un disegno di G. Zocchi per il volume delle Eroidi di Ovidio, edito a Parigi nel 1762, e la stampa con il Sonno di Venere da Guido Reni, anch'essa pubblicata a Parigi.
Il 2 febbr. 1763 il G. fece ritorno a Firenze e in quell'occasione il maresciallo A. Botta Adorno, capo della Reggenza della Toscana gli attribuì solennemente la carica di maestro incisore, già ricoperta da suo padre.
In questi anni le imprese editoriali e calcografiche fiorentine, facilitate dal rilancio della politica culturale di Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena, granduca dall'agosto del 1765, divennero sempre più numerose.
Nello stesso 1765 realizzò il frontespizio con il Ritratto di Pietro Leopoldo per il volume edito dall'abate A. Bonducci con le Lezioni toscane di L. Lanzi. A questo periodo devono risalire i ritratti dei regnanti Pietro Leopoldo e Maria Luisa di Borbone incisi dal G. dai dipinti del pittore inglese residente a Firenze J. Macpherson. Ancora in quegli anni fu migliorata la calcografia granducale, attrezzata per la stampa di incisioni e pronta a lavorare all'assemblaggio del volume con la riproduzione dei dipinti più importanti delle collezioni granducali, secondo il progetto che sarebbe stato portato a termine solo nel 1778.
Tra il 1767 e il 1768 il G. decise di stringere società con il già affermato disegnatore T. Arrighetti e, ottenuto il permesso di incidere una serie di stampe riproducenti alcuni dipinti conservati a palazzo Pitti e in alcune chiese della città, si affidò all'editore A.G. Pagani, che promise di pubblicare quattro stampe l'anno. Le prime quattro incisioni (dalla Lapidazione di s. Stefano del Cigoli, dalla Vergine che adora il Bimbo del Correggio, dalla Madonna della seggiola di Raffaello, e dal Cristo della moneta di Tiziano) furono dedicate alla famiglia imperiale. La società fu sciolta nell'agosto del 1769. Il G. decise allora di dedicarsi alla traduzione a bulino di quei dipinti che non furono scelti per essere compresi tra le tele riprodotte nella raccolta della Quadreria Medicea (Firenze 1778), e di vendere egli stesso le stampe. In questo giro di anni le iniziative portate avanti dal G. per la riproduzione dei più importanti cicli di affreschi e di scultura fiorentini furono molteplici.
In collaborazione con T. Patch, nel 1773 si dedicò all'incisione di una serie di stampe delle porte del battistero fiorentino di L. Ghiberti. Nel volume comparvero solo le tavole con le formelle della porta del Paradiso, accompagnate da una descrizione dei soggetti tratta da un manoscritto di proprietà dell'arte dei fabbricatori, ora disperso. Dedicatari dell'opera furono Pietro Leopoldo e sir H. Mann.
Nel 1779 il G. iniziò a lavorare alla riproduzione delle statue sistemate sotto la loggia dei Lanzi, cui aggiunse altri gruppi marmorei esposti in altrettanti luoghi della città o in collezioni private. Le dodici incisioni furono riunite in volume e pubblicate con grande successo commerciale. Fu inoltre chiamato da V. Vangelisti a collaborare alla serie, edita nel 1782, che raccoglieva dodici bassorilievi marmorei conservati nelle collezioni private fiorentine.
Le notizie relative alla sua attività di incisore negli ultimi anni della vita sono scarse. Tuttavia, dal 1786 fu chiamato da M. Lastri a collaborare al progetto dell'Etruria pittrice che lo vide impegnato fino al 1795.
Composta di due volumi (1791-95), l'impresa rappresentava il primo tentativo di raccogliere le migliori espressioni pittoriche della scuola toscana. Vi compaiono infatti riproduzioni di opere dal XII fino al XVIII secolo, di artisti famosi ma anche di quelli meno conosciuti. Tra le tavole di maggior interesse per la storia dell'incisione di riproduzione, perché rappresentò uno dei primi tentativi di evidenziare un particolare all'interno di un quadro, va menzionata quella in cui vengono proposti i due arcieri dal dipinto del Pollaiolo con il Martirio di s. Sebastiano (Londra, National Gallery).
Il G. morì a Firenze nel 1804.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Mss., II.I.438: A. Cambiagi, Notizie di Carlo Gregori lucchese (1764), cc. 2-6; O.H. Giglioli, Incisori del Settecento a Firenze, Firenze 1943, p. 38; C.A. Petrucci, Catalogo generale delle stampe tratte dai rami incisi posseduti dalla Calcografia nazionale, Roma 1953, p. 68; F. Borroni Salvadori, Le esposizioni d'arte a Firenze dal 1674 al 1767, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XVIII (1974), p. 56; Id., Riprodurre in incisione per far conoscere dipinti e disegni: il Settecento a Firenze, in Nouvelles de la république des lettres, II (1982), pp. 35 s.; Disegni e incisioni della raccolta Marucelli (catal.), a cura di G. Brunetti et al., Firenze 1983, p. 135; F. Borroni Salvadori, Pittori del Settecento a Firenze, o di persona o in effigie (catal.), Firenze 1984, pp. 8, 21; R. Roani Villani, Il "busto di negro" di Francis Harwood del J. Paul Getty Museum di Bilbao, in Paragone, XLII (1991), 497, p. 73; E. Borea, Le stampe dei primitivi e l'avvento della storiografia artistica, in Prospettiva, 1993, n. 70, pp. 53 s., 57; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 577 s.; P. Bellini, Diz. della stampa d'arte, Milano 1995, p. 250.