CAVALLI, Ferdinando
Nacque a Chiari (Brescia) il 7 ott. 1810, primogenito di Paolo, conte di Sant'Orso, e di Elisa Renier. In quanto pronipote del penultimo doge di Venezia, Paolo Renier, nel 1824 si trovò ad esserne l'erede universale, ciò che rese ancor più ingente il suo patrimonio. Stabilitosi a Padova giovanissimo, vi compì gli studi classici e vi conseguì la laurea in giurisprudenza. Non avendo problemi economici né essendo interessato alla professione, si dedicò agli studi giuridici svolgendo l'attività di assistente alla cattedra di procedura civile tenuta da A. Racchetti, docente di rilevante posizione sociale e culturale, più tardi presidente, dal 1850 al 1854, del Regio Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. L'interesse del C. si rivolse ben presto alle discipline politiche, economiche e sociali, e ancora molto giovane fu socio del Gabinetto di lettura, sorto nel 1830, e collaborò al Giornale Euganeo, sorto in quell'ambito, conquistandosi crescente influenza.
Nel 1848 il C. fu membro del Comitato provvisorio compartimentale di Padova, costituitosi il 25 marzo, dopo la partenza del presidio austriaco. Nel Comitato, presieduto da A. Meneghini, figuravano, oltre al C., influenti personalità patavine facenti parte tutte del Gabinetto di lettura, che divenne, nel breve periodo in cui Padova fu libera, "il quartier generale, per dir così, della politica e dell'amministrazione cittadina" (A. Gloria, p. 52). Favorevole alla fusione col Piemonte, il C. nel Comitato si occupò dell'amministrazione provinciale, dimostrando vaste cognizioni legali ed economiche, ma anche qualità e abilità di politico. Rioccupata Padova dagli Austriaci, si ritirò a vita privata, dedicandosi agli studi e impegnandosi nell'organizzazione culturale, in specie nelle file della Società d'incoraggiamento, istituto culturale sorto ufficialmente nel 1846 ma in gestazione fin dal IV congresso degli scienziati italiani, svoltosi a Padova nel 1842, cui anche il C. aveva partecipato. Presidente della società dal 1850 al 1856 fece attuare concorsi, conferenze, lezioni popolari agrarie e industriali, pubblicazioni di studi e periodici. Parallelamente, numerosi dopo il 1850 furono i suoi scritti.
Gli Studi economici sulle condizioni naturali e civili della provincia di Padova (in Scritti raccolti e pubblicati dalla Società d'incoraggiamento...,Padova 1851) fanno del C. il più noto tra gli economisti padovani. Le condizioni della campagna venivano giudicate "tristissime": irrazionali e arretrati i metodi di coltivazione, insufficienti i lavori idraulici, dimenticati dalla pubblica beneficenza i contadini, analfabeti e ignoranti delle nozioni più elementari di agricoltura e perciò legati tenacemente agli usi antichi. Grande proprietario terriero, il C. era certamente interessato a riforme che consentissero un aumento della produzione e della produttività, ma era anche sinceramente sensibile alle esigenze di miglioramento materiale e morale dei contadini. Esprimendosi a favore della mezzadria nel Padovano, affermava che la società, "sanzionando il diritto di proprietà, non ha inteso di creare tanti dei di Epicuro; che la possidenza impone pure dei doveri; che ancor essi [proprietari] hanno l'obbligo di contribuire nella loro sfera al miglioramento sociale" (p. 168 e passim).
Negli Studi sui Monti di Pietà (Venezia 1865), fatta la storia della diffusione in Europa dell'istituzione, poneva la questione se fosse stata veramente utile, e ne criticava la gestione nel Veneto, propugnandone una riforma per alleviare le condizioni delle classi inferiori. Divenuto intanto (4 ott. 1854) membro effettivo del Regio Istituto veneto, nell'ambito di un'indagine sulla situazione topografica, idraulica, fisica, agraria e medica delle province venete condotta tra il '55 e il '58 da nove membri dell'Istituto, il C., cui toccò la parte relativa alla statistica, stilava il Rapporto sulla statistica della popolazione (in Atti del R. Istituto…, s. 3, IV [1858-59], pp. 289-294), in cui rivelava anche doti di sociologo, anticipando gli stessi criteri che nel 1873 il ministro S. Castagnola seguirà per rinnovare i registri di popolazione, che i comuni,timorosi di imposizioni fiscali, osteggeranno fortemente. Degli anni Cinquanta è, infine, un discorso su "Industria e civiltà",in cui il C. esprimeva la sua profonda, e positivistica, persuasione che il grande fattore della civiltà è lo sviluppo industriale.
Dopo Villafranca, fatto presidente dell'Istituto veneto (vi rimarrà dal '59 al '61, e sarà rieletto per altri due anni nel '78), il C., mentre fu largo d'aiuti ai giovani emigrati veneti, pose nel frattempo mano a quella che nelle intenzioni sarebbe dovuta essere la sua opera maggiore, una storia delle scienza politica in Italia dalle origini ai suoi giorni. La stesura segnò il passo per gli avvenimenti che portarono all'annessione del Veneto e alla ripresa da parte del C. dell'impegno politico. Il primo volume della Scienza politica in Italia vedeva la luce a Venezia nel 1865; e il C. nel 1866 veniva eletto dapprima consigliere comunale e provinciale di Padova, poi, il 25 novembre, al primo scrutinio, deputato al Parlamento, in ben tre collegi (Padova I, Padova Comune -Este-Monselice, Piove-Conselve).
Il successo del C. fu certamente dovuto al suo prestigio di conservatore, illuminato quanto bastava a renderlo accetto ai liberali progressisti. Ma ragioni più precise della sua elezione nel collegio di Padova Comune vanno cercate nella situazione politica determinatasi in Padova con l'annessione e il ritorno degli emigrati. Il Circolo politico popolare, costituitosi in settembre, contrappose proprio il C. ad A. Cavalletto, l'esule più popolare, il tenace assertore dell'indipendenza veneta, accusato, con i Meneghini, i Maluta, i Coletti, di rappresentare la "consorteria". Il successo (trionfale nelle proporzioni) del C. sul Cavalletto, fu dovuto in ultima analisi a un gruppo di pressione (il Circolo Popolare, appunto), a carattere eterogeneo, ma sostanzialmente reazionario, perché i progressisti al suo interno, per ingenuità o per un malinteso senso di avversione ai candidati "governativi" (Cavalletto era sostenuto dal commissario regio, G. Pepoli), oggettivamente favorirono proprio la sconfitta di intemerati patrioti, come il Cavalletto, a favore di uomini che, se non tutti (e, tra le eccezioni, il C.), meritavano la taccia di austriacanti loro violentemente indirizzata dai commentatori dei giornali liberali moderati di livello nazionale, in complesso rappresentavano tuttavia la continuità della classe dirigente padovana, timorosa di perdere la propria egemonia in favore degli emigrati, ultimi venuti. Il C., che nel '66 optò per il collegio di Piove, fu rieletto anche nella successiva legislatura, mentre si era ormai completata in Padova, come in tutto il Veneto, l'operazione di recupero, da parte delle forze di governo, dei conservatori moderati veneti, del resto paghi di aver dimostrato che la vera classe dirigente erano appunto loro.
Schieratosi alla Camera tra i ministeriali, all'apertura della X legislatura il C. venne eletto tra i quattro vicepresidenti. La sua azione di deputato non ebbe peraltro il tempo di esplicarsi, perché il 6 dic. 1868 venne creato senatore, e convalidato il 25 febbr. 1869. Nei quasi vent'anni di attività senatoria il C. non ha lasciato un segno troppo marcato; normale fu la partecipazione alla attività delle commissioni permanenti e delle commissioni relatrici, che rivela, comunque, il corredo di esperienze e di conoscenze già mostrato nei suoi scritti. La Scienza politica in Italia, alla quale soprattutto andò dedicandosi, constò alla fine di quattro volumi, l'ultimo uscito a Venezia nel 1881.
Lavoro di grande erudizione, è una specie di dizionario biografico degli scrittori di scienza politica, di "indice - come si esprime il C. - dei Politici italiani",dal XIII sec. al Rosmini, di ciascuno dei quali sono esposti pochi cenni biografici e la sintesi del pensiero. Per quanto manchi il quinto volume, nel quale il C. voleva compendiare le sue valutazioni sullo sviluppo del pensiero politico in Italia, l'opera risulta un contributo cospicuo alla storia della scienza politica, e anche, per il riguardo che il C. ebbe per gli scrittori minori, alla storia culturale e letteraria del Veneto. Se sono pregi dell'opera lo spirito di esattezza e di quasi positivistica verità, certamente essa non oltrepassa il confine di un lavoro di compilazione.
Anche il posto occupato dal C. nella storia della politica italiana e veneta è inferiore a quello occupato - fenomeno tipico di un certo conservatorismo illuminato - nella storia dell'organizzazione e della cultura regionale, con le presidenze di enti culturali, a Padova e a Venezia, l'attività di promozione in essi profusa, con l'aver legato all'Istituto veneto, sull'esempio di G. Querini Stampalia, una somma per premi triennali a studiosi d'economia, sociologia, agronomia.
Morì a Padova il 9 nov. 1888.
Altri scritti: Biografia di S. A. Morcelli, Venezia 1846; Cenni sulle istituzioni di credito. Memoria letta all'I. R. Accad. di scienze...,Padova 1857; Cenni sulle eredità lasciate ai non concetti, in Memorie del R. Ist. veneto..., X (1861-1862), pp. 219-30.
Fonti e Bibl.: In mem. del senatore F.C. ...,Padova 1889; Comm. del sen. F. C. ...,in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, s. 7, III (1891-92), pp. 271-302; Atti verbali della IV Riunione scientifica in Padova (settembre 1842), Padova 1843, p. LXXV; Atti parlam., Camera dei Deputati, Discuss.,legisl. IX-X; Senato. Discussioni, legisl. X-XVI (cfr. Indici delle singole sessioni); A. Pilot, Venezia dal 1851 al 1866 nei diari inediti del Cicogna, Venezia 1916, p. 418; S. Sapuppo Zanghi, La XV legislatura italiana, Roma 1883, pp. 326 ss.; G. Brognoligo, Appunti per la storia della cultura in Italia nella seconda metà del secolo XIX - La cultura veneta, in La Critica, XIX(1921), 6, pp. 334 ss.; A. Gloria, Il Comitato provvis. dipartimentale di Padova dal 25marzo al 13giugno 1848, a cura di G. Solitro, Padova 1927, pp. LX, XC, 11, 18, 25, 42, 86, 144, 151, 162 s., 172, 196; G. Solitro, La Società di cultura e d'incoraggiamento in Padova nel suo primo centenario (Un secolo di vita padovana), MDCCCXXX-MCMXXX, Padova 1930, pp. 104 ss., 116 ss., 121-124, 135 ss., 149, 150,152, 161 s.,165, 187 ss., 208 ss., 217, 222, 277; G. Monteleone, La città di Padova nei mesi successivi all'occupaz. austriaca del 1848, in Padova, I (1962), 10-12, pp. 3-24; M. Berengo, L'agricoltura veneta dalla caduta della repubblica all'Unità, Milano 1963, pp. 58 e n. 2, 61, 62 e n. 1, 89 e n- 4,92 e n. 3, 93,120 n. 5, 181 n. 2, 187 n. 3, 212 e n. 5, 214 e n. 1, 232 n. 2, 312 n. 4, 339; R. Vergani, Elezioni e partiti a Padova dopo l'Unità (1866-1870), in Rass. stor. del Risorgimento, LIV (1967), pp. 258-262, 264, 267, 413; Storiadel Parlamento italiano, VI, Dalla convenzione di settembre alla breccia di Porta Pia, a cura di G. Sardo, Palermo 1969, pp. 146, nn. 165, 264; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Roma1896, pp. 256, 257; Diz. del Risorg. naz., p. 614.