CARONESI, Ferdinando
Nato a Veddo (frazione di Maccagno Superiore in provincia di Varese) l'11 ottobre del 1794 da famiglia di muratori, probabilmente emigrò con essi in cerca di lavoro e ne condivise per un certo tempo l'attività manuale. Assai più tardi (ma poco prima del 1821) s'iscrisse all'Accademia di Belle Arti a Milano dove, tra il 1823 e il 1826, riportò premi di prospettiva e architettura. Adeguandosi al clima imperante, ma anche per intima rispondenza d'animo, aderì al movimento neoclassico e i suoi disegni coevi sono elaborazioni puntuali e scrupolose di monumenti dorici e corinzi. S'ignora se alla fine dei corsi abbia operato (anche temporaneamente) a Milano e in Lombardia: certo è invece che nel 1828 fu chiamato a Torino a sovrintendere la costruzione d'un edificio imprecisato, disegnando anche nel frattempo per la parrocchiale di Cavalere una facciata che sarà il prototipo d'altre posteriori.
Il trasferimento a Torino lo rese disponibile all'attività edilizia, che l'ampliamento della città (causa anche l'abbattimento dei bastioni) imponeva, ma prima di cimentarsi in lavori più impegnativi eresse nel 1830 a Cannobio (Novara) la facciata della collegiata di S. Vittore, ripresa in modi più eloquenti di quella di Cavalere e anticipo nei particolari (statue del coronamento) del S. Carlo torinese. Tre anni dopo eresse la casa Lessona in Borgonuovo (via Mazzini) a Torino e contemporaneamente (3 luglio) progettò la facciata della parrocchiale di Castelnuovo Don Bosco. La notorietà ottenuta e la solida padronanza del mestiere lo fecero prescegliere al concorso per il compimento della fronte della chiesa di S. Carlo a Torino (1834; cfr., del C., il Programma per la facciata della Chiesa di S. Carlo proposto dal Corpo Decurionale della Ill.ma Città di Torino, Torino1834).
Le istruzioni agli artisti prescrivevano che essa arieggiasse quella iuvarriana di S. Cristina, correggendo "tutto ciò che senza nuocere agli effetti simmetrici" potesse ridursi alle norme del miglior gusto presente (in Tamburini, 1968). Dell'illustre modello l'artista si limitò a semplificare alcune parti, smorzandone l'empito pittorico ma riuscendo a una espressione corretta e convincente. Nell'anno 1835, per il comune di Torino, egli disegnò la colonna votiva (sovrastata dalla statua della Vergine di Giuseppe Bogliani) davanti alla chiesa della Consolata: lievemente rastremata, su semplice e nitido piedistallo (scartata una versione a protomi taurine fra ghirlande) e capitello corinzio elegantemente modellato. Il 26 febbr. 1836 fornì i piani del palazzo d'Angennes - attiguo all'omonimo teatro rifatto nel 1821 da G. Pregliasco - con facciate sulle vie S. Francesco da Paola e Principe Amedeo, uno fra i migliori esempi del neoclassico locale. Concluso da un cornicione a mensole aggettanti, oppone alla nudità del pianterreno (finestre a sguscio) e alla sobrietà del secondo (finestre a semplice cornice) la linea mossa del piano nobile, a finestre riccamente ornate e balconi a balaustrini, mentre l'androne, dall'architrave alle colonne, ripete con la consueta finezza esecutiva i temi cari all'artista.
La fama acquisita ottenne al C. altri incarichi fra cui (24 apr. 1837) il palazzo del conte Carlo Valperga di Masino in via Alfieri, quelli (16marzo e 5 apr. 1838) per Maria Anna di Savoia imperatrice d'Austria nell'od. via XX settembre (accanto al pal. Truchi Levaldigi), demoliti per la ricostruzione di via Roma, e la casa Baricalla in via Roma stessa (2 maggio 1839), tutti in forme neoclassiche. Nello stesso anno vinse il concorso bandito dal comune di Chambéry per un mercato coperto (ultimato nel 1849) e curò il restauro e il riadattamento della casa natale a Veddo. Del 1840 è il progetto degli altari di S. Anna e S. Francesco di Sales nel santuario della Beata Vergine del Pilone a Moretta, di quello per la cappella di S. Nicola da Tolentino nella chiesa di S. Materno a Maccagno Superiore (compiuto nel 1844) e della imponente villa Natta a Orta. Nel 1841 attese al palazzetto del conte Vittorio Seyssel d'Aix in via Carlo Alberto a Torino e contemporaneamente (per volontà dell'arcivescovo d'Angennes) all'ampliamento del seminario di Vercelli (opera di Iuvarra) verso piazza del duomo, completato dall'architetto G. Leoni nel 1845. La morte prematura, avvenuta a Torino il 24 ott. 1842, gli impedì di vedere ultimate altre opere (il grandioso seminario nell'isola di San Giulio d'Orta), mentre alcune restavano allo stato di progetto (ampliamento della collegiata di Pallanza). Difficile è accertare invece la sua presenza in altre località del Piemonte e della Lombardia. Fra le carte rimaste risultano pure disegni per dimore private a Cannobio e progetti non eseguiti (e verosimilmente ineseguibili) ove si manifesta, in pieno, nella coerenza dell'insieme e nella ricchezza delle parti, la sua sommessa ma tenace adesione al neoclassicismo.
Fonti e Bibl.: La Comm. per la facciata della chiesa di S. Carlo in Torino, Torino 1836; G. Casalis, Diz.geografico-statist., III, Torino 1836, p. 430; XXIV, ibid. 1853, p. 115; G. Ciaretta, I marmi scritti della città di Torino, Torino 1899, pp. 29 s.; F. Lardone, Il centenario della B. V. del Pilone in Moretta, Saluzzo 1934; E. Olivero, L'archit. in Torino durante la prima metà dell'Ottocento, Torino 1935, pp. 21 s.; Id., F.C. architetto neoclassico, in Torino, XVIII(1938), 3, pp. 10-15; P. Buscalioni, La Consolata, Torino 1938, pp. 415 ss.;L. Giampaolo, L'arch. F. C. (nuovi docc.), in Rass. stor. del Seprio, II(1939), pp. 59-79; A. M. Brizio, Vercelli, Roma 1953, p. 159; C. L. V. Meeks, Italian Architecture 1750-1914, New Haven 1966, p. 160; L. Tamburini, Le chiese di Torino, Torino 1968, pp. 125 s.; Id., Postille alle chiese torinesi. S. Teresa, S. Carlo e S. Cristina nelle elaborazioni settecentesche, in Studi piemontesi, III(1974), 1, pp. 93-159.