BOSCO, Ferdinando Beneventano del
Nato a Palermo nel 1813, presto si trasferì a Napoli, dove entrò nel collegio della Nunziatella. Terminati i corsi, fu immesso nei ruoli dell'esercito con il grado di secondo tenente dei granatieri della Guardia. Dotato di tutte le qualità necessarie per un buon militare, il B. ebbe però sin da giovane un temperamento aggressivo e polemico; già nel 1845 era costretto a rifugiarsi a Malta per sottrarsi a un procedimento intentatogli per avere partecipato a un duello, procedimento che poi fu sospeso cosicché il B. poté far ritorno a Napoli e riprendere la sua carriera. Nel 1848 era promosso al grado di capitano, e nella successiva campagna contro gli insorti siciliani diede prove di valore sia nell'attraversamento delle Calabrie sia durante l'assedio di Messina, nel corso del quale subì una lieve ferita.
Per il B. la campagna di Sicilia dovette costituire, oltre che un'ottima prova di attaccamento alla monarchia borbonica, anche una valvola di sfogo per il suo carattere bellicoso: quella aggressività che già era stata di ostacolo alla sua carriera in tempo di pace, nell'aprile del 1849 gli consentì di dare buone prove di sé e di ottenere l'elogio del generale Filangieri: a Taormina aveva chiesto senza successo l'onore di guidare l'assalto, a Catania fu il protagonista di un furibondo attacco a una barricata e di due successive vittoriose operazioni prima nella zona di Monserrato, quindi alla Punta del Verde.
Finalmente nel 1850, a campagna conclusa, il B. fu con pochi altri decorato da Ferdinando II con la medaglia d'oro di prima classe e insignito delle onorificenze di S. Ferdinando e di S. Giorgio.
Chiusasi questa brillante parentesi, il B. tornò a Napoli ove mostrò di non disdegnare quella vita di società che la celebrità raggiunta gli aveva aperto; ma il suo ambiente preferito rimase la caserma, la sua occupazione primaria fu il governo dei soldati. Nei rapporti con la truppa il B. fu da taluni giudicato troppo generoso, e quando nel 1857 a Napoli egli chiese l'abolizione delle pene corporali per i soldati, tale giudizio parve trovare una conferma; altri vollero invece interpretare politicamente la generosità come una forma di liberalismo, ma questa impressione è sicuramente errata, anche perché faceva credito al B. di un senso politico che mai egli ebbe. Comunque nel 1857 il B. fu temporaneamente trasferito in Sicilia; l'anno successivo, con la promozione a maggiore, il trasferimento divenne definitivo e alla testa del 9º battaglione di linea rimase di stanza a Monreale. Qui il 6 apr. 1860 respinse i primi attacchi dei Palermitani insorti, il 12 aprile resistette a un nuovo assalto e quindi contrattaccò con buona fortuna nei pressi di Carini.
Dopo lo sbarco garibaldino e la prima sconfitta borbonica di Calatafimi, il B. fece pressioni sul segretario di Francesco II per ottenere che si cambiasse il comandante in capo delle forze di Sicilia; il 20 maggio il suo battaglione fu inquadrato nella brigata comandata dal colonnello svizzero Von Mechel che il giorno seguente attaccò le avanguardie garibaldine che puntavano su Palermo. Fu il valore dimostrato dai soldati borbonici in questa occasione che spinse Garibaldi a far operare alla colonna Orsini la famosa diversione verso Corleone per disorientare i borbonici e puntare quindi su Palermo.
Il B. intuì la mossa di Garibaldi, ma Von Mechel, convinto di inseguire il grosso degli invasori, si lasciò trascinare verso l'interno e quando si accorse dell'errore commesso era ormai troppo tardi. Tornati in tutta fretta a Palermo, il B. e Von Mechel vi entrarono il 30 maggio: la città era già occupata ma il B. non esitò a lanciare i suoi uomini contro le prime barricate, con una azione che fu frenata sul nascere dalla notizia della tregua chiesta dal Lanza a Garibaldi e da questi concessa.
Il 10 giugno il B. fu promosso colonnello, e di lì a poco si imbarcava con i suoi soldati alla volta di Messina, donde a metà luglio il generale Clary, comandante della piazza, lo inviava a presidiare il forte di Milazzo con tre battaglioni. Il 20 luglio il Medici sferrava l'attacco decisivo e il B., dopo una accanita resistenza si ritirò nel forte ove attese invano i soccorsi che il Clary da Messina non si decideva ad inviare; il 23 giunse invece da Napoli un ufficiale che trattò coi garibaldini la resa del forte. Il B., che aveva promesso di entrare in Palermo sul cavallo di Medici, uscì da Milazzo fra i fischi e gli insulti dei nemici e con le sue truppe si imbarcò per Napoli. Qui ebbe la terza promozione in pochi mesi ottenendo il grado di generale di brigata, e forte del nuovo prestigio conseguito poté influenzare in parte le scelte politiche del sovrano: fu il B. infatti ad osteggiare in modo decisivo la ventilata nomina di Girolamo Ulloa a comandante delle truppe in Calabria, fu lui a convincere Francesco II della inutilità di mettersi a capo dell'esercito, fu lui infine che verso i primi di settembre insinuò nel re l'idea di non opporre resistenza ai garibaldini che avanzavano e di ritirarsi in Gaeta. Raggiunto questo obiettivo, il focoso generale, che in effetti aveva avuto dei contatti con Mariano d'Ayala, al quale aveva promesso di non impegnarsi in combattimento con Garibaldi, fu costretto a letto da una malattia; arrestato all'ingresso di Garibaldi in Napoli, riuscì ad ottenere, dopo aver rinnovato l'impegno contratto col d'Ayala, il permesso di lasciare la città per Parigi.
Dopo una breve vacanza il B. ricomparve il 19 nov. 1860 a Gaeta dove per qualche settimana fu l'animatore più spavaldo della difesa, ma la sortita a lui affidata da Francesco II nella notte tra il 28 e il 29 novembre non ebbe successo. Così due mesi più tardi era lo stesso B. ad appoggiare la decisione della resa alle truppe di Cialdini; non volle però abbandonare il suo re, e lo seguì a Roma, benché con tutta probabilità fosse indotto a ciò più dalla possibilità di ottenere vantaggi personali che da sincera fedeltà alla decaduta monarchia.
A Roma il B. fu per qualche tempo, insieme con il Clary e il Vial, l'organizzatore del brigantaggio antiunitario per il quale si diede a raccogliere uomini e mezzi; un'attività, questa, che tuttavia non escluse altri atteggiamenti ambigui quale l'invio a un amico di due lettere, poi pubblicate, in cui parlava del murattismo che prendeva piede nel Meridione e dell'idea di appoggiare la autonomia del Regno del sud "sotto qualunque sovrano", e non impedì d'altra parte le sempre più pressanti richieste di denaro all'ex re. Questi avrebbe fatto volentieri a meno del suo generale ma non aveva il coraggio di licenziarlo; l'occasione gli fu data dall'ennesimo cartello di sfida inviato a Enrico Serra marchese di Rivadebro che sulla stampa di Napoli si era scagliato contro gli emigrati napoletani a Roma (sett. 1861): il duello non ebbe luogo, ma fu tale lo scalpore destato in Roma che Pio IX, turbato anche da un secondo duello provocato dal B., ne ordinò l'espulsione e fu irremovibile nel mantenere la sua decisione.
Il B. si trasferì prima a Trieste, ove nel 1863 tentava di organizzare un corpo di spedizione legittimista con i resti dell'esercito del duca di Modena, quindi a Madrid, ove continuò a reclutare uomini da inviare nell'Italia meridionale per sostenere il movimento antiunitario. Nel 1866 era a Barcellona: con l'aiuto del legato pontificio e con la protezione dei gesuiti fece altri tentativi di arruolamenti che furono frustrati dalla penuria di denaro (come testimoniano tre estratti dei rapporti del console italiano A. De Martino, custoditi presso il Museo Centrale del Risorgimento di Roma, b. 105, fascicolo 27, nn. 1, 2, 3). Malato di gotta e già da tempo disposto alla rassegnazione definitiva, si preparava ad una vecchiaia non certo gloriosa: eppure proprio nell'aprile del 1866 a Palermo si parlava ancora della possibilità di un suo sbarco in Sicilia e le stesse voci si diffondevano nell'aprile e nel maggio del 1870 a Mezzoiuso e a Palermo di nuovo. Del B. evidentemente non restava che il mito, legato ai giorni in cui era stato uno tra i pochi ufficiali borbonici che non erano fuggiti di fronte a Garibaldi: il nome del vecchio generale era diventato il simbolo ricorrente della rivolta contro il nuovo ordine.
Non si sa quando il B. tornò a Napoli, ma è certo che vi trascorse gli ultimi anni della sua vita e che vi morì l'8 genn. 1881.
Fonti eBibl.: L'unica scarna biografia del B. è in Diz. del Risorg. naz., II, p. 235; pochi altri particolari si leggono in un necrologio del giornale La Discussione, Napoli, 9 genn. 1881. Qualche cenno sull'attività del B. prima del 1860 si ha in G. Buttà, I Borboni di Napoli al cospetto di due secoli, II, Napoli 1877, pp. 611, 618, 653; in G. Ferrarelli, Memorie militari del Mezzogiorno d'Italia, Bari 1911, pp. 63-64; e in T. Battaglini, L'organizzazione militare del Regno delle Due Sicilie. Da Carlo III all'impresa garibaldina, Modena 1940, p. 135. Per il periodo 1860-1861 oltre a tutta la memorialistica garibaldina (Abba, Bandi, lo stesso Garibaldi), notizie più dettagliate si hanno in P. Calà Ulloa, Lettere napolitane, Roma 1864, pp. 38 s.; G. Buttà, Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta. Memorie della rivoluzione dal 1860 al 1861, Napoli 1875, pp. 9-13, 22, 24, 41 s., 63 s., 87, 109-118, 121-131, 143-149, 204-207, 340-347, 701-706; Memorie di Mariano d'Ayala e del suo tempo (1808-1877) scritte dal figlio Michelangelo, Roma 1886, pp. 340 s.; Il generale Pianell. Memorie (1859-1892), Firenze 1902, pp. 23 s., 66 s., 80 ss.; La spedizione garibaldina di Sicilia e di Napoli nei proclami,nelle corrispondenze,nei diarii e nelle illustrazioni del tempo, a cura di M. Menghini, Torino, 1907, passim;F. Guardione, Il dominio dei Borboni in Sicilia dal 1830 al 1861..., II, Torino 1907, pp. 345, 381, 395 s., 418-428; Id., Note sul fatto d'armi di Corriolo e sulla battaglia di Milazzo, in Rass. st. d. Risor., XVI (1929), pp. 220-248; C. Agrati, Da Palermo al Volturno, Milano 1937, ad Ind.; T. Battaglini, Il crollo militare del Regno delle Due Sicilie, I-II, Modena 1938, ad Indicem;Id., L'organizzazione militare...,ad Indicem;H. Acton, Gli ultimi Borboni di Napoli, Milano 1962, ad Indicem;P. Pieri, Storia milit. del Risorgimento, Torino 1962, ad Indicem. Per il periodo romano e per i rapporti col brigantaggio si vedano R.De Cesare, Roma e lo Stato del Papa dal ritorno di Pio IX al XX settembre, Roma 1907, II pp. 177 s., 219; Id., La fine di un Regno, II, Città di Castello 1908, pp. 179, 254, 268, 340, 363, 396; P. Calà Ulloa, Un re in esilio. La corte di Francesco II a Roma dal 1861 al 1870, a cura di G. Doria, Bari 1928, ad Indicem;F. Bartoccini, Il murattismo. Speranze,timori e contrasti nella lotta per l'unità italiana, Milano 1959, ad Indicem; I documenti diplomatici italiani, s. 1, II (31 dic. 1861-31 luglio 1862), Roma 1959, ad Indicem. La storia del mancato duello con il marchese Serra è rifatta nell'opuscolo, ispirato dal B. se non da lui scritto, Un voyage inutile à Locarno. Appel au public par MM. Bosco,Canzano,Dusmet et Doria contre M. E. Serra marquis de Rivadebro, Liegi 1862. Sul soggiorno a Trieste qualche notizia è nel Carteggio Cavalletto-Luciani. Raccolto e annotato da G. Quarantotti, Padova 1962, ad Indicem. Sul mito postunitario del B. qualche dettaglio è in P. Alatri, Lotte politiche in Sicilia sotto il governo della Destra (1866-74), Torino 1954, ad Indicem.