Fenice
Uccello favoloso, sacro alla mitologia egiziana, che ogni cinquecento anni moriva bruciandosi per subito risorgere giovane dalle proprie ceneri.
D., che sembra credere - come del resto i suoi contemporanei - nella realtà della f., poté averne notizia da qualche enciclopedia (cfr., ad esempio, Brunetto Latini Tresor VI 26); la f. era comunque immagine topica nella poesia provenzale e italiana, usata spesso metaforicamente per l'amante (tra l'altro, compare anche in un sonetto di Cino da Pistoia a D., Novellamente Amor 8). L'Alighieri tuttavia non l'adopera mai nelle sue rime, bensì ricorda la f. in If XXIV 106-111, dove la rapidità della morte e della rinascita dell'uccello orientale è assimigliata alle subitanee trasformazioni che colgono i ladri trafitti dai serpenti. Il passo, nonostante la citazione generica per li gran savi si confessa, deriva direttamente ed esclusivamente da Met. XV 391-407 (cfr. particolarmente vv. 393-394 e 398-400).