Femtochimica
Il termine femtochimica, derivato dalla fusione di femtosecondo (10−15 s) e chimica, è stato coniato, negli ultimi venti anni del XX sec., dal gruppo di ricerca diretto dal premio Nobel Ahmed Zewail al Caltech (California institute of technology) di Pasadena. Con questo termine si designa quella branca della cinetica chimica che studia i processi elementari ultraveloci, che avvengono in tempi brevissimi, dal miliardesimo fin quasi al milionesimo di miliardesimo di secondo.
Il secondo è l'unità di tempo in fisica e le sue frazioni prendono i seguenti nomi: 10−3 s→millisecondo (ms); 10−6 s→microsecondo (μs); 10−9 s→nanosecondo (ns); 10−12 s→picosecondo (ps); 10−15 s →femtosecondo (fs); 10−18 s→attosecondo (as). Il femtosecondo è dunque un sottomultiplo del secondo, pari a un milionesimo di miliardesimo di secondo.
La scala dei tempi in ore, minuti e secondi, con la sua estensione fino ai millisecondi, permette di descrivere i processi dinamici che avvengono nel mondo macroscopico, ma è inadeguata per descrivere i processi microscopici quali le reazioni chimiche. Per esempio, è indispensabile seguire in tempo reale la rottura e la formazione dei legami chimici in una reazione, per individuare i percorsi che i reagenti compiono trasformandosi nei prodotti, cioè per caratterizzare tutti gli stadi intermedi che portano dai reagenti iniziali ai prodotti finali.
Grazie ai laser di nuova generazione e alle moderne tecniche di spettroscopia, attualmente è possibile investigare quei fenomeni microscopici che avvengono su scala del femtosecondo.
Si tratta di un approccio innova-tivo che sta conferendo alla chimica interessanti prospettive conoscitive, che permettono di approfondire i dettagli dei meccanismi coinvolti nelle reazioni elementari. Come verrà illustrato, fra i processi investigati rientrano le isomerizzazioni di particolari molecole quali l'azabenzene e il processo intramolecolare di dissociazione degli acidi in acqua.
Di particolare interesse sono gli studi intesi alla comprensione dei meccanismi di trasferimento elettronico che intervengono nella fotosintesi, nella quale, come è noto, l'energia solare viene convertita in energia chimica. Tali meccanismi si sviluppano attraverso una successione di processi complessi nei quali gli elettroni eccitati vengono trasferiti in una membrana biologica dall'antenna chimica, che capta le radiazioni al centro stesso di reazione.
I laser pulsati a rubino, che raggiungevano tempi di nanosecondi, comparvero nel 1961. Ulteriori salti di ordini di grandezza nella scala dei tempi accessibili sperimentalmente furono realizzati nel 1966, con la comparsa dei laser a coloranti, e nel 1990, con la costruzione dei laser a titanio-zaffiro. L'utilizzazione di questi laser, accoppiata alla tecnica del bloccaggio di modo (mode-locking), permise di ottenere prima impulsi della durata di picosecondi e poi di femtosecondi. Le grandi possibilità offerte dai laser pulsati hanno permesso di estendere ai tempi ultracorti la spettroscopia risolta nel tempo, cioè le tecniche chimico-fisiche che permettono di seguire la variazione nel tempo dell'interazione radiazione-materia. Il processo primario più semplice di interazione tra una molecola e la radiazione elettromagnetica è l'assorbimento di fotoni (fotoeccitazione), che fa passare la molecola dallo stato di energia più basso (stato fondamentale) a stati vibroelettronici di energia più alta (stati eccitati) nei quali la molecola si trova fuori dall'equilibrio e cerca di smaltire l'eccesso di energia per raggiungere una situazione stabile. I processi che guidano il sistema verso l'equilibrio prendono il nome di processi di rilassamento dell'energia e avvengono su scale temporali estremamente brevi, dell'ordine dei pico- o dei femtosecondi.
Il modo più semplice per una molecola per ritornare allo stato fondamentale sarebbe l'emissione di uno o più fotoni. La maggior parte dei processi di rilassamento dell'energia, però, avviene senza emissione di radiazione, in quanto i processi non radiativi normalmente sono molto più veloci dell'emissione spontanea di fotoni da stati eccitati. Di conseguenza, la molecola eccitata si riassesta rapidamente con processi non radiativi, trasferendo l'energia dal livello vibrazionale eccitato a livelli inferiori, fino al raggiungimento del livello vibrazionale più basso del livello elettronico eccitato (rilassamento vibrazionale). Lo stato raggiunto a causa dei processi di rilassamento è anch'esso metastabile e può decadere sia per emissione di un fotone (fluorescenza), sia per ulteriori processi di rilassamento non radiativo, sia per trasferimento di energia a stati di tripletto (intersystem crossing). La vita media dello stato è ovviamente determinata dal processo di rilassamento più veloce. Per realizzare esperimenti risolti nel dominio dei tempi rapidissimi è necessario conoscere con grande esattezza il tempo zero, cioè l'istante in cui il processo inizia. Questa condizione può essere facilmente realizzata innescando la reazione per interazione fra la molecola in esame e un impulso laser ultracorto. Per questa ragione, la maggior parte delle reazioni studiate con l'intento di caratterizzare lo stato di transizione sono reazioni fotochimiche. È però importante che gli eventi successivi all'eccitazione che inizia la catena dei processi reattivi siano più veloci della reazione stessa. Se la successione di questi processi contiene uno stadio lento, come per esempio uno stadio di diffusione dei reagenti, ciò che si misura è l'effetto di questo stadio lento e quindi sarà altamente improbabile caratterizzare l'evento reattivo.
Le prime sorgenti laser accordabili in frequenza con impulsi ultracorti utilizzavano come mezzo attivo un colorante, che veniva eccitato utilizzando gli impulsi di un laser agganciato in fase. I laser pulsati attualmente più usati sono invece laser a stato solido, in particolare a titanio-zaffiro, in cui il mezzo attivo è costituito da una barretta di zaffiro con impurezze di titanio. All'interno di una cavità laser si creano molti modi di oscillazione del campo elettromagnetico. Per forzare la cavità a emettere impulsi di radiazione con tutti i modi in fase si può ricorrere a un sistema del tipo rappresentato nella fig. 2, che prende il nome di modulatore acustoottico. Il principio di funzionamento è molto semplice: un'onda acustica generata in un cristallo produce l'equivalente di un reticolo di diffrazione, che devia il raggio laser che l'attraversa. Quando l'onda acustica è presente, il raggio è deviato, mentre quando è assente, il raggio si propaga normalmente. Modulando, quindi, l'ampiezza dell'onda acustica con un'adatta frequenza, che dipende dall'inverso della lunghezza della cavità, si forzano i modi della cavità a guadagnare tutti nello stesso istante, e quindi a essere in fase. Nel 1991 fu scoperto che i laser a titanio-zaffiro danno luogo a impulsi a femtosecondi direttamente autoagganciati in fase. In questi laser, il meccanismo dell'agganciamento di fase tra modi diversi avviene automaticamente a causa della variazione dell'indice di rifrazione della barretta, dovuta a un effetto fisico di polarizzazione che prende il nome di effetto Kerr. La barretta funziona alternativamente da lente divergente o convergente, modulando quindi l'intensità all'interno della cavità laser.
I laser a titanio-zaffiro hanno impulsi accordabili in frequenza dal rosso, cioè da ∼750 nm (1 nm=10−9 m), fino al vicino infrarosso (∼900 nm). L'accordabilità in frequenza può essere estesa fino all'infrarosso medio (∼3500 nm), utilizzando strumenti detti amplificatori parametrici, capaci di generare, per mezzo di processi non lineari, due frequenze diverse, tali che la loro somma sia eguale alla frequenza di eccitazione del laser. Per generazione di frequenze somma in cristalli non lineari, poi, si può estendere l'accordabilità nella direzione delle alte frequenze fino al vicino ultravioletto (∼200 nm). Gli impulsi laser ultracorti a femtosecondi, possono inoltre essere amplificati fino a energie di alcuni mJ per impulso. L'energia di 1 mJ per impulso corrispondea una potenza istantanea elevatissi-ma, dell'ordine di molti gigawatt(1 GW=109 W), cioè alla potenza di molte grandi centrali nucleari messe insieme. Se, poi, gli impulsi vengo-no focalizzati con una lente, si possono raggiungere potenze di terawatt(1 TW=1012 W), superiori alla soglia di danneggiamento di quasi tutti i materiali di cui sono fatte le componenti ottiche di un laser (specchi, reticoli, lenti). Per amplificare gli impulsi a femtosecondi, quindi, è necessario prima allungarli temporalmente fino a centinaia di picosecondi, in modo da ridurre la potenza istantanea, quindi amplificarli e infine comprimerli di nuovo.
La misura di impulsi laser di durata fino ai nanosecondi può essere facilmente eseguita utilizzando un oscillografo veloce. Quando, però, si arriva a tempi di pico- o femtosecondi, non esistono oscillografi tanto veloci da consentire la misura diretta. Una tecnica molto utilizzata per misurare la durata di impulsi ultraveloci è quella detta di autocorrelazione, in cui si trasforma una misura di tempi in una misura di lunghezze. Poiché la velocità della luce è di ∼300.000 km/s (=0,03×1012 cm/s), è facile calcolare il percorso fatto da un impulso luminoso in tempi brevi. Si ottiene che in 33 ps la luce percorre 1 cm, in 3,3 ps 1 mm, in 0,33 ps 100 μ, in 0,033 ps (33 fs) 10 μ, e infine in 0,0033 picosecondi (3,3 fs) 1 μ. Per la misura si utilizza la proprietà di molti cristalli, detti cristalli non lineari, di sommare insieme l'energia di due fotoni per produrre un fotone di energia doppia.
Lo schema di una misura di autocorrelazione è rappresentato nella fig. 3. Il raggio laser viene diviso in due usando uno specchio semitrasparente e ai due raggi così ottenuti viene fatto percorrere un cammino ottico differente, prima di ricongiungerli insieme focalizzandoli su un cristallo non lineare. Se i due impulsi arrivano sul cristallo a tempi diversi, la loro sovrapposizione è nulla e quindi non si ha emissione apprezzabile di fotoni di frequenza doppia. Spostando in maniera continua il prisma nel percorso di uno dei due raggi, si può avvicinare uno dei due impulsi all'altro, fino a sovrapporli e, infine, a invertire il tempo con cui arrivano sul cristallo non lineare. Quanto più i due impulsi sono sovrapposti, tanto maggiore è il numero di fotoni che arrivano nello stesso istante sul cristallo e, quindi, tanto maggiore è il numero di fotoni di frequenza doppia emessi. Misurando l'intensità della radiazione emessa, dunque, si ricostruisce la forma temporale dell'impulso. La durata di impulsi laser di picosecondi o anche di alcune centinaia di femtosecondi è misurabile utilizzando uno strumento che prende il nome di streak camera, il cui principio di funzionamento consiste nella conversione di fotoni in elettroni che, una volta creati, attraversano un campo elettrico variabile rapidamente nel tempo; due fotoni che arrivano con un ritardo Δt creano quindi due elettroni anch'essi con un ritardo Δt. Gli elettroni, passando nel campo elettrico a tempi diversi, subiscono una differente deflessione e vengono quindi separati spazialmente. Quando, però, si arriva a tempi di pochi femtosecondi ancora più brevi, sia le misure di autocorrelazione sia quelle con la streak camera diventano molto difficili e complesse. In questo caso, conviene calcolare il tempo dall'ampiezza a mezza altezza della banda di frequenze dell'impulso, utilizzando la nota relazione del principio di indeterminazione.
La maggior parte dei metodi spettroscopici risolti nel tempo utilizzati in femtochimica è basata sulla tecnica detta di eccitazione e sonda o anche di pompa e prova (pump and probe), cioè sull'uso di due impulsi ultracorti, uno che serve per eccitare il campione (impulso di eccitazione) e l'altro, inviato sul campione con un ritardo variabile (impulso di sonda), per identificare le specie transienti o i processi di eccitazione molecolare creati dal primo impulso. Tra le tecniche spettroscopiche utilizzate in femtochimica, particolare rilevanza riveste l'assorbimento transiente illustrato schematicamente nella fig. 4. L'assorbimento transiente è largamente utilizzato per caratterizzare specie chimiche a vita molto breve o per seguire l'evoluzione temporale di stati eccitati di una molecola. In un esperimento di assorbimento transiente, un impulso ultracorto molto intenso di pompa è utilizzato per eccitare la molecola dallo stato fondamentale a uno stato di energia più alta, che può rapidamente evolvere sia dissociando la molecola in radicali o specie ioniche, sia trasferendo l'energia ad altri stati molecolari. A questo punto, un impulso di sonda viene inviato sul campione con un ritardo calcolato. Il ritardo ottico si realizza facendo attraversare a uno dei due raggi un cammino variabile, semplicemente spostando, con l'aiuto di un motore comandato da un calcolatore, due specchi o un prisma, come mostrato nella fig. 4. La radiazione usata per l'impulso di sonda può essere sia luce bianca, cioè radiazione che si estende su quasi tutto lo spettro visibile, sia radiazione centrata a una frequenza diversa da quella del raggio di pompa, ma tale da essere assorbita dalle nuove specie presenti. L'impulso di sonda è utilizzato per ottenere due spettri di assorbimento del campione, uno in presenza e uno in assenza del raggio di pompa. La differenza tra i due spettri fornisce lo spettro della specie transiente. Utilizzando ritardi variabili si ottiene lo spettro risolto nel tempo.
Anche la fluorescenza indotta da laser o LIF (Laser induced fluorescence) è molto utilizzata in misure di femtochimica. Il grande vantaggio di questa tecnica è il bassissimo rumore di fondo rispetto alle misure di assorbimento. In questo caso, la fluorescenza emessa dal campione a seguito dell'assorbimento di un impulso ultracorto è registrata in funzione del tempo o utilizzando una streak camera o, con maggiore risoluzione temporale, usando un secondo impulso laser per attivare il sistema di misura. Tutte le misure del tipo pump and probe richiedono l'agganciamento di fase dei due impulsi laser e una corretta eliminazione di tutti i contributi incoerenti che disturbano la misura. Per questa ragione, spesso sono preferite tecniche che combinano la coerenza di più raggi laser. Le tecniche di ottica non lineare di mescolamento a 4 onde, che utilizzano l'interazione di tre campi elettrici non lineari per produrne un quarto, sono fortemente preferite da questo punto di vista. Tra queste, sono particolarmente utilizzate quella dei reticoli transienti e quella dell'eco a tre fotoni.
La tecnica dei reticoli transienti, schematizzata nella fig. 5, è basata sull'uso di due impulsi laser di eccitazione, E1 ed E2, che, per interferenza, creano nel campione un reticolo di diffrazione transiente. La spaziatura del reticolo è regolata dall'angolo θ tra le direzioni dei due raggi di eccitazione incidenti. L'impulso di sonda, inviato con ritardi variabili (fig. 4), viene diffratto dal reticolo, generando un segnale che varia nel tempo in funzione del ritardo ottico, con intensità che dipende dalla vita media degli stati elettronici eccitati dagli impulsi. Anche nel caso dell'eco di fotoni schematizzato nella fig. 6 vengono utilizzati tre impulsi. I primi due creano una popolazione di stati eccitati in fase tra loro. Con il passare del tempo, la memoria della fase tende a perdersi e viene recuperata dal terzo impulso. Come in un normale effetto di eco, l'intensità del segnale è proporzionale al ritardo tra il terzo impulso e la coppia di impulsi di eccitazione, e decade con il tempo naturale di decadimento degli stati eccitati, indipendentemente dalla presenza di effetti di inomogeneità del sistema molecolare.
Per misure su molecole in fase gassosa conviene associare la spettroscopia risolta nel tempo alla tecnica dei raggi molecolari supersonici, che permette di ottenere molecole completamente isolate nel vuoto a temperature molto basse, dell'ordine di qualche grado K. In queste condizioni, i livelli vibrazionali eccitati delle molecole, normalmente popolati a temperatura ambiente, sono completamente spopolati. Utilizzando raggi molecolari, sono stati studiati i processi di decomposizione, al livello microscopico, di molte molecole biatomiche e triatomiche, e perfino di molecole poliatomiche complesse, nonché molte reazioni di scambio tra atomi e molecole. Altrettanto importante è l'associazione della spettroscopia laser ultraveloce alla spettroscopia di massa. In questo caso, gli impulsi laser di pompa producono la dissociazione delle molecole e la spettroscopia di massa è utilizzata per caratterizzare i frammenti formatisi, spesso ioni o radicali.
Negli ultimi decenni, con la comparsa di laser a stato solido e con lo sviluppo di strumenti, detti amplificatori parametrici, che permettono di amplificare la radiazione accordandola su un vasto campo di frequenze, si è aperta una nuova era per lo studio dei meccanismi delle reazioni chimiche e della dinamica molecolare. Intere classi di reazioni sia intra- che intermolecolari, per le quali era stato finora impossibile individuare i cammini di reazione perché estremamente veloci, sono state ora chiarite, grazie alle tecniche di spettroscopia ultraveloce illustrate precedentemente. Negli ultimi anni si sono ottenuti risultati importanti nello studio dei processi ultraveloci di dissociazione di molecole semplici, per le quali è stato completamente caratterizzato lo stato di transizione. Per una reazione elementare del tipo
[1] A + BC →[ABC]‡ →AB + C
lo stato di transizione [ABC]‡ è definito come l'insieme di tutte le possibili famiglie di configurazioni di ABC attraverso le quali le particelle reagenti evolvono per dar luogo ai prodotti. In tutti i trattati di chimica classici, lo stato di transizione è normalmente rappresentato semplificando la superficie multidimensionale dell'energia potenziale del sistema al caso bidimensionale, nel quale compare un solo percorso di reazione, rappresentativo di tutti quelli possibili. Lo stato di transizione, idealizzato in questo modo, è situato alla sommità della barriera di potenziale che separa i reagenti dai prodotti.
Descrivere il numero altissimo di ricerche accumulatesi negli ultimi anni sui meccanismi di reazione, studiati con tecniche di spettroscopia risolta nel tempo, sarebbe al di fuori della portata di questo scritto. Il campo di indagine sui meccanismi di reazione e sui processi di trasferimento di energia è notevolmente ampio e la letteratura sull'argomento è molto vasta. In questa occasione sarà sufficiente descrivere alcune problematiche di carattere generale, che offrono una panoramica molto chiara delle linee fondamentali di ricerca della femtochimica e dei contributi apportati da questa disciplina alla conoscenza dei meccanismi di reazione. Un classico esempio di reazioni velocissime, che si presta perfettamente a illustrare come è articolata e come procede una misura di spettroscopia risolta nel tempo, è quello della dissociazione della molecola ICN secondo la reazione
[2] I−CN →[I∙∙∙CN]‡ * →I + CN
dove l'asterisco ‡ indica lo stato di transizione e l'asterisco * designa un livello eccitato. Nella fig. 7A sono indicate le curve di energia potenziale dello stato fondamentale V0, del primo stato eccitato repulsivo V1 e di un secondo stato eccitato repulsivo V2 della molecola ICN. Un fotone λ1 a 307 nm dell'impulso di pompa eccita la molecola nello stato V1, definendo il tempo zero. L'impulso laser di sonda λ2 a 388,5 nm, corrispondente al massimo di assorbimento del frammento libero CN, è quindi inviato sulla molecola a intervalli di tempo variabili, ritardati rispetto all'impulso di pompa. I risultati delle misure di fluorescenza sono poi riportati in funzione del ritardo temporale tra l'impulso di pompa e quello di sonda, come mostrato nella fig. 7B.
Al tempo zero, e fino a quando il ritardo tra i due impulsi è breve, il gruppo CN fa ancora parte del complesso [I∙∙∙CN]‡ *, non avendo avuto il tempo di separarsi completamente dall'atomo di iodio spostandosi lungo la curva di potenziale V1. In queste condizioni, non si osserva fluorescenza perché il complesso non può assorbire il fotone λ2. Quando, invece, il ritardo arriva a circa 250 fs, sufficiente per permettere al gruppo CN di giungere a una distanza R∞ di separazione dall'atomo di iodio superiore a ∼6 Å, comincia la fluorescenza, perché ora il gruppo CN libero assorbe esattamente alla frequenza del fotone λ2, come mostrato dalla curva a tratto pieno della fig. 7B. Per stimolare l'emissione fluorescente a tempi minori, è necessario, invece, adoperare un impulso di sonda accordato a frequenza leggermente diversa λ2*, che possa essere assorbita dal complesso [I∙∙∙CN]‡ *. Il complesso fluoresce finché il gruppo CN non si è allontanato e a questo punto la fluorescenza si interrompe (curva tratteggiata nella fig. 7B).
Un esempio di caratterizzazione dello stato di transizione in una molecola poliatomica è la reazione di fotodissociazione dell'azometano. La reazione è conosciuta da lungo tempo e in vari laboratori si era cercato con metodi indiretti di stabilire il meccanismo col quale l'azometano si dissocia per dare origine a due radicali metili e a una molecola di azoto. Prima dell'introduzione di sorgenti laser a impulsi ultracorti, non era stato possibile stabilire con certezza se la dissociazione avvenisse attraverso un unico meccanismo concertato
[3] CH3−N=N−CH3→CH3∙+CH3∙+N2
oppure in due fasi successive secondo lo schema
[4] CH3−N=N−CH3→CH3−N2∙+ +CH3∙→CH3∙+CH3∙+N2
dove il punto indica la presenza di un radicale, cioè di una molecola con un elettrone spaiato. Nel primo caso, i due legami sono rotti contemporaneamente, mentre nel secondo la reazione produce un radicale CH3−N2∙, il quale solo successivamente libera una molecola di azoto. La formazione dell'intermedio CH3−N2∙ è stata dimostrata abbinando la spettroscopia di massa alle tecniche laser ultraveloci. L'esperimento mostra inequivocabilmente che i due eventi successivi di rottura dei legami C−N avvengono su scale temporali estremamente brevi ma comunque distinguibili. Utilizzando impulsi di 80 fs e monitorando la comparsa della massa relativa all'intermedio CH3−N2∙ si è visto che questo si forma in circa 70 fs e decade con una costante di tempo di circa 100 fs. La molecola di azoto e gli altri frammenti compaiono con una costante di tempo di circa 100 fs. Questi risultati hanno permesso di dimostrare che il meccanismo è di tipo consecutivo e non concertato. L'esperimento, inoltre, mette in luce che il processo di dissociazione avviene con tempi paragonabili a quelli di un ciclo vibrazionale.
Una classe di reazioni intramolecolari importante è quella dell'isomerizzazione. L'isomerizzazione cis-trans è una delle più semplici reazioni intramolecolari.Come esempio, consideriamo la molecola di azabenzene C6H5−N=N−C6H5 costituita da due anelli benzenici legati a un doppio legame N=N, che può esistere in forma trans o in forma cis. La forma trans ha una struttura planare con i due anelli benzenici giacenti da parti opposte rispetto all'asse passante per il doppio legame N=N. La forma cis è anch'essa planare, ma i due anelli benzenici giacciono dalla stessa parte. La trasformazione di una forma nell'altra può avvenire sia per via termica sia per fotoeccitazione e comporta una variazione consistente della distanza tra i due anelli. Il processo di isomerizzazione trans-cis avviene mediante due meccanismi del tutto diversi, a seconda della lunghezza d'onda utilizzata nella fotoeccitazione. Se per assorbimento di un fotone si raggiunge il più basso stato elettronico eccitato, la conversione dalla forma trans a quella cis avviene per rotazione nel piano molecolare (inversione). Nello stadio iniziale del processo, uno degli anelli benzenici ruota nel piano allineandosi lungo l'asse N=N in circa 2,5 ps. Da questa posizione, poi, la molecola decade nuovamente nello stato fondamentale sia in configurazione cis sia in configurazione trans. Se invece si assorbe un fotone di frequenza maggiore che permette di raggiungere il secondo stato eccitato, la conversione si attua per rotazione fuori del piano di una metà della molecola attorno all'asse N=N. Il secondo stato eccitato decade in circa 200 fs in un minimo relativo, per rotazione di circa 20° di un anello benzenico in modo perpendicolare al piano molecolare. Successivamente, la molecola rilascia l'eccesso di energia vibrazionale, raggiungendo un minimo relativo del primo stato eccitato, dal quale decade poi nello stato fondamentale in circa 15 ps.
Reazioni molto veloci riguardano il trasferimento di protoni sia all'interno di molecole (trasferimento intramolecolare), sia tra molecole diverse, in particolare tra molecole di soluto e di solvente (trasferimento intermolecolare). Il processo più noto di tipo intermolecolare è la dissociazione degli acidi in acqua, secondo la ben nota reazione:
[5] HX+H2O→X−+H3O+
d'importanza fondamentale in chimica e biochimica, che avviene in tempi dell'ordine del picosecondo. Simulazioni al calcolatore hanno dimostrato che l'effetto del solvente è quello di distorcere il potenziale lungo la coordinata di trasferimento del protone. In questo modo, la funzione potenziale ‒ che ha un minimo quando l'idrogeno è collegato all'atomo X ‒ progressivamente si deforma, presentando prima due minimi simmetrici e poi trasferendo il minimo nella posizione in cui l'idrogeno è ora attaccato a una molecola d'acqua. Il livello fondamentale di energia vibrazionale del protone è superiore alla debole barriera che separa i due minimi equivalenti nella situazione intermedia, e pertanto non è necessario alcun effetto tunnel per trasferire il protone.
Un esempio di reazione intermolecolare che soddisfi le condizioni di prossimità fra molecole reagenti è l'estrazione di idrogeno dall'ossidrile di un alcol da parte di un soluto in stato eccitato. A titolo di esempio, consideriamo la reazione che avviene per il 4,4′-dipiridile (BPY) in metanolo. Mentre in solventi polari che non contengono idrogeni mobili (per es., acetonitrile), l'energia assorbita nel primo stato elettronico del dipiridile decade preferenzialmente per via non radiativa senza dar luogo a reazione, in solventi che presentano legami a idrogeno il processo dominante è invece quello di fotoriduzione con formazione di un radicale BPY−H∙. La rapidità con cui avviene la fotoriduzione è dovuta a un meccanismo a due stadi, come illustrato nello schema di reazione seguente:
[6] formula
dove l'assorbimento di un fotone produce istantaneamente uno stato elettronico eccitato (BPY*) e solo successivamente si forma un complesso con separazione di carica dovuto al trasferimento del protone. Tale stadio evolve nella specie ridotta (BPY−H∙) in un tempo di 13 ps; questo processo rappresenta lo stadio più lento di tutta la reazione.
Una classe di reazioni intramolecolari semplici è rappresentata dal trasferimento protonico in stati elettronici eccitati. Molte molecole organiche contenenti gruppi ossidrilici, come gli alcoli, si comportano da acidi forti nello stato eccitato, nonostante nello stato fondamentale siano acidi molto deboli, manifestando solo una scarsa tendenza a liberare protoni. Un classico esempio di molecole di questo tipo è rappresentato dal fenolo, C6H5−OH, che nello stato fondamentale dà origine allo ione fenato C6H5−O− solamente in presenza di una base molto forte, mentre nello stato eccitato si comporta da acido forte. Se si produce la transizione allo stato eccitato in una molecola in cui sono presenti contemporaneamente un ossidrile e un gruppo accettore di protone, come, per es., un atomo di azoto o un altro atomo di ossigeno, il protone tende a migrare dal gruppo ossidrile, divenuto ora un acido forte, per attaccarsi all'atomo di azoto o di ossigeno. Tale reazione è tanto più rapida se il protone si trova già in prossimità del sito accettore. Nella fig. 8 è rappresentata la superficie di potenziale, nello stato fondamentale e in quello eccitato, lungo la coordinata di trasferimento del protone per una molecola di questo tipo, contenente, per esempio, un legame O−H e un atomo di azoto. Poiché il minimo di energia delle due curve non coincide, per assorbimento di un fotone (processo a), la molecola si viene a trovare in una situazione d'instabilità. In questa condizione il meccanismo di trasferimento protonico è favorito e il sistema raggiunge un nuovo minimo corrispondente alla formazione del legame N−H. Il tempo di vita di questa specie è generalmente abbastanza lungo, dell'ordine di alcuni nanosecondi.
Successivamente, la molecola decade nello stato fondamentale per emissione di un fotone (processo b). A questo punto la situazione è capovolta. La struttura è poco stabile e si riassesta con il trasferimento del protone verso il sito occupato prima del processo di fotoeccitazione. In particolari situazioni, possono essere stabilizzate strutture intermedie. Un caso interessante è quello della molecola di 2,2′-dipiridil-3,3′-diolo, nella quale sono presenti due legami a idrogeno N∙∙∙H intramolecolari. Il trasferimento protonico, in questo caso, interessa entrambi i protoni e può avvenire secondo un meccanismo concertato oppure sequenziale (fig. 9). Nel primo caso, il processo è estremamente rapido e avviene in ∼50 fs. Nel secondo caso, solo il primo protone si trasferisce con tempi analoghi a quelli del meccanismo concertato. Il secondo protone, invece, impiega un tempo dell'ordine di alcuni picosecondi. In questo ultimo esempio, il complesso di transizione può essere identificato con una specie che contiene una netta separazione di carica.
La spettroscopia ultraveloce, inoltre, ha dato contributi decisivi alla comprensione dei meccanismi di trasferimento di elettroni che regolano la fotosintesi, convertendo l'energia solare in energia chimica, attraverso una serie di complessi processi in cui i fotoni assorbiti in una zona della molecola, l'antenna (Ant), trasferiscono l'energia in un'altra zona della macromolecola, il centro di reazione o RC (Reaction center). L'evento primario nella conversione dell'energia solare in energia chimica al centro di reazione è il trasferimento di elettroni attraverso la membrana fotosintetica, alla quale sono collegati sia l'antenna sia il centro di reazione. Le due grandi classi di sistemi fotosintetici sono quello delle piante (clorofilla) e quello dei batteri fotosintetici. Tra questi ultimi, i più studiati con tecniche di spettroscopia ultraveloce sono i batteri porpora.
Nelle clorofille esistono due centri di reazione, i fotosistemi PSI e PSII, che lavorano in serie: il fotosistema PSII ossida l'H2O formando O2, mentre il fotosistema PSI riduce l'NADP+ (nicotinamide-adenin-dinucleotide-fosfato+). I batteri porpora, invece, hanno un solo centro di reazione che non riesce a ossidare l'H2O. Il fotosistema PSI è formato da tre complessi proteici e funziona sia come antenna sia come centro di reazione. Ogni monomero raggruppa un gran numero di componenti, tra cui ben 12 proteine, 96 clorofille-a e 22 carotenoidi. Solo 6 clorofille-a formano però il centro di reazione vero e proprio. Le altre costituiscono due strutture di antenne, la struttura di base (Ant1), e quella accessoria (Ant0) che assorbe a frequenze più alte. L'energia dei fotoni raccolti dalle antenne viene trasmessa in circa 40 ps al principale donatore di elettroni di tutto il sistema, una coppia di clorofille-a, detta P700, che, a seguito dell'eccitazione luminosa, trasferisce 1 elettrone a una serie di accettori che formano due rami, A e B. L'elettrone è trasferito in circa 29 ps al primo accettore di elettroni, una clorofilla chiamata A0, probabilmente localizzandosi in 9 ps in un accettore accessorio Aacc, non ancora ben identificato. Da A0 l'elettrone è trasferito a un secondo accettore A1 (fillochinone) in circa 40 ps. L'elettrone continua poi a discendere la scala di potenziali redox fino a un centro ferro-zolfo, detto Fx, dal quale l'elettrone passa poi, nell'ordine, ai centri ferro-zolfo FA e FB, e infine da Fb a una ferrodossina solubile FD che riduce l'NADP+ con l'aiuto di una riduttasi. Una volta realizzata la separazione di cariche, la reazione oscura, cioè la serie di reazioni che avvengono senza assorbimento di fotoni, procede molto più lentamente, dando origine, infine, alla produzione di NADPH e/o di ATP.
Il sistema fotosintetico dei batteri porpora è quello di gran lunga più studiato. Il sistema consiste di un centro di reazione e di due tipi di antenne: un'antenna centrale LH1, che circonda il centro di reazione, e una periferica LH2. La struttura dell'antenna LH2, recentemente risolta, include due anelli concentrici di 9 polipeptidi con struttura ad α-elica, che collegano due anelli di pigmenti, il primo di 18 batterioclorofille (B850) e il secondo di 9 batterioclorofille (B800). La funzione fondamentale delle batterioclorofille B800 è di assorbire la radiazione tra 790 e 810 nm. L'energia resta intrappolata all'interno del sistema, passando da una all'altra delle batterioclorofille B800 in circa 1ps e poi da queste viene trasferita, in circa 700 ps, alle batterioclorofille B850. L'energia, poi, si sposta in circa 700 fs all'interno del sistema delle B850 e in seguito viene trasferita in circa 3 ps all'antenna LH1, formata da 32 polipeptidi organizzati in due anelli concentrici che racchiudono un anello di 32 batterioclorofille, dette B875 per il fatto che assorbono a circa 875 nm. All'interno del sistema delle batterioclorofille B875, il trasferimento di energia è estremamente rapido (∼80 fs).
Califano, Foggi 2003: Califano, Salvatore - Foggi, Paolo, Chimica ultraveloce, "Le scienze", 417, 2003, pp. 82-89.
DeSchryver 2001: Femtochemistry, edited by Frans C. DeSchryver e altri, Weinheim, Wiley-VCH, 2001.
Hecht 1992: Hecht, Jeff, Understanding lasers, New York, IEEE Press, 1992.
Manz, Wöste 1995: Femtosecond chemistry, edited by Jörn Manz, Ludger Wöste, Weinheim, VCH, 1995, 2 v.
Mukamel 1995: Mukamel, Shaul, Principles of nonlinear op-tical spectroscopy, New York-Oxford, Oxford University Press, 1995.
Pilling, Seakins 1995: Pilling, Michael J. - Seakins, Paul W., Reaction kinetics, Oxford, Oxford University Press, 1995.
Zewail 1990: Zewail, Ahmed H., The birth of molecules, "Scient-ific American", 263, 1990, pp. 76-82.
Zewail 1994: Zewail, Ahmed H., Femtochemistry: ultrafast dynamics of the chemical bond, Singapore-River Edge (N.J.), World Scientific, 1994.
Zewail 2000: Zewail, Ahmed H., Femtochemistry: atomic-scale dynamics of the chemical bond, "Journal of physical chemistry A", 104, 2000, pp. 5660-5694.