GONZAGA, Feltrino
Terzogenito di Luigi di Corrado, primo signore di Mantova della casa di Gonzaga, nacque a Mantova verosimilmente nei primi anni del Trecento. Con i fratelli Guido e Filippino e la sorella Tommasina è tradizionalmente considerato figlio della prima moglie attestata di Luigi, Richilde di Ramberto Ramberti di Ferrara: G. Daino, archivista ducale cinquecentesco e storico di provata attendibilità, solleva però un dubbio, sostanzialmente ignorato dalla storiografia successiva, su questa attribuzione, dal momento che nel testamento di Richilde, rogato il 31 ag. 1319 (quando cioè i quattro figli dovevano essere già adulti: Guido e Tommasina erano già sposati) non si fa il minimo cenno ad alcuno di loro, e ipotizza che Luigi li avesse avuti da un precedente matrimonio, su cui però non porta testimonianze definitive.
Dei primi anni di vita del G. non ci sono notizie: il Litta lo vuole sposato una prima volta con Caterina di Stefano Visconti, ma ne mancano evidenze documentarie e cronachistiche ed è dunque lecito dubitarne. Nell'autunno del 1328 sposò Antonia di Guido da Correggio, che risulta ancora viva negli anni Sessanta del secolo: da lei ebbe quattro figli maschi: Pietro, Guido, Guglielmo ed Edoardo (i primi due, per quanto ancora fanciulli, vennero fatti cavalieri insieme con il padre durante la magna curia del 1340). Pietro dovette premorire al padre, Guido e i suoi discendenti diedero vita ai rami dei Gonzaga di Bagnolo e Novellara; Guglielmo ed Edoardo furono capitani di ventura.
Quando, nel 1328, Luigi (I) Gonzaga con un colpo di mano esautorò la dinastia bonacolsiana che aveva signoreggiato sino ad allora la città di Mantova, il G. era accanto ai fratelli, pur essendo il più giovane: comparve accanto a Guido e a Filippino dal 1331 in ogni diploma e in ogni atto ufficiale dei "domini Mantue", dal 1332 in ogni transazione patrimoniale in città e nel distretto di Mantova. Secondo S.A. Maffei, andò nel 1332 a Venezia in occasione della concessione della cittadinanza veneziana al padre Luigi. Con Filippino si recò a Reggio Emilia nel 1335 - dopo che Guido l'aveva occupata alla testa delle truppe mantovane e scaligere durante la guerra che aveva garantito alle potenze collegate nella lega di Ferrara (16 sett. 1332) il controllo delle città già assoggettate a Giovanni di Boemia negli anni 1330-32 - e vi tornò sovente, facendone la propria base per le operazioni militari che lo videro protagonista soprattutto a partire dalla fine degli anni Quaranta. Nel 1349 venne investito con il padre e i fratelli del vicariato imperiale su Mantova e Reggio Emilia.
Aliprandi (pp. 123 s.) racconta con un certo brio che mentre il primogenito Guido, "largo, savio e sacente", coadiuvava Luigi nell'azione politica e nella rappresentanza degli interessi della famiglia e Filippino, che "vivìa alteramente" e "stasìa sempre cum granda compagnia", si dedicava per lo più alle imprese militari e al governo di Reggio, il G. si sarebbe "dato a far fosse, forteze e muri", spintovi dai fratelli che "lasava a lui chotai fatiche duri"; Amadei riconduce in effetti alla personale iniziativa del G. la ricostruzione di un tratto delle mura cittadine e della torre di S. Alò verso il lago di mezzo.
In ogni caso, negli anni 1328-50, la gestione consortile e comune del potere e del patrimonio dinastico fra Luigi e i suoi figli, come dimostrano i registri patrimoniali intestati per lo più ai tre Gonzaga o collettivamente ai "domini de Gonzaga", rende difficile individuare con esattezza quanta parte avessero le iniziative personali del G., se si fa eccezione per le spedizioni e i fatti militari registrati dalle cronache. Egli infatti viene ricordato negli anni Quaranta principalmente in occasione di eventi militari, accanto a Filippino, più noto e prestigioso capitano, e al nipote Ugolino di Guido. Nel corso della perdurante conflittualità con Mastino (II) Della Scala tra il 1345 e il 1351, aggravata nel 1347-49 dall'aggressione portata da Luchino Visconti al Mantovano, il G. si segnalò come capitano militare sia nel 1345, quando resistette a capo di 1200 cavalieri gonzagheschi agli assalti portati a Modena e a Reggio dallo Scaligero e dal marchese d'Este, sia nelle operazioni del 1347 contro Alberto Della Scala, quando, in assenza di Filippino, in Puglia al seguito di Luigi d'Ungheria, il G. capitanò le milizie gonzaghesche lungo i confini veronesi.
Il dominio gonzaghesco a Reggio si inasprì nel corso di questi lunghi conflitti e tra gli anni 1344 e 1346 si ha notizia di ripetuti tentativi da parte dei Roberti e dei Manfredi di eliminare sia il G., sia il fratello Filippino, e di consegnare la città a Mastino (II) e a Obizzo d'Este.
Con i primi anni Cinquanta e con l'indebolirsi dell'influenza di Luigi (I) sui figli, i tre fratelli diedero i primi segni di una crescente difficoltà nel mantenere l'accordo nella gestione del potere, anche a causa dei rispettivi figli, ormai adulti. Nel 1354, il G. seguì con il figlio Guglielmo il nipote Ugolino nella partecipazione alla congiura di Fregnano Della Scala contro Cangrande (II): allorché questi tornò prontamente a Verona, coadiuvato da truppe inviate da Bernabò Visconti, il G. si nascose a Verona nel convento dei frati minori, ma scoperto e catturato, venne riscattato, insieme con gli altri Gonzaga, qualche tempo dopo per l'altissima somma di 30.000 ducati e grazie alla mediazione veneziana. Nello stesso anno venne investito, insieme con i fratelli Guido e Filippino, del vicariato imperiale su Mantova, Reggio, e diversi grossi centri del Cremonese e del Bresciano, da Carlo IV, chiamato in Italia in funzione antiviscontea e fermatosi a Mantova fra novembre e dicembre.
Gli equilibri, già precari, fra il G. e i fratelli maggiori si incrinarono apertamente una prima volta alla morte di Filippino, nell'aprile del 1356: Aliprandi riporta che i figli del G., preoccupati per il peso sempre più rilevante assunto da Guido e dal figlio Ugolino, soprattutto dopo la scomparsa di Filippino, che con il G. in pratica governava a Reggio, congiurarono per sopprimere lo zio e i cugini, all'insaputa del padre, e, scoperti, fuggirono a Verona mentre il G. si riconciliava con Guido. La frattura sembrava ricomposta: Guido e il G. l'anno successivo costringevano insieme Gigliola, figlia di Filippino e sua unica erede, a rinunciare a loro favore all'eredità paterna.
La guerra contro i Visconti, che pur senza il desiderato appoggio imperiale coalizzò i Gonzaga, l'Oleggio, Aldobrandino d'Este e Giovanni Paleologo tra il 1356 e il 1358, segnò però la rottura definitiva dei rapporti fra il G. e i Gonzaga di Mantova: quando, dopo due anni di guerra, l'8 giugno 1358 i Gonzaga firmarono la pace con Bernabò Visconti, si impegnarono a cedergli tutti i loro possessi allodiali nelle città e nei distretti di Mantova e di Cremona, venendone reinvestiti in feudo retto e nobile: i beni reggiani però non comparvero nella stesura finale dell'atto grazie a un non chiarito escamotage del Gonzaga.
Secondo l'Aliprandi, Bernabò aveva proposto a Ugolino, capitano generale delle truppe gonzaghesche durante la guerra, di acconsentire alla pace e restituire le terre mantovane occupate nel corso del conflitto dietro la consegna o della città di Reggio o della proprietà eminente del patrimonio allodiale della famiglia. Guido e Ugolino propendevano per la prima ipotesi, il G. evidentemente per la seconda. Egli dunque avrebbe cavalcato su Reggio, impossessandosene, e costringendo i Gonzaga di Mantova ad acconsentire alla cessione delle terre, come in effetti avvenne. Il matrimonio contratto nel settembre tra Ugolino di Guido Gonzaga e Caterina Visconti (erede con la madre Gigliola Gonzaga dei beni di Filippino) preluse inoltre alla perdita, da parte del G., della sua quota dei beni di Filippino, allorché Gigliola nel dicembre 1359, spalleggiata da Ugolino, fece ricorso all'imperatore e riuscì a fare invalidare la donazione cui era stata obbligata nel 1357.
Il G. intanto tentava di consolidare la propria signoria su Reggio, che teneva, come scrive Azario (p. 92), "male et pauperrime". Negli anni 1360-63 il G. aderì alle leghe antiviscontee stipulate nel 1361 e nel 1362 con gli Scaligeri, gli Estensi e Giovanni Visconti di Oleggio (resosi signore indipendente di Bologna) e appoggiate dal legato papale Egidio Albornoz, battendo, come capitano generale degli eserciti della lega, le forze viscontee a Solara nel 1363. La morte del nipote Ugolino, assassinato dai fratelli Ludovico e Francesco a Mantova nell'ottobre 1362, aveva intanto allentato la pressione dei Gonzaga di Mantova su Reggio, indebolendo contemporaneamente gli stretti rapporti fra essi e Bernabò Visconti: il G. sospendeva nel 1364 le ostilità con Milano. Nel 1366 Carlo IV formalizzava la scissione di fatto del consorzio parentale che aveva governato Mantova e Reggio e normalizzava temporaneamente i rapporti fra i due rami della famiglia gonzaghesca, emanando due distinti diplomi: uno per Guido, Ludovico e Francesco come vicari di Mantova, l'altro per il G., nominato per la prima volta, e da solo, vicario di Reggio Emilia.
A seguito di questi riaggiustamenti, nel 1367, auspice papa Urbano V, venne stipulata una nuova lega antiviscontea che coalizzò il Papato, gli Este, i Carrara, l'imperatore Carlo (che scese in Italia nel maggio dell'anno seguente) e la regina Giovanna di Napoli: il G. e i nipoti Ludovico e Francesco si trovarono in questa occasione dalla stessa parte.
Dopo un'estate di violentissime campagne nel Mantovano, l'11 febbr. 1369 si giunse finalmente alla pace, cui fece seguito una lega decennale di difesa contro le compagnie di ventura: anche il G. vi prese parte come signore di Reggio impegnandosi a provvedere 10 barbute (15 marzo 1369). L'espansionismo visconteo peraltro continuava a minacciare la regione: il 25 marzo 1370 a Bologna il papa, le Comunità toscane, gli Este, i Carrara e il G. si unirono in un'ulteriore lega difensiva contro tutti coloro che volessero turbare l'assetto stabilito dalla pace del 1369.
L'offensiva viscontea, oltre che in Toscana, si volse anche contro il G.: il 13 giugno le truppe milanesi comparivano sotto Reggio. L'impresa reggiana appariva relativamente fattibile: il G. e i suoi figli in quegli anni non avevano saputo consolidare il proprio potere in città, né assicurarsi la fedeltà delle famiglie locali più eminenti come Manfredi, Roberti, Fogliano, che rimanevano in bilico fra aderenze estensi e viscontee. Reggio era in realtà al centro di una aspra contesa fra il Visconti e Niccolò (II) d'Este: il G. si rivelò rapidamente del tutto impossibilitato a fare più che resistere il tempo sufficiente per ricavare dalla perdita della città le condizioni migliori. Una temporanea tregua venne pattuita nel novembre, ma con l'anno nuovo ripresero le ostilità: il 30 aprile, grazie a una congiura interna e al tradimento di un fedelissimo del G., Gabriele Cavasacchi, le truppe estensi entravano a Reggio, mentre il G. si rifugiava nella cittadella fortificata; non avendo modo di capovolgere la situazione e recuperare il controllo sulla città, si rivolse a Bernabò Visconti e - per tramite del figlio Guglielmo, uscito da Reggio per recarsi a Milano il 2 maggio - vendette il 17 maggio la città al Visconti per 50.000 fiorini d'oro, con riserva della signoria di Novellara e di Bagnolo. Le truppe viscontee entrarono in Reggio tra il 20 e il 22 del mese. Il G. era ancora in Reggio il 21 maggio, ma già il 26 se ne partiva per recarsi a Cremona da Bernabò. Finiva così la dominazione gonzaghesca su Reggio, nell'attenta neutralità di Ludovico (II) Gonzaga, ormai solo signore di Mantova, che dalle vicende del 1368 aveva appreso la dura lezione della prudenza.
Il G. trascorse gli ultimi anni della sua vita errabondo e senza pace: visse a Parma, a Cremona, a Genova, spostandosi come capitano di guerra, ma senza denaro e senza adattarsi a essere solo un condottiero al servizio di Bernabò Visconti. Si rifugiò infine a Padova, dove visse "absque ulla provisione et sine consilio, tamquam privatus civis" e dove morì nel dicembre del 1374 (il 6 secondo Gazata, il 28 secondo Amadei: Torelli, 1921, p. 151); fu sepolto nel convento degli eremitani.
Fonti e Bibl.: Si indicano qui soltanto gli atti di particolare rilievo per la ricostruzione della biografia del G.; per altre fonti inedite per lo studio della sua attività a Mantova e a Reggio si veda L'Archivio Gonzaga di Mantova, I, a cura di P. Torelli, Mantova 1920; II, La corrispondenza famigliare, amministrativa e diplomatica dei Gonzaga, a cura di A. Luzio, Verona 1922. Per le fonti narrative si citano solo le pagine in cui il G. compare da solo, sottintendendo che vada controllata ad indicem la voce domini de Gonzaga. Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, bb. 1-3, 17, 19, 84, 196, 215, 228-232, 245-248 (ff. 2, 19-30), 262, 328, 335, 337, 393 (f. 23), 409A, 416.I: G. Daino, De origine et genealogia ill. domus dominorum de Gonzaga; 833, 1225, 1288, 1301, 1591, 1605, 1848, 2381, 2882.1-3, 3136, 3350, 3451; Fondo D'Arco, 57: G. Daino, Series chronologica capitaneorum, marchionum ac ducum Mantuae usque ad annum 1550; Parisius de Cereta, Chronicon Veronense…, in L.A. 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