FELLINI (Felini, Felina)
Famiglia di pittori bolognesi attivi tra la seconda metà del XVI e la metà del XVII secolo. Capostipite è Giovanni Battista, da identificare probabilmente con il figlio di un Andrea nato, a quanto attestano i registri battesimali della cattedrale, a Bologna l'11 febbr. 1562 (Bologna, Archivio generale arcivescovile, ad annum). Tale data è compatibile con la notizia che lo dice vivente nel 1570 (Zani, 1821) e con l'inizio nel 1581 della sua attività quale "pictor Collegii" presso il bolognese Collegio di Spagna, come si desume dai Libri rationum conservati nell'Archivio dell'istituto (Cortese, 1979). Le citazioni di pagamenti a suo nome si protraggono con frequenza fino al 1600, ma l'importanza degli incarichi a lui affidati fu sempre modesta come, del resto, l'entità delle ricompense.
Curò gli addobbi per i sepolcri del venerdì santo, disegnò stemmi su carta per la festa di s. Clemente, raramente fu impiegato in compiti meno effimeri: nel 1582 dipinse decorazioni sull'arco di ingresso, nel 1596 curò il restauro di un'immagine ed alcune dorature sopra il portone principale.
Il Malvasia lo definisce "pittore a guazzo e d'armi, ma di poca levata" (1678) e lo Zani lo classifica come mediocre pittore omatista. Nel 1600 risulta membro soprannumerario nel consiglio della compagnia dei pittori, nata in quello stesso anno in seguito alla separazione dai bombasari, come si evmce da documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Bologna, Assunteria d'arti (Malaguzzi Valeri, 1897). Il Malvasia dice di lui che "visse novant'anni" (XVII sec., [1984], p. 308). In tal caso la data della sua morte potrebbe collocarsi intorno al 1652.
Da Angela Franchi, Giovanni Battista ebbe due figli anch'essi pittori. Il primo, Giulio cesare, nacque a Bologna il 17 giugno 1592, il secondo, Marco antonio, nacque, sempre a Bologna, il 3 giugno 1594 (Bologna, Archivio generale arcivescovile, Registri battesimali della cattedrale, ad annos). Entrambi furono allievi di G. Ferrantini e dei Carracci. Legati spesso nella comune denominazione "i Fellini" ricorrente nei testi coevi condivisero l'attività di pittori ornatisti che era stata del padre e nella quale raggiunsero entrambi un buon livello di prestigio. Il Malvasia (1678) li definisce "bravi in materia d'armi e di scuderie" e cita il possesso di una casa nuova con orto a testimonianza di una certa agiatezza economica. La qualità delle loro decorazioni ad affresco non è più riscontrabile, in quanto nessuna di esse risulta attualmente reperibile. Da alcuni fatti si desume, tuttavia, che questi artisti avevano doti di qualche interesse. Nella loro bottega si avvicendarono molti allievi che in seguito parteciparono alla grande stagione del barocchetto bolognese.
Lo stile dei F. doveva essere ben caratterizzato ed identificabile se il Malvasia coniò il termine "felineggiare" per indicare il dipingere alla loro maniera (Malvasia, 1678). E la loro fama doveva essere solida se nel 1644 B. Bocchini poté accostare il loro cognome a quello di altri più noti pittori bolognesi in un sonetto della sua Pina dissonante (Bologna 1644, p. 157). Nell'ambito della pittura ad affresco il solo Giulio Cesare. tra i due fratelli, si cimentò nella figura. Fu questa specificità a distinguerlo da Marco Antonio nella considerazione dei contemporanei, tanto che andarono sotto il suo nome, pur nel riconoscimento della collaborazione del fratello, tutte le opere ad affresco ricordate prima dal Malvasia (1686) e poi nelle varie Guide di Bologna dei secoli XVII e XVIII.
Di esse troviamo menzione nei manoscritti di M. Oretti che, con le sue puntuali descrizioni, consente di capire quali fossero le opere più significative realizzate da Giulio Cesare: la Probatica piscina nell'infermeria delle donne annessa al santuario di S. Maria della Vita; la Madonna di Loreto con i ss. Antonio e Lorenzo in S. Procolo; gli affreschi da terra al soffitto del palazzo Segni in Strada Maggiore; la decorazione della camera I delle udienze nel palazzo arcivescovile, nell'ambito dell'ampio rinnovamento decorativo promosso dal cardinale G. Colonna fra il 1632 e il 1645. La decorazione ad affresco della chiesa del S. Sepolcro, all'interno del complesso basilicale di S. Stefano, con le Storie della Passione fu certamente la sua realizzazione di maggior respiro compositivo, e probabilmente anche l'ultima, poiché le Guide la dicono proseguita da altri pittori "di minore importanza". La testimonianza dell'Oretti è preziosa anche per verificare la precocità dello sfiorire della fama dei Fellini. Già nel 1775 lamentava la perdita dei loro affreschi nelle chiese dei celestini, di S. Giacomo Maggiore, di S. Maria dei servi. coperti per lasciare spazio ad altre decorazioni (Delle pitture che esistevano ...).
L'opera di ricopertura è proseguita in seguito, tanto che nel secolo XX non si ha più alcuna testimonianza tangibile della loro attività. Il Nagler (1856) individua e riproduce il monogramma di Giulio Cesare, con cui l'artista avrebbe siglato dipinti e disegni e che comparirebbe anche su acquaforti e xilografie realizzate, su suoi disegni, da G. B. Coriolano. incisore attivo a Bologna negli stessi anni.
Marc'Antonio morì a Bologna il 5 giugno 1650 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria della Vita. Giulio Cesare morì, sempre a Bologna, il 19 giugno 1656 e, come riferisce l'Oretti, fu sepolto anche lui nella chiesa dell'Arciconfraternita della Vita (Notizie de' professori ...).
Dal testamento, redatto da quest'ultimo alcuni giorni prima della morte, sappiamo che abitava nella parrocchia di S. Giacomo dei Carbonesi con la moglie Camilla dei Negro, sua erede (Gualandi, 1842).
Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. comunale, ms. B 129: M. Oretti, Notizie de' professori di disegno, II, ff. 119 s. (per Giulio Cesare e Marc'Antonio); Ibid., ms. B 30: Id., Le pitture nelle chiese della città di Bologna [1767], I, ff. 9, 12, 55, 156, 186, 246, 269, 285, 290; Ibid., ms. B 30: Id., Delle pitture che esistevano nelle chiese della città di Bologna, II [1775], ff. 4, 9 s., 24, 54; Ibid., ms. B 104: Id., Le pitture che si ammirano ne li palagi e case nobili della città di Bologna, II, ff. 14, 116; III, ff. 18, 43; Ibid., ms. 861: B. Carrati, Nascite de' cittadini battezzati in S. Pietro dal 1459 al 1810, ff. 51 (per Giov. Battista), 66 (per Giulio Cesare), 112 (per Marc'Antonio); Ibid., ms. B 911: Id., Morti nobili e civili di Bologna tratti dai libri parrocchiali, f. 114 (per Giulio Cesare); C. C. Malvasia, Felsina pittrice. Vite dei pittori bolognesi, [1678], Bologna 1841, II, p. 207; Id., Le pitture di Bologna [1686], a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, ad Indicem; Scritti originali del conte C. C. Malvasia spettanti alla sua Felsina pittrice [XVIIsec.]; a cura di L. Marzocchi, Bologna 1984, adIndicem;P. A. Orlandi, Abcedario pitt., Bologna 1704, p. 236; G. Bianconi, Guida del forestiere per la città di Bologna, Bologna 1820, pp. 193, 337; P. Zani, Enc. metodica critico-ragionata delle belle arti, Parma 1821, II, 8, p. 220; M. Gualandi, Mem. orig. ital. risguardanti le belle arti, III, Bologna 1842, p. 190; G. C. Nagler, Die Monogrammisten, I, München 1856, p. 999; F. Malaguzzi Valeri, L'arte dei pittori a Bologna nel secolo XVI, in Arch. stor. dell'arte, s. 2, II (1897), p. 313 (per Giov. Battista); C. Cuppini, Ipalazzi senatori a Bologna, Bologna 1974, p. 318; E. Cortese, Artisti e artigiani al Collegio di Spagna nel Cinquecento, in Studia Albornotiana, V (1979), pp. 151 s. (per Giov. Battista); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 373; Diz. enc. Bolaffi dei pittori e degli incis. ital., IV, p. 348.