RASPONI, Felicia
RASPONI, Felicia (Felice). – Nacque a Ravenna nel 1523, ultima di undici figli, da Teseo, esponente della famiglia ghibellina dei Rasponi (che costellarono la storia della Romagna cinquecentesca di crudeli fatti di sangue), e da Giovanna Fabbri.
Felicia fu affidata a una nutrice presso la quale rimase anche dopo la morte di Teseo, avvenuta nel 1527. Rimasta orfana dell’affettuoso padre, e poco dopo anche della nutrice, cadde vittima dei voleri della madre che scelse per lei l’educazione in convento con l’intento di destinarla d’autorità alla monacazione, evitando in tal modo la dispersione del patrimonio familiare. Tornata di nuovo alla casa natale, vi restò il breve tempo necessario alla madre per prendere l’irrevocabile decisione che il 1° ottobre 1537 portò Felicia, contro la sua volontà, a quattordici anni, a fare il suo traumatico e definitivo ingresso in convento. A nulla valsero le resistenze della giovane, mortificate e silenziate dai ripetuti maltrattamenti della madre.
Per due volte (la prima il 19 ottobre 1569), Felicia Rasponi fu eletta badessa presso il monastero benedettino di S. Andrea di Ravenna, che seppe riformare radicalmente secondo gli ordini dettati dal cardinale Giulio Feltre Della Rovere nell’editto del 25 novembre 1566. Durante la vita monacale, Felicia Rasponi perfezionò l’educazione letteraria e filosofica; si dedicò alla musica, al canto, ad attività convenienti a una gentildonna, virtù che, unite alla gentilezza dei costumi e all’integrità morale e religiosa (con cui seppe combattere le tentazioni del mondo e le lusinghe degli uomini attratti dalla sua bellezza), generarono invidie e maldicenze all’interno dello stesso convento. Suscitò l’ammirazione di vari letterati del tempo, tra i quali il medico ravennate Giovanni Arrigoni (Vita della madre, 1883, pp. 114-120) e Annibal Caro, che compose in sua lode i tre sonetti individuati da Adolfo Borgognoni (Borgognoni, 1883, 1891, pp. 276-282): Fra la più bella mano, e’ l più bel volto; Contra al vostro cortese, et gentil uso; Prese Amore in far voi quante mai foro (A. Caro, Rime, In Venezia, Appresso A. Manuzio, 1569, pp. 7 s.).
L’abbadessato provocò a Felicia «frequenti e gravi infirmità» (Rossi, 1572, c.15r), testimoniate anche dal Discorso consolatorio a lei dedicato nel 1572 dal nipote Girolamo Rossi.
La trama dell’operetta appare modulata sulla metamorfosi interiore compiutasi in Felicia Rasponi e sui benefici della vita monacale, come a fare da contrappunto a quanto in quegli stessi anni fu scritto dalla stessa badessa. Infatti, dopo la pubblicazione (Bologna, per Alessandro Benacci, 1570) dell’opera in prosa Della cognitione di Dio. Ragionamento. Operetta non meno fruttuosa et utile alle anime nostre, che curiosa per quelli che si dilettano di leggere (di cui non sono stati rinvenuti esemplari), nel 1572 Felicia diede alle stampe il Dialogo dell’Eccellenza dello stato monacale (in Bologna, per Pellegrino Bonardo), un’opera di precettistica di comportamento che s’inscrive nella disciplina e nella creanza cristiana postridentina declinate al femminile, rivolta alla nipote suor Giulia Angelica Rasponi.
Si tratta di un dialogo in cui le voci (madonna Fulvia e messer Quinzio) espongono i benefici della vita claustrale, perfetta anche per le «monache fatte a forza da’ parenti loro» (p. 20): le gioie della religione e la beatitudine della verginità, contro i «travagli» della vita secolare, i «lacci del mondo» e i «carichi» del matrimonio (pp. 14-23). La silografia che chiude il Dialogo rappresenta la crocifissione di Cristo, incorniciata dalla legenda «Si quis vult venire post me, abneget semetipsum, et tollat crucem et sequatur me», a significare anche la croce delle sofferenze portata con devozione e fede dalla stessa autrice. Cinque sonetti dedicatori per Felicia, di mano di Serafina Maioli, Marietta Leoni, Girolamo Rossi, Pomponio Spreti e Vincenzo Carrari, introducono e chiudono, a modo di cornice, il testo.
Felicia si dedicò alla poesia, come testimonia il sonetto A messer Girolamo Rossi, inserito nel Discorso consolatorio (Rossi, 1572, cc. 15v-16r), in cui ribadisce la forza della fede in Dio nel sopportare le sofferenze e gli inganni degli uomini e del mondo: «Rossi gentil, buono è sperar in Dio / Poi che il più sono gli uomini mendaci».
Morì all’età di cinquantasei anni, il 3 luglio 1579 a Ravenna, e fu sepolta nella chiesa del monastero di S. Andrea.
Sulla sua lapide fu incisa l’iscrizione (ancora esistente nella seconda metà del XVII secolo): «D. O. M. / Feliciae Rasponae rarissimae Feminae / Quae prudentia, & iudicio supra sexum singulari / Cum hujus Coenobij Abbatissam II gereret / Non absque ingenti illius iactura, et omnium moerore / Obijt V. Non. Quint. M. D. LXXIX. / Vixit, ann. LVI» (Ginanni, 1769, p. 259).
Dopo la sua morte, una consorella (probabilmente Serafina Maioli) scisse la Vita della madre Felice Rasponi, rimasta inedita fino all’edizione curata da Corrado Ricci (Bologna 1883) la quale suscitò, tra Otto e Novecento, grande interesse e costituì la fonte principale (più volte plagiata: Ricci, 1889) per i letterati che dedicarono profili storico-biografici a Felicia, proiettandola dai ‘misteri del chiostro’ tra le ‘monache celebri’ (Fiorentino, 1905) al firmamento delle ‘stelle feminili’ (Villani, 1915).
Fonti e Bibl.: G. Rossi, Discorso consolatorio nelle Adversità. Alla magnifica et Reverenda Donna F. R. Dignissima Badessa nel Sacro Monasterio di Santo Andrea di Ravenna, In Pesaro, per Girolamo Concordia, 1572; Vita della madre F. R. scritta da una monaca nel MDLXX e pubblicata da Corrado Ricci, Bologna 1883.
D.M. Armellini, Bibliotheca Benedectino Casinensis, Assisi 1731, pp. 164-167; P.P. Ginanni, Memorie storico-critiche degli scrittori ravennati, II, Faenza 1769, pp. 258-260; F. Mordani, Degli uomini illustri della città di Ravenna, Firenze 1874, pp. 123-127; P.D. Pasolini, Memorie storiche della Famiglia Rasponi, Imola 1876, pp. 172-176; Cronache e documenti per la storia di Ravenna del secolo XVI, Bologna 1882; A. Borgognoni, Una monaca del Cinquecento. Suor F. R., in Nuova Antologia, s. 2, XI (1883), 14, pp. 235-253 (rist. in Id., Studi di letteratura storica, Bologna 1891, pp. 263-297); A. Gagnière, Le Confessions d’une Abbesse du XVIe siècle, Paris 1888; C. Ricci, Fra monache e letterati. Contributo alla storia dei plagi, Bologna 1889, passim; I. Fiorentino, Le Monache celebri. Suor F. R., Milano 1905 (anche in Id., Le monache celebri (1884), Milano 1906, pp. 179-199); E. Corbelli, F. R. poetessa del XVI secolo, in Al prof. Edgardo Corbelli la lega italiana d’insegnamento, Torino 1913, pp. 45-61; C. Villani, Stelle feminili, Napoli-Roma-Milano 1915, s.v.; G. Zarri, Le istituzioni dell’educazione femminile, in Le sedi della cultura in Emilia Romagna. I secoli moderni. Le istituzioni e il pensiero, Milano 1987, pp. 85-109 (rist. in Ead., Recinti. Donne, clausura e matrimonio nella prima età moderna, Bologna 2000, pp. 164 s., 169); C. Casanova, Potere delle grandi famiglie e forme di governo, in Storia di Ravenna, IV, Dalla dominazione veneziana alla conquista francese, a cura di L. Gambi, Venezia 1994, pp. 30-129 (in partic. pp. 96-103); E. Casali, Religione e “instruzione” cristiana, ibid., pp. 417-460 (in partic. pp. 424, 442, 445); Ead., Il monastero. La villa. La canonica. Aspetti della “cristiana conversazione” nella letteratura precettistica ravennate del Secondo Cinquecento, in Donna, disciplina, creanza cristiana dal XV al XVII secolo. Studi e testi a stampa, a cura di G. Zarri, Roma 1996, pp. 286-300 (in partic. pp. 285-288, Repertorio n. 2178); E. Graziosi, Scrivere in convento: devozione, encomio, persuasione nelle rime delle monache fra Cinque e Seicento, ibid., pp. 303-331 (in partic. pp. 312 s.); E. Casali, Introduzione a B. Carroli, Il giovane ben creato, a cura di E. Casali, Ravenna 2004, pp. 15-50 (in partic. p. 42); F. Missirini, F. R. (1523-1579), in Strada alle donne. Toponomastica femminile nel comune di Ravenna, a cura di C. Giuliani - S. Dirani - C. Fragozzi, Ravenna 2014, pp. 84 s.