TOCCO, Felice
– Nacque a Catanzaro l’11 settembre 1845 (ma la nascita venne registrata negli archivi parrocchiali solo il giorno successivo) da don Nicola Antonio di Tocco, patrizio di Tropea laureato in legge, e da donna Vincenza Toraldo, patrizia di Tropea. Ebbe due fratelli maggiori: Francesco, laureatosi in legge, e Giuseppe, che fu magistrato.
In una lettera a Carlo Cantoni del 7 dicembre 1887 scrisse che il ramo primogenito della famiglia, estintosi pochi anni prima, si chiamava «di Tocco» ed era originario di Napoli; mentre il ramo cadetto, quello cui apparteneva Felice, per scelta del nonno decise di togliere il «di» e «alla comoda soppressione s’acconciò per lunga pezza anche mio padre, ma un quindici anni or sono [...], si decise di riprenderlo. E lo dovetti riprendere anch’io nelle relazioni familiari, ché in tutti gli atti pubblici i miei si firmano di Tocco, e così si firmarono anche negli atti del mio matrimonio. Letterariamente però conservo sempre lo stesso nome con cui pubblicai il mio primo scritto or sono venti anni» (Ferrari, 1983, p. 191).
Frequentò le scuole dei padri Scolopi di Catanzaro e qui fu licenziato in belle lettere e filosofia; contro il parere del padre – che avrebbe preferito l’avvio agli studi forensi – dal 1862, e fino al 1866, fu discepolo all’università di Napoli di Luigi Settembrini e soprattutto di Bertrando Spaventa, di cui nel 1863 seguì le lezioni sulla filosofia della natura (i primi appunti risalgono al gennaio del 1863): di queste lezioni rimase ampia traccia nella prima opera a stampa di Tocco, la recensione uscita sulla Rivista bolognese di scienze, lettere, arti e scuole (1867, vol. 1, n. 3, pp. 326-338) del Saggio sulla natura della marchesa Marianna Florenzi Waddington .
Sulla scia del magistero di Spaventa iniziò studi di logica, gnoseologia, psicologia che lo condussero al ripensamento della filosofia hegeliana fino al recupero di Immanuel Kant, attraverso la lettura soprattutto di Johann Friedrich Herbart, Kuno Fischer ed Eduard von Hartmann. Alla grande attività di studio Tocco affiancò la frequentazione assidua della libreria Detken, luogo di discussioni animate dai giovani desiderosi di rinnovamento culturale, e dei teatri sia di musica sia di prosa. Nel 1866 si trasferì a Bologna presso la cui Università vinse, con qualche strascico burocratico, il concorso per un posto di perfezionamento per gli studi di filosofia e il 17 luglio 1867, seguendo un interesse precocissimo e avendo come relatore Francesco Fiorentino, si laureò discutendo la tesi Delle varie interpretazioni dell’idea platonica, e della categoria aristotelica.
Conseguì la votazione di 63/70 per l’opposizione di Antonio Montanari (membro della commissione con Giosue Carducci, Francesco Bonatelli, Francesco Rocchi e Fiorentino), che lo accusò di panteismo; dalla tesi venne tratto un saggio pubblicato in quello stesso anno nella citata Rivista bolognese (1867, vol. 2, n. 2, pp. 152-170), in cui Tocco replicò a Montanari richiamandosi al magistero napoletano: «l’assoluto non è qualcosa d’inerte e d’immobile, ma è vita, movimento, dice il prof. Spaventa, è sviluppo» (Garin, 1976, p. 71).
Iniziò a insegnare in diverse scuole: dapprima al liceo dell’Aquila, poi il 2 novembre 1869 ricevette l’incarico al liceo di Modena; il 20 settembre dell’anno successivo fu professore al liceo di Cremona (le Lezioni di filosofia dettate nelle aule liceali vennero pubblicate nel 1869 con presentazione di Fiorentino). Il faticoso girovagare fra le diverse scuole – attribuito a «capricci ministeriali» (v. lettera a Cantoni dell’8 novembre 1870, in Ferrari, 1983) – non gli fece perdere i contatti con il mondo universitario, che si rinsaldarono nel 1869 quando entrò a far parte della redazione della Rivista bolognese diretta da Fiorentino nonché, nel gennaio 1870, quando vinse il concorso all’Università di Bologna per il libero insegnamento in filosofia morale.
Il 25 novembre 1871 ottenne l’incarico di insegnare antropologia presso l’Università di Roma, grazie all’interessamento del ministro Terenzio Mamiani sollecitato da Fiorentino; nel settembre del 1872 fu chiamato come uno dei migliori insegnanti d’Italia al liceo Ennio Quirino Visconti di Roma e il 20 novembre dello stesso anno fu incaricato, sempre a Roma, dell’insegnamento di pedagogia e di antropologia, disciplina di cui divenne professore straordinario il 16 ottobre 1873. Fece parte, inoltre, della Società italiana di antropologia, etnologia e psicologia comparata fondata da Paolo Mantegazza nel 1871 e per il biennio 1879-80 fu segretario dell’Archivio per l’antropologia.
Gli scritti di antropologia, concentrati fra gli anni Settanta e Ottanta, e condotti con approfondita e aggiornata conoscenza del dibattito internazionale, gli valsero l’ironia di Antonio Labriola, che in una lettera a Spaventa scrisse che «Tocco, a furia di studiare i crani qualcosa del cervello umano l’ha dovuto pur capire [...] Poveri noi [...] andiamo a cercare nella Papuasia la restaurazione della scienza. Ma già si sa che la filosofia speculativa è morta e che non ci rimane che la filosofia scientifica» (1983, I, pp. 51, 59). Tocco, al contrario, si sforzò di cogliere le implicazioni filosofiche di questa nuova disciplina, non serrata fra psicologia e fisiologia, ma volta a determinare le differenze, sia fisiche sia spirituali, che intercedono fra gli uomini al fine di studiare storicamente quella positività dello spirito che si esplica nelle manifestazioni etiche, religiose, politiche e artistiche.
Queste ricerche furono strettamente collegate con quelle psicologiche, cui peraltro Tocco attese a lungo fino agli anni Novanta – il Trattato elementare di psicologia risale al 1896 –, discutendo le opere dei maggiori psicologi dell’epoca e combattendo ogni tentazione monistica di riduzione della psicologia alla fisiologia.
È quanto accadde, ad esempio, nel 1879 in occasione dell’acceso dibattito con Alessandro Herzen figlio, professore di fisiologia a Firenze, che presentava le sue tesi sulla condizione fisica della coscienza; e come fece ancora nel 1905 in una polemica breve, ma aspra, con Benedetto Croce: «il Croce e io [...] non potremmo intenderci neanche a segni. Egli disdegna [...] la psicologia empirica, io [...] credo che una filosofia dello spirito senza una larga esperienza e psichica e storica non possa essere se non una bolla di sapone» (Polemiche psicologiche, in ll Marzocco, X (1905), 4, p. 3).
Il problematico rapporto fra filosofia e scienza venne affrontato negli Studii sul positivismo: apparsi nel 1869 sulla Rivista contemporanea di Angelo De Gubernatis, vi si sostenne la necessità di una battaglia contro ogni dogmatismo, declinando il positivismo come la prosecuzione del criticismo kantiano.
I fatti e la filosofia dello spirito devono entrare in un circolo virtuoso, evitando così sia la creazione di favole metafisiche sia l’assolutizzazione dei fatti scorporati dalla loro origine umana. Tocco non vide opposizione fra scienze naturali e scienze umane (così le chiamò), con i loro due metodi – induttivo e deduttivo – articolantisi in una prospettiva comune. Due i compiti principali della filosofia secondo Tocco: ricomporre in unità le diverse scienze regionali, mettere a fuoco lo statuto della conoscenza.
In quegli anni Tocco definì con rigore gli strumenti della sua officina: utilizzo della filosofia kantiana come diga contro il materialismo dogmatico, che sotto le pretese induttive nascondeva opzioni metafisiche; apertura della filosofia alle scienze; ricerca del confronto costruttivo fra il metodo induttivo delle scienze naturali e quello deduttivo della filosofia dello spirito. Non è un caso infatti se, accanto a queste riflessioni e in organica connessione con esse, Tocco approfondì la prospettiva metodologica della storia della filosofia, soprattutto dopo l’approdo all’Università di Pisa, il 14 ottobre 1875, come professore straordinario di storia della filosofia, in seguito alla soppressione della cattedra di antropologia a Roma. A stretto contatto con Fiorentino, che insegnava filosofia teoretica, Tocco riprese le indagini su Platone risalenti al periodo della tesi.
Nel 1876 pubblicò le importanti Ricerche platoniche, in cui discusse la cronologia dei dialoghi e il significato del Sofista, del Parmenide e del Filebo, ritenuti posteriori alla Repubblica e contenenti una revisione delle idee-sostanze dei dialoghi «costruttivi». La lente di Tocco rivela il pensiero platonico nella sua evoluzione, pur salvaguardandone l’unità, in una prospettiva critica alternativa a quella di Eduard Zeller (che riteneva i tre dialoghi introduttivi al sistema platonico codificato nella Repubblica), con cui discusse direttamente. La ricostruzione di Tocco, accolta dopo le prime perplessità da numerosi studiosi e apprezzata ancora nel 1950 da Guido Calogero, si basava sul dato storico analizzato con metodo filologico.
Tale metodologia venne teorizzata nei Pensieri sulla storia della filosofia (1877), nell’intreccio di kantismo riletto dopo Georg Wilhelm Friedrich Hegel ed eredità della scuola storica: i sistemi filosofici non sono solo un’organizzazione logica, ma opere umane collocate nel tempo e frutto di diverse trasformazioni e modificazioni. Per questo il punto di vista storico rimase sempre centrale per Tocco, persuaso che il passato contenga in sé la spiegazione del presente.
Nell’Ateneo pisano rimase fino al 3 marzo 1878, quando venne preferito a Roberto Ardigò in qualità di professore ordinario di storia della filosofia presso il Reale Istituto di studi superiori di Firenze.
Il 29 luglio 1883, a Novara, si unì in matrimonio con Cristina Ponzani, da cui ebbe Francesco (nato il 15 maggio 1884), Luigi (8 agosto 1885), Maria (26 dicembre 1887), Agostino (7 settembre 1891), Roberto (26 febbraio 1895) e Vittorio (20 aprile 1898).
Gli anni Ottanta furono importanti non solo dal punto di vista personale (nel 1889 divenne consigliere superiore della Pubblica Istruzione), ma anche per le molte opere significative che segnarono gli ampi confini delle sue ricerche.
Partecipò all’imponente edizione nazionale delle opere latine di Giordano Bruno, uscita fra il 1879 e il 1891 in tre volumi di complessivi otto tomi (in particolare collaborò ai volumi I,3; II,2; II,3; III); nel 1886 pubblicò l’ampia conferenza Giordano Bruno cui seguirono nel 1889 il lavoro ancora fondamentale Le opere latine di Giordano Bruno esposte e confrontate con le italiane (in cui avanzò, lavorando sulle fonti, la discussa teoria delle fasi della filosofia nolana: emanatista, monistica, atomistica), e nel 1891 Le opere inedite di Giordano Bruno (in cui illustrò dettagliatamente il codice Norov, in cui sono custodite manoscritte le opere magiche); stese diversi articoli sull’eresia medievale (riuniti nel 1884 nell’ampio volume L’eresia nel Medioevo, in cui analizzò non tanto il valore religioso dell’eresia, quanto la sua attinenza con la cultura dell’epoca) e numerosi saggi su Kant, centrali per la definizione della prospettiva filosofica e metodologica di Tocco (tutti lavori che vennero poi raccolti nel 1909 in Studi kantiani).
Negli anni seguenti non solo continuò le ricerche sulla filosofia antica soprattutto platonica, sulla religiosità medievale (con particolare attenzione a s. Francesco e ai dibattiti sulla povertà), sulla filosofia del Rinascimento (scrisse pagine importanti su Girolamo Savonarola), ma svolse anche una rilevante opera di diffusione culturale: attraverso numerose recensioni contribuì a far circolare in Italia autori ancora poco o mal noti e con la collaborazione, iniziata già dal 1888, all’Archiv für Geschichte der Philosophie fece conoscere la filosofia italiana Oltralpe.
Il 1° novembre 1892 fu incaricato dell’insegnamento di pedagogia nel Reale Istituto di studi superiori di Firenze (cattedra che ricoprì anche nel 1906 e nel 1907); nel 1906 divenne preside del corso di perfezionamento per licenziati delle scuole normali; nello stesso anno entrò, al posto di Carlo Cantoni, nella redazione della rivista Kantstudien, fondata nel 1897 da Hans Vaihinger.
Tocco non fu solo un serissimo studioso, ma anche un amato maestro. Ne diedero testimonianza molti allievi, come Giovanni Papini, Rodolfo Mondolfo, Gaetano Salvemini, e anche coloro che poi polemizzarono con lui, come Giovanni Gentile (1912, 1991), il quale in un famoso saggio, criticando l’impostazione di Tocco – che inseguendo i particolari gli avrebbe impedito di cogliere l’unità spirituale dell’oggetto di studio –, ricordò l’importanza dei lavori su Bruno – «sono di quelli che fanno epoca» – e le bellissime lezioni, «dove tutto era analisi, ordine e lucidezza» (p. 124).
Oltre che un importante studioso, «il maggiore storico della filosofia che l’Italia abbia avuto» (Garin, 1976, p. 70), Tocco fu anche un rispettato e stimato promotore di cultura, come dimostrano le numerose partecipazioni ad accademie di cui si segnalano qui le più significative: 1867: socio onorario dell’Accademia di scienze e lettere di Catanzaro; 1872: cavaliere della Corona d’Italia; 26 novembre 1882: socio corrispondente della Società reale di Napoli; 4 agosto 1883: socio corrispondente dell’Ateneo veneto; 7 giugno 1891: socio ordinario della Società reale di Napoli; 1891: socio corrispondente della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova; 1° agosto 1895: socio nazionale della R. Accademia dei Lincei; 15 marzo 1896: socio corrispondente della Reale Accademia delle scienze di Torino; 1906: Socio corrispondente del Reale Istituto veneto di scienze, lettere ed arti di Venezia; 1907: socio corrispondente della Reale Deputazione di storia patria (Toscana); 1908: socio nazionale della Reale Accademia delle scienze di Torino; 9 maggio 1910: commendatore della Corona italiana (motuproprio del sovrano).
Morì a Firenze, il 6 giugno 1911, per un attacco di angina pectoris, di cui forse già soffriva; i funerali solenni si svolsero due giorni dopo. Fu sepolto a Soffiano, nella cappella gentilizia dedicata a s. Francesco.
Opere. Fra le opere si ricordino almeno: Lezioni di filosofia ad uso dei licei, Bologna 1869; Studii sul positivismo, in Rivista contemporanea nazionale italiana, XVII (1869), 57, pp. 329-339, 58, pp. 21-37; Ricerche platoniche, Catanzaro 1876; Studi antropologici, in Giornale napoletano di filosofia e lettere, 1876, vol. 3, pp. 381-419, vol. 4, pp. 533-565; Pensieri sulla storia della filosofia, ibid., 1877, vol. 5, pp. 1-15; Iordani Bruni Nolani Opera latine conscripta, a cura di F. Fiorentino - F. Tocco et al., I-III, Neapoli-Florentiae 1879-1891; L’eresia nel Medioevo, Firenze 1884; Giordano Bruno. Conferenza, Firenze 1886; Le opere latine di Giordano Bruno esposte e confrontate con le italiane, Firenze 1889; Le opere inedite di Giordano Bruno, Firenze 1891; Del Parmenide, del Sofista e del Filebo, in Studi italiani di filologia classica, I (1893), 2, pp. 391-469; Le disfatte della scienza, in Nuova Antologia, s. 4, LXII (1896), 5, pp. 5-33; Federico Nietzsche, in L’Italia, I (1897), pp. 219-244; Quel che non c’è nella Divina Commedia, o Dante e l’eresia, Bologna 1899; L’eresia dei fraticelli e una lettera inedita del b. Giovanni Dalle Celle, in Atti della Reale Accademia dei Lincei, Rendiconti, classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 5, 1906, vol. 15, n. 1-2, pp. 3-89; Studi francescani, Napoli 1909; Studi kantiani, Palermo 1909; La quistione della povertà nel sec. XIV secondo nuovi documenti, Napoli 1910; Lezioni su Kant [...] Studio ed edizione, a cura di G. Raio, Napoli 1988; Storia dell’eresia nel Medioevo dai Catari a Gioacchino da Fiore¸ Genova 1989; Savonarola: profeta e ribelle, a cura di F. De Giorgi, Genova 1998.
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