CANEVARO, Felice Napoleone
Di famiglia ligure originaria di Zoagli, nacque a Lima (Perù) il 7 luglio 1838 da Giuseppe e Francesca Velaga. Ammesso alla Regia scuola di marina di Genova nel 1852, ne uscì guardiamarina di 2ª classe nel 1855. Nel 1859, da sottotenente di vascello, prese parte sul "Beroldo" e sul "Des Geneys" alle lunghe e laboriose crociere che la squadra sarda compì in Adriatico durante la seconda guerra d'indipendenza.
Nel 1860, essendo imbarcato sulla fregata "Maria Adelaide", nave ammiraglia della squadra sarda, giunse a Palermo mentre i garibaldini cercavano di organizzare una loro marina: il C., date le dimissioni dalla flotta sarda, si arruolò nella marina siciliana di Garibaldi. A bordo del "Tükory", la notte del 13 agosto, si distinse nel tentativo di abbordare il vascello borbonico "Monarca", ancorato nel porto di Castellammare di Stabia, meritando la medaglia d'argento al valor militare.
Riammesso in autunno nei quadri della marina sarda, fu imbarcato dal dicembre 1860 al marzo 1861 sulla fregata "Carlo Alberto", che fu impiegata nell'assedio di Gaeta e di Messina in ripetute azioni di fuoco a distanza ravvicinata dalla costa, che valsero al C. la decorazione di cavaliere dell'Ordine militare di Savoia.
Promosso nel 1863 luogotenente di vascello, compì con la fregata "Principe Umberto" nel 1865-1866 una lunga campagna transatlantica, lungo le coste dell'America meridionale, attraverso lo stretto di Magellano e le coste cilene del Pacifico. Rientrato in Italia, fu assegnato alla fregata corazzata "Re di Portogallo", comandata dal Riboty, allora capitano di vascello. L'unità fu impegnata nella guerra del 1866 sia nelle operazioni contro i forti di Lissa, sia nella battaglia del 20 luglio con la flotta austriaca.
In particolare, la "Re di Portogallo" guidò l'attacco a Porto San Giorgio della divisione Riboty il 18 luglio, mentre durante la confusa mischia del giorno 20, riuscendo ad evitare l'investimento da parte dell'unità austriaca "Kaiser", la danneggiava gravemente a sua volta in tutto il settore di prua, troncandole la polena col tagliamare e battendola efficacemente con l'artiglieria a distanza ravvicinata. Durante tali azioni il C., che era capo di Stato Maggiore del Riboty, diede prova di particolare calma e coraggio, tanto da meritare una seconda medaglia d'argento al valor militare.
Capitano di fregata nel 1869, dal marzo 1874 all'agosto 1876 addetto navale presso la legazione italiana a Londra, dal gennaio 1877 al marzo 1879 compì un lungo viaggio di circumnavigazione del globo al comando dell'incrociatore "Colombo". Traversato il canale di Suez, costeggiò l'Asia, partecipò al recupero della salma di Bixio a Batavia, e poi proseguì per il Giappone, l'Australia e le Americhe; passato in Atlantico per lo stretto di Magellano, risalì il Sudamerica fino alle Antille e rientrò poi in Italia con un prezioso bagaglio di esperienze e di conoscenze.
Promosso capitano di vascello, ebbe importanti incarichi, tra cui il comando in seconda dell'Accademia navale. Mentre era al comando della corazzata "Italia", nel 1884, si rese benemerito della salute pubblica per l'attività espletata durante un'epidemia di colera; ciò gli valse una medaglia d'argento al valor civile. Contrammiraglio nel 1887 e viceammiraglio nel 1893, tenne il comando dell'arsenale di Taranto e di vari reparti navali, fino a quello, della massima importanza, della squadra, che il C. cercò di portare al più alto livello possibile di preparazione marinaresca e militare.
Nel febbraio 1897, essendo scoppiati moti contro i Turchi nell'isola di Creta, le potenze europee inviarono forze navali in quelle acque. Il C., imbarcato sulla corazzata "Sicilia", era a capo della squadra italiana ed a lui, il 16 febbraio, fu devoluto il comando delle forze internazionali, che comprendevano unità inglesi, francesi, russe, austriache, tedesche e italiane.
Nella difficile situazione, complicata dalle rivalità tra le potenze e dalla difficoltà di esercitare un controllo sugli eventi, il C. riuscì a dominare lo stato di confusione e di anarchia che regnava nell'isola, dimostrando abilità diplomatica e capacità di mediazione. La sua azione fu caratterizzata da spirito di conciliazione e sentimenti umanitari, accompagnati però dalla necessaria decisione quando le circostanze rendevano inevitabile l'impiego della forza.
In particolare, dopo aver fatto scendere a terra reparti da sbarco internazionali e aver effettuato azioni di bombardamento navale allo scopo di far cessare i combattimenti, ottenne da Greci e Turchi l'impegno a ritirare le truppe dietro garanzia della concessione di autonomia a Creta sotto l'alta sovranità del sultano. Ma le forze locali, sostenute da volontari greci e stranieri, continuarono ad attaccare i Turchi e a più riprese le unità navali effettuarono bombardamenti. A Hierápetra, dove si trovavano anche volontari italiani, l'azione fu condotta dall'incrociatore "Ruggero di Lauria", mentre ad Akrotiri il fuoco fu sostenuto da unità tedesche, inglesi, russe e austriache, trovandosi fuori portata le unità italiane e francesi. Di nuovo il 25 marzo, davanti alla fortezza di Mataxa, il C. ordinò alle navi un bombardamento che demolì il forte. Per questi fatti il governo fu attaccato alla Camera da M. R. Imbriani e al Senato da Barzilai, Bovio e Carducci.
L'opera del C. durante i sedici mesi della stazione navale fu giudicata così positivamente che, quando nel 1898 si decise di nominare un alto commissario per Creta, venne proposto il suo nome e solo dopo il suo rifiuto fu nominato, su proposta russa, il principe Giorgio di Grecia, cugino dello zar.
Nel quinto ministero Di Rudinì (1º-29 giugno 1898) il C., che, dopo essere stato eletto deputato alle legislature XV, XVI e XVII dal collegio di Genova III, era stato nominato senatore fin dall'ottobre 1896, ricoprì l'incarico di ministro della Marina.
Nel successivo ministero Pelloux (29 giugno 1898 - 14 maggio 1899) fu titolare del dicastero degli Esteri. Per le relazioni europee e mediterranee riprese la linea di Visconti Venosta, tendente ad una certa distensione con la Francia, pur nel quadro di una costante politica di fedeltà alla Triplice e di amicizia con l'Inghilterra.
Fece quindi continuare segretamente dal Luzzatto le trattative con la Francia per un trattato commerciale, che fu firmato il 26 nov. 1898. Al tempo della crisi di Fashoda svolse una intensa attività diplomatica, tendente ad evitare che le aspirazioni italiane su Tripoli facessero le spese dell'accordo anglofrancese del 21 marzo 1899, che riconosceva alla Francia il diritto all'influenza sui paesi ad est del Ciad. Egli non ottenne, però, né dalla Francia né dalla Gran Bretagna, il riconoscimento dei "diritti" italiani sulla Libia, pur migliorando i rapporti con Parigi. Gli Imperi centrali, invece, rinnovarono l'impegno di non permettere alcun colpo di mano su Tripoli senza il consenso italiano.
Per la questione di Creta, il C. sostenne, nonostante l'opposizione della Germania, l'autonomia dell'isola, pur sempre nell'ambito dell'Impero turco, nei cui confronti effettuò all'inizio del 1899, col concorso di Salisbury, sondaggi per riforme in Macedonia.
Nel settembre 1898, in seguito al moltiplicarsi di attentati anarchici e all'uccisione dell'imperatrice austro-ungarica Elisabetta, il C. propose agli altri governi europei una conferenza antianarchica, che avrebbe dovuto realizzare "un sistema di comune difesa". Alla conferenza avrebbero dovuto partecipare, oltre ai rappresentanti diplomatici, anche quelli delle amministrazioni degli Interni e della Giustizia. Vi furono varie adesioni, ma poi la conferenza non si tenne.
Il C. tentò anche di ottenere in fitto le isole della baia di San-Mun, in Cina, per una stazione navale che avrebbe dovuto costituire la base per lo stabilimento di un'area di influenza italiana nel Che-Kiang. Ma la mancanza di un'occupazione preventiva, come era nella prassi dei tempi, e anche una certa ostilità russa e americana, fecero sì che l'iniziativa fallisse, e questo malgrado una iniziale solidarietà britannica, che si ridusse però gradualmente a una generica e disimpegnata simpatia. Proprio quest'insuccesso suscitò numerose critiche alla Camera, tanto che il Pelloux il 3 maggio 1899, rispondendo a varie interpellanze e interrogazioni, annunciava le dimissioni del gabinetto.
Escluso dal nuovo ministero Pelloux, il C., rientrato nei ranghi della marina, comandò il 3º dipartimento marittimo (16 luglio 1900 - 16 genn. 1902) e presiedette il Consiglio superiore di marina (16 genn. 1902 - 6 luglio 1903). Passò poi per ragioni di età in ausiliaria e a riposo: in questa posizione fu promosso viceammiraglio di armata il 1º dic. 1923. Morì a Venezia il 30 dic. 1926.
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