FELICE MARIA da Napoli (al secolo Gaspare Garzia Alonzo)
Nato il 6 febbr. 1712, probabilmente a Napoli, da genitori spagnoli, in molte fonti è indicato, oltre che con il cognome del padre e della madre (Caterina Alonzo), con quello di Guzmán. Non se ne conosce il motivo.
Nel 1727 entrò nell'Ordine dei cappuccini della provincia napoletana e prese il nome di Felice Maria da Napoli. Dopo aver completato gli studi filosofici e teologici sotto la guida di B. Giacco, un corrispondente e amico di G. B. Vico, nel 1736 diventò sacerdote. Per alcuni anni si impegnò nella predicazione, attività che dovette via via abbandonare per motivi di salute. Iniziò cosi, nella Napoli di Carlo di Borbone e di Antonio Genovesi, a dedicarsi completamente agli studi.
A partire dal 1746 F. pubblicò numerose opere. Il primo libro di una certa importanza sono le Orazioni sacre (Napoli 1747), con in appendice un componimento intitolato De instauratione studiorum (pp. 163-172). In esso l'autore sostiene con forza l'inutilità di molte questioni filosofiche e teologiche trattate in maniera pedantesca nelle scuole dei cappuccini e la necessità di riformare gli studi dell'Ordine.
Nel frattempo uscì il primo tomo della Morale cristiana (in nove volumi, 1747-1752). Si tratta della traduzione italiana della Morale chrétienne di P. Floriot, un testo d'ispirazione giansenista che aveva riscosso notevole successo in Francia.
L'iniziativa editoriale di F. non incontrò grandi difficoltà con la censura. Ma proprio in quegli anni egli venne accusato di vari reati, e addirittura di apostasia, dai superiori dell'Ordine. La condanna giunse il 4 maggio 1752: quattordici mesi di carcere formale e varie pene canoniche (una copia della sentenza è in Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 12564, ff. 354 s.). A nulla era valso l'interessamento, in favore di F., del cappellano maggiore del Regno di Napoli, e celebre cattolico illuminato, Celestino Galiani. Presentato il ricorso alla congregazione dei Vescovi e Regolari, la causa andò avanti; in questa fase F. riuscì a procurarsi, in parte, l'aiuto del cardinale D. Passionei, punto di riferimento per molti religiosi "inquieti". Nel 1753 si giunse a una transazione e il processo dell'anno precedente venne archiviato.
Erano stati ormai tutti pubblicati i volumi della Morale cristiana, nei quali l'impianto giansenisteggiante dell'opera di Floriot trovava un riscontro completo. E un sottile fermento giansenista è rintracciabile anche nei dieci volumi della Raccolta di trattati, opuscoli, epistole e sermoni de' ss. padri ... intorno ai doveri degli ecclesiastici, tratti in italiano, e illustrati con copiosissime note (Napoli 1753-1758). F. contribuì così, in un primo momento, alla diffusione delle dottrine di Port-Royal in Italia. Successivamente, però, rimase piuttosto estraneo al movimento giansenista.
Maggiore influenza ebbero invece su F. le idee di Genovesi e degli intellettuali e magistrati regalisti napoletani.
È significativo il fatto che nel 1760 F. venne scelto per celebrare i funerali di uno dei protagonisti delle maggiori polemiche contro la Chiesa nel Mezzogiorno, il presidente del magistrato del Commercio F. Ventura. L'orazione in onore dell'amico scomparso è tutta d'impostazione genovesiana.
Esaltando Ventura, F. insiste in maniera appassionata sull'uomo "come sociabile", sul rapporto tra cultura e società, sull'impegno intellettuale e politico al servizio del progresso civile: temi particolarmente cari a Genovesi.
I legami con i circoli anticurialisti e riformatori, le venature gianseniste e le continue citazioni di giuristi protestanti come Grozio e Pufendorf (si veda per es., l'Orazione ... per d. Carlo Carabba, allegata a quella per i Funerali dello spettabilissimo ... d. Francesco Ventura, Napoli 1760) resero F. sospetto alle autorità ecclesiastiche e ai superiori cappuccini. Dopo le vicende del 1752-53 egli venne trascinato infatti in nuove polemiche e controversie.
Fin dal 1752 egli aveva composto alcune note sull'opera proibita di Grozio De imperio summarum potestatum circa sacra, che voleva dare alle stampe con il titolo Vindiciae potestatis ecclesiasticae contra librum Hugonis Grotii de imperio.... Per paura che il manoscritto potesse sostenere gli interessi del potere civile, nel 1761 il nunzio G. Locatelli e il segretario di Stato pontificio L. M. Torriggiani pretesero di far rivedere il testo dai superiori cappuccini a Roma (Arch. segr. Vaticano, Nunz. Napoli 415, ff. 341, 343 s.). Ma F. si rifiutò di sottoporre le Vindiciae alla censura romana e ricorse sia a G. Bottari, cattolico illuminato molto influente negli ambienti vaticani, sia al ministro anticurialista del Regno di Napoli N. Fraggianni. Di fatto il libro su Grozio non venne pubblicato. Le polemiche tuttavia continuarono fino all'ottobre 1763, quando un attacco apoplettico colpì F. riducendolo in fin di vita. Ripresosi, il 29ottobre egli dettò al suo aiutante di studio Cherubino da Crispano la Dichiarazione e protesta (Napoli 1763: uno dei pochi esemplari di questo scritto si trova, con il titolo Confessione generale dei peccati suoi, a Roma, Bibl. nazionale, 34.8.B.4.7). Nella Dichiarazione ilfrate chiede perdono per il suo comportamento passato e promette ai superiori di bruciare tutti i suoi manoscritti. Non si sa se i lavori inediti di F. vennero effettivamente dati alle fiamme. Uno, già nelle mani dell'editore Paolo di Simone, di certo si salvò e venne stampato: l'Apologia della morale cristiana (Napoli 1763). Si tratta di una difesa del libro di Floriot dagli attacchi della pubblicistica antigiansenista rappresentata in quegli anni dalla Bibliothèque janséniste.
La malattia del 1763 influì moltissimo su di lui. Negli anni successivi F. sembrò abbandonare quegli atteggiamenti critici che, seppure con contraddizioni e ambiguità, avevano caratterizzato la sua precedente esperienza umana e intellettuale. Nel 1766 ristampò a Napoli le Orazioni degli uomini illustri raccolte, e pubblicate già alla peggio da M. F. Sansovino. Due anni dopo dette alla luce la Regola della vita, o de' costumi tratta dalla legge naturale che si mostra essere la stessa che la divina (ibid. 1763). Finché l'attenzione di F. non venne attirata dalle anonime Riflessioni d'un italiano sopra la Chiesa (Venezia 1768), opera di C. A. Pilati. Per confutare le idee antimmunitarie e antimonastiche che l'illuminista trentino aveva sostenuto nel suo libro, F. pubblicò la Dimostrazione della ignoranza e della empietà dell'italiano anonimo scrittore delle Riflessioni... (in tre volumi, Napoli 1770).
La polemica di F. non parte dal campo strettamente curialista. Nella Dimostrazione egli cita come al solito i protestanti "meno indiavolati", in particolare K. Cumberland, approva alcune osservazioni di Pilati sui diritti del potere civile, insiste sul concetto di re come pastore del popolo e protettore della Chiesa. Ai nuovi "enipi" che, come Pilati, attaccavano la Chiesa con molti pregiudizi veniva contrapposto l'esempio di Genovesi e l'impegno civile del riformatore napoletano, il quale "spasimò per lo bene pubblico mentre visse" (II, p. 658).
A distanza di due anni dalla Dimostrazione, nel 1772, troviamo F. esiliato a Salerno per ordine sovrano. Ciò a causa, probabilmente, delle sue prese di posizione nella polemica contro Pilati, che risultavano in disaccordo con la politica giurisdizionalistica del governo napoletano di B. Tanucci. Intanto F. aveva lasciato l'Ordine francescano, per passare al servizio della Chiesa di Napoli con l'abito clericale.
Si sa poco delle vicende di F. dopo il 1772. A partire dal 1778 appare comunque la sua Storia della repubblica e dell'impero romano ... (in diciassette volumi, usciti nel giro di dieci anni, tutti con l'indicazione Napoli 1778). Mentre lavorava a questa opera, l'ex cappuccino scrisse sotto il suo nome di battesimo anche il libello Chi sia il papa. Sitratta di un pamphlet ancora inedito (conservato in Arch. segr. Vaticano, Garampi 3) contro il testo anonimo, ma che si attribuiva a Pilati, Ilpapa, o sieno ricerche del primato di questo sacerdote (1783). In contrasto con questo, vi si dimostra che la supremazia del pontefice sulla Chiesa universale risale direttamente a Cristo e non è un'invenzione dei monaci.
La Storia dei Romani intanto proseguiva, ma con qualche problema di natura finanziaria. Non si era rivelato sufficiente, infatti, il sussidio statale elargito all'autore per questa sua ultima pubblicazione. Nell'opuscolo L'abbate d. Gaspare Garzia agli avventori della sua Storia romana (Napoli 1785) egli cerca perciò associati per poter continuare l'edizione. Il lavoro verrà interrotto per la morte di F., avvenuta a Napoli il 18 ott. 1788.
Tra le opere precedentemente non menzionate ricordiamo: Orazione in lode di s. Fedele de Sigmaringa..., Napoli 1746; Giudizio dato nel Giornale de' savi stampato in Parigi nel MDCCXLVI su i libri del signor d. Giuseppe Aurelio di Gennaro, consigliere del Sacro Regio Consiglio di Napoli, tratto dal francese in italiano, ibid. 1748; Allegazioni, I-III, ibid. 1750-66; Sermoni sopra i dolori della Madonna..., ibid. 1758; Rischiaramento del manifesto pubblicato in nome de' Zelanti sopra le controversie avute da fra Felice ... con suo superiore generale, ibid. 1763; Ragionamento della eredità di d. Agnese Caterina Alonzo... contra il dottore d. Marcello Ferro, s.d.; Replica di frate Felice... alle due istanze di d. Marcello Ferro sopra le disposizioni testamentarie della sua madre..., s. d., Funerali del fu regio consigliere d. Giuseppe-Aurelio di Gennaro, con alcuni pochi componimenti in sua lode, e con l'orazione di fra Felice, Napoli 1763.
Le opere qui di seguito, mai date alle stampe, sono desunte da cataloghi inseriti all'inizio dell'Applogia e della Dimostrazione (questi manoscritti non sono stati rintracciati): Quaresimale (1752); Trattato della divinità di GesùCristo, e della verità della religione da lui insegnata, provata dalla santità della morale del suo Vangelo (1752); Dimostrazione de' principali errori scorsi nelle opere del celebre Giangiacomo Rousseau contro la religione e lo Stato (1763); Forza delle leggi naturali nello stato civile (1770).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. generale d. O.F.M. cappuccini, Registro I delle Congr. generali (1762-1768), ff. 99 s., 110, 187 s., 199, 501; Reg. II... (1769-1775), ff. 280, 282, 286, 289, 299; Regestum S. Poenitentiariae II (1771-1772), f. 105;Mss. G 89/2;Arch. segr. Vaticano, S. C. Episc. et Regul. Registra, Reg. regul. 158, ff. 63, 121, 158, 191, 227; 159, f. 15; 160, f. 9; Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 12564, ff. 349-65;Roma, Bibl. Corsiniana, Cod. Cors. 2018, ff. 36-40; Bullarium capuccinorum, VII, Romae 1752, p. 397; P. Galletti, Mem. per servire alla storia della vita del card. D. Passionei, Roma 1762, pp. 244 s.;Ioannes a Ratisbona, Catalogus O.M.F. capuccinorum, Romae 1852, p. 20;Bonaventura da Sorrento, Icappuccini della provincia monastica di Napoli, Sant'Agnello di Sorrento 1879, p. 43;Apollinaris a Valentia Bibliotheca fratrum minorum capuccinorum provinciae Neapolitanae, Romae-Neapoli 1886, pp. 80-90; G. G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad scriptores trium Ordinum S. Francisci, III, Romae 1936, p. 221; Melchior a Pobladura, Historia generalis O.F.M. capuccinorum, II, 1, Romae 1948, pp. 24, 248, 285 s., 306, 326 s., 344, 361 s.;III, ibid. 1951, pp. 558 s., 562; Lexicon capuccinum, Romae 1951, p. 578;Stanislao da Campagnola, A. Turchi: uomo-oratore-vescovo, Roma 1961, pp. 15 s., 43, 163;F. Venturi, Illuministi italiani, V, Milano-Napoli 1963, p. 35; P.Sposato, Per la storia del giansenismo nell'Italia meridionale, Roma 1966, pp. 163 s.;Stanislao da Campagnola, En torno al influjo de Z. B. Van Espen, in Laurentianum, VII (1966), pp. 134 s.; Id., F. M. Garzia da Napoli (1712-1788) tra illuminismo e giansenismo, in Collectanea franciscana, XXXVII (1967), pp. 33-88;F. F. Mastroianni, Chi sia il Papa. Un inedito di F. Guzmán, in Studi e ricerche francescane, I (1972), n. 2, pp. 137-140;Id., Un amico di G. B. Vico nella storia dei cappuccini di Napoli: B. M. Giacco, Napoli 1972, pp. 45-50;R. Russo, F. M. da Napoli. Nota bibliografica, in Studi e ricerche francescane, X (1981), 1-3, pp. 163-94; Dictionn. d'hist. et de géogr. ecclés., XIX, coll. 1172 s.