GIARDINI (Dujardin, Dejardin, Desjardins, Degiardino), Felice (de)
Nato a Torino il 12 apr. 1716, si dedicò giovanissimo allo studio della musica e, ancora fanciullo, fu ammesso come cantore presso il duomo di Milano, ove studiò canto, clavicembalo e composizione sotto la guida di G. Palladino. Rientrato nella città natale fu allievo per il violino di G.B. Somis, e si presume che abbia presto messo in luce le sue doti di abile esecutore poiché già nel 1736 entrò a far parte come violinista dell'orchestra del teatro Regio; ricoprì tale incarico, per il quale percepiva la somma stagionale di 40 lire, almeno fino al 1739 (Bouquet); in seguito, dopo essersi trasferito per qualche tempo a Roma, si recò a Napoli, ove fu impegnato, con il medesimo ruolo, nell'orchestra del teatro S. Carlo.
Scarsi i riferimenti cronologici relativi a questo periodo, anche se alcune notizie sul suo soggiorno partenopeo ci vengono riportate dal Burney; a detta dello storico della musica inglese, giudizi severi sulle sue esecuzioni furono mossi da N. Jommelli, il quale, presumibilmente in occasione della messa in scena dell'Eumenide (30 maggio 1747) e dell'Ezio (4 nov. 1748), criticò il violinista torinese per l'eccessivo virtuosismo, rilevabile nelle arbitrarie variazioni della parte orchestrale.
Nello stesso 1748 il G. lasciò l'Italia per una serie di tournées, come solista, nei maggiori centri europei. Dopo una breve permanenza a Francoforte e a Berlino, si recò a Parigi, dove, esibitosi con successo al Concert spirituel, divenne in breve tempo assai noto sotto il nome di Desjardins. Nella primavera del 1750 arrivò a Londra; il 18 maggio del medesimo anno suscitò grande interesse in un concerto di beneficenza a favore del soprano parmense Francesca Cuzzoni.
Riguardo al repertorio che il G. era solito presentare nelle sue tournées ci rimangono scarse testimonianze: sempre a detta del Burney, nei concerti londinesi, oltre a musiche proprie, egli era solito esibirsi in opere di padre G.B. Martini e di G. Tartini.
Che abbia goduto da questo momento anche della stima della corte e degli ambienti aristocratici è dimostrato dalla intensa attività didattica che lo vide, nel corso del tempo, music master di personaggi illustri quali i duchi di Gloucester e di Cumberland e lo stesso principe di Galles. Nel 1751, ormai conquistatosi un ruolo di primo piano negli ambienti musicali inglesi, legò il suo nome a una serie di 20 concerti in abbonamento organizzati insieme con l'oboista Thomas Vincent, cui fece seguito, dal 1764, la partecipazione ai concerti della società Bach-Abel, a buon diritto considerata una delle espressioni più notevoli della vita musicale londinese.
Negli stessi anni affiancò l'attività teatrale a quella strumentale: nel 1752, riuscendo a emergere tra i numerosi compositori italiani che godevano in quegli anni di grande prestigio presso il mondo musicale londinese, assunse, alla morte di M.C. Festing, la direzione dell'orchestra dell'Opera italiana del King's theatre. Nella stagione 1756-57 si occupò della gestione del teatro assieme al soprano napoletano Regina Mingotti e, nonostante l'esito negativo dell'impresa, ricoprì di nuovo il medesimo ruolo negli anni 1763-64.
In questo periodo particolarmente attivo compose musiche per le seguenti opere: L'Olimpiade (pasticcio; libr. di P. Metastasio, Londra, King's theatre, 10 febbr. 1756); Rosmira (S. Stampiglia, ibid., 30 apr. 1757; perduta); arie per Siroere di Persia di J.A. Hasse (Metastasio, ibid., 13 dic. 1763; perduta), Enea e Lavinia (G. Sertor, ibid., 5 maggio 1764); Il re pastore (Metastasio, ibid., 7 marzo 1765). Negli stessi anni si dedicò anche alla produzione sacra, scrivendo musiche per l'oratorio I pellegrinial sepolcro di N.S. di Hasse (Londra, Lock hospital chapel, 25 marzo 1757), e in seguito componendo con C. Avison l'oratorio Ruth (ibid., 15 apr. 1763), poi replicato (25 maggio 1768) in una nuova versione di cui il G. era l'unico autore.
Da questo momento, costretto da gravi dissesti finanziari ad abbandonare l'attività di impresario, si diede con particolare impegno all'insegnamento, non trascurando al contempo l'attività compositiva, che esercitò principalmente in ambito strumentale. Delle numerose raccolte pubblicate in quegli anni si ricordano: 6 soli a violino e basso op. 8 (Paris 1765); 12 sonate a violino e basso (London 1765 ca.); 6 quintetti per cembalo due violini, violoncello e bassoop. 11a (ibid. 1767); 6 duetti per due violini op. 13 (ibid. 1767); 6 duetti per violino e violoncello op. 14 (ibid., 1769).
Dal 1770 riprese inoltre un'intensa attività concertistica: fino al 1776 fu direttore d'orchestra dei tre festival corali di Worcester, Gloucester e Hereford; contemporaneamente, nel 1774, diresse il festival di Leicester, e da quella data fino al 1780 ricoprì inoltre il ruolo di violino solista ai concerti del Pantheon. Frattanto nel 1776 riprendeva la direzione dell'orchestra dell'Opera italiana, incarico che svolse di nuovo nella stagione 1782-83, poco prima di lasciare Londra, nel 1784, per un viaggio in Italia al seguito dei duchi di Gloucester.
A testimonianza di questo periodo il Prota-Giurleo riporta alcune cronache locali, da cui si apprende che il G. era a Siena il 13 luglio 1786, e in viaggio da Roma a Napoli il 22 dicembre dello stesso anno; nella città partenopea, ove si trattenne per tutta la stagione di carnevale, ebbe modo di procurarsi alcune lettere commendatizie in vista di un successivo viaggio in Spagna. Il G. raggiunse infatti Madrid il 1° maggio 1787, come risulta da una sua lettera inviata al principe di Torchiarolo, dove, esprimendosi tra l'altro in termini negativi sull'ambiente musicale spagnolo, fornisce utili informazioni sui suoi successivi spostamenti a Lisbona e a Parigi.
Rientrò a Londra nel 1790, anno in cui riprese l'attività di impresario per dirigere il Little theatre di Haymarket. Per l'occasione il 7 gennaio mise in scena la Ninetta, oChi dell'altrui si veste presto si spoglia di D. Cimarosa, ma l'esito negativo dell'impresa lo spinse a cercare successo, ormai quasi ottantenne, fuori dell'Inghilterra. Recatosi in Russia nel 1793, con quella compagnia di opera buffa della quale facevano parte i suoi allievi Marianna Laurenti e Angelo Testore, fu a Pietroburgo e successivamente a Mosca, dove morì l'8 giugno 1796.
Che non fosse morto il 17 dic. 1796, secondo quanto riportano quasi tutti i biografi, si desume dall'elogio funebre comparso sulla Gazzetta di Mosca e posto in luce dalle recenti ricerche del Salvetti.
Considerato tra i principali protagonisti della vita concertistica londinese della seconda metà del XVIII secolo, fu significativo rappresentante di quella scuola violinistica piemontese che vantava tra i suoi più illustri esponenti Somis, G. Pugnani e G.B.Viotti.
La sua figura rimane legata alla cospicua produzione strumentale, e in particolare la sua posizione storica in questo campo si rivela determinante per i contributi recati alla forma del quartetto, genere in cui seppe accogliere, con originalità, numerose e disparate suggestioni. Sensibile alle tendenze più avanzate della musica del suo tempo, seppe conferire a ogni strumento un ruolo ben definito nel fluire del discorso polifonico, e diede prova inoltre di grande modernità condividendo con J.Ch. Bach, dalla cui opera fu sensibilmente influenzato, il progressivo abbandono dello stile barocco in favore di un linguaggio già orientato verso il principio della forma-sonata.
Come osserva il Salvetti, la sua produzione quartettistica, che si può riassumere principalmente nelle raccolte opp. 22, 23, 25, 29 (1779-90), è strettamente legata al soggiorno londinese (si vedano le dediche, tutte a personaggi dell'ambiente nobiliare inglese), a eccezione di tre quartetti manoscritti (due dei quali appartenenti al fondo Noseda e conservati nella Bibl. del conservatorio G. Verdi di Milano, e un terzo oggi presso la British Library di Londra), che sarebbero da collocarsi tra i lavori giovanili, in quanto ancora tributari dell'impianto della sonata a tre barocca.
Ben diversa appare infatti la scrittura delle successive raccolte, dove l'alternarsi delle voci tra i vari strumenti tendeva ad annullare ogni residuo di basso continuo. Le possibilità espressive e la partecipazione della viola al dialogo con i violini (op. 25, nn. 1, 2, 3, 5 e op. 29, nn. 2 e 4) o del violoncello (op. 22, n. 1; op. 23, n. 1; op. 25, n. 2 e op. 29, n. 2) furono valorizzate secondo quello stile concertante del quale il G. può a buon diritto essere considerato uno dei principali artefici. All'interno di una struttura generale in tre tempi, con adagio centrale e rondò conclusivo, indubbie qualità si ritrovano inoltre nella maggiore complessità emotiva dei movimenti lenti, capaci "della più aperta serenità, ma anche di espansioni espressive" (Salvetti).
Tra i suoi lavori da camera merita inoltre particolare attenzione la forma del trio, genere che sentì particolarmente congeniale e nel quale ebbe modo di farsi apprezzare durante i suoi numerosi concerti insieme con il violinista William Cramer e il violoncellista John Crosdill. Pur prediligendo l'organico di violino, viola e violoncello (opp. 17, 20, 26), non trascurò formazioni insolite come chitarra, violino e pianoforte (op. 18) o cetra, violino e basso.
Significativo inoltre il suo apporto all'evoluzione della sonata, specialmente per il nuovo ruolo assegnato al cembalo, strumento che seppe svincolare dall'esclusiva e limitata destinazione di basso continuo; tra le altre si ricordano le 6 sonate di cembalo con violino o flauto traverso op. 3, pubblicate a Londra nel 1751, quindi apparse a Parigi in una nuova edizione nel 1756.
Affermò inoltre una sua ben definita personalità anche nella forma del concerto, ove, secondo il Zanetti, seppe distinguersi per un virtuosismo mai predominante, ma spontaneamente innestato in una discorsività piana e personale. Di tale produzione si ricordano i 3concerti a violino principale op. 5a (Berlin 1760) e i 6 concertos in 7 parts, for solo violin, op. 15 (London 1772), mentre dei rimanenti lavori (per l'elenco completo si rimanda all'opera dell'Eitner e al Répertoire intern. des sources mus., Einzeldrucke vor 1800) si segnalano ancora, in ambito strumentale, le ouvertures del 1751, e tra le opere teatrali, delle quali ci sono pervenute soltanto alcune arie e sinfonie d'apertura, Cleonice regina di Siria (diversi autori, Londra, King's theatre, 26 nov. 1763), Didone abbandonata (diversi autori, Londra 1775), Astarto (G. Bononcini, ibid 1776); inoltre le musiche di scena per Elfrida di W. Mason (Londra, Covent Garden, 1779; perduta) e Sappho (1778; perduta).
Lasciò inoltre una tangibile testimonianza della sua attività didattica nei volumi: Metodo di canto (London 1858); Istruzioni ed esercizii per il violino ed Esercizii per il cembalo e per il violoncello (entrambi conservati in ms. presso la Bibl. del conservatorio G. Verdi di Milano).
Fonti e Bibl.: Ch. Burney, A general history of music, IV, London 1789, pp. 443 ss.; W.T. Parke, Musical memoirs, London 1830, pp. 124 ss.; C.F. Pohl, Mozart und Haydn in London, Wien 1867 (rist. ibid. 1970), pp. 197 s.; G. Dassori, Opere e operisti, 1541-1902, Genova 1903, pp. 195 ss.; M. Pincherle, Les violonistes compositeurs et virtuoses, Paris 1922, pp. 98, 100; R.A. Mooser, Annales de la musique et des musiciens en Russie au XVIIIe siècle, Genève 1951, pp. 657 s.; A. Damerini, I quartetti di F. G., in Musicisti piemontesi e liguri, in Chigiana, XVI (1959), pp. 41 ss.; U. Prota-Giurleo, Notizie su F. e Carlo Giardini, in Musica d'oggi, III (1960), pp. 218-221; M. Fabbri, Sei duetti per 2 violoncelli di F. G., in Musiche italiane rare e vive da G. Gabrieli a G. Verdi, Siena 1962, pp. 257-265; W.S. Newman, The sonata in the classic era, Chapel Hill 1963, pp. 20 ss.; G. Salvetti, Un maestro italiano del quartetto: F. G., in Chigiana, XXIII (1966), pp. 109-133; F. Abbiati, Storia della musica, II, Milano 1967, pp. 536 ss.; L. Torchi, La musica strumentale in Italia nei sec. XVI, XVII e XVIII, Bologna 1969, pp. 10 ss.; Storia del teatro Regio di Torino, I, M.-T. Bouquet, Il teatro di corte dalle origini al 1788, Torino 1976, pp. 96 ss.; R. Zanetti, La musica italiana nel Settecento, Busto Arsizio 1978, pp. 630 ss.; F.C. Petty, Italian opera in London, 1760-1800, Ann Arbor, MI, 1980; S. McVeigh, F. G.: a violinist in late eighteenth-century London in Music and letters, LXIV (1983), pp. 162-172; Id., The violinist in London's concert life, 1750-84: F. G. and his contemporaries, New York 1989; C. Price - J. Milhous - R.D. Hume, The impresario's ten commandments. Continental recruitment for Italian opera in London, 1763-64, London 1992; Catalogue of printed music (1487-1800) in the British Museum, I, London 1912, pp. 513 ss.; Catalogue de la musique imprimée avant 1800 conservée dans les bibliothèques publiques de Paris, Paris 1981, pp. 230 s.; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, III, p. 479 s.; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, IV, pp. 238 ss.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, pp. 621 s.; Suppl., p. 350; Grove's Dict. of music and musicians (1954), III, pp. 627 s.; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, V, coll. 84-88; Encycl. de la musique Fasquelle, II, p. 261; Répertoire international des sources musicales, Einzeldrucke vor 1800, III, pp. 233-240; The New Grove Dict. of music and musicians, VII, pp. 350 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, pp. 191 s., The New Grove Dict. of opera, II, p. 407.