DAMIANI, Felice
Mancano dati documentari sulla biografia di questo pittore originario di Gubbio e attivo tra il 1581 e il 1609. Allo stato attuale delle conoscenze, quindi, gli unici punti fermi sono le numerose opere da lui firmate e datate nel territorio del ducato di Urbino, e in altri centri delle Marche e dell'Umbria.
La sua formazione è tradizionalmente ricondotta all'ambito della città natale, ove erano attivi pittori come Benedetto e Virgilio Nucci che fino alla seconda metà dei Cinquecento divulgarono le facili formule di un "raffaellismo" depurato in chiave devota e fortemente arcaizzante, non sempre ignari però delle novità romane, degli apporti di artisti fiamminghi e degli esiti dei contemporanei pittori marchigiani come i Morganti e i Presutti (cfr. G. Sapori, Benedetto Alucci artigiano devoto, in Arte e musica in Umbria tra Cinquecento e Seicento, Atti del XII Convegno di studi umbri, Gubbio-Gualdo Tadino 1979, Perugia 1981, pp. 103-113).
Il Lucarelli (1888, p. 448), al quale si devono il maggior numero di notizie biografiche sul pittore e l'indicazione di numerose opere nelle chiese e nella raccolta comunale di Gubbio, ricorda la "vivacità dei colori... l'arte stupenda di ritrarre la natura... la ricchezza degli ornamenti... la grandiosità del comporre... doti che gli valsero il nome di Paolo Veronese dell'Umbria". Le più recenti biografie (Bombe, 1913: Gnoli, 1923; Diz. Encicl. Bolaffi) hanno riconfermato la formazione eugubina e i contatti con i pittori veneti (non impossibili d'altra parte dal momento che nelle Marche-lavorò a stretto contatto con pittori come Filippo Bellini e Claudio Ridolfi) e non hanno valutato più ampiamente la sua personalità. Allo Gnoli spetta comunque il merito di aver costituito un primo ed ampio catalogo di opere dell'artista, anche sè non sempre attendibile. Una apertura in chiave critica e una lettura più attenta si deve a recenti ricerche sulla produzione di pittori della "provincia perplessa" (B. Toscano, Andrea Polinori o la provincia perplessa, in Arte antica e moderna, 1961, 13-16, p. 301) e a indagini territoriali sulla pittura del '600 e del '700 in Umbria (Ricerche in Umbria 2, 1976; Ricerche in Umbria 2, 1980; Casale, 1984). Il D. è stato pertanto individuato come un tipico esponente della generazione tardomanieristica, rappresentante di una tendenza altamente arcaizzante, devota e moderatamente "naturale", aggiornata con apporti di. varia provenienza, dall'area baroccesca, dalla "riforma" di Durante Alberti e Santi di Tito, da artisti di rilievo come A. Boscoli e C. Ridolfi. Per una esatta definizione della personalità del D. è comunque essenziale il corpus dei dipinti marchigiani, finora noti solo attraverso segnalazioni delle, guide locali, pressoché ignorati anche dai più recenti studi sul manierismo nelle Marche.
La ricchezza di opere eseguite per il territorio marchigiano in vari periodi induce a ripensare la formazione del pittore eugubino in chiave più legata all'area culturale dei ducato di Urbino e al governo della Marca, dove dominavano le correnti legate a Federico Barocci e ai fratelli Taddeo e Federico Zuccari. A questa fase possono essere ricondotte alcune opere attribuite al D. nella Pinacoteca di Gubbio, eseguite con tocco bozzettistico e con gusto quasi da miniatore (Visitazione con ritratti della famiglia Gabrielli; la Morte del giusto; Gesù disputa nel tempio; il Giudizio finale), nelle quali il D. movimenta le pesanti forme e i rigidi schemi di derivazione nuccesca con le tipiche sfaldature prismatiche e i vivaci cangiantismi barocceschi. In questa fase iniziale, vicina alle opere note del decennio 1580-90 può essere inserita anche la Deposizione da S. Maria di Montesanto di Sellano - ora nella Raccolta diocesana di Spoleto -, vicina ai Nucci, che può essere attribuita al D. attivo negli stessi anni in Valnerina, a Cerreto di Spoleto, o ad altro autore a lui molto vicino.
Lontano per temperamento dall'irrealismo fantastico di un Lilli e dall'espressionismo drammatico di un Boscoli, e formatosi sul "raffaellismo arcaicizzante" di Benedetto Nucci e sul "michelangiolismo alla Daniele da Volterra" del fratello Virgilio, il D. lavorò a Loreto in stretto contatto con i pittori "romani". Nel decennio '80-'90, nel quale si collocano le prime opere datate del D., egli alterna quindi la sua presenza in Umbria (per es.: Cerreto di Spoleto, S. Maria Delibera, Madonna col Bambinaie i ss. Antonio e Lucia, 1581; Ibid., chiesa dell'Annunziata, Madonna del Rosario, 1583; Todi, Pinacoteca comunale, Deposizione, 1581; Gubbio, Cappuccini, Circoncisione, 1585) con l'attività nelle Marche (tra l'altro: Recanati, S. Vito, S. Vito al Circo Massimo, 1582; Castelnuovo di Recanati, Decollazione di s. Paolo, 1584; Loreto, Museo del palazzo apostolico, Ultima Cena, 1585; Piobbico, castello Brancaleoni, Storie mariane, 1585).
Rilevante è l'attività svolta. dal D. in questo periodo a diretto contatto con la basilica di Loreto, per la quale fu impegnato in lavori diversi tra il 1584 e il 1585, come risulta da documenti individuati da p. Floriano Grimaldi (Arch. stor. S. Casa, Libro Mastro F., 1584-85, c. 218) che attestano pagamenti "per tutti li lavori fatti da lui a S. Casa così a S. Girolamo [nella villa di S. Girolamo doveva aver dipinto "figure... e un quadro per la cappella, perduti]" come in Refettorio Nuovo [l'Ultima Cena ora nel Museo] et in altri luoghi per detta S. Casa". Presumibilmente nello stesso periodo dipingeva altre opere, perdute, per la chiesa di S. Giacomo in Recanati (Decollazione di s. Giovanni Battista) e per la chiesa di S. Francesco in Castelfidardo (Madonna del Rosario, con i Misteri), che nel secolo scorso dovevano essere valutate di un certo pregio se nel 1811 furono oggetto di requisizione da parte del governo napoleonico e date successivamente in deposito alla pieve di Cesano Boscone a Seguro presso Milano (Centanni, 1950).
La sua adesione agli ideali "controriformati" (è il pittore delle scene di martirio che alcuni Ordini come i gesuiti, per i quali dipinse il S. Vito a Recanati, teorizzano in chiave apologetica: cfr. Mafessanti-Mazza, 1982, pp. 87-92) nell'ambito dell'area culturale di stretto controllo papale nella regione del santuario di Loreto, è riconfermata anche dalla sua partecipazione, poco nota, in chiave di "pittore devoto", alla decorazione del castello Brancaleoni di Piobbico, accanto a pittori e stuccatori della cerchia roveresca (Federico Brandani, e forse Giustino Episcopi: I Brancaleoni e Piobbico, Atti del I Convegno di storia locale - Piobbico 1983, Urbania 1985, p. 244).
L'opera dei D. è riconoscibile nelle Storie della Vergine raffigurate nel camerino accanto alla sala greca nell'appartamento del conte Antonio, e non è casuale che il D. abbia dipinto le storie mariape e non quelle tratte dalla mitologia greca e romana o le raffigurazioni della famiglia Brancaleoni. Qui il D. inserisce le sue devote e aggraziate figurine mariane e le sue piacevoli grottesche entro gli stucchi di scuola brandanesca nel 1585, e non mancano dirette citazioni baroccesche, come il Riposo nella fuga in Egitto chiaramente tratto dall'opera di ugual soggetto dipinta dal Barocci proprio per il Brancaleoni e conservata nella pieve di Piobbico.
Tale impresa, che lega il D. a una importante committenza, legittima l'inserimento del pittore nel vivo delle problematiche culturali del ducato urbinate. Nel decennio successivo, il pittore, ancora attivo in Umbria (per es.: Foligno, chiesa di S. Bartolomeo di Marano, L'Immacolata e i ss. Gioacchino ed Anna, 1592; Pale, nei pressi di Foligno, chiesa di S. Biagio, Visitazione, 1592, Madonna del Rosario, un santo, papa e i ss. Antonio da Padova, Caterina e Biagio, 1598; Città di Castello, chiesa di s., Domenico, S. Pietro Martire, 1592; Foligno, chiesa di S. Agostino, Madonna della Cintola, 1593; Gubbio, chiesa di S. Agostino, Battesimo di s. Agostino, 1594), era impegnato nelle Marche con la decorazione della cappella' della Nafività e di quella della Visitazione nel santuario di S. Maria de' Lumi in San Severino Marche.
Qui dipinse nel 1593 e nel 1596, raggiungendo in alcune scene come la Circoncisione con committenti,l'Adorazione dei Magi, la Visitazione, il vertice della sua pittura, con accentuazione del "naturale" forse dovuta alla conoscenza di qualche opera di G. F. Guerrieri, ottenendo intensi luminismi, volumi più architettonici, ampi sfondati paesistici, che lo proiettano verso l'ormai prossima generazione scicentesca, pur essendo egli ancora addentro all'età manieristica. Con ciò egli seguiva un percorso simile a quello di altri pittori a lui contemporanei.Nel decennio successivo le opere da lui lasciate a Cantiano nel 1602 (Gesù in Emmaus nel palazzo comunale), a Sant'Eraclio presso Foligno nello stesso anno (Madonna e i ss. Michele e Rocco, chiesa di S. Marco), a Mercatello sul Metauro nel 1604 (Madonna col Bambino, s. Francesco e s. Chiara, in S. Chiara), a Gubbio nel 1609 (Crocefisso e santi, in S. Agostino), insieme ad altri dipinti della tarda attività, come il S. Francesco e il lupo, l'Immacolata e i ss. Francesco e Chiara nella Pinacoteca di Gubbio, mostrano un irrigidirsi delle sue composizioni negli stanchi schemi bipartiti o tripartiti di derivazione tardo manieristica, secondo le consuete formule devote e gli usuali soggetti francescani o mariani, con un amplificarsi e consolidarsi della forma che denuncia il rapporto con le nuove esperienze seicentesche.
La data del Crocefisso diGubbio, 1609,segna un termine post quem per la morte del Damiani.
Gli scarni giudizi critici delle fonti antiche (Reposati, 1722; Lanzi, 1809; Ricci, 1831), la ricchezza di opere lasciate nel territorio umbro e marchigiano, le recenti messe a fuoco di parte della sua attività unibra, in Valnerina e nel Folignate, il recupero dei cicli pittorici di Piobbico e di San Severino, l'individuazione della sua presenza a Recanati e a Loreto, permettono oggi di Meglio delineare la sua personalità, figura non disprezzabile nel panorama tardo manieristico nelle cui opere migliori il classicismo di pittori quali Scipione Pulione e Durante Alberti viene sfiorato dal sentore delle novità luministiche e naturalistiche di G. F. Guerrieri.
Bibl.: D. Calcagni, Memorie istor. della città di Recanati, Messina 1711, pp. 291, 340; R. Reposati, Della Zecca di Gubbio e delle gesta de' conti e duchi di Urbino, II, Bologna 1722, p. 464; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, II, Bassano 1809, p. 132; A. Ricci, Le belle arti nella città di Gubbio, Bologna 1831, pp. 14, 17; M. Guardabassi, Indice guida dei monumenti pagani e cristiani, Perugia 1872, pp. 98 ss., 102, 106, 108, 111; O. Lucarelli, Mem. e guida stor. di Gubbio, Città di Castello 1888, pp. 448, 518, 521 s., 531, 563, 576, 586, 589, 601; A. Tarducci, Piobbico e i Brancaleoni. Memorie storiche, Cagli 1897, p. 240; W. Bonibe, in U. Thierne-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, Leipzig 1913, p. 321; U. Gnoli, Pittori e miniatori nell'Umbria, Spoleto 1923, pp. 92 s.; L. Serra, Elenco delleopere d'arte mobili delle Marche, estratto da Rassegna marchigiana, III (1925), pp. 31, 35 s., 63; L. Centanni, Le spoliazioni di opere d'arte fatte alle Marche sotto il primo Regno Italico, in Atti e. mem. della Deput. di storia patria per le Marche, s. 7, V (1950), pp. 73, 124; S. Tacconi, I conti Brancaleoni. Piobbico, il Castello, Urbino 1958, p., 85;. L. Varinelli, Recanati storia ed arte, Macerata 1973, p. 118; A. Stramucci, Conosci le Marche - Guida turistica di Pesaro - Urbino, Rimini 1974, p. 94; A. Gubinelli, San Severino Marche - Guida storico artistica, Macerata 1975, p. 39; V. Casale-G. Falcidia-F. Pansecchi-B. Toscano, Pittura del '600 e del '700. Ricerche in Umbria 1, Treviso 1976, pp. 39, 67, nn. 38, 41; F. Grimaldi, Musei d'Italia-Meraviglie d'Italia, Loreto, palazzo apostolico, Bologna 1977, pp. 25, 78; L. Barroero-V. Casale-G. Falcidia-F. Pansecchi-B. Toscano, Pittura del Seicento e del Settecento. Ricerche in Umbria 2, Treviso 1980, ad Indicem; Itinerari rovereschi nel ducato di Urbino, Urbino 1981,p. 140; M. Mafessanti-A. Mazza, I dipinti della chiesa di S. Vito a Recanati e la committenza dei gesuiti, in Notizie da palazzo Albani, 1982,n. 1-2, pp. 84-98;D. Bischi, La vita del palazzo Brancaleoni. Inventari inediti, Pesaro 1983, p. 108;B. Toscano-L. Giacché-L. Gentili-B. Ragni, Itinerari per l'Umbria [Guide de L'Espresso], Roma 1983, pp. 119, 204, 236, 238;V. Casale, in Il Costume e l'immagine pittorica nel Seicento umbro, Foligno, chiesa di S. Domenico, 1984 (catal.), Firenze 1984, pp. 29, 32; Diz. Encicl. Bolaffi, IV,p. 108.