Cavallotti, Felice Carlo Emanuele
Scrittore e uomo politico (Milano 1842 - Roma 1898). Di estrazione piccolo borghese (il padre era impiegato nell’amministrazione finanziaria del Regno Lombardo-Veneto), manifestò fin da giovanissimo un grande interesse per la politica e per il giornalismo. Nel giugno del 1860, non ancora diciottenne, fuggì di casa e s’imbarcò con la seconda spedizione in Sicilia guidata da Giacomo Medici. Combatté a Milazzo e al Volturno e nell’ottobre era a Napoli, dove collaborò all’«In;dipendente», il giornale fondato da Alexandre Dumas. Tornato a Milano e ripresi gli studi, iniziò la carriera di pubblicista e, dopo aver scritto su giornali minori, divenne nel 1863 redattore stabile della «Gazzetta di Milano». Nel 1865 fondò e diresse il giornale «Lo Scacciapensieri», la cui pubblicazione venne interrotta nel 1866 quando, in vista della guerra con l’Austria, accorse ancora una volta volontario agli ordini di Garibaldi e combatté a Vezza. La crisi di Mentana, nel 1867, e l’adesione entusiastica al «Gazzettino rosa» e al mondo della scapigliatura politica segnarono il suo definitivo passaggio su posizioni apertamente democratiche e repubblicane. Da allora iniziò la lunga serie di duelli e di processi che caratterizzarono la sua vita di combattivo polemista e che gli diedero ben presto, e non solo a Milano, una crescente notorietà. Nel 1868, quando vennero arrestati i principali redattori del «Gazzettino rosa» per reati di stampa, Cavallotti si diede alla latitanza, assumendo la direzione del quotidiano. Solo nell’ottobre l’amnistia lo tolse dalla clandestinità, ma nell’estate del 1870, in seguito alla partecipazione alle dimostrazioni per la neutralità dell’Italia nel conflitto franco-prussiano, venne arrestato. Tornato in libertà all’indomani di Porta Pia, lasciò la «Gazzetta di Milano», interruppe la collaborazione con il «Gazzettino rosa», del quale non condivideva l’intransigente astensionismo parlamentare, e fondò «Il Lombardo». Il giornale, che godette anche dell’appoggio di anziani democratici, come Guerrazzi e Bertani, ebbe vita breve e dopo la sua chiusura, nel 1871, Cavallotti allentò momentaneamente il febbrile e battagliero impegno politico degli ultimi anni dedicandosi alla letteratura. Nel corso del 1871 scrisse un dramma in versi, I Pezzenti, dai toni patriottici e anticlericali che, rappresentato al Teatro Re di Milano, ebbe un grande successo di pubblico. Sull’onda del successo, scrisse e rappresentò altri drammi: Agnese (1873), Guido (1873), Alcibiade, la critica e il secolo di Pericle (1874), I Messeni (1877). Nel frattempo era tornato alla politica: nel 1873 fu eletto deputato e sul finire del 1875, per dar voce alle battaglie dell’opposizione, fondò un nuovo giornale, «La Ragione» di cui assunse la direzione. Nel 1876 salutò con favore l’avvento della Sinistra ma rimase presto deluso della politica di Depretis. Il suo massimo impegno politico in quegli anni fu per la riforma elettorale della quale si era definito il «cane da guardia». Nello stesso tempo sostenne la Lega della democrazia, sorta nel 1879 sotto l’egida di Garibaldi, rilanciò la campagna irredentista, specialmente dopo la condanna a morte di Oberdan nel 1882, e nel 1883 fu tra i promotori del Fascio della democrazia, che poi diresse insieme a Giovanni Bovio e Andrea Costa. A partire dal 1882 il suo principale obiettivo polemico divenne il trasformismo di Depretis che, nei discorsi più famosi dal 1883 al 1886, bollò come «putredine» e «sfacelo morale». Questa sua intensa attività politica contribuì a fare di lui il leader indiscusso dei radicali, soprattutto dopo la morte di Bertani avvenuta nel 1886. Nel 1890, fu tra i promotori del congresso dei rappresentanti delle associazioni democratiche svoltosi a Roma, nel corso del quale fu approvato un documento (il patto di Roma), redatto da Cavallotti stesso, che insisteva sulla difesa delle libertà statutarie e degli ideali democratici e che divenne il manifesto della democrazia radicale. Fiero oppositore di Giolitti, al quale rinfacciava la mancanza di un passato risorgimentale e del quale condannava il pragmatismo, quando Crispi tornò al governo e iniziò la repressione dei Fasci siciliani, si schierò all’opposizione e dopo le leggi «antianarchiche» e lo scioglimento delle organizzazioni socialiste, fu tra i principali animatori della Lega italiana per la difesa della libertà, sorta nell’ottobre 1894 per iniziativa dell’Estrema. Negli ultimi mesi del 1897 sembrò non alieno da contatti con Zanardelli e Giolitti, in vista di qualche combinazione parlamentare, ma le trattative non ebbero seguito: nel 1898 Cavallotti rimase ucciso nel duello con Ferruccio Macola, direttore della «Gazzetta di Venezia».