BOSELLI, Felice
Figlio di Cristoforo, agiato calzolaio, e di Lucia Cattaneo, nacque a Piacenza, nella parrocchia di S. Ilario, il 20 apr. 1650. Ben poco si sa della sua educazione; a Milano, dal 1664 al 1669, fu allievo non di Giuseppe Nuvolone (Carasi) ma del di lui fratello Michelangelo (Fiori, 1967). Qui ebbe contatti con Angelo Maria Crivelli detto il Crivellone, specialista in nature morte di selvaggina; l'intonazione generale dei suoi quadri e il fatto che, al contrario di altri specialisti, egli amasse spesso interporre alle nature morte alcune realistiche figure, fa supporre che avesse ben osservato la pittura lombarda dei tenebrosi oltre che quella romana del Cerquozzi. Come ritiene lo Sterling, però, oltre queste ascendenze, egli dovette osservare, come la maggior parte degli artisti italiani che dipinsero nature morte nel Sei e Settecento, anche i Fiamminghi. Dopo un breve soggiorno a Piacenza il B. si trasferì a Parma dove dipingeva per i nobili locali e dove il 26 luglio 1673 dalla moglie Barbara Draghi (morta nel 1731) gli nacque l'unico figlio, Orazio, che fu pure pittore, come dimostra un pagamento del 1715 per apparati nel duomo di Parma compiuti l'anno precedente (Parma, Galleria Nazionale: E. Scarabelli Zunti, Memorie..., ms. 106, p. 29), e che morì nel 1721.
I quadri del B., se non grande fama, dovettero almeno dargli la possibilità di una vita agiata, ed è evidente, dal numero di opere sparse ovunque, specie nelle case nobiliari del Piacentino e del Parmense, che il suo fare era alla moda, anzi doveva essere addirittura di rigore appendere alle pareti delle sale da pranzo quei suoi soggetti appetitosi, ma qualche volta truculenti, i quali, più che in un salotto, sarebbero stati bene in una macelleria, in una rivendita di polli o, al più, nelle vaste cucine nere di fumo e odorose di intingoli. Il B. appartiene, di massima, alla categoria di pittori di nature morte dal linguaggio paesano e modesto: carni macellate, pesci sventrati, uccelli morti, polli spennati, rami da cucina, sporte per la spesa, mastelli di legno, cavoli, verze, e rape, e tutto buttato alla buona su gradini di pietra consunti, su tavoli rustici; e, mescolati alla natura morta, animali domestici, ma sempre di bassa levatura, gatti senza pedigree - pare che il gatto, che ricorre tanto spesso nella sua pittura, rappresenti il suo nome: feles (felino) = felix (felice) -, cani arruffati e randagi, un pollaio e, in mezzo, gente del contado che si è messa il vestito delle feste per portare al mercato i suoi prodotti, ma ha ancora le mani callose e le dita nere di terra. A questo clima si confà l'intonazione dei dipinti per lo più densi di pasta pittorica e gravi nei toni bassi rilevati da note argentine, con aperture improvvise su paesaggi folti di alberi.
Un uomo del contado, del resto, anche lui, Felice Boselli, quale appare nel tardo Autoritratto della Galleria Nazionale di Parma (1720 c.), vestito a festa, con la parrucca a boccoli e la tavolozza in mano, in posa aulica, ma con gli occhi vispi e arguti che scrutano, con vivace attenzione, il modello fuori campo, i due gallinacci appesi, che egli sta ritraendo nel quadro sulla destra.
Eppure il B. non ha dipinto esclusivamente scene domestiche. Chiamato a Fontanellato da Alessandro Sanvitale per decorarvi il teatro, vi lavorò dal 1681 al '90 circa; ma fu praticamente pittore dei Sanvitale sin oltre il primo decennio del secolo successivo e per loro, oltre alle sue abituali rassegne di pesci e carni sanguinanti, dipinse ritratti e decorò la sala di ricevimento con un elegantissimo fregio di vasi traboccanti di fiori con ai lati bianchi grifi alati e paesaggi a sanguigna, cornici barocche a volute e conchiglie, per il quale indossò, una volta tanto, la "toga praetexta", rivelando, nel soggetto e nella resa, una eccezionale finezza (Bocchia Casoni, pp. 32-36).
Ma la serie più bella di quadri di genere sono sei ovati dipinti per i Meli Lupi a Soragna tra il 1700 e il 1701, ove alle nature morte, per lo più pesci e crostacei disposti su piani orizzontali, con in fondo un paesaggio, sono interpolate figure di giovani. Del 1702 è l'Ecce Homo in S. Brigida a Piacenza, l'unica opera rimastaci di soggetto sacro, ma che non è un unicum, in quanto si sa dagli antichi inventari di altre opere religiose ora perdute.
Nel 1704 tornò a Fontanellato, ove interpretò liberamente in dodici tele (Parma, Galleria Nazionale) la favola di Diana e Atteone affrescata dal Parmigianino in una saletta della Rocca: il modello non è che un pretesto e il B. si rivela succoso di colore e originale nel modellato dei panneggi. Altrove poi, così nel quadro col Mendicante cieco ed il fanciullo della Galleria Nazionale di Parma, si rifà, oltreché ai Lombardi, ai pittori di "bambocciate", dall'olandese Peter Van Laer, detto appunto il Bamboccio, al romano Michelangelo Cerquozzi, ma con tono personale nei colori bassi rilevati di bianco e immediatezza nella pennellata, che modella con partecipe vigoria le vesti a brandelli, l'orecchio, le sensibili mani. Dello stesso stile sono quattro quadri dipinti per i Sanvitale dopo il 1710, ora nella Galleria Nazionale di Parma, con nature morte e figure interpolate. Certo dello stesso tempo sono altri dipinti, dalla Macelleria, con l'uomo che pesa la carne al piccolo cliente, della collez. Zauli Naldi a Faenza, alla Selvaggina della collez. Antonio Piacenza a Piacenza, a una Piccionaia della collezione Zacchia Rondinini di Bologna, tra i migliori della sua attività per il modo prezioso con cui sono trattati: quello spruzzare d'argento, quasi un brillio di luci su fondo scuro, mentre di lontano appare spesso, come uno squarcio nel fondo, il primo chiarore di un cielo all'alba.
Molti altri sono i quadri che potremmo ricordare di lui in collezioni pubbliche e private a Parma e a Piacenza (vedi Arisi, 1960, pp. 236 s.), nella Pinacoteca Civica di Cremona, nella Pinacoteca di Brera, nell'Accademia Carrara di Bergamo, ecc.
Tra le opere più tarde del B. conosciamo: due Nature morte, firmate e datate 1730 sul retro, nella Galleria Campori di Modena, dove sparisce invece il magico brillio delle opere mature e il suo fare, che ripete gli abituali modelli, diviene ormai una stanca ripetizione del passato.
Il B. morì a Parma il 23 ag. 1732 (Bocchia Casoni, 1964, pp. 39 s.).
Fonti eBibl.: C. Carasi, Le pubbliche pitture di Piacenza, Piacenza 1780, p. 90; Parma, Galleria Nazionale: E. Scarabelli Zunti, Memorie di belle arti parmigiane, ms. 106, ad vocem;P. Zani, Enciclopedia metodica ...di Belle Arti, I, 4, Parma 1820, p. 222; L. Scarabelli, Guida ai monumenti storici e artistici di Piacenza, Piacenza 1841, p. 167; P. Bozzini, Elenco di artisti piacentini, in Strenna piacentina per il 1879, pp. 107-111; L. Ambiveri, Gli artisti piacent., Piacenza 1878, pp. 107-11; G. Ferrari, Ricordo della Mostra d'arte sacra, Piacenza 1903, pp. 26-28; M. Marangoni, Valori mal noti e trascurati della pittura italiana del Seicento in alcuni pittori di natura morta, in Riv. d'Arte, X (1917-1918), n. 1-2, p. 30 (recens. di R. Longhi, in L'Arte, XXI [1918], p. 239); V. Pancotti, F. B., in Ars Nova (Piacenza), III (1924), pp. 1-6; N. Tarchiani, La pittura italiana del Seicento e Settecento, Milano 1924, p. 53; M. Campori, La Galleria Campori ..., Modena 1924, p. 43; S. Fermi, Due nature morte del B., in Libertà (Piacenza), 22 marzo 1925; G. Copertini, Catalogo della Pinacoteca Stuard, Parma 1926, nn. 152-156; V. Pancotti, La Chiesa di Santa Brigida, Piacenza 1929, pp. 154-156; V. Pancotti, La Galleria del Collegio Alberoni ..., Piacenza 1933, pp. 51 s.; G. Copertini, F. B., in Strenna piacentina per il 1935, pp. 100-107; S. Fermi, Due nature morte di F. B. vendute a una rec. asta milanese, in Boll. stor. piacentino, XXXV (1940), pp. 38 s.; F. Arisi, Nel terzo centenario della nascita di F. B. ... (1650-1732),ibid., XLV (1950), pp. 12-18; A. Puerari, La Pinacoteca di Cremona, Cremona 1951, pp. 209 s., 223 s.; C. Sterling, La nature morte de l'antiquité à nos jours, Paris 1952, p. 58; A. Ghidiglia Quintavalle, I castelli del Parmense, s.l. 1955, pp. 23 s., 33, 37 s. (con bibl.); M. Borghini, Il pittore piacentino F. B., in Piacenza sanitaria, apr. 1956, pp. 3-18 (con elenco delle opere); F. Arisi, Il Museo Civ. di Piacenza, Piacenza 1960, pp. 230-38 (con bibl. e elenco delle opere a Piacenza); G. De Logu, La natura morta ital., Bergamo 1962, pp. 71-73, 177 (con elenco); G. Pantaleoni, Le nature morte di F. B., in Selez. Piacentina, nov. 1963, pp. 77-90; F. Arisi, Nature morte di F. B., Milano 1964; G. Bocchia Casoni, Not. ined. sulla vita e le opere del pitt. F. B., in Parma per l'arte, XIV (1964), pp. 31-42; Id., La formaz. stilistica di F. B.,ibid., XV (1965), pp. 127-136; R. Roli, in La Natura morta italiana (catal. della mostra a Napoli, Zurigo, Rotterdam, 1964-65), Milano 1964, pp. 103 s.; A. Ghidiglia Quintavalle, C. Munari e la natura morta ital., Parma 1964, pp. 91-94; G. Fiori, Documenti biografici sul pittore F. B., in Libertà (Piacenza), 24 febbr. 1967; Natura in posa, catalogo della mostra, Bergamo, Galleria Lorenzelli, 1968, tav. 54; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 394.