BISAZZA, Felice
Nacque a Messina il 29 genn. 1809 da Vincenzo, commerciante in grani, e da Angela Maria dei baroni Marino. Il tracollo finanziario del padre non impedì che il B. frequentasse il R. Collegio Carolino di Messina, riservato ai figli dei cittadini più in vista per nobiltà e censo. Qui venne presto rivelando le sue disposizioni alla improvvisazione in versi e, deludendo l'aspettativa del padre, che lo avrebbe voluto avvocato, si diede quindicenne agli studi letterari, che condusse da autodidatta, con ampiezza più che con profondità e sistematicità di interessi.
Con la collaborazione in prosa e in versi a numerosi giornali, prima messinesi poi della Sicilia e del continente, acquistò una sempre più larga e buona notorietà per tutta Italia. Consensi e incoraggiamenti come quelli del Maffei gli guadagnò la pubblicazione di una sua prima raccolta di saggi di traduzione e di liriche originali,Saggi poetici (Messina 1831), la quale, come non dava alcuna ombra al governo così non dava sospetto agli zelanti classicisti, quasi assoluti dominatori della scena letteraria e culturale isolana e napoletana. Il giovane messinese, il quale aveva fra i suoi Saggi pubblicato Il Settentrione (nel solco della posizione antiromantica di tipo montiano e foscoliano), doveva, il 27 sett. 1832, a un anno di distanza, pronunciare nell'Accademia Peloritana un ardito, anche se conciliante e misurato, atto di adesione ai fondamentali principi e alle più caratteristiche tendenze del romanticismo lombardo.
Il Discorso sul Romanticismo, pubblicato a Messina nel 1833, non originale, né profondo, ma storicamente importante, considerato l'ambiente culturale isolano, nel quale provocò una feconda eccitazione, era stato certamente meditato da tempo su quei testi, talvolta solo clandestinamente penetrati in Sicilia, quali la Lettera semiseria di G. Berchet, gli Inni Sacri, le tragedie, i cori, i Promessi Sposi, la Lettre à M. Chauvet del Manzoni, i principali romanzi storici in voga, le creazioni dei più misurati romantici italiani e stranieri, dei quali il B. cita nel Discorso opere e passi. Il B. ritiene che del tanto deprecato romanticismo, sfavorevolmente accolto in Sicilia anche negli ambienti culturali meno reazionari e misoneisti, molto si possa e debba accogliere, pur nel rispetto della illustre tradizione italica e dei valori universali civili e religiosi. Fu così alla testa della esigua, ma coraggiosa schiera di romantici siciliani. Non mancarono, com'era prevedibile, le riserve, come quelle del Gabinetto letterario di Messina, né le battute polemiche, come quelle di Letterio Stagno che, in un dialogo pubblicato sul Maurolico di Messina, avrebbe presentato il B. nelle vesti di uno Stravoltino entusiasta della Malibran, né i volgari insulti, come quelli del trapanese Salvatore Costanzo nel Poeta romantico (Trapani 1835), dialogo fra un romantico, Lionello (il B.), e un classicista, Maurizio. Lodi e sostenitori il B. trovò fra i redattori dell'Antologia e, in Sicilia, specialmente fra quelli dello Stesicoro di Catania (1835). Né il B. stesso mancò di rimbeccare gli avversari in una Risposta pubblicata a Palermo nel seguente anno.
Intanto nuovi sinceri consensi riscuotevano, soprattutto fuori di Sicilia, dal Niccolini, dal Mamiani, dal Vannucci, dal Lampredi e da altri letterati del tempo, le pregevoli traduzioni che il B. veniva da tempo preparando, e che si possono annoverare tra le sue cose migliori.
La Morte di Abele, di S. Gessner (Messina 1834, Napoli 1836), fu ritenuta una delle migliori traduzioni italiane di quel testo, benché non direttamente dal tedesco, e L'Apocalisse (Messina 1837) fu scelta dal Passigli per i suoi Volgarizzamenti poetici della Bibbia. In queste, come nelle traduzioni di alcuni frammenti di Isaia, della Pro Archia di Cicerone, del poemetto latino L'acqua, erroneamente creduto del De Caro, e così via, abbiamo dei documenti indiscutibili del continuo affinarsi nel B. del gusto letterario, di una viva sensibilità artistica, ma, non meno, di una sua valentia nell'interpretare finemente e rendere fluidamente sentimenti e immagini altrui, maggiore della sua autentica forza ed originalità, i cui limiti appaiono evidenti pur tra la variegata inventiva e l'ubertà linguistica.
Recatosi per la prima volta a Napoli nel 1835, il B. vi dimorò quasi un anno, collaborando ai più importanti giornali di quella città, ma era costretto ad allontanarsene per avere alluso amaramente alla situazione della patria e al dispotismo borbonico in due poesie per la morte di una fanciulla senese e in altra per la monacazione della sorella Maddalena (nella quale si avverte qualche eco della canzone leopardiana alla sorella Paolina). A partire dalla dedica dell'edizione napoletana della Morte di Abele (1836) a Ferdinando II, il B. si ritraeva, però, anche se con un segreto disagio, da ogni manifestazione di sia pur cauto liberalismo, e per ragioni di pratica opportunità e, fors'anche, per una specie di deliberata consegna della sua esistenza esclusivamente agli studi, all'insegnamento, alle pratiche religiose.
Accoglieva quindi questa o quella profferta lusinghiera del governo, specialmente dopo la rivoluzione siciliana del '48, e otteneva la cattedra di lingua e letteratura italiana nell'università di Messina, un'alta onorificenza, una pensione e il titolo di poeta cesareo. L'estro e la maturazione letteraria sacrificava troppo spesso alla prolissa e prosaica narrazione in versi, alla compiaciuta pateticità, alla insistente e banale proclamazione della sua fede religiosa e dei suoi principî morali.
Da questa fase artistico-letteraria d'un romanticismo moralistico e devozionale traggono vita due raccolte alle quali era destinato un notevole successo italiano ed europeo: Leggende ed ispirazioni (Messina 1841), in cui, soprattutto per le novelle in versi della prima parte, il B. è sotto l'influenza del linguaggio più trasandato e delle immagini più convenzionali del Grossi, del Pellico, del Prati, del Parzanese, dell'Aleardi, non senza riecheggiamenti di altri poeti come Hugo e Lamartine; Fede e dolore (Napoli 1863), in cui il B. insiste sulla riflessione moralistica e religiosa: motivi quasi sempre risolti nella sentimentalità della preghiera se non nella meccanicità della giaculatoria, ove si eccettuino fugaci palpiti di sincero affetto o di austero sdegno. Nel 1858, nell'università di Messina, pronunciò un discorso Della letteratura poetica,sotto il doppio aspetto della rappresentazione e della purificazione, che è una teorica del suo moderato romanticismo religioso e moralistico, benché con maggiore maturità di esperienze di vita artistica e di concezioni letterarie che nel discorso del 1832.
Nei limiti della sua intransigenza confessionale e della sociale convenienza, dati i numerosi attacchi, come quelli del Don Marzio, per la sottomissione e l'adesione al precedente regime, il B. rese misurato omaggio agli uomini e ai fatti dell'unificazione italiana, avvenimento sinceramente auspicato fin dalla più lontana giovinezza e, sempre continuando nell'insegnamento universitario, partecipò nel 1865 alle celebrazioni dantesche, con versi ritenuti particolarmente belli.
Il B. morì a Messina il 30 ag. 1867.
Il municipio di Messina ne collocò nel 1872 le ossa in una monumentale tomba, accanto ai resti degli illustri conterranei amici La Farina e Natoli, e pubblicò nel 1874 i suoi scritti, anche per soccorrerne l'indigente famiglia: Opere di F. B. da Messina, Messina 1874, in tre volumi, integrate da Scritti inediti e rari..., a c. di N. Castagna, Napoli 1887.
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