fegato
Ghiandola localizzata all’interno del quadrato superiore destro dell’addome, detto ipocondrio destro. È l’organo più voluminoso del corpo umano (dopo la cute). Il peso del f. di un essere umano adulto può variare tra 1,3 e 3,0 kg e di solito rappresenta il 2% del peso corporeo (nel feto il 5%).
Il f. è descritto anatomicamente come parenchimatoso, soffice al tatto e di colore marrone-rosato. Lo ricopre una guaina fibrosa denominata capsula di Glisson, o glissoniana, da cui originano setti che entrano nel contesto della ghiandola e che risultano attraversati sia dai dotti biliari che dai vasi sanguigni (arteriosi, venosi e portali) formando l’impalcatura delle cosiddette unità funzionali del f., note anche come lobuli epatici. I canalicoli biliari, che si uniscono a formare i dotti biliari, successivamente sfociano nei dotti epatici destro e sinistro che a loro volta formano il dotto epatico comune. Esistono diverse varianti anatomiche delle quali è necessaria la conoscenza per prevenire lesioni chirurgiche durante un intervento sulle vie biliari, anche semplice come la rimozione della colicisti per calcolosi. Il dotto cistico, proveniente dalla cistifellea, si unisce al dotto epatico comune formando il dotto biliare principale o coledoco. La cistifellea si trova intimamente connessa al f. alloggiando nella faccia concava del lobo destro. Il f. possiede una doppia vascolarizzazione: l’arteria epatica (30% del volume totale di sangue del f.) che sostiene l’irrorazione dell’albero biliare, e la vena porta (70% del volume totale) che trasporta il sangue refluo della circolazione splancnica, ossia del canale alimentare e della milza, in modo che il f. possa metabolizzare le sostanze nutrienti e i sottoprodotti della digestione (circolazione entero-epatica). Il sangue refluo dal f. raggiunge la vena cava inferiore attraverso le tre vene sovraepatiche (destra, media e sinistra). Gli antichi testi di anatomia riconoscono due lobi del f. con dimensioni e volumi differenti: il lobo sinistro, più piccolo (circa il 25÷30% del volume totale) posto a sinistra del legamento falciforme e il destro, più grande (circa il 75÷70% del volume totale) posto a destra del legamento falciforme. La moderna anatomia chirurgica riconosce nel f. 8 unità anatomicamente indipendenti sulla base della ramificazione all’interno della ghiandola del sistema vascolare e biliare: queste unità sono note some segmenti epatici e la classificazione più nota è quella di Couinaud che serve oggi come riferimento per eseguire sofisticati interventi chirurgici sia in campo oncologico che in quello dei trapianti (per es: da un donatore di f. si possono eseguire due trapianti dividendo accuratamente il f. in due parti egualmente funzionali).
Nel f. si riconoscono un notevole numero di funzioni (alcune in parte ancora non ben definite), costituendo quest’organo il vero e proprio laboratorio chimico del nostro corpo. Sicuramente è fondamentale la produzione di bile, indispensabile per la digestione. Altrettanto importanti sono le cosiddette funzioni di sintesi e cataboliche. Tra le prime vanno ricordati i processi biochimici che portano all’immagazzinamento del glicogeno (il deposito delle scorte di glucosio), della vitamina B12 e di altri importanti coenzimi – come le vitamine liposolubili A, D, E, e K –, nonché la produzione di colesterolo, amminoacidi e proteine, come l’albumina, e di tutti i fattori della coagulazione. Tra le funzioni cataboliche citiamo il metabolismo delle sostanze ormonali prodotte dall’organismo o dei farmaci che assumiamo, nonché la trasformazione in pigmenti biliari dei metaboliti derivanti dal catabolismo dell’emoglobina. In età fetale il f. è anche la sede dell’ emopoiesi, ossia della produzione delle cellule del sangue. Il f. ha una grande capacità di autorigenerazione, quando parte dell’organo viene asportata; tale capacità, nota sin dagli albori della medicina è ben rappresentata nel mito di Prometeo incatenato. Il f. costituisce oggi un importante campo di ricerca dal momento che l’evoluzione delle tecniche chirurgiche e anestesiologiche consente di praticare sul f. interventi chirurgici altamente demolitivi sfruttando proprio la capacità della ghiandola di ritornare al volume normale dopo soli 14÷21 giorni.
Le nuove tecniche chirurgiche per gli otto segmenti epatici
La chirurgia è stata oggetto di progressi tecnici assolutamente impensabili sino a poche decine di anni fa. Se oggi si entrasse nella sala operatoria di un grande ospedale universitario e si confrontassero gli interventi chirurgici descritti nei registri operatori e nelle cartelle cliniche dell’anno 2009 con quelli dell’anno 1959 ci si renderebbe immediatamente conto che oltre il 90% degli interventi eseguiti di routine all’inizio di questo secolo erano sconosciuti o non eseguibili con sicurezza per la vita del paziente solo 50 anni fa. Si tratta di progressi in buona parte ottenuti grazie alla specializzazione della chirurgia, che da generale si è evoluta e suddivisa in neurochirurgia, chirurgia vascolare, urologia, cardiochirurgia, eccetera, sino a branche come la chirurgia del fegato e delle vie biliari.
Oggi il fegato può essere operato per rimuovere tumori benigni come l’emangioma, l’iperplasia fibronodulare, l’adenoma o il cistoadenoma; tumori maligni primitivi come l’epatocarcinoma, il colangiocarcinoma ed il cancro della colecisti; tumori metastatici come quelli che provengono dall’intestino, e infine tumori che invadono per contiguità il fegato come le neoplasie del surrene, del rene, dello stomaco e del retroperitoneo. Inoltre è anche possibile operare il fegato per riparare lesioni delle vie biliari o rimuovere calcoli contenuti in esse. Nel 1963 è stato eseguito, dal pioniere nel campo, lo statunitense T.E. Starzl, il primo trapianto di fegato, considerato ancora oggi l’intervento più complesso eseguibile su un essere umano. Quel primo tentativo non fu coronato da successo perché il paziente, un bambino di tre anni, morì dissanguato sul tavolo operatorio, ma oggi questo eccezionale intervento di sostituzione del fegato ammalato con uno sano è divenuto così sicuro da essere eseguito in centinaia di centri in tutto il mondo con percentuali di successo che superano il 90%.
Due sono gli elementi che hanno permesso il progresso della chirurgia del fegato: lo studio e la conoscenza della sua anatomia e gli avanzamenti tecnologici nella tecnica e nello strumentario chirurgico.
Un tempo considerato come un organo unico e indivisibile, oggi il fegato viene riconosciuto come una struttura costituita da otto segmenti, ognuno dotato di un ramo dell’arteria epatica, della vena porta, e della via biliare, le stesse strutture che si riconoscono all’ilo dell’organo intero. Questa suddivisione del fegato in otto segmenti è stata definita dal chirurgo francese Claude Couinaud (1922-2008), che si dedicò intensamente allo studio del fegato e delle vie biliari. Fu lo stesso Couinaud che iniziò la moderna chirurgia del fegato descrivendo nel 1952 la prima tecnica di resezione epatica che teneva conto dell’anatomia segmentaria del fegato.
Inizialmente, la chirurgia del fegato veniva eseguita con strumenti grossolani e il chirurgo doveva controllare il sanguinamento soprattutto con punti chirurgici, suture e mediante l’interruzione del flusso di sangue al fegato, occludendone temporaneamente i vasi sanguigni principali. Oggi esistono strumenti che permettono di sezionare il fegato mediante ultrasuoni che sezionano il tessuto epatico ma si fermano in corrispondenza dei vasi sanguigni; questi ultimi vengono poi divisi con altri strumenti che permettono una emostasi molto sicura, al punto che nei centri specializzati in questa chirurgia è possibile eseguire una resezione di oltre il 60% del fegato senza dover ricorrere neanche a una singola trasfusione di sangue durante l’intervento.
Tre interrogativi prima di decidere se operare. Data la particolare complessità e la delicatezza della chirurgia epatica, ogni intervento dovrebbe essere preceduto da tre interrogativi preliminari che il chirurgo dovrebbe porsi e discutere con il paziente: la lesione è tecnicamente rimovibile? Se la lesione è rimovibile, il volume di tessuto epatico che residuerà è sufficiente a sostenere le funzioni metaboliche necessarie alla vita del paziente? L’intervento è eseguibile con una ragionevole sicurezza per la vita del paziente? Anche se la chirurgia del fegato in mani esperte oggi è sicura, non bisogna dimenticare che comporta rischi ineliminabili che quindi devono essere spiegati con rigore e serietà al paziente.