DOSTOEVSKIJ [pron. dastaiefski], Fedor [pron. fiòdor] Michajlovič
Nacque a Mosca il 30 ottobre (11 novembre) 1821 nella famiglia di un medico militare. La sua infanzia fu triste per le ristrettezze della sua famiglia e per le impressioni a cui fu soggetto il suo animo per natura molto sensibile. Questa tristezza si rispecchierà nel romanzo L'adolescente, come nell'Idiota; negli abbozzi per La vita di un grande peccatore D. rievocherà la sua passione infantile per la vita dei santi e per la pittura delle iconi. Della tristezza infantile testimoniano del resto anche le sue lettere da Pietroburgo, dove egli, appena quindicenne, era stato inviato per frequentarvi la scuola militare per ingegneri. La rigida disciplina della scuola e la solitudine trovarono un compenso nella passione del giovanetto per la lettura. I suoi primi entusiasmi furono per Byron, Walter Scott, Balzac, Victor Hugo e E.T.A. Hoffmann, per Puškin, Lermontov e Odoevskij. L'atmosfera romantico-mistica mise subito il futuro scrittore di fronte al problema dell'individualismo come arbitrio in contrapposizione alla morale collettiva; problema che da Delitto e Castigo fino al Discorso su Puškin fu sempre presente al suo spirito. I primi tentativi di creazione furono però fatti da D. sotto l'impressione di Schiller e di Shakespeare, ma dei due drammi storici che ne derivarono, Maria Stuart e Boris Godunov, si sono conservati solo i titoli.
Terminati gli studî nel 1843, D. fu promosso ufficiale, ma la sua carriera fu di breve durata, perché, deciso a dedicarsi alla letteratura, l'anno dopo egli lasciava il servizio. La fama gli sorrise subito. Il breve romanzo Povera gente, intorno al quale egli si era affaticato per più di un anno, fu tenuto a battesimo da Belinskij, che, con pronta intuizione, pronosticò al giovane scrittore un grande avvenire. Mentre però Belinskij non fu soddisfatto del nuovo lavoro di D., Il sosia, che gli parve un tradimento alle promesse, l'autore aveva coscienza di essere sulla sua vera via, e se tentò, subito dopo, altre forme (per es., Le notti bianche, dette da lui stesso "romanzo sentimentale), lo sviluppo psicologico e concettuale segnato da Il signor Procharčin e da La padrona ha la sua origine nel Sosia. Anche i racconti minori, con tendenza satirica, come La moglie altrui e il Ladro onesto non sono privi di quell'analisi di tormenti spirituali che, inaugurata nel sosia, caratterizza lo sviluppo di D. fino ai grandi romanzi. Tutta la creazione del 1848 ci mostra in pieno la lotta che si svolge nell'animo del giovane scrittore: tra il sentimentalismo, che, superato fin da principio artisticamente attraverso Puškin e Gogol′, non si darà mai vinto del tutto, ricomparendo perfino nei fratellî Karamazov; e il realismo che, di aiuto dapprima per questa liberazione, sarà, a sua volta, tenuto in freno da una nuova influenza, quella della narrazione grottesca, dietro cui è la realtà tragica della vita.
Il legame iniziale di D. giovane con Gogol′ si sciolse spontaneamente nel valore tragico interiore di situazioni esteriormente grottesche. La compenetrazione fra il fantastico e il reale che è ancora nella Padrona - Gogol′ e Hoffmann - fu l'ultimo gradino di quello scioglimento; ma rimase del tutto incompreso anche quando, pubblicato Delitto e castigo, sarebbe stato facile ritrovarne il germe nel delitto puramente psicologico dell'eroe Ordynov del racconto precedente, e l'atmosfera morbosa nell'analisi del fenomeno della suggestione; e, più tardi ancora, quando, pubblicati I fratelli Karamazov, nel Murin del racconto giovanile si sarebbero potuti trovare perfino punti di riferimento per le potenti pagine della Leggenda del Grande Inquisitore. La conoscenza che D. nei suoi anni di vita pietroburghese fece dei circoli progressisti e socialisteggianti del tempo, e che avrebbero potuto spingere la sua arte - secondo la previsione di Belinskij - nel campo del romanzo sociale, rappresentò invece l'inizio d'una lunga parentesi. Il suo desiderio di discutere problemi e aspirazioni, che si alternava in lui col desiderio di solitudine, contribuì a farlo piegare momentaneamente verso il socialismo utopico che era al centro delle aspirazioni della giovane generazione russa. Nel fourierismo c'era del resto un colorito mistico che non poteva non attirare il giovane appassionato lettore dei Vangeli. Il circolo, che aveva come centro il Butaševič-Petraševskij, attirò tanto più D. in quanto che egli poteva, nelle discussioni, seguire e cercare una soluzione ai proprî dubbi e contrasti. Ma queste discussioni gli restarono nel complesso estranee, sicché, mentre si preparava la tempesta che doveva travolgerlo, egli scriveva il racconto, rimasto incompiuto, Netočka Nezvanova, in cui predominavano ancora i problemi puramente psicologici. Nel 1849 D. fu arrestato insieme ad altri membri del gruppo detto dei "Petraševcy". Tra gli altri capi d'accusa c'era anche quello di aver letto in una riunione la lettera "piena di sfrontate espressioni contro la chiesa ortodossa e i poteri supremi", che Belinskij aveva indirizzata a Gogol′, dopo la pubblicazione dei Brani scelti della corrispondenza con gli amici, nei quali l'autore delle Anime morte aveva chiaramente enunciato la sua conversione alle idee reazionarie.
Il processo dei "Petraševcy" finì con la condanna a morte di alcuni degli accusati tra cui D. L'esecuzione fu sospesa al momento estremo, quando già i condannati erano saliti sul patibolo. Questo momento, che lo scrittore con eccezionale forza d'animo descrisse in una lettera al fratello, e più tardi rielaborò artisticamente nell'Idiota e altrove, rappresentò nel suo spirito come una soluzione temporanea della lotta di idee e di sentimemi di cui era stato in dominio negli ultimi anni. Mutata la condanna in 4 anni di lavori forzati, D. cominciò l'ascensione del suo calvario. "I quattro anni di ergastolo io li considero ora come un periodo in cui fui sepolto vivo", scrisse egli al fratello un anno dopo la liberazione. "È stata una sofferenza inenarrabile, infinita, ché ogni ora, ogni minuto mi pesava sull'anima, come una pietra". La descrizione di questa vita all'ergastolo si trova, oltreché nelle Memorie da una casa di morti, nelle sue lettere private di questo periodo. Ma, se da una parte sulla sua anima pesarono gli orrori, dall'altra essa s'illuminò della scoperta che gli orrori non riuscivano a soffocare del tutto i valori morali e in alcuni casi anzi li rafforzavano. Il problema dell'individualismo riprese in pieno il dominio del suo spirito, soprattutto in rapporto al valore del cristianesimo, sul quale egli, che aveva come solo libro di lettura il Vangelo, tornò a ripensare sempre più profondamente. La vita normale non gli avrebbe mai potuto offrire un materiale d'osservazione e una così spaventosa esperienza quale gli offrì l'ergastolo. Il suo corpo ne uscì minato, ma il suo spirito arricchito di una ricchezza tremenda, che pienamente si rivelò nelle opere dell'età più matura dedicate al problema di Cristo nella vita moderna, e che si può riassumere con le parole stesse dello scrittore in un abbozzo dell'Adolescente (parole rimaste poi escluse dalla redazione ultima del romanzo): "Senza dubbio, Cristo non ci poté amare come siamo; Egli ci sopportò, ci perdonò, ma, naturalmente ci disprezzò; io, per lo meno, non posso immaginarmi diversamente la sua figura. Amare il prossimo e non disprezzarlo, è impossibile".
Allo scadere dei quattro anni di lavori forzati D. fu mandato come soldato semplice al 7° battaglione di fanteria a Semipalatinsk, ove egli riprese l'attività letteraria e visse il suo primo romanzo d'amore. Fino ad allora nella vita sentimentale dì Dostoevskij non c'erano state figure femminili, o per lo meno non vi avevano avuto parti di primo ruolo. A Semipalatinsk egli s'innamorò invece di una donna, Maria Dmitrievna, che se era attraente esteriormente, per le sue qualità spirituali era troppo inferiore a lui, perché legarla al proprio destino non dovesse essere un errore. Tutta la vita coniugale di D. con Maria Dmitrievna, da lui sposata nel 1857, un anno e mezzo dopo cioè che essa era rimasta vedova, fu un seguito di tormentose vicende, dovute alla malattia, alla gelosia e ai capricci di lei, ma l'amore dello scrittore non venne mai meno e il ricordo del suo primo amore rimase in lui sempre vivo.
Al passato egli parve riallacciarsi con i due romanzi "umoristici", il Villaggio Stepančikovo e il Sogno dello ziuccio, ma troppa amarezza attraversa questo umorismo, perché non sia evidente, nonostante lo sforzo di nasconderlo, il riflesso del dolore che doveva contrarre l'animo dello scrittore. Egli vedeva ormai troppo profondamente nell'animo umano perché la sua illusione di guardare serenamente il mondo e riderne, potesse essere, se non sincera, spontanea.
Il ritorno a Pietroburgo nel 1859, dopo la sospensione dell'esilio, fu accompagnato da una vera e propria febbre di lavoro. Riallacciati i rapporti con Majkov, avvicinatosi a Grigor′ev e a Strachov egli scelse l'attività giornalistica come la più rispondente a questa febbre e al suo bisogno di riacquistare il perduto Il programma che egli scrisse per la rivista Il tempo (Vremja), annunziava chiaramente il nuovo corso delle idee dello scrittore: conciliazione della civiltà col principio popolare, sintesi della classe colta russa con le forze delle classi popolari, sintesi di tutte le idee sviluppate singolarmente nei varî paesi d'Europa in un'idea di umanità universale. Questo corso di idee ebbe il suo sviluppo fino al discorso su Puškin del 1880, prendendo sempre più un colorito religioso.
La vita di D. in questi anni d'intensa attività non fu felice. Nel 1864 gli moriva la moglie: poco più tardi moriva anche il fratello, col quale egli aveva sempre diviso tutte le preoccupazioni dell'attività giornalistica e col quale, dopo la proibizione di Il tempo, aveva iniziato la nuova rivista L'epoca, morta lentamente in mezzo a insuperabili difficoltà. Dopo le illusioni del successi della prima rivista cominciò per lo scrittore il periodo delle difficoltà finanziarie, che minacciarono più volte di travolgerlo. Le condizioni della sua salute peggiorarono - egli soffriva di epilessia - e poco giovarono i due viaggi che nell'estate del 1862 e 1863 egli fece all'estero, ché la passione del giuoco aveva dannosamente agito sui suoi nervi. Eppure, proprio di questi anni sono alcune delle sue opere capitali: del 1861-62 le Memorie da una casa di morti e il romanzo Umiliati e offesi (pubblicati in Il tempo), del 1863 Le memorie dal sottosuolo (nella stessa rivista); del 1866, dopo una edizione in tre volumi di tutte le opere precedenti, il romanzo Delitto e castigo pubblicato dal Messaggero Russo (Russkij Vestinik). Le memorie da una casa di morti erano state concepite dapprima come un articolo e solo più tardi presero la forma semi-romanzata, senza che però l'autore vi perdesse mai di vista il problema che l'aveva agitato e continuava ad agitarlo: il rapporto tra i delinquenti e il loro delitto. È importante rilevare che mentre nelle Memorie egli affermava di essere arrivato alla conclusione che la maggior parte dei delinquenti ritenevano di aver ragione, più tardi, nel 1873, nel Giornale di uno scrittore, egli diceva al contrario che "nessuno di essi in fondo all'animo si considerava dalla parte della ragione". La prima affermazione trova riscontro nel romanzo Delitto e castigo in cui i problemi che avevano tormentato lo scrittore prima e durante l'ergastolo, sebbene affrontati con energia, non hanno una soluzione definitiva. Anche in Umiliati e offesi si può trovare un legame con le Memorie da una casa di morti per il modo "positivo" in cui è presentato il problema dell'individualismo. Un nuovo grande edificio letterario comincia ad innalzarsi con Le memorie dal sottosuolo e Delitto e castigo. Le memorie dal sottosuolo sono un libro in cui l'anima umana, attraverso l'anima dello scrittore, è messa a nudo come in una confessione (in origine il suo titolo era infatti La confessione). Tutte le speranze, tutte le credenze, tutte le aspirazione di un D. trascinato dall'utopia socialista, sono annientate con l'ironia rivolta contro tutti i cosiddetti sistemi di felicità, con la spietata negazione della possibilità per la natura irrazionale dell'uomo di organizzare la società secondo piani prestabiliti e infine con l'affermazione della sconfinata libertà del volere umano, della legittimità della sua passione per la distruzione e il caos. Raskolnikov di Delitto e castigo è artisticamente la realizzazione dell'uomo che vuole romperla con la logica stessa. Agisce in lui, come è detto nelle Memorie dal sottosuolo, "la natura umana nella sua totalità, con tutto ciò che vi è in essa di cosciente e incosciente". Sia nell'azione del romanzo sia nello animo dell'eroe si combatte la lotta tra la negazione della comune morale spinta fino al diritto di uccidere, e il mondo del peccato, dell'umiliazione, del vizio e della sofferenza che chiede il riconoscimento della dignità umana. L'interpretazione autentica dell'idea del romanzo la troviamo del resto in una lettera dello stesso autore a Katkov nel 1867: "Raskolnikov è costretto a costituirsi. Costretto perché, anche a costo di morire nell'ergastolo, egli vuol ritornare agli uomini; il sentimento di distacco e di separazione dall'umanità, Che egli ha provato subito dopo compiuto il delitto, è il suo tormento". Un nuovo romanzo in cui sarebbe stata descritta la redenzione di Raskolnikov, era stato progettato, ma non fu realizzato.
Pur trovandosi allora in grandi difficoltà finanziarie, D. nel 1867 decise di riammogliarsi. Due nuovi romanzi d'amore aveva egli vissuto dopo la morte di Maria Dmitrievna. Il primo breve e sentimentale con una fanciulla da lui conosciuta durante la pubblicazione della rivista L'Epoca, alla quale essa aveva mandato due racconti: Anna V. Korvin-Krukovskaja; l'altro, che prese forma d'una vera passione e rappresentò per lui una nuova serie di tormenti, con una studentessa, Apollinaria P. Suslova. La donna che finalmente egli sposò, Anna Grigovievna Sitkina, anch'essa di parecchi anni più giovane di lui, fu, al contrario delle altre donne da lui amate, una compagna fedele, sagace, sapiente. Nelle sue Memorie ha raccontato essa stessa tutta la loro vita famigliare, che può essere ricostruita anche attraverso le lettere dello scrittore. Poco dopo sposati essi lasciarono la Russia, ché D., perseguitato dai creditori, non seppe trovare altra via d'uscita. D'altra parte egli contava di avere all'estero la possibilità di migliorare le proprie condizioni di salute e di lavorare più serenamente. Il soggiorno dei D. all'estero durò quattro anni (dall'aprile 1867 al luglio 1871). Nonostante le continue preoccupazioni finanziarie - egli fu ripreso dal demone del giuoco che gli divorò guadagni ed energie -, nonostante i dolori (gli morì prestissimo la prima bambina, Sonia) e le incessanti peregrinazioni, il periodo di soggiorno all'estero fu importantissimo per lo scrittore, che vi scrisse i romanzi L'idiota, L'eterno marito e I demoni che segnano un progresso decisìvo nell'indagine dell'animo umano. "La pietà è la cosa che più preme, forse l'unica legge dell'esistenza umana", è detto in un punto dell'Idiota: un passo innanzi dunque verso la redenzione prevista per Raskolnikov. Il legame tra L'Idiota e Delitto e castigo da una parte e tra L'idiota e Le memorie dal sottosuolo è evidente. I demoni si può dire che nascano oltre che per le ragioni polemiche esteriori (l'impressione degli avvenimenti della Comune di Parigi e le conseguenze del movimento nichilista in Russia), per una ragione interiore della coscienza dello scrittore, che, dopo aver fatto balenare il problema della responsabilità nell'animo dell'eroe dell'Eterno marito, ne vuol seguire nella propria logica gli estremi punti di arrivo. Diversa l'atmosfera, diversi i problemi contingenti, ma la linea logica è la stessa, ché essa va dritta da sé, nonostante, si potrebbe dire, gli sforzi dello scrittore per farla deviare. Non per nulla da libello politico il romanzo finì per diventare il più complicato e assurdo dei trattati sul male e sulla necessità di Dio; non per nulla i due personaggi principali diventano - ché non lo erano nella prima concezione - Stavrogin e Kirillov, il primo che "non ha più Dio perché non ha più attaccamento per il suo paese"; il secondo che, cercando la propria indipendenza nel suicidio per negare Dio, col sacrificio della propria vita arriva alla conclusione della natura divina del sacrificio di Cristo, morto per gli altri e non per sé stesso. Il problema centrale delle meditazioni dello scrittore, da cui nascono gli eroi delle sue potenti creazioni artistiche, si è andato sempre più precisando, e tutti gli altri problemi non ne sono che corollarî. Del resto già il contrasto tra l'individualismo di Raskolnikov in Delitto e castigo e quello del principe Myškin nell'Idiota aveva indicato chiaramente la via. Ed ecco i passi innanzi: nell'Adolescente, pubblicato nel 1875, il pericolo dell'isolamento e dell'accentuazione della propria individualità per una giovane anima desiderosa di salvezza e trattenuta dal passo delittuoso da un'influenza religiosa; nei Fratelli Karamazov, pubblicati nel '79-'80, la necessità della sintesi fra lo spirito credente e la vita del mondo, l'implicito rinnegamento della vita monastica, perché la coscienza religiosa deve trovare la sua effettiva realizzazione, ideologica e pratica, fra gli stessi uomini peccatori, in mezzo alle passioni, divenire cioè coscienza d'una religione sociale; il problema infine dell'individualismo incatenato nei ceppi del problema della responsabilità universale.
Gli ultimi tre romanzi: I demoni, L'adolescente e I fratelli Karamazov sono nel loro complesso come una trilogia; effettivamente non furono concepiti come tali, ma la loro realizzazione avvenne quando lo scrittore aveva già pensato di scrivere "un enorme romanzo" religioso-filosofico di cui essi assorbirono molte delle idee. Il romanzo che doveva intitolarsi L'ateo dapprima e poi La vita di un grande peccatore, si sarebbe dovuto muovere, come effettivamente si muove l'azione dei tre romanzi scritti, intorno a quello che lo scrittore stesso diceva il problema centrale, il problema dell'esistenza di Dio, e l'eroe sarebbe apparso ora ateo, ora credente, fanatico e settario. L'alterna vicenda è rappresentata nei tre romanzi in eroi diversi, ma l'unità ideologica è evidente: nei Karamazov raggiunge il suo vertice come identificazione del male con la negazione di Dio.
L'ultimo decennio della vita di D. è povera di avvenimenti esteriori. Il ritorno in Russia significò, soprattutto per le cure della moglie, rasserenamento dell'atmosfera e riordinamento della vita economica. Il successo dello scrittore era ormai un fatto positivo. Accanto all'attività artistica egli riprese quella pubblicistica. Nel 1873 cominciò a pubblicare nella rivista Il cittadino (Graždanin) il suo Giornale dello scrittore, raccolta di articoli su tutti i problemi del giorno: politici, letterarî, morali, insieme con alcuni brevi racconti, tra cui La mite. Dal 1876 il Giornale d'uno scrittore divenne pubblicazione a sé, indipendente. Molte delle idee espresse negli articoli trovarono infine la loro enunciazione sintetica nel discorso che lo scrittore pronunziò nel 1880 in occasione dell'inaugurazione del monumento a Puškin a Mosca. In nome del più grande poeta della Russia, considerato come espressione del genio spirituale della patria, D. riuscì ad ottenere la conciliazione delle tendenze in lotta al suo tempo, nella visione di una fratellanza universale futura realizzata soprattutto per merito della Russia. Questa mirabile illusione che così magicamente parve avvolgere per un momento tutto il tormentoso travaglio del dubbio e della fede, lo scrittore portò con sé nella tomba, ché, quasi all'improvviso, il 9 febbraio 1881, cessò di vivere.
L'influenza che l'opera di D. esercitò in Russia tra la fine del sec. XIX e il principio del XX fu più filosofica che artistica: furono il suo cristianesimo e il suo slavofilismo che attirarono maggiormente gli spiriti, nella lotta sempre più acuta fra le tendenze nazionalistiche e quelle internazionalistiche. La comprensione di D. artista è venuta assai più tardi; intermediari il decadentismo da una parte e gli studî psicologici dall'altra. La conoscenza infine dell'uomo D., rivelando lo stretto legame tra lo spirito creatore e la creazione, ha reso più agevole anche l'indagine critica, storica ed estetica. La critica occidentale ha contribuito anch'essa a questa conoscenza dell'artista. potendo più facilmente di quella russa prescindere dai legami con l'ambiente sociale nel rivelare il valore umano-universale dei suoi eroi, l'universalità del problema morale e l'equilibrio spirituale nell'apparente caos dei problemi agitati dal pensatore e dall'artista nella coscienza dell'uomo.
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