MECCOLI, Federigo
– Figlio di Antonio e di Maria di Federigo Bucello, nacque a Impruneta, vicino Firenze, il 29 apr. 1635. Ricevette la propria formazione musicale insieme con il fratello maggiore Giovanni Battista, anch’egli apprezzato suonatore di clavicembalo, nel convento dei servi di Maria presso il santuario della Ss. Annunziata in Firenze. Fin dal 1662, il M. figura tra i musicisti salariati della corte di Ferdinando II de’ Medici, granduca di Toscana, in qualità di suonatore di strumenti da tasto; dall’agosto 1667 si registra un aumento del suo stipendio (da 4 a 12 scudi per mese) in virtù del ruolo esercitato, insieme con G.F. Pagliardi, nella formazione musicale del giovanissimo principe Ferdinando, figlio del principe ereditario Cosimo.
La presenza del M. alla corte granducale lascia tracce documentarie limitate al suo prendere a prestito gli strumenti musicali dalla Guardaroba Medicea (una spinetta nel 1672 e un clavicembalo negli anni 1676-97: Ferrari); nondimeno, le occasioni celebrative nella città di Firenze lo ebbero in prima linea: lo si riconosce infatti nel «Sig. Abate Maccoli» che nei giorni 24-26 ott. 1683 fu impiegato come organista, insieme con altri musicisti al servizio della corte granducale, nelle solenni cerimonie per la traslazione delle spoglie di s. Andrea Corsini (cfr. Gandolfi).
In una lettera del 18 ag. 1703 all’amico compositore G.A. Perti, il cantante F.A. Pistocchi descrive con sarcasmo l’aspetto e le maniere del M. ormai anziano, osservati durante l’esecuzione del mottetto encomiastico per il genetliaco del granduca Cosimo III (14 agosto) nel santuario della Ss. Annunziata: «Il solito Padre [Ferdinando Paolucci] lo batté, e male; il solito organista lo accompagnò, ma peggio […]. Questo è un certo Meccoli, vecchio, e grande per l’appunto quanto è un bigoncio, e quando stà a sedere all’organo à una banchetta sotto i piedi, uno le registra… un altro gli volta la carta, un altro gli batte la battuta sù le spalle, e l’altro gli sciuga la fronte e gl’alza di quando in quando sù i manichetti che son due rodelle da Dottor Graziano, e questo, acciò si veda le deta e veda i tasti».
La descrizione di Pistocchi mira a sminuire il punto di riferimento artistico che, per la pratica musicale nella città di Firenze, era costituito in quegli anni proprio dal M. e da Paolucci: con la morte di P. Sanmartini (1700) e di Pagliardi (1702) erano rimasti vacanti i ruoli di maestro di cappella della cattedrale di S. Maria del Fiore e della corte medicea, che i due avevano occupato.
In quello stesso periodo, nella corte medicea, il M. poté sperimentare la meccanica dei primi pianoforti, costruiti da B. Cristofori, e fece nel proprio esemplare delle Istitutioni harmoniche (1558) di G. Zarlino (oggi conservato in una collezione privata: Kirkendale, p. 409) annotazioni sulle possibilità imitative del nuovo strumento, chiosando il testo e segnalando quali fossero «gl’andamenti che si possono adattare in su l’Arpi cimbalo del piano e forte» (Cervelli, 1981, p. 159). Gli interessi organologici e speculativi del M. si evincono altresì dal testamento pronunciato il 2 maggio 1708, con il quale egli ripartì tra i figli Antonio Maria, Giuseppe Maria e Cosimo Gaetano (nati dal matrimonio con Elena Caterina di Giorgio Almon) sei pregiati strumenti da tasto e una biblioteca musicale ricca sia di manoscritti sia di edizioni a stampa, raccomandandone la tutela da ogni dispersione; con lo stesso atto egli destinò inoltre all’istituzione ecclesiastica, «per benefizio pubblico, e di chi si diletti di tali materie», le fonti del proprio trattato teorico La ruota svegliarina (Kirkendale, p.408).
Il M. morì il 26 marzo 1710 a Castelfiorentino ed ebbe sepoltura a Impruneta.
A dimostrazione della notorietà acquisita quale teorico e strumentista, il M. è interpellato nell’esordio della coeva Satira seconda di B. Menzini: «Dica il Meccoli poi, s’io tocco un tasto, / che sia de’ buoni, e s’io sebben fo il gnorri / so però la cagion del secol guasto». La sua produzione compositiva è documentata in forma per lo più indiretta: della cantata a più voci Ferma, o Rettor del giorno (eseguita nel febbraio 1692 per i festeggiamenti di una monacazione, con il concorso di ventitré tra i più valenti musicisti di Firenze) non si conserva che il testo poetico. Nella terza edizione della Corona di sacre canzoni o Laude spirituali di più divoti autori (Firenze 1710, pp. 245-252, 767), un’antologia di pagine corali a una sola voce per uso ricreativo, la cui prima edizione risaliva a trentacinque anni prima, C.M. Carlieri provvide a includere Desiderio del Paradiso («Già m’annoia, già m’annoia, / Giesù mio, viver quaggiù»), ossia il dichiarato contrafactum di un celebre Salterello del Meccoli: nell’intero volume, è questo il solo caso in cui si nomini l’autore delle musiche; l’originale di tale composizione si riconosce nell’aria Crudo Amore, crudo Amore, / il mio cor non fa per te, singolarmente ripartita in tre strofe e unica composizione superstite del M. (Bologna, Museo internazionale e Biblioteca della musica, V.196: Cantate a voce sola con basso continuo, cc. 67-74).
Fonti e Bibl.: Bologna, Museo internazionale e Biblioteca della Musica, P.146: Lettere 211 autografe di diversi a Giacomo Antonio Perti, nn. 5, 86 (lettere di F.A. Pistocchi del 18 e dell’11 ag. 1703); Arch. di Stato di Firenze, Notarile moderno, Protocolli, 21582, cc. 120-125; Firenze, Biblioteca nazionale, Nuovi acquisti, 452: Nel vestimento di suor Maria Deodata Costante Vittoria Cerbini fattasi monaca nella Croce…, cc. 103r-107r; B. Menzini, Satira seconda, in Satire, Amsterdam 1718, vv. 7-9; L. Puliti, Cenni storici della vita del serenissimo Ferdinando dei Medici granprincipe di Toscana e della origine del pianoforte, Firenze 1874, p. 10; L. Busi, Il padre G.B. Martini, musicista letterato del secolo XVIII, Bologna 1891, p. 163; R. Gandolfi, La cappella musicale della corte di Toscana (1539-1859), in Riv. musicale italiana, XVI (1909), p. 521; L. Cervelli, Noterelle cristoforiane, in Quadrivium, XXII (1981), p. 160; P. Ferrari, Ancora sulla collezione medicea di strumenti musicali: gli inventari inediti del 1670 e 1691, in Studi in onore di G. Cattin, Roma 1990, pp. 242, 244; J.W. Hill, A. Veracini in context: new perspectives from documents, analysis and style, in Early Music, XVIII (1990), p. 547; G. Montanari, B. Cristofori: a list and historical survey of his instruments, ibid., XIX (1991), p. 385; W. Kirkendale, The court musicians in Florence during the principate of the Medici, Firenze 1993, pp. 407-409; L. Cervelli, La galleria armonica: catalogo del Museo degli strumenti musicali di Roma, Roma 1994, p. 145; E.M. Good, What did Cristofori call his invention?, in Early Music, XXXIII (2005), p.96.