VETERANI, Federico.
– Nacque a Urbino il 13 marzo 1643 da Giulio e da Maria Camilla Altoviti. La famiglia paterna era stata attiva nella corte feltresca sin dal XV secolo.
Un omonimo consanguineo, Federico, era stato impiegato come copista, miniatore e bibliotecario di Federico da Montefeltro. Presso il duca aveva servito anche Gentile, come ingegnere militare: sue le opere che avevano contribuito alla presa di Volterra nel giugno del 1472.
Il padre di Federico, Giulio, era stato consigliere dell’ultimo duca di Urbino, Francesco Maria II Della Rovere, ma era mancato quando egli era ancora fanciullo. Educato a cura degli zii materni, gli ecclesiastici Iacopo (nunzio a Venezia fra il 1658 e il 1666) e Urbano (consanguineo del cardinale Giulio Sacchetti), ne ricavò una solida formazione di stampo umanistico, cui nel tempo avrebbe aggiunto la conoscenza di più lingue.
Deciso a prestare servizio militare nell’esercito dell’imperatore Leopoldo I, nel 1663 egli raggiunse il fronte ungherese, combattendo i turchi sotto il comando di Raimondo Montecuccoli. Non prese parte, tuttavia, alla decisiva battaglia di San Gottardo del 1° agosto 1664. Si spostò invece alla difesa di Candia nel 1669 con i veneziani.
Ottenuto da Clemente IX Rospigliosi il titolo di conte di Montecalvo in Foglia, feudo sul punto di incrocio delle strade per Pesaro, Urbino e Macerata Feltria, sposò nel 1672 Costanza Prainer.
Quindi, al comando di una compagnia di cavalleria pesante, seguì Montecuccoli e l’esercito imperiale nella guerra contro i francesi in Renania. Le operazioni, nella prima parte del 1675, furono favorevoli agli avversari e in uno scontro Veterani fu preso prigioniero. Trasferito a Maastricht, ricevette offerte di entrare nell’esercito di Luigi XIV, ma rifiutò.
Tornato nell’Impero, ebbe il grado di tenente colonnello (Oberstleutnant) nel reggimento di Enea Silvio Caprara e tornò a combattere in Francia. Nel 1676, si distinse nelle operazioni intorno a Saverne e partecipò all’assedio vittorioso di Philippsbourg, presidio francese sulla riva orientale del Reno. L’anno seguente le sorti del conflitto privilegiarono le armate di Luigi XIV. Veterani si fece conoscere più che altro per le ordinate operazioni di ripiegamento entro i confini dell’Impero. La pace di Nimega del 10 agosto 1678 pose fine al conflitto. Leopoldo I vi aderì l’anno successivo. Veterani aveva raggiunto l’obiettivo di vedersi pronto per posti di comando più elevati, ma pagò il successo con la morte per malaria della consorte, che lo seguiva costantemente in guerra.
Rientrò in Italia nel 1680. Nel 1682 si sposò nuovamente, con Maria Vittoria Trivulzio, gentildonna milanese riccamente dotata. Anche quest’ultima si dimostrò pronta a seguirlo sul campo.
Nel 1683 le operazioni si svolgevano intorno a Vienna, assediata dall’esercito ottomano. Veterani si impegnò nei combattimenti per il controllo di un importante ponte sul Danubio, con mille corazzieri. Liberata la capitale dell’Impero dall’assedio, nel settembre dello stesso anno, prese parte all’inseguimento dell’esercito turco in ritirata. Poi passò in Transilvania, per combattere i ribelli ungheresi guidati da Imre Thököly. Presto iniziò a lamentare scarso sostegno finanziario e logistico. «Per tirare avanti impegno l’argenteria»: così si esprimeva, senza mezzi termini, alla fine del 1684 (cit. in Gueze, 1989, p. 25).
Nel 1685 partecipò all’assedio di Eperjes (l’attuale Prešov); quindi, fu nominato maresciallo di campo (Generalfeldwachtmeister): aveva al suo comando quattro reggimenti di cavalleria e uno di fanteria. L’anno successivo, tuttavia, non si trovò alle operazioni per l’assedio di Buda, rimanendo di stanza in Transilvania. Nell’autunno del 1686, dopo una marcia a sud, partecipò alle operazioni contro Szeged. In particolare, affrontò un forte contingente ottomano inviato in soccorso degli assediati e lo sconfisse. Facilitò così la presa della città, posta sulla Tisza, assicurandosi che fosse interdetto ai turchi l’accesso all’Ungheria settentrionale. Veterani inviò il genero, conte Giulio Marzichi, a comunicare le importanti novità all’imperatore Leopoldo I, che gli mandò in risposta una lettera di encomio. Quindi, nella primavera e all’inizio dell’estate del 1687, partecipò alle operazioni contro Osijek, in Slavonia (Croazia). Infine, egli si trovò alla seconda battaglia di Mohács, il 12 agosto 1687, dove l’esercito guidato dal duca Carlo V di Lorena piegò i turchi, condotti da Süleyman Pasha, gran visir. Nelle sue lettere, nondimeno, Veterani faceva già notare le pessime condizioni dell’armata imperiale e il malcontento serpeggiante fra le popolazioni ungheresi, vessate dai ripetuti obblighi di contribuzioni.
Nell’inverno 1687-88 penetrò con l’armata di Antonio Carafa in Transilvania. Nel successivo giugno, occupò Braşov, superando facilmente la resistenza dei ribelli appartenenti al ceppo sassone che se ne erano impadroniti. Si installò come governatore militare di Sibiu, importante centro fra gli insediamenti transilvani di lingua tedesca. Muovendo da qui, sconfisse i turchi più volte, conquistando tra gli altri centri, Oršava, luogo che egli scrisse di considerare «la chiave della Transilvania, Ungaria, Valacchia, Servia, e Bulgaria» (Memorie..., 1771, p. 24). Nel luglio del 1688, ottenne perciò il grado di luogotenente del maresciallo di campo generale (Feldmarschall leutnant).
Consolidato il controllo della regione a lui affidata, Veterani sempre di più guardava ai territori del confine orientale. Conquistò l’amicizia di Şerban Cantacuzino, principe della Valacchia, e (dopo la sua morte) del successore Constantin Brincoveanu, cercando di attirarli nell’orbita imperiale. Ma erano sostanzialmente sue proprie iniziative: la corte viennese non ne era promotrice e sicuramente non le considerava prioritarie. Veterani dovette spostarsi in Moravia con l’esercito di Ludwig Wilhelm di Baden-Baden, comandante in capo dell’esercito imperiale in Ungheria. In ottobre, sconfisse i turchi presso Vidin, favorendo così la conquista della piazza. Nell’occasione rimase ferito in modo non lieve.
Le vittorie in Renania della Francia (durante la guerra detta della prima coalizione), obbligavano l’organizzazione militare asburgica a concentrare gli sforzi sul fronte occidentale. Così la successiva reazione ottomana colse i contingenti al comando di Veterani sostanzialmente indeboliti. Nella seconda metà del 1689, egli rimase di stanza a Nissa (l’odierna Niš), mentre l’esercito turco riprendeva terreno. La difesa della città serba, nella primavera del 1690, gli appariva un compito ormai disperato. Effettivamente, pochi mesi dopo, gli arrivò l’ordine dallo stato maggiore a Vienna di evacuare la piazza. Dopo qualche esitazione, Veterani l’abbandonò prima della metà di agosto del 1690. Di conseguenza, cadde anche Belgrado, all’inizio dell’ottobre seguente.
Veterani fu inviato di nuovo in Transilvania, dove combatté contro Imre Thököly. L’anno successivo, contribuì attraverso la presa di Lippa (Lipov), avvenuta il 5 settembre, all’arresto imposto dall’esercito imperiale alla controffensiva ottomana. Pensò per un certo periodo di lasciare il servizio imperiale e di militare invece per Venezia, ma non diede seguito alla sua intenzione e rimase a contrastare i ribelli transilvani.
Il 17 maggio 1694 fu nominato feldmaresciallo (Feldmarschall). Seguì la nomina a conte del Sacro Romano Impero. Non ebbe però il comando generale delle campagne sui fronti orientali (toccato a Caprara). Quindi, mosse dalla Transilvania e si unì al grosso delle armate imperiali che intendeva investire Belgrado.
Nel 1695 era a Vienna. Aveva passato quasi l’intera vita professionale a cercare di ripianare i debiti ereditati dal padre. In quell’anno poté acquistare un palazzo nella capitale dell’Impero, gravato comunque da una forte ipoteca. Rientrò in Transilvania nella primavera 1695. Fece testamento il 6 agosto dello stesso anno. Qualche settimana dopo, ebbe l’ordine di riunirsi alle armate di Caprara e di Luigi Ferdinando Marsili. Non ebbe il compito facilitato dalle manovre di approccio dei due generali italiani e finì isolato e accerchiato.
La battaglia del 21 settembre 1695, a Lugoj, fu favorevole agli ottomani. Veterani, gravemente ferito e catturato mentre cercava di lasciare il terreno dello scontro, fu ucciso, decapitato e smembrato. La sua testa fu innalzata su una lancia e mostrata come simbolo di vittoria.
In segno di riconoscenza, l’imperatore assegnò alla sua famiglia la signoria di Darda, poco a nord di Osijek, centro preminente della Slavonia. Il genero di Veterani, Giulio, prese il suo cognome ed entrò in possesso del feudo (comprendente anche diciotto altri piccoli centri limitrofi) intorno al 1699. Ne derivò tuttavia un contenzioso con il precedente titolare, il vescovo di Sirmia Francesco Giani. L’imperatore Carlo VI, nel 1713, confermò a favore degli eredi Veterani il possesso della signoria.
Opere. Veterani lasciò tre volumi di Lettere, indirizzate a consanguinei e ad amici (sono conservate nella Biblioteca centrale umanistica dell’Università Carlo Bo di Urbino, Urbino 42). Il manoscritto circolava fra i contemporanei. L’opera anonima Memorie del maresciallo conte Federico Veterani dall’anno 1683 sino all’anno 1694 concernenti l’operazioni militari da lui fatte in Ungaria, e provincie adiacenti con diversi documenti spettanti alle sudette memorie ora la prima volta pubblicate (Vienna-Lipsia 1771) ne riporta ampi stralci.
Fonti e Bibl.: A. Lazzari, Vita di F. V. d’Urbino, Urbino 1805; C. von Duncker, Veterani, Friedrich Graf von, in Allgemeine Deutsche Biographie, XXXIX, Leipzig 1895, pp. 655-658; R. Gueze, Le lettere del maresciallo F. V. Aspetti della vita di un condottiero del ’600 nelle guerre contro i Turchi nei paesi danubiani, in Europa Orientalis, VIII (1989), pp. 19-39; S. Āuričić, Nasljeđe grofa Veteranija i Vlastelinstvo Darda Krajem 17.I početkom 18. stoljeća (L’eredità del conte di Veteranija e della signoria di Darda tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo), in Scrinia slavonica, XVII (2017), pp. 35-52.