SENECA, Federico.
– Nacque a Fano (Pesaro Urbino) il 9 agosto 1891 da Temistocle Bernardino, originario di Carpineto Romano, e da Maria Antonia Mauruzi, dei conti della Stacciola, di Fossombrone.
Dopo gli studi classici, conseguì il diploma al Regio Istituto di belle arti di Urbino il 6 settembre 1911, e quindi, rientrato a Fano, si dedicò dapprima all’insegnamento di disegno alle Scuole normali, per poi intraprendere l’attività di cartellonista.
L’esordio di Seneca nell’ambito dell’affiche si data, appunto, al 1912, quando, incaricato di pubblicizzare il lido fanese, realizzò il manifesto Fano stazione balneare, in cui, accanto alle chiare influenze del filone tradizionale della cartellonistica d’autore e a una sensibilità ancora spiccatamente pittorica, già compaiono in nuce le componenti destinate a costituire il suo originalissimo marchio grafico.
Non sono note altre opere ascrivibili agli anni che precedono la Grande Guerra, né sono pervenute notizie sicure in merito alla formazione di Seneca, ai contatti diretti con altri artisti e a un suo ipotetico soggiorno a Roma. Certo è che l’attività di cartellonista subì una battuta d’arresto allo scoppio del primo conflitto mondiale, durante il quale Seneca fu arruolato dapprima nel reggimento degli alpini e quindi, dal 1918, nel corpo piloti (Federico Seneca, 1998, pp. 20 s.).
Rientrato dal fronte e decorato della croce di guerra, tra il 1919 e il 1920 Seneca fu nominato responsabile dell’ufficio pubblicità dell’azienda dolciaria Perugina. Ebbe così inizio la collaborazione che avrebbe portato al suo trasferimento nel capoluogo umbro e al contatto con l’ambiente artistico locale, dominato all’epoca dalla figura di Gerardo Dottori, protagonista del secondo futurismo e tra gli autori, nel 1929, del Manifesto dell’aeropittura.
Al 1922 si data quella che può ritenersi la più iconica e meglio nota creazione grafica di Seneca: il logo del Bacio Perugina. Nato da un’originale rielaborazione di un soggetto classico – con chiari riferimenti alla tradizione accademica nell’uso del chiaroscuro e delle ombre – che viene tradotto nel linguaggio formale tipico dell’affiche, Baci Cioccolato Perugina si caratterizza per l’originale scelta dell’impaginazione e l’innovativa attenzione riservata al lettering, che ha radici nella tradizione grafica già iniziata da Leopoldo Metlicovitz e Marcello Dudovich (Quintavalle, in Federico Seneca, 1998).
A partire dal 1924 – e fino al 1927 – Seneca realizzò poi quattro manifesti per la Coppa della Perugina, corsa automobilistica istituita quello stesso anno da Giovanni Buitoni, titolare della ditta. La serie, che testimonia un deciso avvicinamento alle soluzioni formali del futurismo e alla ricerca di Dottori, portò l’artista a confrontarsi con il problema della rappresentazione del movimento e della velocità.
Affrancandosi dalle già deboli ascendenze tardoliberty e abbandonando temporaneamente anche le soluzioni d’ispirazione cubista a lui più congeniali, l’artista guardò piuttosto all’esperienza di un Boccioni; giocando con i punti di vista, con le deformazioni ottiche e con un colore dalla consistenza non più compatta, ma filamentosa, riuscì quindi magistralmente a suggerire l’idea di dinamismo, fulcro della poetica visiva futurista.
Il 27 dicembre del 1925 Seneca convolò a nozze con Sofia Santini, ragazza perugina che nel 1934 lo avrebbe reso padre del suo primo e unico figlio, Bernardino.
Al 1925 si data anche l’inizio della collaborazione, in qualità di direttore dell’ufficio pubblicità, con il pastificio Buitoni – proprio da quell’anno associato alla Perugina –, per il quale curò, tra le altre cose, la campagna della Pastina glutinata.
I manifesti approntati per l’occasione, incentrati perlopiù su una figura simbolica quanto sintetica e dalle forme compatte e fortemente volumetriche, risentono sia della lezione grafica postcubista sia dell’influenza di Leonetto Cappiello (Quintavalle, in Federico Seneca, 1998), e permettono altresì di intuire quale fosse il peculiare processo creativo che portava l’artista alla realizzazione del prodotto finito.
Durante la fase di ideazione delle sue opere, Seneca era infatti solito realizzare, su un’anima in fil di ferro, un modellino preparatorio in gesso che, esposto ad una forte fonte di luce, gli permetteva di studiare e calibrare le volumetrie e i drammatici rapporti chiaroscurali (Federico Seneca, 1998, passim). Da ciò ben si evince quanto l’artista prediligesse la ricerca plastica – a quelle date peraltro già oggetto di indagine e riscoperta a opera di alcune correnti artistiche italiane, prime fra tutte Novecento e Valori plastici – a dispetto della bidimensionalità tipica dell’affiche.
Proprio negli anni Venti giunse quindi a maturazione la ricerca espressiva di Seneca, la cui intera produzione grafica si contraddistingue per una sapiente commistione di modelli, contemperando elementi di chiara matrice futurista e cubista con le forme volumetriche tipiche del 'ritorno all’ordine', e pervenendo a una difficile armonia fra tali opposte componenti estetiche.
La collaborazione con la Perugina-Buitoni si interruppe per cause ignote nel 1932, quando Seneca si trasferì a Milano e aprì uno studio di pubblicità. Dopo i primi anni di attività, tra il 1935 e il 1950 il mestiere di grafico subì una nuova battuta di arresto; a questi anni pare infatti non essere attribuibile alcuna prova artistica di Seneca, eccezion fatta per il bozzetto realizzato per un manifesto di propaganda monarchica, databile a ridosso del referendum istituzionale del 1946 (Federico Seneca, 1998, pp. 25 s.).
Nonostante che nel frattempo non fossero mancati i riconoscimenti nazionali ed esteri – nel 1929 aveva vinto il primo premio alla Mostra internazionale del manifesto di Monaco di Baviera – fu tramite l’attività in proprio che Seneca poté lavorare per alcune tra le imprese più prestigiose del tempo – tra cui Agip, Agipgas, Chlorodent, Cinzano, Energol, Lane BBB Monza, Modiano, Montecatini, Naylon, Pibigas, Ramazzotti, Rayon, Stipel e Talmone – delle quali fu consulente pubblicitario dal 1950 al 1958.
Proprio con i manifesti realizzati nei primi anni Cinquanta, Seneca sembrò giungere a una nuova sintesi formale, preludio però del definitivo abbandono della ricerca grafica. Dal 1955, infatti, l’attività dello studio milanese aveva iniziato a procedere a ritmo moderato, fino a giungere, sul finire del decennio, alla chiusura. Già dal 1956 Seneca, affiancato dal figlio Bernardino, aveva intanto avviato un’impresa artigianale, anch’essa presto abbandonata per le sempre più precarie condizioni di salute.
Ritiratosi definitivamente dalla scena artistica e pubblicitaria, nel 1969 si trasferì con la famiglia a Casnate, in provincia di Como, dove visse fino alla morte, sopraggiunta il 16 novembre 1976.
Fonti e Bibl.: Le Garzantine. Arte, Milano 2005, ad vocem; Catalogo Bolaffi del manifesto italiano. Dizionario degli illustratori, a cura di A. Casella - P. Morelli - M. Cicolini, Torino 1995, ad vocem; Enciclopedia dell’arte Zanichelli, a cura di Edigeo, Bologna 2004, ad vocem; F. S. (catal.), a cura di F. Milesi, Fano 1998 (in partic. A.C. Quintavalle, F. S. ‘Pittore cubista’, pp. 8-19); A.C. Quintavalle, Seneca, un cubista da strada, in La Lettura, supplemento al Corriere della Sera, VI, (2016), 48, pp. 29 s.