EUSEBIO, Federico Pompeo
Nacque ad Alba (Cuneo) il 14 dic. 1852 da Giovanni, falegname originario del vicino paese di Magliano Alfieri, e da Maddalena Dallorto. Frequentò in patria le scuole elementari e il ginnasio; quindi, trasferitasi la famiglia a Torino, vi seguì con profitto fino al 1870 i corsi dei liceo "Gioberti", dal quale passò al real collegio "Carlo Alberto" per gli studenti delle province. Si iscrisse poi alla facoltà di belle lettere di quell'università, dove ebbe per maestri il grecista J. Müller e il linguista D. Pezzi, laureandosi il 6 ag. 1875 col massimo dei voti e lode discutendo una tesi sulla satira antica.
Desideroso di rimanere in Piemonte, rifiutò una cattedra di lettere nel regio liceo di Sassari, accontentandosi di insegnare all'Istituto internazionale di Torino, da cui passò però ben presto al liceo statale "Gioberti" come incaricato di lettere latine e greche, e poi come titolare nel ginnasio inferiore della stessa scuola. Infine, il 19 febbr. 1882, in seguito ad un concorso per titoli ed esami, ottenne come ordinario la cattedra di letteratura latina presso l'università di Genova; sempre nell'ambito dell'ateneo genovese gli venne anche affidato, dal 1884 al 1911-12, l'incarico di insegnamento dell'archeologia, e fu preside della facoltà di lettere e filosofia dal 30 apr. 1903 al 26 luglio 1904, data in cui rinunciò; dal 1909 al 1912 fu infine direttore della scuola di magistero.
La sua prima pubblicazione è rappresentata da un modesto lavoro in versi Immortalità. A Corrado Corradino. Carme (Torino-Roma 1879), che, insieme con Non ti scordar di me! Versi (Genova 1890), rappresenta il suo solo tentativo poetico. Seguirono, ancora al tempo dell'insegnamento liceale, alcune operette ad uso degli alunni, fra cui Appunti sopra una nuova grammatica latina (in Rivista di filol. e d'istruzione classica, VIII [1880], pp. 361-375) ed una traduzione in esametri latini dalla Gerusalemme liberata, Inferorum concilium a Torquato Tasso descriptum Latinis versibus heroicis reddere conatus est Fr. Eusebius (Augustae Taurinorum 1881).
L'E. manifestò in quel periodo un interesse, già assai approfondito, per la glottologia e per la filologia classica (specialmente latina, sebbene propugnasse uno studio comparativo del latino e del greco attraverso la mediazione del sanscrito), che si esprimerà in una serie di opere come De vocabulo "Numen" ex duobus Lucretianis locis iniuria a Lachmanno expuncta (Torino 1881), in cui prova come K. Lachmann avesse arbitrariamente sostituito nomine a numine in due passi del De rerum natura (II, 633 e IV, 181); Veterum de mundi origine sententiae. Pars prima, Torino 1882; Su "spadone" marito (in Boll. di filologia classica, II [1896], pp. 19 ss.); Caduta di vocale tonica (ibid., pp. 185 s.); Sopra un'emendazione del Baehrens a un verso di Cn. Mazio (Torino 1896); Luteus, lutum, pallor luteus, note (ibid. 1897), in cui confuta C. O. Zuretti sulla traduzione di alcuni passi oraziani; Sulle "Curae Statiane" di A. Klotz (Spoleto 1897); Sopra alcune emendazioni del dr. Füss a luoghi di Livio e di Tacito (ibid. 1897). Si occupò anche di questioni dantesche, con L'amicizia di Dante e di Forese Donati (in Rivista europea, XI [1880], pp. 706-718) e con Ilpassaggio dantesco dell'Acheronte. Il soccorritore del canto IX dell'Inferno ... (Torino 1890).
I criteri ai quali informò la sua opera di professore e di studioso li espose esaurientemente nella prolusione tenuta nell'ateneo genovese per l'inaugurazione dell'anno accademico 1887-88 (poi pubblicata col titolo La facoltà di lettere e filosofia..., Genova 1888), in cui sostenne l'importanza di quella facoltà, a Genova allora recentemente ricostituita, intesa come "officina centrale e direttiva della cultura nazionale" contro gli attacchi recenti di un certo positivismo scientifico. Sulla sua attività di latinista si può concludere che si mantenne "a cavallo fra il filone tardo-umanistico e quello dell'innovatrice filologia germanica basata sul metodo glottologico e archeologico" (F. Della Corte, p. 8. col. 2).
Negli anni Novanta l'obbiettivo dell'interesse e degli studi dell'E. muta, e tutto il tempo libero dall'insegnamento, e tutte le energie, saranno ormai dedicati all'archeologia. Si è già detto come dal 1884 egli fosse stato incaricato dell'insegnamento di quella disciplina. Quando nel 1897 avvenne nei pressi di Alba il ritrovamento di un importante monumento funerario romano, la stele di Didio Vicario, egli, spinto sia dalla sua specifica competenza sia dall'amore di campanile, si appassionò alle querelles nate intorno alla scoperta, come testimonia la Lettera alla "Gazzetta d'Alba" (Alba 1897), con osservazioni che svilupperà in seguito nell'opera Il monumento sepolcrale romano scoperto presso Alba nel 1897 (Saluzzo 1899). Da questo occasionale interessamento iniziale a temi locali ebbe origine in breve tempo tutto un ben organizzato sistema di studi storici ed archeologici, con la creazione di importanti strutture culturali che ancora in parte sussistono e che hanno dato frutti significativi. Certo l'E. fu aiutato in ciò dal fatto di operare in un momento propizio in Piemonte a quel tipo di interventi e con il sostegno di studiosi come E. Pais, i fratelli C. e V. Promis e G. Assandria; e certo fu stimolato dal copioso materiale di cui poté subito disporre, ma resta rimarchevole lo sforzo anche organizzativo che egli fu capace dicompiere in pochissimi anni.
Cominciò con l'ottenere che confluisse nei locali che era riuscito a farsi assegnare dal Comune di Alba tutta l'ingente mole di reperti, specie di epoca romana, dispersi in città e nel territorio, spesso in mani private, e altri ne procurò con scavi e da donazioni; quindi subito si applicò ad analizzare e classificare con competenza e sapienti selezioni tutto quanto riusciva a raccogliere, facendosi obbligo di darne periodicamente ragione per mezzo di pubblicazioni, nell'intento finale di pervenire così per gradi alla stesura di una storia di Alba, che non esisteva ancora in forma organica. Fu così che ebbero origine il Museo storico-archeologico albese (1897) e la Società di studi storico-artistici per Alba e territori connessi, fondata il 10 nov. 1907, di cui venne acclamato presidente. Quasi naturale emanazione di queste istituzioni, vide la luce nel maggio del 1908 la rivista bimestrale di studi storici, artistici e naturalistici Alba Pompeia, che cesserà nel dicembre 1912, quando egli, prossimo alla morte, non poté più occuparsene (risorgerà in seguito, e si stampa tuttora semestralmente). L'entusiasmo dell'E. riuscì a sensibilizzare tanto la pubblica opinione da far sì che il materiale archeologico (ma anche folclorico e di tradizioni popolari) affluisse in quantità anche eccessiva per la capacità dei locali, creando problemi di sistemazione. La figura dell'E. che batteva la campagna col suo calesse scrutando la terra smossa alla ricerca di tracce per eventuali scavi era diventata popolare e oggetto di qualche ironia. Però gli impegni universitari crearono all'E. molti problemi e limitazioni in questo aver concentrato tutti i suoi obiettivi culturali su Alba: una testimonianza di questa febbrile attività in quegli anni ci è fornita dal Diario del Museo per gli anni 1897-1903, manoscritto dell'E. nella Biblioteca civica di Alba, in cui spicca fra l'altro un Catalogo speciale delle monete (pp. 79 ss.), che prova una rimarchevole competenza pumismatica. Non meno illuminanti sono numerose pubblicazioni su temi storici e archeologici locali o più genericamente pedemontani, ormai le sole cui l'E. metterà mano. Si va da Il Museo storico-archeologico d'Alba da' suoi principii a tutto il 1900 (Alba 1901) a Sul Museo civico d'Alba e sopra alcune scoperte archeologiche nel territorio albese (in Atti della Soc. d'archeol. e belle arti per la prov. di Torino, VII [1897-1908], 3), a Notizia del Museo storico-archeologico d'Alba, inserita nel vol. V. degli Atti del Congresso internazionale di scienze storiche che si tenne a Roma nel 1903 (Roma 1903), a Sopra un'antica iscrizione cristiana recentemente scoperta in Tortona (Tortona 1904), all'articolo Epigrafia e toponomastica inserito in Saggi di storia antica e archeologia offerti a Giulio Beloch (Roma 1910), a Postille al "Corpus inscriptionum latinarum" (Torino 1908), in cui rileva e corregge alcuni errori del Mominsen, fino ad alcune opere specifiche di storia albese, quali Le mura romane d'Alba Pompeia (in Miscell. di archeol., di storia e di filologia, dedicata al prof. A. Solinas, Palermo 1906), o Alba Pompeia e il suo territorio nella guerra del 1703-1709 (Alba 1909), cronaca minuziosa della guerra di successione spagnola nell'Albese, con estratti degli Ordinati del Comune da lui stesso trascritti, che in parte aveva già pubblicato in Alba e il suo territorio negli avvenimenti militari del 1703-1708, Appendice documentaria (Alba 1907), o quale infine Per la storia delle mura d'Alba. Le mura medioevali (ibid. 1910).
Particolare menzione merita il rapporto dell'E. con il citato periodico Alba Pompeia, del quale, passati i primi entusiasmi di molti, si trovò ad essere il solo responsabile, incontrando gravi difficoltà a mantenerne la periodicità, tanto è vero che cesserà con lui. Siccome egli non ha lasciato alcuna opera di grande respiro, ma si è limitato ad un considerevole seppur frammentario lavoro di stimolazione, e di individuazione di campi di ricerca (ciò forse a causa della sua straordinaria meticolosità, della mancanza di tempo e della morte prematura), sembra rilevante ricordare almeno alcuni degli innumerevoli temi da lui proposti, appunto attraverso gli interventi su Alba Pompeia: Alba nella preistoria (I [1908], pp. 12-22, 37-45, 109- 116); Per la storia di Santo Stefano Belbo e di Canelli (II [1909], pp. 87-91); Gli statuti di Cornelianodel 1415-16 (ibid., pp. 4-22 e 96-102); Notizie archeologiche del 1909 (ibid., pp. 74-80); Contratti di lavoro medioevali (III [1910], p. 11); Gli statuti di Priocca (IV [1911], pp. 75-113); Casa Falletti e i feudi di Borgomale, Benevello e Perno (ibid., pp. 142-155); Epigrafi romane inedite in Alba e circondario (ibid., pp. 12-66 e V [ 1912], pp. 2-8); e infine una serie di articoli dal titolo Diario archeologico del 1909 (II [1909], pp. 130-137; III [1910], pp. 65-73; IV [1911], pp. 33-41) e Diario archeologico del 1910 (V [1912], pp. 65-69). A opportuno segnalare anche la sua collaborazione, insieme con F. Gabotto, alla pubblicazione, da parte di E. Milano, del "Rigestum Comunis Albe" (Pinerolo 1903), dove egli operò "discutendo ogni dato e passo oscuro ... e ciò specialmente per l'onomastica e la toponomastica", e con la sua Appendice di annotazioni (pp. 91-99); a pubblicazione avvenuta lavorò per anni insieme a 0. Scarzello per la stesura dell'indice analitico dell'opera, che fu completato nel 1912 ma che purtroppo è rimasto inedito.
Nell'ambito scolastico, oltre che dall'insegnamento, gran parte del suo tempo fu assorbito dall'attività di ispettore ministeriale nei licei di tutta Italia, con ben 34 missioni in pochi anni, per non parlare delle commissioni d'esame per la maturità classica, che presiedette più volte. Fu assai attivo anche nei congressi storici: come vicepresidente della Società storica subalpina partecipò a quello di Asti (1904), di Tortona (1905), di Torino (1906) e a molti altri ancora. Era socio della Soc. italiana di archeologia e storia dell'arte, della Società piemontese d'archeologia e belle arti e, dal 21 maggio 1896, della Società ligure di storia patria. Il 31 dic. 1912 aveva ottenuto l'onorificenza di ufficiale della Corona d'Italia. Fu uomo piuttosto isolato e solitario: le fonti accennano ad un'esperienza matrimoniale molto infelice e difficile, dalla quale comunque non nacquero figli. Mori a Genova il 25 luglio 1913 e fu sepolto a Magliano Alfieri.
Nel 1982 le fighe della sorella Giuseppina, Maria e Nìlla Rabino di Magliano Alfieri, fecero donazione alla Biblioteca del Civico Museo di archeologia e di scienze naturali di Alba dell'archivio personale dell'E. da loro rinvenuto, che è stato recentemente ordinato da V. G. Cardinali e da L. Antonetto, suddiviso in tre sezioni: carriera universitaria e scientifica; epistolario; appunti, quaderni, bozze. Della seconda sezione si segnalano le corrispondenze con G. Assandria, T. Calissano. A. D'Andrade, F. Gabotto, N. Galiani, T. Galimbertì, G. Giolitti, A. Manno, E. Pais, C. e V. Promis; della terza sezione specialmente notizie sul catasto albese del 1563, due quaderni con l'elenco delle iscrizioni piemontesi nel Corpus inscriptionum Latinarum, una grande bibliografia tacitiana, e appunti con bibliografia di toponomastica.
Bibl.: A. D'Ancona, La leggenda dell'ebreo errante, in Saggi di letteratura popolare, Livorno 1913, p. 187; A. Beltrami, F. E., in Annuario dell'anno scolastico 1913-14della R. Univers. degli studi di Genova, I, Sestri Ponente 1914, pp. 109 ss.; D. Muratore, F.E., in Alba Pompeia, V [1912], 5-6, pp. 129-155, poianche per estratto, Alba 1914; G. Davicini, F. E. (1852-1913), cenni biografici e letterari, Alba 1914; F. E., in Riv. stor. ital., s. 4, VII (1915), pp. 387 s.; F. E., in Atti della Soc. ligure di storia patria, XLIX (1919), pp. 98 s.; F. Della Corte, F. E. latinista, in Alba Pompeia, n. s., IV (1983), 2, pp. 7 s.; L. Maccario, Lo storico delle antichità albesi, ibid., pp. 9-15; A. Adriano, F. E. folclorista, ibid., pp. 16 ss.; G. Parusso, F. E. storico di Alba e dell'Albese, ibid., pp. 19 s.; V. G. Cardinali, Diplomi, lettere e appunti dell'archivio di F. E., ibid., pp. 21-29.